1 - Una semplice richiesta
Quello era un giorno speciale.
Era il giorno del ventiseiesimo compleanno di Takumi.
E quest’ultimo avrebbe tanto
voluto passare una tranquilla serata senza sorprese o strani scherzi,
peccato che suo marito avesse in mente tutt’altro.
Detto fatto, Soma aveva fatto un giro di telefonate e, verso le
sette di sera circa, il loro appartamento si era riempito.
Non che Takumi non apprezzasse la
compagnia dei suoi amici ed ex compagni di scuola, solo che sarebbe
stato molto meglio se il tutto si fosse svolto in una casa più
grande, se nessuno avesse sporcato e se, soprattutto, non ci fosse
stato un casino indicibile.
E pensare che non posso neanche parlare. Perché se provo a dire
qualcosa, Soma mi dà del noioso.
Quanto meno quella si era dimostrata essere una buona occasione
per rivedere suo fratello Isami.
“Ciao, cognato!”,
salutò allegramente Soma. “Buon compleanno, sei arrivato
finalmente! Potevo anche venirti a prendere in aeroporto”
“Ah, perché? I mezzi
pubblici funzionano così bene a Tokyo”, fece Yuki, mano
nella mano con Isami. “Allora, dov’è l’altro
festeggiato? Takumicchi, vieni fuori!”.
Il diretto interessato si fece avanti a braccia conserte.
“Eccomi, sono qui. Isami, è bello vederti. Il tempo passa, eh?
Ventisei anni...”
“Non parlare come se fossi l’unico! A proposito, grazie Soma per
aver organizzato questa festa”
“Sono stato bravo, ne sono cosciente. Ma dov’è il piccoletto,
piuttosto?”.
Yuki si guardò intorno, guardando poi male il marito.
“Isami! Dov’è nostro figlio?”
“Ma non era con te?”
“Con me? Con me? Dico, sei stupido o cosa?!”.
Takumi alzò gli occhi al
cielo. Ecco che quei due iniziavano a discutere come al loro solito.
Dopodiché abbassò lo sguardo. Un bambino di tre anni
circa gli stava sgambettando allegramente accanto.
“Time-out, ragazzi. L’ho trovato”
“Satoru!”, chiamò
Yuki isterica. “Mi raccomando, non scappare! Comportati bene e
non toccare niente!”.
Per tutta risposta, il bambino si voltò e le fece una linguaccia.
“Io voglio giocare. Zio Soma, mi prendi sulle spalle?”, domandò
Satoru spalancando i suoi grandi azzurri.
Il rosso fece finta di pensarci.
“Lo faccio, ma prima…
c’è una persona a cui dovresti fare gli auguri”,
sussurrò indicando Takumi.
Il bimbo sorrise divertito.
“Buon compleanno, zio Takumi!”
“Mh”, fece lui a braccia conserte. “Grazie. Incredibile,
preferisce sempre te a me, ma perché?”
“Semplice, perché io
sono divertente e tu no!”, esclamò il ragazzo mettendosi
il bambino sulle spalle e facendo sbuffare il marito.
“Non correre!”, lo
sgridò quest'ultimo, sebbene sapesse bene che le sue sarebbero
state parole gettate al vento.
Certe cose non cambiavano mai. E da
un lato era anche un bene. Dopo che si erano diplomati, Takumi e i suoi
compagni non si erano mai persi di vista. Malgrado ognuno di loro
avesse una vita e un lavoro differenti, trovavano sempre il modo per
vedersi. Erina stava seduta tutta impettita con un bicchiere di vino in
mano, accanto ad Hisako, divenuta oramai da qualche anno la sua
compagna.
“Allora?”, domandò
Yuki entusiasta. “Come vanno le cose alla Tootsuki? Immagino che
essendo tu la preside farai rigare tutti dritto”
Erina posò elegantemente il bicchiere. Era divenuta una donna
molto posata, ma non per questo aveva perso la grinta.
“Devo essere sincera,
sì. Fortunatamente Hisako mi da una grande mano. Ho degli
allievi davvero in gamba… ah, ma nulla a che vedere con i
nostri tempi, ovviamente”
“I nostri tempi”,
ripeté Hayama. “Sembra che sia passata una vita. Comunque,
ho saputo che Marui è da poco diventato un insegnante proprio
alla Tootsuki”.
Il gracile e occhialuto diretto interessato si guardò intorno
nervosamente.
“È…
è vero, ma la cosa mi spaventa alquanto. Neanche gli allievi mi
prendono sul serio”.
Yuki era scoppiata a ridere.
“Povero piccolo Marui!”,
esclamò dandogli delle pacche su una spalla. “E voi,
Hayama e Ryou? Il vostro ristorante va bene?”
“Ammh… potrebbe andare meglio… se solo Ryou non perdesse le staffe
ogni tre per due”
“Tsk”, il ragazzo, seduto
accanto a lui, alzò gli occhi al cielo. “Non è
colpa mia, è che abbiamo due pensieri riguardanti la cucina
diversi. Per questo siamo sempre stati rivali”
“Sì, ma adesso stiamo insieme...”
“Non cambia niente”, chiarì.
“Ah, vedo che come sempre
litigate. Come sta Alice? Fa sempre i suoi esperimenti con la cucina
molecolare?”, domandò Isami.
“Certo che sì.
Scherziamo tanto, ma credo che alla fine sarà lei quella che
diventerà famosa. Oramai ha dimora fissa in Danimarca”,
spiegò Akira.
“… Ma conta di venirci a trovare presto”, chiarì subito Erina.
Accanto a loro, a stare in silenzio
erano in due. Ibusaki, e questa non era una novità, ed una
nervosissima Nene. Nonostante fosse oramai fidanzata con Isshiki da
cinque anni, trovava sempre i suoi amici piuttosto rumorosi.
Beh, non che il suo ragazzo fosse da meno.
“Nenenuccia!”, Isshiki le
circondò le spalle con un braccio. “C’è
qualcosa che non va, mio adorato tesoro?”.
Lei si sistemò nervosamente gli occhiali.
“Sì, sì…
va tutto assolutamente bene. È
solo che i tuoi amici…
come dire… mi mettono un pochino a disagio”
“Oh, e perché
mai?”. Nene non ebbe il tempo di rispondere, interrotta dallo
strillare di Ryoko che si stava rivolgendo in maniera poco
aggraziata al suo fidanzato.
“SHUN IBUSAKI!”
“Presente”, rispose lui tranquillo.
“Ah, ci sei? Allora smettila di fare l’asociale e partecipa alla
conversazione”.
A Yuki venne da ridere a quella
scena, ma più che a Ryoko e a Ibusaki, la sua attenzione si
posò su Nene. Si divertiva sempre troppo a infastidirla, anche
perché la ragazza le dava piuttosto corda.
“Nenenuccia!”,
chiamò. “L’abito da sposa l’hai comprato? Ti
prego, dimmi com’è, sono troppo curiosa!”
“Mi dispiace, non posso”, proferì severa. “È
una sorpresa, non dovrai aspettare molto”
“Oh, sono sicura che sarai un incanto, spero solo di non
piangere”, fece Isshiki pensieroso.
“Beh, io farò in modo
che sia tuuuutto perfetto!”, a Yuki brillavano gli occhi.
“Non serve che mi ringrazi, Nenenuccia”
“Infatti non ci penso neanche”.
Poco distante dal rumoroso gruppo,
Megumi si stava ritrovando a calmare il piccolo Satoru. Amava i bambini
e aveva un incredibile senso materno, tant'è che perfino un
piccolo terremoto come lui finiva per tranquillizzarsi davanti a tanta
dolcezza. Takumi lo aveva poco prima rimproverato e lo aveva intimato
di non correre, con il risultato di farlo scoppiare in lacrime. Era
quindi intervenuta Megumi, la quale sapeva sempre come fare.
"Zio Takumi è stato cattivo con me", piagnucolò il bambino con le
mani paffute poggiate sul viso.
"Perché qualsiasi io faccia o dica sono comunque il cattivo?"
"Su, non piangere così", la
ragazza gli portò una mano sulla testa. "Adesso calmati, dopo
giocherò io con te, va bene?"
"V-va bene", mormorò Satoru tirando su con il naso.
Incredibile. Quel bambino fa il bravo
con tutti meno che con me.
Mentre pensava ciò, Takumi si ritrovò il braccio di Soma intorno
alle spalle.
"Oh-oh, vedo che sei brava con i
bambini. Quand'è che tu e il tuo adorabile maritino vi
deciderete a mettere su famiglia?"
"Quando?", domandò lei pensierosa, mentre Satoru reclamava le sue
attenzioni. "Non lo so... spero presto"
"Ma sì, fate pure. Così
possiamo aprire un bell'asilo nido. Piuttosto, vado a prendere lo
champagne ", disse poi Takumi.
Una cosa era però certa... non ci si annoiava mai.
Poco dopo, gli invitati si riunirono
intorno ad un tavolo, sul cui centro troneggiava una torta
preparata dalle mani esperte di Soma.
"Su, dai, ragazzi!", esclamò Yuki. "Spegnete le candeline"
"Ma sbaglio o manca qualcuno?", domandò Isami.
"Tsk, figurarsi se Kuga e Tsukasa
arrivano in orario. Com'è successo al nostro matrimonio, e loro
erano o testimoni!", borbottò Takumi.
“Su, su! Non è il caso
di scaldarsi!”, Yuki tentò di tranquillizzarlo. “Non
credo che Tsukasa e Kuga se le prenderanno se non li aspettiamo. Quindi
adesso fai un bel sorriso e soffia sulle ventisei candeline insieme a
tuo fratello!”.
Takumi sospirò pazientemente.
Tentò di accontentare Yuki, ma nell’esatto momento in cui
fece un passo in avanti, un ansante Kuga dagli occhi sgranati
arrivò all’improvviso come un uragano.
“SCUSATE IL RITARDO! CHE CI SIAMO PERSI?”.
E tutti si voltarono a guardarlo.
Ovviamente male. Dietro Terunori, era
appena apparso Tsukasa, il quale teneva tra le braccia un adorabile
cucciolo di chow-chow color caramello.
“Scusate”, Eishi tentò di salvare il salvabile. “Simba ha fatto i
capricci”
“Non insultare il mio cucciolo adorato!”, lo rimproverò Kuga.
Soma prese a ridere.
“Si sentiva proprio la vostra mancanza. Dai, venite qui!”.
Beh, adesso almeno siamo tutti insieme.
E finalmente, lui e Isami soffiarono su quelle benedette candeline.
“Zio”, Satoru richiamò l’attenzione di Takumi. “Hai espresso un
desiderio?”.
Lui chinò il capo, pensieroso.
Già, un desiderio. Ma cosa potrei
desiderare? Ho tutto quello che una persona potrebbe sognare.
“Non ce n’è stato bisogno. Io ho già tutto”, fu infatti la sua
risposta.
“Umh”, il bimbo gonfiò le guance. “Tutto tutto?”
Sì. Almeno credo. Che altro c’è, sennò?
“Su, piccolo discolo”, disse Yuki. “Adesso fai il bravo”.
Fortunatamente le acque si calmarono,
poiché Satoru si era seduto sul pavimento a giocare con Simba,
l’adorato cane di Kuga e Tsukasa. Alle volte Terunori trattava
meglio il cucciolo che il suo fidanzato stesso, ma oramai Eishi ci
aveva fatto l’abitudine.
“TAKUMICCHI!”, Kuga
circondò le spalle del biondo con un braccio, mentre con una
mano teneva un bicchiere di champagne. “Temevi che non sarei
venuto, vero? E invece eccomi qua. Figurati se mi perdevo un occasione
del genere”
“Finiscila, sei ubriaco e
molesto. Comunque davvero, non c’era bisogno di festeggiare tutto
così, in grande stile. Io non avrei voluto, ma Soma ha
insistito”
“Soma ha sempre le migliori
idee… Ehi!”, ad un tratto si rivolse a Satoru. “Fai
piano, altrimenti tirerai il pelo al mio Simba adorato!”
“Kuga!”, Tsukasa si
portò una mano sul viso. “Quando imparerai che non puoi
rivolgerti ad un bambino come se si trattasse di un tuo pari?”
“Io non so di cosa tu stia parlando”.
Fu allora che Satoru si avvicinò quatto quatto a Terunori,
arrivandogli davanti e facendogli una linguaccia.
Gli bastava davvero poco per andare in escandescenza.
“RAGAZZINO INSOLENTE! ADESSO TI FACCIO VEDERE IO!”.
Così Kuga si ritrovò ad
inseguire un bambino di tre anni che si stava abilmente prendendo gioco
di lui. Tsukasa scosse il capo.
“Bene, adesso i bambini sono due. Scusalo, Kuga è negato con certe
cose”
“Tutto il contrario di Soma,
allora. I ragazzini lo adorano. E lo preferiscano di gran lunga a me.
Fortunatamente non ho bambini attorno”, affermò
togliendogli il piatto ormai vuoto dalle mani e iniziando a fare un
po’ di ordine.
Visto che il disordine era una di quelle cose che decisamente gli
faceva perdere la testa.
Alla fine della festa, Satoru era crollato addormentato sul
divano, tutta quella corsa lo aveva sfiancato.
“Oh, il mio dolcissimo bambino”, sussurrò Yuki. “Dorme come un
angioletto”.
Poco distante, Tsukasa stava aiutando Kuga a togliere i coriandoli
- lanciati ovviamente da Satoru - dai capelli
“Angioletto? Quello? Se quello è un angioletto io sono alto. E no!
Non provare a fare battute!”.
“Oh, Kuga. Sei davvero
incorreggibile. Ecco, ho fatto. Sai, sarai un adulto fatto e finito ma
non sei cambiato affatto dai tempi della scuola. E non mi riferisco
solo al fatto che sei rimasto sempre della stessa altezza”
“Ti avevo detto di non
infierire, idiota!”, esclamò. “Simba, tesoro,
andiamo a casa, si è fatto tardi!”.
Dopo una lunga ed estenuante serata, gli ospiti si stavano
apprestando ad andare.
“Allora, quanto vi fermerete?”, domandò Takumi al gemello, il
quale teneva il bambino addormentato in braccio.
“Credo un’altra
settimana. Poi dovremo tornare in Italia, la trattoria non si gestisce
da sola. Vorrei rimanere qui come tuo ospite, ma Yuki vuole che
passiamo dai suoi… e sinceramente preferirei un mal di
denti!”
“Ti ho sentito!”, sua
moglie lo prese per un orecchio. “Grazie per la bella festa,
cognato. Adesso noi andiamo, buonanotte!”
“Buonanotte!”,
salutò allegramente Soma. “Megumi, sei certa di non volere
un passaggio?”. La ragazza scosse il capo.
“Non preoccuparti, vado con Ryoko e Shun. Ci vediamo, ciao!”.
Ci volle un po’ prima che l’appartamento si svuotasse. Quando
accadde, Takumi sospirò, stanco.
E un altro anno era passato.
E andava tutto incredibilmente bene. Soma gestiva ancora lo Yukihira assieme al padre, e lui
ovviamente dava una mano.
Erano passati tre anni dal suo matrimonio con il ragazzo, e da allora
era stato un susseguirsi di bei momenti ed emozioni forti.
Già, che cos’altro potrei desiderare?
Soma lo osservò da dietro. Il biondo sembrava star guardando un
punto indefinito.
Forse non è questo il momento giusto.
No, diamine, lo sento da dentro.
Quindi sì, è il momento giusto.
“Takumi”, lo chiamò. Lui si voltò a guardarlo.
“Soma?”.
Il rosso respirò profondamente. A braccia conserte incatenò gli
occhi ai suoi.
“Takumi, io voglio un bambino”.
… Cosa ha appena detto?
Soma scherzava. Scherzava sempre.
Ma Takumi dovette rendersi conto che in quel momento non stava
scherzando affatto.
NDA
Non ce la facevo. Io con le storie vado molto a istinto, quando sento
che arrivato il momento per cominciare una nuova avventura, io mi butto.
Allora, che dire?
Avevo bisogno di una storia leggera, carina, fluff (sembra incredibile,
ma è così). Anche se conoscendomi, credo che ci sarà dell'angst
nascosto dietro l'angolo.
Se ve lo state chiedendo, questa storia non è un sequel de La luce dei
tuoi occhi. Quella è una storia a sé. Però ho voluto mantenere le
coppie, mi ci sono affezionata. Penso che si sia capito abbastanza bene
di cosa la storia parlerà, ovvero bambini, famiglia eccetera, eccetera,
eccetera. Ci sarà da divertirsi, ma non tutto sarà rosa e fiori.
Siccome mi piacciono i nomi dai significati belli, il figlio di Isami e
Yuki l'ho chiamato Satoru, che dovrebbe significare "alba". Mi piaceva
e quindi l'ho scelto.
E nulla, Soma non ha perso tempo, ma la domanda è: Takumi come
risponderà?
Spero di avervi incuriositi :D
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