Prologo.
“Evans!
Evans aspettami!”
La
bambina correva a perdifiato giù dal pendio della
collinetta, incespicando sui suoi stessi passi nel tentativo di
raggiungere il bambino pochi metri più avanti che continuava
a sfrecciare, voltandosi di tanto in tanto per farle qualche smorfia
giocosa.
Ansante
e sudata la bambina decise di arrendersi e si lasciò cadere
a terra, incurante del vestitino bianco che, a contatto con la prima
erbetta primaverile, si sarebbe potuto sporcare causandole non pochi
rimproveri una volta tornata a casa.
Il
prato era un soffice materasso e il calore del sole, misto al profumo
dei fiori selvatici appena sbocciati, la faceva gongolare di
felicità.
Iniziò
ad osservare il cielo alla ricerca di qualche nuvoletta, ma i suoi
occhi incontrarono un viso paonazzo che la osservava al contrario.
“Perché
ti sei fermata?” chiese il bambino buttandosi a sedere vicino
a lei,
“Ero
stanca e tu non mi ascolti mai quando ti dico di aspettarmi”
detto ciò mise il broncio, aspettandosi delle scuse
dall’amico che, al contrario, rimase in silenzio stendendosi
sul prato e chiudendo gli occhi.
La
bambina girò il viso verso la sua direzione, studiandolo
silenziosamente.
I
capelli biondi erano fin troppo lunghi per essere un maschio, e gli
ricadevano in ciuffi scomposti sulla fronte, che lui si divertiva a
spostare soffiando o scuotendo il capo.
Le
guance erano rosse, abbronzate dal sole e le piccole labbra sottili
formavano sempre un sorrisino ebete che lei si divertiva a prendere in
giro.
Cercando
di non farsi sentire, si avvicinò a lui piano, prendendo tra
le piccole dita un ciuffo di capelli e tirandolo.
Il
bimbo spalancò gli occhi chiari e, lanciandosi
sull’amica, iniziò a farle il solletico fino a
quando non la vide singhiozzare, stremata dalle tante risate.
Poi
l'aiutò a rialzarsi tenendola per mano, mentre con
l’altra provava a ripulirle il vestito con scarsi risultati.
“Arriviamo
fino al lago e poi torniamo indietro, ti va?”
La
bambina annuì entusiasta.
Il
lago era sempre stato l’attrazione di quel piccolo paese in
mezzo alle colline.
Erano
le sue strane zone di acqua salata, mista alla dolce, a destare la
curiosità di molti. Non aveva fiumi affluenti che dal mare
potessero portare l’acqua salmastra, perciò il
come ci arrivasse dell’acqua salata lì restava un
mistero.
Visitatori
dalle città vicine facevano ore di macchina pur di avere la
possibilità di passare giornate rilassanti, facendo pic-nic
sui prati a bordo lago.
I
bambini, in particolare, si divertivano a lanciare le briciole di pane
alle anatre che ogni anno, nella stagione estiva, tornavano in quel
luogo a nidificare e allevare i loro piccoli.
Ma
negli ultimi anni l’affluenza di visitatori era diminuita, a
causa di vari problemi di natura legale che avevano portato alla
privatizzazione di quel territorio.
Non
che la cosa dispiacesse molto ai due bambini che, anzi, avevano fatto
di quel luogo il loro parco giochi privato e scenario di mirabili
avventure.
Il
tutto all’insaputa dei genitori che li avevano da sempre
avvertiti di non avvicinarsi, perché pericoloso e loro
troppo piccoli per cavarsela da soli.
Ma,
come ogni bambino che si rispetti, ignoravano quegli avvertimenti
troppo soffocanti e inventandosi scuse, si dirigevano quasi ogni giorno
là all’insaputa di tutti.
Unici
due bambini del paese, provenivano entrambi da famiglie benestanti tra
loro amiche.
Non
poche volte si era accennato ad un possibile matrimonio combinato in
futuro, ma il più delle volte si trattava di battute che
rivolgevano agli stessi interessanti solo per il gusto di vederli
rabbrividire e fare smorfie disgustate.
In
fondo avevano solo nove anni, anzi, per la precisione Grace ne aveva
nove, mentre Evans teneva a sottolineare che di lì a pochi
giorni avrebbe compiuto il suo decimo compleanno e a quel punto sarebbe
diventato un uomo a tutti gli effetti.
Ogni
volta che entravano in argomento Grace sbuffava rassegnata, anche
perché il dislivello di pochi mesi rendeva lei la
più piccola e indifesa agli occhi di tutti, cosa che la
infastidiva non poco visto che dei due era lei la più
coraggiosa e temeraria.
Queste
caratteristiche, infatti, la mettevano sempre nei pasticci ed era Evans
quello che la tirava fuori puntualmente dai guai, spesso addossandosi
colpe non sue.
Non
a caso era il suo migliore amico.
La
tenne per mano camminando a suo fianco per tutto il tragitto, fino alla
grande pozza.
Il
vento accarezzava la superficie dell’acqua formando lievi
increspature che illuminate dal sole brillavano come piccoli diamanti.
Gli
occhioni scuri della bimba erano spalancati per la meraviglia, mentre
Evans sorrideva compiaciuto, quasi fosse opera sua lo spettacolo che
gli si presentava di fronte.
Scompigliò
la frangetta dell’amica, facendole cambiare di colpo
espressione che divenne furiosa e si mise a ridere quando lei
tentò di fare lo stesso con lui, fallendo miseramente per il
dislivello di altezza. Poi l’abbracciò forte per
calmarla, e se in un primo momento Grace tentò di
divincolarsi come un gatto, alla fine decise di arrendersi e godersi
quel breve contatto civile che ogni tanto Evans, tra un dispetto e
l’altro, le riservava.
La
prima volta che lo aveva incontrato aveva da poco compiuto i sei anni e
i suoi genitori avevano organizzato una cena invitando la famiglia di
lui come ospiti.
“Sii
gentile con Evans, ha cambiato casa da poco e non ha amici
qui” l’aveva avvisata sua madre poco prima del loro
arrivo, e la bambina, dalla mente sveglia e precoce, si era subito
immaginata un piccolo emarginato, timido e silenzioso, e si era
preparata di conseguenza.
Mai
avrebbe pensato di ritrovarsi davanti ad un vero e proprio terremoto
umano.
Una
volta messo piede in casa sua il bambino aveva iniziato a parlare a
macchinetta con ogni adulto, ma quando lei gli si era avvicinata per
presentarsi, l’aveva snobbata in quattro e
quattr’otto, quasi non fosse degna delle sue attenzioni.
L’aveva
subito odiato e per tutta la serata non aveva aperto bocca, fissandolo
imbronciata dall’altro capo del tavolo per l’intera
durata della cena. Lui, da canto suo, era completamente a suo agio,
scambiando battute e raccontando storielle che facevano divertire tutti
i presenti.
Ogni
tanto la guardava di sfuggita, distogliendo lo sguardo quando lei se ne
accorgeva e lo guardava a sua volta piena di collera.
A
fine serata, durante il momento dei saluti, fu l’ultima a cui
si rivolse.
Inizialmente
lei voleva rifiutarsi di stringere la mano che il bambino, molto
rispettabilmente, le offriva. Ma non voleva scendere al suo stesso
livello di antipatia e maleducazione, e con un sorriso falso lo
salutò, ringraziandolo per la compagnia come le avevano
insegnato i suoi genitori.
Alle
sue parole il bambino scoppiò a ridere, per poi risponderle
con un “Ciao nanerottola” che lei non avrebbe mai
più dimenticato.
“Che
ne dici, ci avviciniamo un po’
all’acqua?” le chiese, guardandola con gli occhi
colmi di eccitazione.
Non
era sicura fosse una buona idea, sua madre l’aveva sempre
avvertita di stare lontana da potenziali pericoli e per lei quello era
di sicuro un potenziale pericolo, visto che non sapeva ancora nuotare.
Naturalmente la cosa non valeva per Evans, che fin dai primi giorni
della loro amicizia, nata alla fine dalla trasformazione
dell’odio in simpatia, aveva dimostrato le sue doti da
nuotatore provetto nella piccola piscina comunale. La stessa piscina a
cui lei si era iscritta per imparare a nuotare, ma era
l’unica bambina del corso e la cosa le aveva creato non pochi
disagi, tanto che alla fine si era arresa all’evidenza che
l’acqua non fosse proprio il suo elemento.
Aveva
invece la passione per la lettura, cosa che Evans trovava assolutamente
noiosa e a cui si dedicava solo per gli studi scolastici,
poiché costretto.
Grace
era felice di avere l’esclusiva su quel suo piccolo mondo che
custodiva gelosamente, difendendolo con le unghie e con i denti dalle
beffe dell’amico, che nel corso del tempo erano andate
scemando fino a scomparire del tutto in un rispettoso silenzio.
Evans
proprio non riusciva a capire cosa ci trovasse l’amica in
quelle pagine inchiostrate, per lui il mondo vero era fuori dalla
porta, le avventure qualcosa di palpabile nell’aria, non
potevano essere rinchiuse in dei polverosi volumi di carta, ma
bisognava viverle di prima persona.
Ma
quando aveva visto il vigore con cui Grace aveva difeso i suoi amati
libri, un vigore tale da farle inumidire gli occhi mentre gli dava
dell’insensibile, lo aveva spinto a smettere con le continue
battutine e, per la prima volta, a mettersi in discussione.
Fu
quando le chiese imbarazzato di prestarle un libro di
“facile” lettura che la loro amicizia ebbe
effettivamente inizio. Grace vide per la prima volta il suo impegno nel
provare a venirle incontro, e anche se sapeva che quel libro sarebbe
rimasto sul comodino, coperto da uno spesso strato di polvere, il solo
gesto l’aveva resa immensamente felice.
Resa
coraggiosa dalla stretta di mano dell’amico, lo
seguì a bordo lago, rabbrividendo quando si trovò
di fronte a quella piccola immensità.
Le
strinse più forte la mano e lei lo guardò con la
coda dell’occhio. Sorrideva, con lo sguardo perso in quei
luoghi della sua mente a lei inaccessibili, e quasi lo
invidiò; lei aveva bisogno dei libri per viaggiare,
scappando dall’ordinaria realtà, lui ci riusciva
da solo, con la forza della sua immaginazione. Rimase in silenzio per
non rompere quel suo magico momento, anche se tanto avrebbe voluto
chiedergli cosa, cosa vedesse davanti a sé, cosa lo faceva
stare così bene e, soprattutto se un giorno, in quel luogo,
l’avrebbe portata con sé.
“Un
giorno questa diventerà la nostra casa”.
Ruppe
così il silenzio, quasi intercettando i pensieri e i dubbi
di lei, ma continuando a guardare verso l’orizzonte.
“Nostra?”
“Sì”
rispose lui semplicemente, “Si un giorno ci sposeremo e
comprerò l’intero lago. Ora però pensa
a cosa regalarmi per il compleanno, che mancano pochi
giorni!”.
Il
fatidico giorno arrivò in fretta, Evans aveva già
iniziato a sorridere ancor prima di aprire gli occhi. Era curioso di
scoprire cosa lo attendeva una volta arrivato in cucina, dove i
genitori lo aspettavano per far colazione e come ogni anno, sopra la
tavola, un pacco regalo gli avrebbe dato il benvenuto.
Tutto
si avverò secondo le sue previsioni, ma questo non gli
impedì di essere assuefatto dalla gioia e dal senso di
meraviglia quando, scartando il regalo, aveva scoperto che conteneva un
bellissimo telescopio. Si rigirò la scatola tra le mani,
tremando dall’emozione, mentre i genitori lo guardavano
soddisfatti per la buona scelta.
“Ehi
campione! Ti va di montarlo?”.
Non
vedeva l’ora arrivasse la sera.
Aveva
deciso di provare lo strumento vicino al lago, dove le luci della
città erano lontane e non potevano disturbare la visione del
cielo stellato.
Ci
sarebbe andato con Grace, avevano già organizzato tutto
durante la festa tenutasi nel pomeriggio.
Sicuramente
i loro genitori non sarebbero stati d’accordo a farli uscire
da soli col buio, tantomeno al lago, ma si misero d’accordo
per un piano ai loro occhi infallibile.
“Vado
a dormire da Evans”
“Vado
a dormire da Grace”
Sapevano
che i genitori non si sarebbero presi il disturbo di controllare se
fosse esattamente così, era capitato già molte
altre volte e non si preoccuparono della cosa.
Anche
quando Evans insisté a portare con sé il
telescopio per farlo provare a Grace non diedero peso alla cosa,
acconsentendo alla richiesta del figlio. E visto che le famiglie non
abitavano distanti e lui aveva compiuto dieci anni, gli permisero di
andare da solo.
“Sicuro
che sia una buona idea passare tutta la notte fuori?” Grace
era titubante.
All’inizio
l’idea di passare la notte fuori con l’amico a
guardare le stelle l’aveva entusiasmata, ma ora il buio che
inghiottiva ogni cosa e creava strane forme e rumori
nell’aria, la terrorizzava.
“Certo,
sarà come essere in campeggio! Vedrai che ci
divertiremo”, ma la bambina non ne era molto convinta.
Passarono
la prima mezz’ora a cercare di riconoscere le varie
costellazioni, aiutandosi con un atlante, ma si stancarono presto di
osservare quelle lucine lontane e proprio non riuscivano a vedere le
forme a cui avrebbero dovuto assomigliare.
“Evans
ho freddo”, il bambino ci rifletté un
po’ su, poi l’illuminazione:
“Potremmo
fare una corsa, così ci riscaldiamo”.
Ancora
una volta la bambina si dimostrò titubante, temeva di
perdere l’amico di vista, unica fonte di coraggio in quella
situazione, ma il freddo pungente le era insopportabile, quindi decise
di seguire la sua idea.
Iniziarono
a rincorrersi e, dopo i primi momenti di tensione, a ridere e scherzare.
Arrivarono
alle sponde del lago, che la notte aveva trasformato in uno specchio
nero dove si rifletteva una luna tremante.
L’atmosfera
era lugubre e a Evans venne un’idea,
“Dicono
che di notte i mostri del lago si risvegliano e strisciano fuori
dall’acqua per uccidere chi si avvicina alla loro
casa” finì la frase con una risata malvagia e si
beccò uno spintone da Grace.
“Smettila
scemo. L’unico mostro qui sei tu e poi non ho
paura.”
“Scommettiamo
che non riesci ad avvicinarti e toccare l’acqua?”
La
bambina lo guardò con aria di sfida e senza pronunciare
parola, si avvicinò alla riva accucciandosi per arrivare a
toccare l’acqua.
Fu
allora che successe.
In
un attimo sparì dalla vista di Evans e si udì un
tuffo.
Il
bambino si precipitò nel punto dove l’amica era
scomparsa, ma l’oscurità non gli permetteva di
vedere niente.
“Grace!
Grace!!”
Ad
un tratto una mano sbucò dall’acqua, seguita dalla
faccia paonazza di Grace che boccheggiava alla ricerca di ossigeno.
“Aiuto
Evans! Aiutami..”.
Era
bloccato dal terrore.
Grace
non sapeva nuotare, lui sì, ma era troppo terrorizzato per
buttarsi e aiutarla. Aveva bisogno degli adulti.
“Resisti!
Vado a chiamare mio padre!”.
Iniziò
a correre a perdifiato mentre dietro di lui Grace lo implorava di non
lasciarla sola, perché aveva paura.
Continuava
a muovere tutto il corpo per riuscire a stare a galla, ma dopo pochi
minuti iniziò a sentire i muscoli indolenzirsi e una
stanchezza improvvisa le piombò addosso.
Delle
voci in lontananza la chiamavano a gran voce, ma lei era troppo stanca.
Si
lasciò cullare dalle onde del lago, affondando dolcemente
giù, sempre più giù, finché
tutto diventò nero.
Grace
morì annegata. E il suo corpo non fu mai ritrovato.
- Halo-
Ciao
a tutti,
parto
con il ringraziarvi per essere fermati a leggere questo primo capitolo,
era da un po' che avevo in programma questa storia, ma a causa di
impegni vari e scarsa autostima, non ho trovato mai il tempo e il
coraggio per pubblicarla.
E'
la prima volta che mi cimento a scrivere una storia fantasy, sono
completamente uscita dalla mia "comfort zone" e la cosa, nel contempo,
mi eccita e mi terrorizza. Perciò sarà una vera e
propria sfida personale e spero con tutto il cuore che ci sarete per
sostenermi.
Ho sempre trovato Efp un'opportunità
per mettersi in gioco e migliorare, perciò se avete consigli
da darmi o anche un semplice parare personale, ne sarei davvero felice
e immensamente grata <3
Che altro aggiungere?
Grazie ancora e al prossimo capitolo (si spera XD)!
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