Capitolo 41
Mancanza
-
Porca vacca, Bobbie! Hai una faccia tremenda! - fu l’esclamazione di Arianne,
una volta entrata nella camera ospedaliera del fratello maggiore - Quello che
vedo sul tuo viso è un accenno di barba? -
La
lunga occhiataccia che Robert le riservò fu un’eloquente risposta.
I
marcati segni bluastri sotto gli occhi erano l’evidente conseguenza di un sonno
agitato, davvero poco ristoratore, e il lieve strato scuro che contornava la
mascella non aiutava a dargli un’aria migliore.
-
Sai sorellina, quando non ci si fa la barba per due giorni questa continua a
crescere - le fece notare, piccato.
-
Cosa? Ma davvero? - domandò lei, andando ad appoggiare la borsa a tracolla
sulla sedia libera vicino al letto - Ed io che pensavo che scomparisse nella
notte, grazie alla magica polverina fatata dei follettini della barba -
-
Ah ah ah - fece Rob, osservando la sorella ormai al suo fianco.
Arianne
portò una mano al fianco fasciato dai jeans a vita alta, e con l’altra si tirò
indietro alcuni piccoli ciuffi di capelli sfuggiti dalla coda di cavallo.
-
Che è successo? - gli domandò a bruciapelo - Deve essere successo per forza
qualcosa, perché non ti ho mai visto ridotto così -
-
Sono stato attaccato da un orso, non ricordi? -
Nonostante
l’aria indispettita che aveva assunto, Robert sapeva di star mentendo alla
propria sorellina, e la cosa non gli piaceva nemmeno. Non poteva però spiegarle
le vere ragione per le quali si trovasse in quello stato. Non poteva dirle
niente, per il suo bene e per quello delle persone a cui teneva.
Arianne
lo osservò allungo, soppesando la sua risposta parola per parola, con aria poco
convinta. Ormai la ragazza sembrava aver sviluppato un sesto sento parecchio
sviluppato che le permetteva di capire, in tempi più o meno brevi, quando il
fratello maggiore le mentiva; una sorta di “Rivela cazzate di Robert 2000”.
-
No - sentenziò infine, iniziando a far sudare freddo il castano - Non è questo
- aggiunse, poco dopo.
Rie
non riusciva ad individuare cosa non andasse nel fratello, e cosa lo
tormentasse così nel profondo.
-
È successo qualcosa con Alberich? -
Si
andò a sedere all’angolo del letto vicino a lui, mentre Robert prese a
giocherellare con il bordino cucito del lenzuolo bianco.
-
Più o meno - rimase vago.
-
Bobbie - sospirò la sorella - Lo sai che con me puoi parlare, sempre e di
tutto. Lo sai, vero? -
-
Ma certo che lo so - rispose lui, stringendosi nelle spalle - Guarda che non è
successo niente di grave -
“Più
o meno”
-
Avevamo solo leggermente discusso, ma abbiamo chiarito -
Per
la seconda volta, Arianne sembrò non credere appieno alle sue parole. Il “Rivela
cazzate” aveva colpito ancora.
-
Te ne rendi conto da solo, o devo proprio dirtelo ad alta voce? -
-
Che cosa? - domandò il ragazzo, confuso.
-
Che hai appena sparato una boiata così grossa che persino le sedie se ne sono
accorte -
Pizzicato
nel vivo, Robert si irrigidì di colpo.
-
Io non ho sparato nessuna boiata! -
-
Ed io sono Dita Von Teese. Ora, visto che non sono per ovvie ragioni lei e non
ho nemmeno il fisico da ballerina di burlesque, possiamo concludere per la
proprietà intransitiva delle cazzate che quello che hai appena detto lo è - spiegò
lei, accavallando le gambe, ed assumendo un’aria da professoressa saccente.
Robert
non riusciva a credere a quello che stava udendo. Gli sembrava che sua sorella
fosse uscita di senno.
-
Ma scusami - iniziò, dovendo trattenersi dal ridere per il nervoso - Lo saprò
io se con il mio ragazzo va tutto bene, o no? -
La
ragazza scosse la testa, risoluta.
-
Non prendermi in giro, Bobbie - sbuffò, stanca - Se non vuoi parlarne lo
capisco, però non fare finta che non ci sia nessun problema. Ti conosco da ben
vent’anni, fratellino, e la tua… non è la faccia di uno che non ha qualcosa per
la testa che gli toglie il sonno -
Arianne
era completamente seria, come poche volte lo era stata nella sua vita. Era
preoccupata per il fratello maggiore, e stava malissimo nel vederlo ridotto in
quello stato. Stanco, trascurato e con la malinconia negli occhi scuri.
Robert
si lasciò andare in un respiro profondo, sconfitto.
Sua
sorella aveva ragione. C’era più di qualcosa che non lo lasciava tranquillo,
che lo tormentava, ma non riguardava solo Alberich.
Riguardava
lui, Lyla, Beki… tutti loro.
Sentiva
già la mancanza del proprio ragazzo, e la necessità di averlo vicino a sé in
quel momento di sconforto. Voleva sentire la sua voce, la sua presenza…
Anche
se si erano riappacificati, a grandi linee, una parte di Robert era ancora
tremendamente arrabbiata con lui. Era furioso con lui, e sapeva che non gli
sarebbe mai potuto passare in un paio di giorni. Era impossibile.
Si
sentiva… abbandonato.
Lasciato
indietro, e confuso, proprio nel momento in cui necessitava maggiormente di lui
al suo fianco.
Robert
si rese conto di essersi messo a singhiozzare, solo quando sentì le braccia di
Rie cingerlo in una stretta rassicurante.
-
Butta tutto fuori, Bobbie - la sentì dire, lieve, mentre gli passava una mano
sulla schiena - Ci sono qua io. Ci sono qua io… -
Si
rigirò il telefonino più e più volte tra le mani, indeciso sul da farsi.
Lo
osservava per pochi secondi, con gli occhi ben puntati sullo schermo ancora
spento, per poi riprendere i movimenti rotatori con le dita.
Chiamare
o non chiamare?
Scrivere
o non scrivere?
Queste
erano le domande che tormentavano Robert, sdraiato sul letto immacolato.
-
Non devi farlo se non te la senti, Bobbie -
Girò
appena la testa verso la sorella minore, ancora al suo fianco.
Da
quando si era tranquillizzato, Arianne lo aveva lasciato solo per pochi minuti;
giusto il tempo per andare a prendere qualcosina da sgranocchiare alle macchinette
all’ora di pranzo.
Lui
aveva insistito nel dirle di andare a consumare un pasto decente, ma la ragazza
si era impuntata come un mulo. Cocciuta e testarda quanto il fratello; tale e
quale.
-
Lo so - borbottò Rob, riportando lo sguardo sull’apparecchio elettronico - Mi
manca -
-
Chiamalo, allora -
-
Ma sono ancora incazzato con lui - aggiunse, con una smorfia.
-
E allora non chiamarlo - scrollò le spalle la ragazza - Però ti conviene
prendere una decisione. Così rischi di impazzire -
Ancora
una volta, sua sorella aveva ragione.
Peccato
che per lui non fosse così semplice prenderne una, altrimenti l’avrebbe già
fatto da tempo.
-
È più complicato di così. Te la fai troppo semplice - gli uscì come un lamento.
Arianne
scosse la testa.
-
Nella vita niente è complicato, siamo noi che ci rendiamo la vita difficile per
niente -
-
E questa frase filosofica da quale biscotto della fortuna l’hai tirata fuori? -
La
castana gonfiò le guance, indispettita e vagamente offesa.
-
Sai essere un vero stronzo avvolte, fratello -
-
Solo avvolte? - domandò, con un sorrisetto sulle labbra che riuscì a contagiarla.
-
Non volevo infierire, ma sappiamo entrambi quale sia la verità -
Il
trillo di un telefonino prese di sorpresa entrambi.
Rapido
Robert riportò la propria attenzione sul proprio cellulare, con occhi colmi di
speranza, ma constatò con altrettanta velocità che non era stato lui a produrre
alcun suono.
-
Scusa, è il mio -
Arianne
allungò una mano verso la borsa sulla sedia, e tirò fuori la fonte del trillo
di poco prima.
-
È Macao. Devo andare a lavoro, Bobbie. Mi spiace - si scusò la ragazza,
riponendo l’apparecchio nella tasca posteriore dei pantaloni.
-
Mi ero completamente dimenticata di aver fatto cambio di turno con Jimmy questa
settimana. Se corro dovrei riuscire a cavarmela - gli spiegò velocemente,
rimettendosi giaccone e sciarpa.
Di
solito la ragazza lavorava la sera tardi al Fairy Law, ma visto lo stato
di salute del fratello, aveva chiesto al proprio capo di fare un cambio di
turni per quei giorni. Era stata molto fortunata nel trovarsi un superiore
comprensivo come Macao, davvero parecchio fortunata.
La
castana si allungò verso il fratello, e gli schioccò un bacio sulla guancia.
-
Ah, e mi raccomando Bobbie - iniziò Rie - Se il tuo fusto tatuato osa fare
qualche stronzata, o ti fa stare male in qualunque modo, dimmelo che lo metto
sotto con la macchina -
Il
sorriso innocente con cui terminò quella frase fece raggelare il sangue nelle
vene del ragazzo.
Sapeva
che sarebbe stata capace di farlo. La conosceva troppo bene.
-
Non pensi di star leggermente esagerando, sorellina? Non c’è bisogno di
ricorrere a tanta violenza -
Detto
da uno che, solo ventiquattro ore prima aveva minacciato il proprio ragazzo di
castrazione, suonava un po’ ridicolo.
-
Dici? - inclinò la testa da un lato - Allora gli graffierò la macchina -
concluse, andando verso la porta.
-
Arianne? - la chiamò.
-
Sì? -
-
Lui ha una moto -
Le
labbra rosate della ragazza si aprirono in un nuovo, ampio, e poco rassicurante
sorriso.
-
Vorrà dire che gli righerò quella - scrollò le spalle - Io scappo. Ci vediamo questa
sera, fratellino. Bacini - e sparì dalla sua vista, in corridoio.
Rimasto
solo, Robert rigirò un’ultima volta tra le mani il cellulare.
Aveva
deciso cosa fare.
Alberich
rispose al quarto squillo, quando Robert era sul punto di abbandonare l’idea e
chiudere la telefonata.
Il
ragazzo sentiva un nodo alla gola, tanta era l’agitazione che stava provando in
quel momento, e la voce gli sembrava essersene andata via; insieme a quel briciolo
di coraggio che era riuscito, per miracolo, a racimolare. Un vero cuor di
leone, nel profondo.
-
Ciao - gli uscì flebilissimo.
-
Ciao, Robert! -
La
voce di Alberich era decisamente più alta e piena di vita della sua. Si sentiva
quanto fosse felice per quella semplice chiamata.
-
C_ -
Il
castano si schiarì la voce.
-
Come va lì? -
Una
domanda semplice. Banale, persino.
Robert
sapeva di essere caduto nella trappola della “conversazione standard” degli
anni 2000, ma era stato più forte di lui. Non era riuscito a pensare ad un
inizio migliore.
-
Tutto bene, dai. Ci siamo appena fermati in una stazione di servizio per fare
una pausa e mettere qualcosa sotto i denti - gli raccontò - Te, invece? -
-
Una favola - scherzò Robert - Sempre bloccato su questo lettino, con infermiere
inquietanti e cibo che sa di cartone, nonostante ciò tutto bene -
-
Mi spiace - abbassò leggermente il tono di voce - Se vuoi posso parlare con mio
fratello, e gli chiedo se può fare qualcosa a riguardo -
-
No no, lascia stare - rifiutò - Tup fratello ha già fatto tanto, e non voglio disturbarlo
ancora. Le infermiere mi hanno detto che, se tutto va bene, nei prossimi giorni
dovrebbero già permettermi di tornare a casa. Non avrebbe senso disturbalo
perciò -
-
È una notizia grandiosa, pulcino - esclamò il tatuatore, decisamente più allegro.
Si
vedeva che era felicissimo all’idea che avrebbero dimesso il ragazzo, ma a
differenza sua il ragazzo non provava lo stesso.
A
Robert non piaceva stare là nella maniera più assoluta, nessuno avrebbe mai
potuto provare piacere nel stare bloccato in una camera ospedaliera, ma era spaventato
all’idea di uscire. Non riusciva nemmeno ad immaginarsi come sarebbero cambiate
le sue giornate, una volta fuori. Senza Lyla e senza di lui…
-
Non mi sembri però tanto felice, Robert. C’è qualcosa che non va? -
Persino
il tatuatore se ne era accorto, a chilometri di distanza.
-
No, non c’è niente che non va. Tranquillo - mentì lui, rapido.
Robert
però ignorava il fatto che non solo sua sorella possedeva un “Rivela cazzate
2000”, ma anche l’uomo-lupo dall’altra parte della cornetta.
-
Pulcino… - lo richiamò infatti, come si stesse rivolgendo ad un bambino piccolo
- Lo sai che le bugie non si dicono? -
-
Non ne ho dette infatti -
Il
silenzio che seguì la sua risposta, lo portò a ribattere ancora.
-
Io non ho detto nessuna bugia -
Ancora
silenzio che riuscì ad innervosire ulteriormente il ragazzo.
Esasperato,
Robert si lasciò sfuggire un verso stizzito.
-
Cos’è, tu e mia sorella oggi vi siete messi d’accordo? -
-
No - rispose Alb - Evidentemente ti conosciamo entrambi abbastanza bene da
capire quando menti e, personalmente parlando, non ho bisogno di vederti in
faccia per farlo; mi basta la voce per quello -
Ed
era vero. Gli era bastato sentire una piccola variazione nella sua voce per comprendere
che ci fosse qualcosa che non andasse.
-
Posso sapere cosa sta succedendo, amore? -
Amore.
Era
la prima volta che Alberich lo chiamava così. Gli faceva provare qualcosa di
strano, al petto.
Ci
si poteva emozionare tanto per una sola parola?
-
Mi manchi - sbuffò Robert, sganciando la bomba - Ecco cosa c’è -
Dall’altra
parte della cornetta il tatuatore si lasciò scappare uno strano verso. Troppo
acuto e strozzato per essere davvero venuto fuori da lui.
-
Che era quello? - domandò il castano, confuso.
-
È la cosa più tenera che ti abbia sentito dire - gli spiegò, con il solito tono
di voce.
Robert
arrossì vistosamente per l’imbarazzo.
Non
gli era sembrato sul momento di aver detto una cosa così tanto tenera da fargli
fare un versetto simile.
Non
credeva nemmeno che ne fosse in grado, fino a pochi secondi prima.
-
Me lo potresti ripetere ancora? -
-
Non ci penso nemmeno -
-
Eddai - lo pregò il corvino - Di’ “Mi manchi tantissimo, Alberich”. Magari con
la voce da centralinista porno -
Il
ragazzo lo sentì chiaramente sghignazzare dall’altro lato. Si stava divertendo
un mondo nel prenderlo in giro.
-
Fottiti, orso-tattoo - sbottò infine, rosso.
Se
lo fosse per imbarazzo, rabbia o altro era difficile da dire con certezza.
-
Lo vedo difficile, sai? - disse - Vorrà dire che ci penserai te quando ci
vedremo -
Lo
disse con una nonchalance ed un’allegria che portarono Robert a spalmarsi una
mano sulla faccia.
Che
cosa aveva fatto di male nella vita?
-
Se continui così la prima cosa che farò sarà strozzarti, Alberich -
-
Sappiamo entrambi che non è vero - cantilenò il lupo, allegro, e facendo sospirare
l’altro.
-
Rob? -
-
Che c’è? - domandò, stanco.
-
Ti amo -
Per
quanto lo facesse arrabbiare ed uscire di senno, alla fine non solo l’aveva
sempre vinta lui, ma riusciva anche a strappargli un sorriso involontariamente.
-
Anch’io, orso -
ANGOLO
DELLA MENTE MALATA:
*UNA
STELLA È NATA ED È FRA NOOOI È QUI FRA NOOOOI COME UN LAMPO NELLA NOTTE LUUUI È
QUI FRA NOOOOI*
Voi
non avete la più che minima idea dello spattone che mi sono fatta oggi, per riuscire
a finire la trascrizione del capitolo ‘sta sera e pubblicarlo.
“Ma,
Harley, le storie originali mica le aggiorni di venerdì? Perché non hai
aggiornato domani, con tutta calma?”
Perché
non potevo. Domani dovrò fare 100+1 visite mediche, e non so nemmeno quando
tornerò a casa, indi per cui o aggiornavo prima o aggiornavo dopo; però, visto
già tutto il tempo in cui vi ho fatto attendere, mi sembrava un minimo carino
pubblicare un pelino prima ecco. COMUNQUE
Sono
contenta. Negli ultimi tempi mi è tornata una voglia di scrivere, e un’ispirazione
per la storia come non avevo da tempo, e la cosa mi rende felicissima. Mi sono
anche venute in mente un casino di idee per migliorare e rendere più interessante
la storia, e non vedo davvero l’ora di mettermi a scrivere.
Davvero
ragazzi, sono di un preso bene che non riesco nemmeno a spiegarlo a parole.
È
bellissimo potermi di nuovo sentire così. Purtroppo nei mesi passati ho erroneamente
pensato che ciò che mi accadeva nella vita di tutti giorni non avrebbe, in
alcun modo, influenzato la mia scrittura. Non solo mi sono sbagliata, ma è andata
persino peggio di come avrei mai potuto immaginare. Nice. Ma lasciamo
sta’, che è meglio. Parliamo della storia!
Visto
che mi è stato chiesto, vi confermo che nel prossimo capitolo non ci sarà ancora
Ciel. Purtroppo, so che questa cosa non ve piacerà, però deve lavorare. So che
suona brutto, ma lui deve portare la pagnotta a casa e quindi deve lavora’.
Succede. È la vita.
Non
posso dirvi quando tornerà di preciso, ma posso dirvi che quando sarà, sarete
tutti contenti. *occhiolino ammiccante*
Fidatevi
di zia Harl.
Se
vi va, fatemi sapere cosa pensate del capitolo, e se avete delle domande/curiosità
non fatevi problemi nel chiedere.
Risponderò
a tutti con piacere :3
Io
scappo via,
vi
porgo i miei più sinceri omaggi
HH
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