Noi, per il resto del
mondo
Prologo
L’archeologo Sasuke Uchiha si guardò attorno, nel
grande e immenso spazio bianco dove era stato trasferito; socchiuse
appena le palpebre: tutta quell’assenza di colore faceva
persino male agli occhi.
Una volta che
le retine artificiali si furono abituate, abbassò lo
sguardo, per aprire e chiudere le falangi in movimenti lenti ma
costanti, così da testare l’efficienza della
riproduzione grafica del suo corpo. Poté dirsi soddisfatto
per la risposta all’input dei dati.
Poco dopo, in
una deframmentazione di quelli che sembravano cristalli, vide comparire
davanti a sé il proprio compagno, anche se definirlo tale in
quel frangente gli sembrava persino assurdo. Dovevano intraprendere un
compito fondamentale, persino vitale per il futuro della razza umana,
della sua identità e cultura. Ma faticava ad accettare
l’idea che per farlo occorresse davvero la presenza di
qualcuno che non sapeva distinguere una colonna dorica da una ionica,
eppure riusciva a battere i record di robe come Virtual Zombiecide sin
dalla data del release di quella sottospecie di ammasso di luci, suoni
e sangue che era il videogioco.
Videogioco, esatto.
Fece una
smorfia, per poi sospirare e guardare altrove, mentre il nuovo arrivato
dopo un saluto allegro aveva già cominciato a scaldarsi,
agitando le braccia.
Certo, come se
uno che faceva il tester di videogiochi avesse davvero bisogno di fare
un riscaldamento pre… pre-cosa,
esattamente?
“Piantala
di dimenarti. Adesso carichiamo il file Roma, dall’Urbe
all’Impero e saniamo le parti che ci servono,
poi passiamo al prossimo.”
Il gamer
Naruto Uzumaki si tirò su, portandosi le mani ai fianchi,
roteò gli occhi e ribatté:
“Sasuke,
tu rendi tutto così facile, ma sono io con il mio pad a
dover usare questo corpo fittizio per arrampicarmi tra canopi,
necropoli e pile di ceramiche in modo da trovare i bug di sistema,
rimetterli a posto e far funzionare tutto. Tu ti limiti a dire
‘no, quella
non ha la forma di anfora con il puntale è una…
– perse il tono scimmiottante per riflettere –
cilica, kilika, chilo… bah, quella roba
lì.”
“Kylix,
Naruto! Una kylix! Quando imparerai il termine? Ne avrai viste a
centinaia, sei una zucca vuota: per quello servo io, altrimenti avresti
riparato il bug mischiando canopi egizi con aryballoi greci!”
lo aggredì Sasuke, tagliente.
“Oh
Santa Gea che orrore, che crimine contro l’umanità
– vide lo sguardo disgustato e offeso dell’altro,
quindi precisò – dai, Sasuke, scherzo. Apprezzo
tantissimo quello che stiamo facendo e la possibilità di
ripristinare tutto ciò che rimane delle civiltà
antiche da dopo il Grande Terremoto. Solo, mi piace prenderti un
po’ in giro: quando toccano le cose a cui tieni perdi proprio
la calma, sei affascinante.”
Ammise Naruto,
tirando fuori il suo pad personale per incominciare a inserire delle
coordinate e immettere altri dati, in modo da procedere con il
caricamento.
Sasuke vide
sul suo volto un’espressione quasi nostalgica, persino
malinconica. Non capì perché, ma decise di
lasciar perdere, limitandosi a borbottare qualcosa
d’incomprensibile mentre faceva materializzare a sua volta un
pad olografico, in quel caso appartenente invece all’azienda
per cui lavorava, se così si poteva dire, in modo da
controllare i dati vitali.
“La
tua frequenza cardiaca è a posto: ovunque tu ti trovi in
realtà sembri rilassato. Connessioni neuronali funzionanti,
i corpi virtuali paiono rispondere bene e non dovrebbero esserci
problemi con l’interazione dei dati. Tengo aperto il pannello
per confermare gli indici vitali una volta che la realtà
digitale si sarà sviluppata, sperando di non trovare bug
ostici fin da subito.”
Commentò
Sasuke.
Corpi e
realtà virtuale, tutti termini che ormai da più
di un anno avevano preso a far parte della sua quotidianità,
assieme ad altri più vicini al suo mestiere, da quello di terminus ante quem al
carotaggio. Già, perché centinaia di secoli fa la
Terra, come altri archeologi e, in generale, umani la conoscevano,
aveva subito violente scosse telluriche capaci di cambiare radicalmente
la geografia mondiale: continenti un tempo soggetti alla deriva avevano
finito per accatastarsi nuovamente in una sorta di Pangea primordiale,
collassando tra loro con tragiche conseguenze climatiche e vitali.
I
sopravvissuti, anche agli stravolgimenti successivi, avevano perso ogni
traccia di quello che era stato l’Uomo prima di allora. E se,
nonostante tutto, nel tempo la voglia di vivere aveva fatto
sì che l’ingegno prevalesse sulla morte e la
desolazione, con il passare degli anni e grazie a una relativa
stabilità geografica l’uomo aveva sentito la
necessità di riprendere in mano le sue origini.
Se il culto
della Madre Terra Gea aveva sopperito al primo bisogno di conforto e
protezione, specie nei momenti in cui riecheggiava in petto la paura di
un nuovo collasso geologico, la musealizzazione e
l’archiviazione digitale – grazie ai numerosissimi
dati sopravvissuti al Grande Terremoto – avevano concesso
all’uomo la possibilità di ricreare opere
statuarie, città, quadri e beni archeologici di valore
inestimabile in spazi virtuali totalmente tridimensionali, nei quali la
gente comune poteva immergervisi; non solo, riusciva persino a
toccarli, sfiorarli, camminarvi grazie alla creazione di corpi virtuali
connessi a quello vero, esplorando senza rischi oppure ostacoli.
Il videogioco
con la realtà aumentata, in sostanza, era stato la base per
ricreare qualcosa di ancora più profondo dal punto di vista
culturale e storico: merito dell’intraprendenza dei
veneratissimi Fondatori della società Archeo Travel che,
cent’anni fa circa, avevano recuperato i dati sepolti dalla
terra e dal tempo per farli vivere alle persone, guidate dai loro
personali archeologi professionisti.
Da un anno a
quella parte, però, i numerosissimi e consolidati luoghi
digitali archeologici erano stati invasi in maniera inspiegabile da
tantissimi bug; pericolosi, non solo perché alteravano dati
e quindi riproduzioni storicamente corrette, ma anche perché
a volte tramutavano l’ambiente, diventando aggressivi per i
visitatori che vi si trovavano immersi.
Per quel
motivo, diverse squadre composte da un archeologo e un beta tester
professionista erano state incaricate dall’Archeo Travel di
entrare nelle simulazioni, scovare i bug, combatterli in caso di
aggressività e infine ripararli, per riportare nella forma
corretta qualsiasi cosa fosse stata alterata.
Poco tempo fa,
Sasuke e Naruto, ormai colleghi dall’inizio di quella
sfiancante campagna di correzione, dopo essere passati per Cartagine
avevano giusto concluso una sistemazione di Atene; anche se le
Cariatidi del Partenone avevano preso a lanciare loro addosso i
capitelli che, in teoria, avrebbero dovuto stare sulla loro testa e...
ecco, non era stato propriamente piacevole.
Per non
parlare della volta prima ancora, in Egitto, quando la piramide di
Cheope si era trasformata nella piramide in vetro del Louvre e si erano
dovuti arrampicare su ogni singola parete scivolosa per sistemarla, tra
il controllare la corretta inclinazione dei blocchi e il caldo
asfissiante del sole del Cairo, voluto per immergere totalmente i
visitatori nell’esperienza.
In
quell’occasione sarebbe toccato a Roma: una riproduzione di
buona parte dei luoghi fondamentali che avevano fatto la storia della
città, con uno spettro di datazione esteso a millenni di
civiltà in una nazione che, prima del Grande Terremoto, era
nota come l’Italia, sulla base di ricerche compiute da
storici, geologi e geografi memorizzate nel database ritrovato
dall’Archeo Travel.
Sasuke
incrociò le braccia, pensoso, mentre Naruto annunciava di
aver ultimato il caricamento e, per prudenza, aveva imbracciato il
fucile deframmentante. A volte funzionava, scomponendo ad arte qualche
bug aggressivo, altre... beh, non tanto, ma rappresentava comunque un
diversivo simpatico.
Sperò
che le cose non fossero messe tanto male come riportato dalle relazioni
degli ultimi tecnici che avevano ispezionato, tramite computer, le
linee di programmazione di Roma,
dall’Urbe all’Impero, mentre loro due,
come sempre prima di ogni missione, avevano studiato l’intera
planimetria cittadina; comunque, sembrava parecchio plausibile esserci
la mano esperta di qualcuno nell’alterazione di specifici
dati.
Ma, in quel
momento, non ebbe più tempo per riflettere oltre: il luogo
era stato infatti completamente caricato e loro non potevano
permettersi di distrarsi ancora. Il bianco cominciò a
mutare, come se ci fosse stato un invisibile pennello immenso mosso da
un titano: si dipinsero chiazze di colore e luci che attraversarono
l’aria in movimenti rapidi eppure armoniosi. Sasuke, come
Naruto, vennero investiti da quei colori, sembrò ci fossero
vento e luce; il mondo stesso vorticò in un meraviglioso
contorno di vita che si generava dal nulla.
Si ersero
altissime colonne, obelischi trasportati migliaia di anni prima
dall’Egitto lontano, poi arcate imponenti che reggevano le
basi dell’Anfiteatro Flavio, capace di ergersi sopra il resto
di quel bianco accecante con la sua colossale struttura fatta di
mattoni, di sabbia, di celle interrate nelle quali gladiatori e belve
attendevano il loro fatale momento, tra il sudore e le urla di un
pubblico che acclamava gli scontri.
Dopo aver
velocemente controllato le statistiche sul pad, l’archeologo
fece per dire qualcosa, ma quando tornò a guardare Naruto,
vide quest’ultimo sgranare gli occhi e urlargli:
“Giù!”
Istintivamente,
Sasuke lo fece. Ormai aveva imparato a fidarsi: o così, o
rischiava che i bug, l’ambiente stravolto, potessero alterare
in maniera irreversibile i suoi dati e la memoria, sempre
più confusa.
Quando si
chinò di scatto, sentì l’aria
scuotergli i capelli e il rumore metallico di qualcosa che sembrava
fendere l’ambiente sopra di sé; non dovette
nemmeno alzare lo sguardo perché, in un caos di zoccoli e
ruote, gli passò a pochi centimetri dal fianco una biga,
trainata da due cavalli schiumanti che sollevarono un nugolo di
polvere, schizzata da una strada ancora sterrata.
Nonostante lo
shock, Sasuke cercò di rialzarsi rapido, mentre il
conducente, un auriga dal fisico possente e il torace coperto da spesso
cuoio intagliato, eseguì una manovra per invertire la
direzione dei cavalli; allo stesso tempo, l’uomo che gli era
al fianco saltò giù e brandì un
gladio, accompagnato da uno scenografico mantello che si
gonfiò, come sospinto dal soffio di Eolo.
Naruto si mise
di fronte al compagno e sparò un colpo di fucile: dando
però prova di maestria, il loro avversario mosse la spada in
un movimento fluido e deviò il colpo con forza sorprendente;
un’arcata del Colosseo, investita in pieno dalla
velocità del proiettile destrutturante, si
frammentò in numerosissimi pixel che caddero simili a
polvere dalle migliaia di colori diversi, fino a lasciare un vuoto
bianco nel mezzo.
“Maledizione.”
Sbottò Naruto tra i denti.
“Cambia
arma! Usane una contundente!”
“Contu che?”
sbraitò l’altro, sparando un altro colpo che venne
deviato, attaccando un frammento di voluta alla base.
“Appuntita,
va bene? Appuntita! – rispose spazientito
l’archeologo – Punta allo spazio oltre il
torace, verso le spalle e le ascelle!” Aggiunse, osservando
rapido il terreno che sotto le ruote della biga in corsa sprizzava
scintille di pixel, mischiate alla terra polverosa.
“Questo
lo so, grazie tante! Tu vedi di non morire nel frattempo!”
Ribatté
Naruto, per poi sorridere adrenalinico e roteare il fucile; in un
movimento rapido esso mutò forma, dilatandosi in scie che
mischiavano innumerevoli colori brillanti, per poi diventare una lancia
metallica dalla punta capace di penetrare la carne, come le ossa,
persino i resistenti corpi alterati delle unità virtuali.
Schivò
un fendente del combattente che, nel frattempo, lo aveva raggiunto in
una corsa feroce, poi spostò l’arma davanti a
sé in modo da parare l’attacco successivo in
sequenza rapida, facendo schiantare la spada dell’altro
contro il freddo metallo digitale. Dei pixel di un colore uguale al
mercurio s’involarono tra di loro, simili a sudore argentato.
Con una mossa
di mano, Naruto riuscì a reclinare la parte più
bassa della lancia senza sbilanciarsi, così da colpire i
polpacci dell’avversario che non fece in tempo a
indietreggiare, destabilizzandosi; il tester approfittò del
momento per indietreggiare a sua volta di un passo con un salto agile,
caricare il colpo ed eseguire un affondo all’altezza del
braccio, proprio sotto il punto vitale dell’ascella.
Non che ci
fosse un vero cuore, nemmeno pulsazioni o sangue, ma le
unità umanoidi, persino quelle buggate, erano più
sensibili alla deframmentazione se colpite negli ipotetici punti
vitali. Infatti l’entità, dopo un istante in cui
era rimasta assolutamente immobile, gli occhi sbarrati, il mantello che
aveva smesso di fluttuare per restare sospeso nell’aria
sorretto da fili invisibili, esplose in centinaia di migliaia di
frammenti colorati che, sempre più infinitesimali, si
dispersero senza nemmeno cadere a terra, inghiottiti
dall’aria virtuale.
Ma
né Sasuke, né Naruto ebbero tempo per tirare il
fiato: l’auriga ormai era prossimo e, in un trionfo di
cavalli sbuffanti, polvere e frammenti luminosi, si trovava a pochi
metri dai loro corpi, che avrebbe schiacciato e calpestato. Tramite il
collegamento neuronale la simulazione perfetta delle ossa spaccate
sarebbe arrivata dritta all’encefalo di entrambi, provocando
l’idea tragica della morte.
Naruto fece
per aggredirlo, scartando di lato in modo da corrergli incontro e
cercare di disarcionarlo dalla biga, ma Sasuke scosse la testa in un
gesto secco e gli afferrò la lancia. Senza perdere altro
tempo trascinò Naruto dietro di sé,
così da toglierlo dalla traiettoria dei cavalli e, pochi
istanti dopo, quando se li vide passare di fianco riuscì a
schivare il colpo di spada dall’auriga per attaccare a sua
volta.
Sperando che
la forza virtuale lo assistesse e reggesse il contraccolpo,
schiantò la lancia tra le ruote della biga, la quale
collassò in uno schiocco secco di legno che si spaccava,
eiettando l’auriga al di fuori della postazione che ora
raschiava il terreno, trascinata in una corsa folle dai cavalli
terrorizzati.
Sasuke venne
sbalzato a terra, ma resse bene la violenza dell’impatto; fu
però Naruto, tornato in piedi, a oltrepassarlo, afferrare la
spada dell’uomo ruzzolato sull’acciottolato e
trafiggerlo alla gola. Non schizzò sangue, eppure il bug
esplose in nuove scintille vitali, simili alla polvere e al fuoco di
pixel del carro ormai rovinato.
I
sopravvissuti ansimarono, immobili nel silenzio calato
all’improvviso tra di loro, con poco distante
l’imponente struttura del Colosseo, le nuvole immobili del
cielo azzurro e, a qualche metro, il foro totalmente deserto, adornato
dalle tracce distanti di quella che avrebbe dovuto essere la vita e il
passaggio di altri esseri umani.
Naruto si
guardò la mano, ancora stretta attorno a una spada che in
realtà, ormai, era svanita, esattamente come era accaduto ai
due nemici fronteggiati pochi istanti fa. Poi annuì e la
tese a Sasuke, il quale con una impercettibile smorfia
accettò l’aiuto, non veramente necessario, a
rialzarsi in piedi.
“A
questo giro sono stati davvero aggressivi. E io già pensavo
di aver visto il peggio con la falange oplitica.”
Commentò Naruto, passandosi una mano tra i capelli.
Sasuke si
tolse la polvere di dosso con qualche gesto brusco, infine ammise:
“Non
mi aspettavo una cosa simile sin dal principio. Temo che se
incontreremo altri bug non andrà decisamente meglio
– occhieggiò sia il Colosseo che i fori, poi
aggiunse – mi affretto a cambiare la matrice per inviare al
tuo pad le indicazioni in modo da sistemare i bug, tu tieni
d’occhio la situazione.”
Naruto
recuperò la sua arma, ancora intatta ma tornata a essere un
fucile – d’altronde era un oggetto inanimato, non
certo connesso a un encefalo pieno di stimoli, dunque non rischiava
come loro di morire o annientarsi, a meno che fossero morti loro stessi.
Dopodiché
ammise: “Quella cosa con la lancia – poi, visto che
Sasuke inarcò un sopracciglio, quasi sfidandolo
inconsapevolmente, precisò – beh, era figa. Una
bella idea.”
L’archeologo
deviò lo sguardo, fissando il pad, per poi commentare
apparentemente impegnato: “Mi ha ispirato quel film
vecchissimo che abbiamo caricato quando attendevamo la simulazione di
Atene.”
“Il
Gladiatore?” domandò Naruto con un sorriso.
“Già.
Era persino abbastanza accurato, anche se non si chiariscono dettagli
fondamentali, per esempio che i barbari sono Quadi e Marcomanni, tra le
altre popolazioni germaniche.” Replicò
l’altro, come se una simile contestazione fosse davvero
importante.
Sollevò
lo sguardo ed entrambi finirono per fissarsi. Non sapeva se prendere a
schiaffi la faccia gongolante del tester, oppure sorridere,
perché sembrava felice di una cosa tanto banale, quando
avevano appena rischiato di morire investiti da un carro virtuale.
Eppure
trattenne un sorriso e continuò a lavorare. Naruto invece lo
fissò, ancora, per poi spaziare lo sguardo sulle vie, le
colonne, i porticati e le strade che si diramavano attorno a loro.
Quando
conclusero il lavoro, sistemando gli ultimi bug, si guardarono
brevemente, soddisfatti. A ben pensarci, dopo un anno di conoscenza
virtuale a conti fatti non conoscevano realmente le rispettive
identità. Sapevano i rispettivi gusti e si erano confrontati
su idee, oppure opinioni tra le più disparate; a volte
avevano litigato, pestandosi fino a rischiare di deframmentare i corpi
virtuali con grande disappunto dell’Archeo Travel,
però alla fine erano riusciti ad appianare le divergenze,
uscendone in qualche modo accresciuti e più consapevoli
l’uno dell’altro.
Sasuke si
chiese se Naruto dovesse avere quell’aspetto, nella vita
reale, con i capelli biondi, gli occhi chiari, quell’aria
energica e a tratti troppo agitata, capace però di lasciar
posto a una determinazione terribile, simile a un fuoco impossibile da
estinguersi.
Sarebbe stato
confortante, egoisticamente, sapere che era come lui. Anche
se non ricordava esattamente certi dettagli, quando avesse cominciato a
sentire che la propria esistenza era sempre uguale a se stessa, pur
nell’imprevedibilità del lavoro svolto.
“Sasuke...”
lo vide guardare oltre le sue spalle.
Per un solo
istante, l’archeologo non si voltò, poi
sentì un suono gracchiante, nemmeno troppo forte, simile
allo statico di una vecchia radio come quelle studiate
all’università dagli studenti del futuro. Poi lo
fece, seguendo lo sguardo sempre più stupito del tester, e
vide una spaccatura verticale che si stava lentamente aprendo.
Indietreggiò
di un passo e Naruto gli fu al fianco, con l’arma stretta in
mano. Dubitava che essa potesse fare qualcosa contro un bug, sempre che
si trattasse di un bug, in grado di alterare lo spazio digitale, ma
proprio non riusciva a rinunciare a difendersi e, allo stesso tempo, a
modo suo proteggere Sasuke.
In stato di
allerta, indietreggiarono ancora, mentre la luce proveniente dalla
fenditura si fece più luminosa e, attorno, le antiche
strutture, il mercato, le colonne, sembrarono scurirsi, pennellate da
ombre profonde. Socchiusero appena gli occhi, la retina digitale
sensibile ai cambiamenti di luce era infatti come quella umana, dunque
quando la luminosità si attenuò poterono scorgere
un uomo uscire lentamente dall’apertura generata: i suoi
folti capelli neri, lunghi oltre le spalle, scompigliati, selvaggi,
erano in contrasto con il bianco accecante dietro di sé. Il
corpo alto, di una muscolatura compatta che si intravedeva oltre
vestiti slargati, indossati senza cura o interesse, si
stagliò di fronte ai due uomini.
Dopo qualche
istante, in uno spegnersi lento del crepitio elettrostatico, i colori
tornarono alla normalità e la ferita nel mondo digitale
sembrò rimarginarsi; calò il silenzio
più totale.
Naruto fece
per aprire la bocca e domandare chi fosse quel tizio spuntato dal
nulla, con gli occhi scuri, un po’ gonfi e le labbra sottili
piegate in un sorriso distorto, ma l’uomo sembrò
persino prevederlo e lo interruppe, asciutto.
“Taci.”
Offeso, Naruto
aprì la bocca in modo da ribattere, ma Sasuke lo prese per
un braccio e l’altro si decise ad attendere che il nuovo
arrivato proseguisse.
Cosa che in
effetti fece, pur non mancando di notevole sarcasmo:
“Bene,
ora che vi siete decisi a smetterla di sprecare ulteriore tempo, vi
avviso di questo: i bug peggioreranno e, soprattutto, dovete avere bene
in mente dove andare. Perché se non è la
direzione corretta prevista dal sistema – aprì la
mano e, in un istante, la richiuse – per voi è
finita. Deframmentati. In questa gigantesca sala virtuale, le vostre
connessioni neuronali imploderanno.”
“Che
stai dicendo? Chi sei?” domandò Naruto, confuso e
con un pessimo presentimento.
Sasuke
fissò l’uomo, in silenzio, con il corpo in
tensione.
Lo sconosciuto
accennò una risata secca, persino tagliente.
“Tutto
questo non ha importanza. Quello che conta sarà dove andrete, per
riparare davvero questo mondo. Dopo il trionfo, in fondo... cosa
c’è? La vittoria.
O intendete perdere?”
Li
provocò, con occhi quasi folli, ma attenti.
“Cos...”
fece per dire Naruto, cercando di afferrarlo, eppure non vi
riuscì: l’uomo, o la sua emanazione digitale,
scomparve all’improvviso, come se non fosse mai esistito.
Per un attimo
i due rimasero in silenzio, circondati da ulteriore silenzio; si
guardarono, vicini, nelle loro orecchie in realtà
l’eco delle parole e del crepitio di un mondo virtuale capace
di ucciderli.
“Dobbiamo
tornare indietro, disconnetterci. Se continuiamo, moriremo.”
Decretò Sasuke.
La cosa capace
di far riflettere Naruto era che l’archeologo non sembrava
affatto spaventato; al contrario, appariva semplicemente logico,
persino scientifico.
Naruto gli
toccò il braccio. Lo sentì così suo in quel mare di
finzione, da credere che forse c’era ancora vita, dopotutto.
Potevano essere assieme, anche se lontani, anche nelle decisioni
più difficili.
“No.
Ci riusciremo. Se ce ne andiamo questo mondo, le sue memorie...
verranno divorate dai bug e per allora sarà troppo tardi
ripararlo. Quando accadrà, nemmeno la tua bravura come
archeologo servirà per ricostruire tutto questo, trasmesso
di secolo in secolo.”
Sasuke gli
guardò prima la mano, poi gli occhi che sembravano
esortarlo, sfidandolo.
Osservò
un istante il foro romano in cui si erano trovati, alle spalle
l’immensità del Colosseo e, oltre, attorno a loro,
il resto della città in una commistione di stili e
monumenti, similmente a come era stata secoli fa, prima che tutto
venisse distrutto. Gli imponenti archi a tre fornici come quello di
Costantino o a uno solo, come quello poco distante da loro,
appartenente a Tito, sembravano caratterizzare le vie contornate da
vestigia di antichi templi – quello di Vesta per esempio, il
cui sacro fuoco si era ormai estinto, senza più alcuna
vestale devota a tenerlo in vita.
“Lo
sconosciuto... – rifletté all’improvviso
Sasuke, per quanto gli sembrava di aver già visto
quell’uomo spuntato dal nulla – ci ha dato un
indizio su dove proseguire.”
Naruto
inarcò un sopracciglio. Poi ripensò alle parole,
osservò la strada percorsa e ciò che invece
ancora avevano davanti a sé, per poi annuire. Rimise il
fucile in spalla e avanzò: dovevano tentare, sperando di
aver avuto l’intuizione giusta, altrimenti avrebbero potuto
dire addio a loro stessi, come alla storia per cui stavano lottando.
Sproloqui
di una zucca
Questa fanfiction
è nata per la caccia al tesoro organizzata dal gruppo
SasuNaru Fanfiction Italia, al quale la dedico con grande affetto.
Tramite il raduno del 27-29 di luglio ho conosciuto e reincontrato
persone meravigliose; spero davvero con il prossimo raduno di poterne
incontrare tante altre.
Nel capitolo è contenuto in indizio per capire quale
successiva tappa della Città di Roma i nostri due
protagonisti dovranno visitare, potete provare anche voi a scoprire e
decifrare l'indizio!
Spero che
vi piaccia, per quanti non hanno potuto assaporarla o, per chi ha
partecipato alla caccia al tesoro, non ha avuto esattamente tempo di
gustarsi i dettagli. Avrà toni
scanzonati, d'avventura, a tratti un po' malinconici e... ovviamente
sarà sasunaru.
Grazie ancora e buona
lettura <3
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