Ama il prossimo tuo come te stesso.
Tutto così facile all'apparenza.
In fondo dovrebbe essere facile: tratta gli altri come tratteresti te stesso.
Ma nella scala delle priorità qual è la giusta successione di io, inteso come singolo soggetto e gli altri.
A volte è lecito rinunciare a sé stessi per il bene degli altri? Ma soprattutto è proprio degli uomuni questa predisposizione?
L'ultimo che si è sacrificato per gli altri è stato Gesù Cristo oppure un altro essere che non apparteneva a questo mondo o, se ne faceva parte, presentava sfumature divine.
Dare senza ricevere nulla in cambio è un principio che mal viene digerito dall'uomo, materialista e spietato eppure nessun'uomo è un'isola e quindi si trova costretto ad agire in una trama di relazioni in cui si prevede il confronto con gli altri.
In questo confronto potresti avere due possibilità : dimostrarti egoista e sgomitatore sociale o tener conto della moltitudine di persone che ti porta a pensare prima di agire valutando pro e contro. Eppure la domanda che sorge spontanea a colui che sceglie la seconda opzione non potrebbe essere : loro farebbero questo per me?
E se in questo perfetto marchingegno io sono la ruota discordante e non mi piace un qualcosa?
Mando a monte l'insieme oppure sacrifico me stesso, quel pezzettino?
Colui che si domanda queste cose è da rimproverare?
E se la sua felicità dipendesse da questo?
Che fare, aspettare la felicità universale o prendersi immediatamente la felicità singola?
Egoista o altruista: quale di questi due sentimenti è proprio dell'essere umano?
Piccolo sfogo di una serata a tarda notte.
Scrivere, anche male, lava via tanti sensi di colpa |