Antigone: dalla luce alla tenebra e ritorno

di kk549210
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Quanto tempo sarà passato da quando il tiranno Creonte m'ha gettato in questo cieco carcere? Ormai non mi sento più viva, tutto ho perduto: non c'è più per me il dono della luce, che è vita e verità.
Ora ho per compagni solo il sospiro d'un sorcio asmatico e l'ininterrotto stillare d'una fonte lontana, remota... sarà acqua lustrale o una polla che Creonte, mio zio Creonte, sovrano di Tebe per volere d'un fato inesorabile, sta avvelenando per togliere di mezzo la mia incomoda presenza?
Ma forse tutto questo è solo una fantasmagoria che il Sonno artefice produce in me, senza luce, senza colori. Solo suoni in distorsione. Una dissonanza ben armonizzata dallo scaltro tiranno Caronte.
La Legge è Lui: io ho dato sepoltura al Fratello Nemico e ora devo perire. Privata della luce, ma non cieca nell'anima. Nella tenebra di questo luogo, senza la distrazione degli stimoli esterni, ascolto la voce dell'anima e l'eco dell'inconscio. Edipo, nostro padre, ha cercato ostinatamente la verità, ingiuriando il cieco Tiresia che lo avvertiva di non andare oltre. E poi, di fronte allo sfolgorare delle sue colpe, patenti e gravose, s'è strappato gli occhi scappando lontano dalla luce, da Tebe e da se stesso. I miei fratelli Eteocle e Polinice si sono trucidati a vicenda, avvinghiandosi in un ultimo abbraccio di odio. Cercavano il fulgore della gloria e han rigettato la luce dell'amore e della fraternità. Per averlo voluti di nuovo entrambi fratelli, ora sono qua. Domani morirò, forse non rivedrò neppure per un istante la luce del sole, nemmeno nel momento supremo in cui soffierà via la mia vita e l'anima fuggirà leggera nell'Ade.
Non sarà mai gravata dalla colpa esiziale di aver volontariamente scelto la tenebra piuttosto che la luce.
 
(Granada, Carmen de los Martires 24 luglio 2018)
 




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