PROLOGO
Monique
Kepner era pronta per il suo primo giorno al Chicago Med. Il suo compito
sarebbe stato quello di lavorare con la Goodwin, per aiutarla nella gestione
dell’ospedale e per imparare le tante cose che ancora non sapeva. In sostanza,
sarebbe stata la sua assistente e la sua sostituta quando necessario. Il suo lavoro
lì era solo temporaneo e a darle quell’incarico era stato il capo del consiglio
ospedaliero che aveva accolto la richiesta di aiuto della Goodwin.
Troppo lavoro, troppe scartoffie, da sola non riusciva più a mantenere il
ritmo, soprattutto per alcune vicende personali che la stavano mettendo a dura
prova. Monique era stata la prima scelta e anche se, teoricamente, avrebbe
potuto rinunciare, il modo in cui le era stato comunicato che sarebbe dovuta
andare a Chicago, lasciava intendere che in realtà un rifiuto non era
contemplato.
A lei
andava bene, Chicago era la sua casa, anche se oramai non ci viveva da un po’.
Sarebbe stato piacevole ritrovare i luoghi della sua infanzia. E poi dentro
l’ospedale lavorava il suo migliore amico dai tempi del liceo; non si vedevano
spesso perché entrambi avevano delle vite impegnate e perché vivevano in due
città diverse, ma comunque si sentivano quasi tutti i giorni e la loro amicizia
non conosceva distanze.
Solitamente
si vedevano due volte all’anno per un totale di sei giorni, due weekend, e
solitamente era sempre lei che raggiungeva lui, il che aveva senso se si
considerava che lui era un dottore e come tale doveva sempre essere a
disposizione, mentre lei era una manager e come tale poteva permettersi di
spegnere il suo cellulare ogni tanto.
Non gli
aveva detto che avrebbe lavorato al Chicago Med per un po’, perché voleva che
fosse una sorpresa e perché voleva subito mettere in chiaro con la Goodwin che
non avrebbe riservato al suo amico nessun trattamento di favore; lo avrebbe
trattato esattamente come tutti gli altri medici forse anche più duramente.
Quella
mattina aveva indossato il suo tailleur con gonna grigio, che era il suo
completo portafortuna sin dal giorno della laurea, ed era arrivata in ospedale
prestissimo. Miracolosamente non aveva incontrato il suo amico e, un gentile
dottore presentatosi come dottor Charles, l’aveva accompagnata all’ufficio
della Goodwin e lì tutto era iniziato.
Sharon, -
aveva insistito perché si dessero del tu -, aveva letto alcuni documenti che a
Monique era stato chiesto di portare con sé, le aveva offerto un caffè e poi si
erano confrontate su alcuni punti fondamentali su cui si erano trovate
perfettamente d’accordo: il paziente prima di ogni cosa, a volte le nostre
scelte non sono solo bianche o nere, collaborare ed essere completamente oneste
l’una con l’altra era ciò che avrebbe fatto la differenza. Infine la Goodwin le
aveva detto che era il momento di incontrare il personale ed era stato allora
che Monique aveva messo in chiaro le cose.
“Prima
di incontrare il personale c’è qualcosa che dovresti sapere.”
“Dimmi
pure” Sharon le sorrise.
“Il mio
migliore amico è un dottore in questo ospedale; non sa che lavorerò qui perché
volevo parlare con te prima di dirglielo. Voglio solo che tu sappia che non
farò favoritismi di alcun tipo, è il mio migliore amico e gli voglio un bene
dell’anima, ma dentro l’ospedale è semplicemente uno dei dottori con cui
lavoro. E niente più.”
“Sono
certa che non farai favoritismi, ma grazie per avermelo detto. Di quale dottore
stiamo parlando?”
“Connor
Rhodes.”
“Il
dottor Rhodes è uno dei più problematici, insieme al dottor Halstead. Scoprirai
con il tempo che insieme formano un duo da incubo se si tratta di infrangere le
regole.”
Monique
rise. “Lo terrò a mente.”
“Bene.
Andiamo a fare le presentazioni.”
****
L’intero
personale, o meglio quello disponibile in quel momento, venne radunato
nell’atrio del pronto soccorso, di fronte a Monique e alla Goodwin e lì
iniziarono le presentazioni. Monique cercò di memorizzare velocemente tutti i
nomi e i visi, ma chiese scusa in anticipo se per un po’ si sarebbe scordata di
qualcuno. Conobbe due infermiere: April Sexton e Maggie Lockwood, la dottoressa
Natalie Manning, il dottor Ethan Choi, il dottor Will Halstead - una parte del
pericoloso duo -, la dottoressa Sarah Reese e rivide il dottor Charles. Connor,
che era impegnato, li raggiunse dopo una decina di minuti e corrugò la fronte
poggiando gli occhi su Monique.
“Monique?”
le disse con tono perplesso.
“La
conosci?” gli chiese Will guardandolo.
Lui
annuì senza staccare gli occhi da lei. “Sì, lei è...”
“Il
dottor Rhodes e io” prese la parola lei. “Siamo migliori amici dai tempi del
liceo.”
“Sì, e
giusto per mettere le cose in chiaro sin da subito” intervenne la Goodwin “la
signorina Kepner mi ha assicurato che nonostante il legame personale con il
dottor Rhodes non gli riserverà nessun trattamento di favore” i suoi occhi si
poggiarono su Connor.
“Non lo
farà di sicuro” confermò lui guardando la sua amica. “Forse mi tratterà ancora
più duramente proprio per il nostro legame personale.”
“Puoi
giurarci che lo farò” Monique sorrise a tutti. “Grazie dell’attenzione, e ci
vedremo in giro per l’ospedale suppongo.”
Il
personale tornò alle proprie faccende, la Goodwin le disse che sarebbe stata
nel suo ufficio, invitandola a fare un giro per ambientarsi. Prima di andare
via ci tenne a farle sapere che un abbraccio al suo migliore amico era
concesso, anzi bene accetto, perché in quell’ospedale erano una grande famiglia.
Monique
la guardò allontanarsi e rimase da sola con Connor. “Ti va di farmi fare un
tour dell’ospedale?” gli domandò.
“Ti va
di dirmi perché non mi hai detto che saresti venuta a lavorare qui?”
“Volevo
che fosse una sorpresa e poi volevo prima parlare con la Goodwin.”
Lui
incrociò le braccia sul petto e la guardò da capo a piedi. “Il tuo lavoro qui è
a tempo indeterminato?”
“No, è a
tempo determinato ma non so ancora per quanto dovrò rimanere. Mi è stato
chiesto di venire in soccorso di Sharon, pare che ci sia un notevole carico di
lavoro e che da sola faccia un po’ di fatica.”
“Quindi
sei la sua assistente?”
“Più o
meno. Quando lei sarà presente prenderemo le decisioni insieme, se dovesse
assentarsi allora io sarò al comando.”
“Vuoi
dire che praticamente sei il mio capo.”
“Praticamente”
lei annuì. “Puoi chiamarmi signorina Kepner.”
Connor
rise, allargò le braccia e si strinsero in un forte abbraccio. Uno di quelli
che solo loro sapevano condividere. “Sono felice che tu sia qui. E sono sicuro
che farai un lavoro straordinario.”
Lei si
allontanò poco, per guardarlo in faccia. “Lo spero, sono molto nervosa anche se
non si vede.”
“Chi ha
detto che non si vede?”
Monique
gli tirò un colpo leggero sul braccio. “Sei un idiota.”
“Mi
hanno detto di peggio” l’uomo le sorrise. “Andiamo, ti faccio fare un giro
dell’ospedale.”
“Okay,
sono pronta” la donna tirò fuori dalla tasca della giacca un piccolo taccuino.
“Prenderò nota delle cose più importanti.”
“Secchiona!”
la etichettò lui precedendola lungo il corridoio.