Diabolicamente noi

di shimichan
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02. Cielo


Forse c’era preoccupazione, forse addirittura ansia, raggomitolata in quelle due ultime sillabe.
Zoro, però, non è riuscito a cogliere nulla, distratto dal suo movimento repentino, inaspettato e dal conseguente peso che ora gli grava sullo stomaco.
Sarebbe comunque difficile credere all’onestà del suo interesse, perché Robin lo osserva con le palpebre socchiuse in uno sguardo affilato e il principio di un sorriso incastrato sull’angolo della bocca. Zoro ci preme le dita sopra, mentre beve un sorso veloce, non voluto, quasi di sfida. Trova la promessa di carne delle sue labbra, i denti, la fessura che gli permette di toccare il calore pastoso della sua lingua. Lei lo lascia fare. Lascia che le sue dita le scivolino sul mento, sulla gola, sull’incavo alla base del collo e giù, tra seni, fino ad arrivare alla curvatura delle costole. La sente allargarsi sotto i polpastrelli quando raccoglie un respiro che riaffiora più rumoroso, corrotto. A questo punto è Zoro a sorridere.
«Di qualcosa bisogna pur morire». E via un altro sorso.
«Un giorno, la bottiglia ti ucciderà».
Robin lo ripete di nuovo, aggiungendo un «davvero» per conferire a quelle parole l’autenticità di una profezia.
Il suo viso, tuttavia, tradisce un certo divertimento con l’unico risultato d’indisporlo e costringerlo a volgere il proprio lontano, verso il cielo. Se solo ci abitasse un dio da maledire!
«Ci vuole ben altro, lo sai».
Si, lo sa, ma non le importa perché l’astiosità dei suoi modi è contradetta dalla mano che tenta di far collimare i loro bacini.
Lo asseconda, oscilla, si piega in avanti, si ributta indietro senza perdere la presa delle gambe attorno ai suoi fianchi.
Zoro sussulta, deglutisce. Ha la gola secca, ma accetta il suo invito e si solleva, stringendola in grembo. «Robin…».
«Molla la bottiglia».
Vorrebbe dirle che non può, che ha sete, invece riesce solo a pensare a come sfilarle gli slip. Prova a tirarli verso il basso inutilmente. C’è poco da fare, seduti così, con lei in braccio, la bottiglia in mano, lo spazio troppo stretto per accontentarla con le dita e sperare in risultati ragionevoli. E allora un altro gulp a spezzargli il respiro, un altro tentativo con quel dannato elastico, un’altra risata sottile, mai piena perché ciò che ritiene volgare nella quotidianità, Robin nel sesso lo trova osceno.
«Mollala» ribadisce dentro un sorriso, reso impreciso dal labbro trattenuto tra i denti, senza interrompere il contatto visivo dal momento che l’unico cielo ad interessarlo, ora, è quello dei suoi occhi. Troppo vigili, troppo attenti mentre lui vuole solo vederla sciogliersi, diventare liquida, fusa, miele.
«Mollala». Ancora, e ancora. Finché non cede.
La bottiglia rotola a terra come l’ammissione dalla sua bocca.
«Se continui così, sarai tu ad uccidermi prima».


 
[450 parole]







Angolo Autrice

Non ho niente da aggiungere in realtà. Volevo fare un capitolo tendente al rosso-arancio perchè mancava da un pò e l'ho fatto ^^'.
Quindi ci vediamo.
Alla prossima!!!




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