Aesthesia

di _Blanca_
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Questa storia è scritta senza scopo di lucro; ad eccezione di Nova Barton e della sua storyline, tutti i personaggi  sono proprietà della Quantic Dream e dei rispettivi autori e sviluppatori.

◌ IMPORTANTE: la fan fiction è stata pubblicata nell'agosto del 2018 ma quella attuale è la versione revisionata a distanza di un anno. I cambiamenti riguardano grammatica e sintassi, la trama è rimasta pressoché invariata.
◌ La storia è strutturata in modo da seguire principalmente la storyline pacifista. Nella prima parte ritroverete situazioni presenti nel gioco ma con delle variazioni, della serie ‘come sarebbe andata se...?’; nella seconda e la terza parte diventano centrali una serie di eventi che scorrono in parallelo a quelli del gioco.
◌ Alcuni dettagli, riguardo il mondo di DBH, non sono o potrebbero non essere considerati canonici.
◌ Infine, QUI trovate una visual board. Non ci sono spoiler sulla trama, è una raccolta di immagini dedicata all’atmosfera generale, al personaggio di Nova, al suo rapporto con Connor e a Connor stesso.

Buona lettura!


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aesthesia.
noun.
the ability to feel or perceive sensations.



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DATA: 6 NOVEMBRE 2038
ORA: 12:07

DETROIT, DPD CENTRAL STATION



Nella stanza degli interrogatori la luce è cruda e lattiginosa. I neon ronzano come un nido di vespe. È un suono sordo e continuo e le sta perforando le tempie. Lentamente. Un millimetro alla volta.
Nova, abbandonata contro la spalliera della scomoda sedia, si fissa le mani: lo smalto, opaco, nero e un po’ sbeccato; gli anelli a fascia, lisci e metallici, all’indice della destra e al medio della sinistra. Poi, con un sospiro muto, il suo sguardo scorre lungo il grigio desaturato delle quattro pareti e si arena sul gancio avvitato al centro del tavolo rettangolare. Ha ipotizzato che l’onore di essere ammanetta spetti a gente reputata più pericolosa di lei. Tamburella le dita, mentre trattiene la voglia di guardare verso lo specchio.
Cosa vedono gli occhi nascosti là dietro? Soltanto una biondina in camicetta bianca, polsini e colletto abbottonati, e coda di cavallo spettinata ad arte? Possono indovinare l’agitazione dietro l’aspetto ordinato e i gesti controllati? Lo stomaco brucia, come una pentola di frattaglie in sobbollizione, e ha il mezzo terrore di ritrovarsi con i timpani rotti, se il cuore non la smette di pompare a piena velocità.
L’agitazione si sta trasformando in nausea e Nova si barrica dietro una serie di pensieri coerenti. Elenca a sé stessa, in frasi brevi, quanto ricorda sull’argomento bugie e linguaggio del corpo: non coprire la bocca, non toccare il naso, non grattare il collo, non nascondere i palmi delle mani. Controlla il tono della voce. Niente acuti, si incoraggia. E qualunque cosa chiedano, non esagerare con i dettagli. Troppi dettagli sono sospetti.
Ma lo sguardo guizza verso la porta chiusa, liscia e scura come una lastra di pietra, e i pensieri deragliano. Ce ne stanno mettendo di tempo per decidersi a interrogarla. Da quanto aspetta? Cinque minuti. Forse dieci. Forse di più. Di una cosa, però, è ancora sicura: fino a ventiquattro prima, la sua esistenza da reporter spiantata era molto più semplice.
Un flebile bip. Un sibilo. La porta automatica si apre.





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