2.
Conosciamoli
meglio (parte 1)
Aiko
non era mai stata una persona come le altre.
Il
suo modo di fare, così come il suo essere sempre e
costantemente con
la testa fra le nuvole, faceva sì che tutti la mettessero
nella
schiera degli 'strambi'. Era difficile catturare la sua attenzione
per più di mezzo minuto, e anche quando miracolosamente uno
ci
riusciva, il suo sguardo ti impediva di credere che ti stesse
guardando veramente. In un certo senso era come se lei guardasse
oltre, come se le sue iridi scure in qualche modo passassero
attraverso il tuo corpo, imitando i raggi X dei più famosi
macchinari medici presenti in ogni ospedale. Aiko ti fissava eppure
non ti vedeva, e quando succedeva tu sapevi per certo che ormai non
ti stava più a sentire.
Anche
quando era lei a parlare aveva l'assurda facoltà di perdersi
a metà
discorso, dimenticando ciò che stava dicendo e chiedendoti,
sbigottita, di che cosa esattamente stesse parlando. Standole vicino
mi è capitato molte volte di riderle in faccia, quasi fino a
farmi
venire le lacrime: la sua espressione accigliata nei momenti in cui
accadeva qualcosa di simile era assolutamente impagabile, una delle
cose più divertenti che io abbia mai avuto modo di vedere
anche in
seguito.
Non
era però sempre tutto rose e fiori con lei, anzi. Sebbene
fosse un
tipo abbastanza allegro, o comunque una ragazza con cui era facile
divertirsi, non era mai Ai-chan a cominciare una conversazione
né
tanto meno era in grado di intrattenerti in qualche modo. Per via
della sua ingenuità prendeva le cose troppo seriamente e,
alla fine,
non riusciva mai a ridere degli scherzi che io o che qualcuno della
nostra classe le facevamo. Rimaneva semplicemente là, con
gli occhi
sgranati, a fissarti senza capire che cosa dovesse fare.
Quando
ciò accadeva, non sapevo mai come prenderla. Mi dava l'idea
di non
avere mezze misure. Per lei una cosa poteva essere o giusta o
sbagliata, non c'era lo spazio per sfumature di alcun genere. Il
grigio non era contemplato e purtroppo era così anche per
quanto
riguardava i sentimenti.
Aiko
poteva provarne uno solo alla volta e quello di turno era espresso
sempre al proprio massimo. Calma e rabbia, gioia e tristezza, amore
ed odio...
Ogni emozione tipica dell'uomo era capace di entrare nel suo cuore
solo dopo un dato periodo di tempo, ovvero quando il sentimento
precedente si era in qualche modo esaurito svanendo dal suo animo.
Ai-chan
era intelligente, molto, e sebbene mancasse totalmente di
capacità
di analisi di per sé, si applicava alle cose con costanza
almeno
sino a che non diventava brava in una certa conoscenza od
abilità.
Era ammirata dai professori per i suoi bei voti e per la
capacità di
sapersi sempre risollevare da una materia in cui aveva delle lacune,
inoltre in classe erano in molti a chiederle aiuto per studiare, e
nell'istituto non c'era qualcuno che mancasse di rimanere stupito una
volta che uscivano i tabelloni dei risultati degli esami.
Lei
era una stella, in tutti i sensi possibili. Una sorta di leggenda fra
le mura della nostra scuola, sia per mente che per avvenenza.
Però,
io lo vedevo, tutto questo non la toccava minimamente.
Al
tempo ignoravo cosa desiderasse nel profondo ma, se solo avessi
saputo allora ciò che so oggi, credo mi sarei comportata in
modo
assai diverso nei suoi confronti.
Avrei
smesso di preoccuparmi del suo grande distacco, capendo che se Aiko
si comportava così era solo perché non conosceva
nessun modo per
entrare veramente in contatto con il prossimo.
Avrei
cercato di starle più vicino, di farla parlare di
ciò che sentiva,
senza ostinarmi ad attendere che fosse lei stessa ad aprire la bocca
da sola.
Magari
mi sarei perfino impegnata a spiegarle le varie sfumature che ogni
sentimento possiede se solo fosse servito ad evitare che poi le cose
andassero così male in seguito.
Era
però la sua purezza - quel suo fragile, fragilissimo candore
che
sapeva dimostrare al prossimo - ad impedirmi di essere sincera, e
alle volte dura, con lei. Non volevo che cambiasse, volevo
altresì
che rimanesse sempre la stessa, perché pur con tutte le sue
stranezze Aiko era sempre stata la persona migliore che io avessi mai
conosciuto.
Dimostrarle
di che pasta erano fatte le persone, farle capire cosa significava
vivere, ma vivere davvero, avrebbe voluto anche dire perdere quello
speciale luccichio nei suoi occhi. Quello che le vedevo impresso ogni
volta che si stupiva. Quello che rendeva il suo sorriso,
così raro,
ancora più prezioso. Quello che mi aveva incantata la prima
volta in
cui la avevo vista e che, poi, mi aveva legata a lei
indissolubilmente.
Volevo
proteggerla e credo siano stati in molti quelli a possedere le mie
stesse intenzioni nei suoi confronti. Così come quelli che
mi
avevano preceduta, però, non avevo capito ciò di
cui lei aveva
veramente bisogno: la muraglia che le avevano costruito attorno, e
che io avevo contribuito a rinsaldare, la aveva lasciata incapace di
imparare ad interagire con il prossimo.
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