Questa
OS partecipa alla challenge "La
Cocomerata"
del gruppo Facebook
Boys
Love - Fanart & Fanfic's World
Canzone:
Katy
Perry - Rise
Parole scelte:
Cocomero
(obbligatoria) - Caldo - Freddo - Primo bacio -
Genere: Angst,
introspettivo, malinconico
Personaggi: Kakashi, Obito
Coppia: KakaObi
RIALZATI
Dedico
questa OS a BlueRoar, Mahlerlucia e Miryel.
Grazie
a voi, il progetto ha finalmente preso vita!
-Sapevo
ti avrei trovato qui.
La
voce di Kakashi risultava quasi un sussurro, un flebile sospiro che
si sentiva a malapena al di sopra dello scrosciare delle onde a riva.
-Perché
ti ostini? Lei non c'è più.
Obito
non rispose. Dal momento della morte di Rin, non era stato più
in grado di affrontare l'argomento: era diventato un vero e proprio
tabù. Kakashi ricordava ancora il giorno della cerimonia
funebre: pochi intimi, qualcosa di semplice. Rare parole di commiato
avevano accompagnato il momento della sepoltura, lì accanto,
assieme ai saluti dei gabbiani. L'Uchiha non era stato in grado di
fare più di così, il suo cuore non aveva retto alla
notizia della scomparsa; però aveva scelto per il riposo
ultimo dell'amica una collinetta sovrastante la spiaggia. "Avrebbe
voluto così", si ripeteva spesso, osservando verso la
direzione di quel tumulo innalzato troppo presto.
Il
moro osservava l'orizzonte con sguardo perso: l'iride sana, di un
meraviglioso rosso scarlatto, si perdeva nell'immensità di
quello spazio aperto, così infinito da schiacciare il respiro,
opprimere i polmoni. Sospirava, forse in cerca di espandere un petto
troppo stretto nel fallimentare tentativo di contenere tutto ciò
che aveva provato, e che stava provando ancora. Le dita tra i
granelli di sabbia si muovevano seguendo un itinerario immaginario,
fermandosi e riprendendo il tragitto.
-Venivamo
qui ogni volta che potevamo.
L'Hatake
si avvicinò, sostando in piedi accanto a lui.
-Lei
correva a piedi nudi sulla sabbia, proprio lì, sul
bagnasciuga. Correva e mi chiamava, per poi prendermi la mano e
accompagnarmi tra le onde. Lo facevamo spesso, questo gioco così
stupido: rincorrerci, lanciarci sull'acqua bassa, fare finta di esser
tornati bambini.
Si
fermò. Il respiro irrequieto gli stava chiudendo la gola.
Deglutì
vistosamente, tentando di ingoiare il residuo di un ricordo così
doloroso da voler essere rigettato. L'amico non poteva fare altro che
stargli accanto, non sapendo come intervenire senza ferirlo
ulteriormente. Gli sfiorò la spalla con un tocco delicato,
quasi impercettibile: un gesto che avanzava la pretesa di affermare
"sono qui, non ti lascio solo." Avrebbe voluto fermarsi, ma
sentiva il bisogno di dover chiedere una cosa, una soltanto,
nonostante il dolore provocato da una questione simile. La presa si
fece più intensa.
-Obito,
glielo hai mai detto?
Un
tremito leggero anticipò la risposta che Kakashi già
presumeva di conoscere.
-No.
Voleva
continuare? No. Doveva farlo? Per il suo bene, sì.
-Perché
non lo hai fatto?
L'uomo
voltò lo sguardo, ridendo sconsolato. Cosa avrebbe dovuto
rispondere ad una domanda del genere? "Perché non
immaginavo potesse morire così giovane" sarebbe andata
bene? Sospirò, ritenendo di optare per una risposta un poco
meno decadente.
-Sai,
forse perché sono sempre stato un vigliacco. Non ho mai
trovato il coraggio di espormi con lei. Vedendola felice così,
come avrei potuto rischiare di rovinare tutto? Kakashi si
inginocchiò di fianco a lui, osservandolo con una lieve punta
di malinconica ironia nello sguardo.
-Quindi
vuoi dirmi che sarebbe meglio rinunciare a se stessi, piuttosto che
mettere in discussione un rapporto che sarebbe potuto sfociare in
qualcosa di più? Non è da te, non ci credo.
Una
nota di disappunto stava tingendo amaramente quelle poche parole
scambiate: continuare sarebbe stato rischioso, maleducato, inadatto.
-Temevi
d'essere rifiutato?
Decisamente
fuori luogo.
-O
di perderla perché non le interessavi affatto?
Probabilmente
esagerato.
Aveva
superato quel sottile confine tra l'essere semplicemente cinico e
dimostrarsi un gran bastardo.
-Senti,
Kakashi, sai quanto io ti rispetti. Diciamo però che in questo
momento sei tutt'altro che delicato, anzi: quasi quasi penserei
d'avere a che fare con uno stronzo.
Sorrise:
era riuscito a pungerlo sul vivo, scavare e superare quello strato
sempre più pesante, spesso, di apatia e straniamento. Aveva
raggiunto lo scopo di scuoterlo, scrollargli di dosso quella tremenda
mancanza di reazioni; d'accordo, s'era spinto un poco oltre, ma lo
rincuorò rivedere di nuovo una luce in quello sguardo.
Nell'ultimo periodo non aveva fatto altro che seguirlo nelle sue
indecisioni, nell'eterno ciondolare tra le lacrime trattenute a
malapena e la rabbia inespressa per un amore perso per sempre.
Finalmente lo vedeva riaccendersi, d'ira d'accordo, ma pur sempre
brillare di nuovo.
-Sempre
delle belle parole per me, eh? Come ai vecchi tempi, come quando
venivamo qui tutti insieme. Quanti anni saranno passati?
-A
giudicare da quanto sei invecchiato, direi un bel po', Kakashi. Sei
irritante come al solito.
La
voce dell'altro si trasformò in una risata sincera.
-Tu
invece finalmente hai ricominciato a parlare. Ad un certo punto ho
pensato perfino tu avessi dimenticato come fare.
Risero
entrambi.
La
presa sulla spalla di Obito non si era ancora sciolta. Kakashi lo
osservava, stampando nella mente ogni singolo lineamento di quel viso
distrutto da poche ore di sonno, e troppe lacrime trattenute.
L'uomo
si bloccò, le labbra schiuse, gli occhi fissi su quelli
dell'amico. Fermi, immobili uno di fronte all'altro.
-Ehi,
tutto bene?
L'Hatake
si avvicinò lento, spostando il peso dal braccio alle
ginocchia, riducendo la distanza così rapidamente da cogliere
l'altro di sorpresa. Si bloccò solamente trovandosi ad una
spazio infinitesimale dal suo viso: la tentazione di non arrestarsi
crollò nel momento in cui l'occhio di Obito si offuscò
di un leggero velo liquido.
-Scusa,
non avrei dovuto.
Si
alzò, voltando le spalle, provando a nascondere un eloquente
imbarazzo quanto una tale rabbia da fargli tremare le dita chiuse a
pugno. Cosa diavolo gli era saltato in mente? Non riusciva neppure a
spiegarsi l'accaduto, e non era in grado di reggere eventuali domande
inquisitorie sul comportamento strano che aveva appena preso il
sopravvento. Non era assolutamente da lui perdere il controllo, farsi
travolgere da una situazione simile: approfittare della debolezza di
Obito, cedere ed essere a tanto così da rivelare ciò
che stava davvero pensando, provando, desiderando. Si sentiva
destabilizzato, al ricordo di quello sguardo così intenso ed
amareggiato: come avrebbe potuto rivelarsi per ciò che era,
ora che la persona a cui teneva più di chiunque altro, si
trovava in uno stato simile?
Un
errore, un semplice errore.
Non
avrebbe dovuto più avvicinarsi in quella maniera. La maschera
austera di finta indifferenza, bastardaggine orgogliosa che lo aveva
aiutato a reprimere anni di sensazioni sbagliate, s'era incrinata
davanti a quelle lacrime ricacciate indietro a fatica.
Obito
amava Rin, l'aveva sempre amata.
Kakashi
provava il medesimo sentimento per l'amico, conscio di non essere
corrisposto, di non aver possibilità di capovolgere la
situazione attuale. Da quanto andava avanti? Anni. Decisamente troppo
tempo. Chiunque avrebbe rinunciato al suo posto, ma non lui: dedicare
la propria mente, il proprio cuore, desideri e sogni, sensazioni e
tremori ad una persona che non se ne accorgeva neppure. Questo era
lui, non poteva essere altrimenti. Sbagliato, esagerato, vigliacco.
-Mi
stai ascoltando?
L'Uchiha
riprese l'amico, riportandolo al presente, alla sabbia calda sotto le
dita dei piedi scalzi, alla brezza leggera ed all'odore salato
nell'aria.
-Sei
strano: quello apatico dovrei essere io, non tu.
Di
nuovo quel sorriso: amaro, un poco sghembo, a tratti difficile da
decifrare.
-Senti,
stasera faranno una falò sulla spiaggia, qui accanto. Lo so
che ti sembrerà strano, ma ho davvero bisogno di staccare un
po'.- La breve pausa si sollevò, ricreando una strana
atmosfera: definirlo un appuntamento sarebbe stato poi così
tanto strano, viste le circostanze? -Da quando... Sì, insomma,
da quando se n'è andata non ho mai fatto nulla per tentare di
reagire. Non chiedo tanto, solo un poco di svago, qualche ora per
potermi ricordare come si vive, senza...
"Senza
tentare di nascondere il pianto continuamente?" Kakashi avrebbe
voluto intervenire e concludere la frase, ma si morse la lingua
girando il viso di lato. Comprendeva le sensazioni dell'altro,
avrebbe voluto stringerlo, accarezzarlo, aiutarlo a sfogare tutto
quanto e farsi carico del suo dolore, per poterlo veder sorridere
ancora.
-D'accordo.
°
L'espressione
meravigliata di Obito davanti alla pira accesa risvegliò
qualche cosa, in un indefinito punto distante nel petto di Kakashi:
qualcosa di ovattato, lieve, delicato. Al minimo tocco sarebbe potuto
cadere in frantumi e disgregarsi. Un accenno di tensione, misto a
spaesamento: non s'era mai trovato in una situazione simile. I
capelli scuri dal riflesso aranciato, le fiamme che si dipingevano
sull'occhio nuovamente vivo ed interessato, quel sorriso imbarazzato
di chi si ritrova nuovamente ragazzino, stupito davanti ad uno
spettacolo così semplice e coinvolgente. Alzò il
braccio, avvicinandolo a pochi centimetri, quasi a sfiorarlo:
ricadde, nascosto dietro la schiena. Lo guardava lì, in piedi,
ed accanto a lui rivedeva Rin, la loro più cara amica, la
persona che si era insinuata sotto la pelle di Obito, al di là
dei muscoli, tra le sue costole, fino a raggiungere la parte più
profonda del suo essere. Quasi fisica, la sua figura stava
sorridendo, poggiando le mani sulle spalle dell'uomo: mimò
qualcosa con le labbra, poche parole che l'Hatake comprese.
D'altronde, trattandosi della sua fantasia, sapeva benissimo cosa
sarebbe potuto uscire dalla bocca della donna prematuramente
scomparsa: "sarà sempre soltanto mio." La sua
coscienza aveva pienamente ragione. Scacciò il pensiero a
fatica, invitando Obito al chioschetto.
-Ti
va un pezzo di anguria? -Ne vado pazzo, lo sai!
L'atmosfera
era meno tesa rispetto a qualche ora prima: era riuscito nell'intento
di distrarlo dai soliti, tristi pensieri. Tornò con due fette
fresche del rosso cocomero, cedendone una con un debole sorriso; il
moro l'addentò, mugugnando mentre ne inghiottiva un secondo ed
un terzo pezzo.
-È
buonissima, vero?
Obito
si girò, notando che Kakashi non aveva neppure toccato la sua;
quest'ultimo se ne stava seduto con le braccia tese sulle ginocchia
piegate. Senza dire nulla si alzò, dirigendosi verso il
bagnasciuga decisamente freddo, a quell'ora della sera. Ancora
stringeva in mano il dolce frutto, sentendone colare il succo tra le
dita, completamente indifferente alla sensazione appiccicosa. "Solo
mio." "Non puoi fare nulla, ci sono solo io per
lui." Era conscio che la sua immaginazione continuava a
giocare brutti scherzi, ma era fin troppo sincera: soffriva per
quella consapevolezza che lo bloccava in ogni gesto, in ogni singola
espressione. Avrebbe voluto osare di più, col rischio di
allontanarlo; sapeva esattamente di sentirsi con le spalle al muro.
Le dita dei piedi pizzicavano al contatto con la sabbia umida: la
temperatura s'era di un poco abbassata, e camminare scalzi a contatto
con le onde non era decisamente facile. Perché si era
allontanato? Non era successo nulla di male, se non il vociare in
sottofondo dei suoi stessi pensieri.
-Ehi...
Si
voltò lento, faticando ad alzare lo sguardo verso Obito.
-Giornata
no?
Tra
i due, sarebbe dovuto essere proprio lui a stare meno peggio. Come
poteva essere d'aiuto all'altro, in condizioni simili? Obito aveva
bisogno di sostegno, in quel momento più che mai. Chiuse gli
occhi, sospirando e voltandosi; trattennne il respiro, trovandolo
così vicino.
Iridi
nelle iridi, i petti in subbuglio.
Le
dita di Kakashi si mossero sul viso dell'amico, carezzando a tratti
tremando, a tratti con lentezza febbrile, la linea dello zigomo fino
al mento. La fetta di cocomero che ancora stringeva tra le dita cadde
mollemente sulla sabbia con un leggero tonfo anonimo. Le estremità
fredde contrastavano nettamente con un'improvvisa vampata di calore
esplosa in volto: la pelle s'era arrossata, nascosta dal buio. Forse
proprio la mancanza di luce spinse l'uomo ad avvicinarsi
ulteriormente.
-A...
Aspetta.
I
nasi quasi a sfiorarsi.
Il
battito del cuore a sfondare i timpani, il respiro in fremito a
coprire il rumore delle onde.
-Ehi,
che ti prende? Le labbra tremarono, nel poggiarsi sulle altre.
Obito rimase senza fiato, spalancando lo sguardo dritto dinanzi a sé.
Non incontrò gli occhi di Kakashi, erano socchiusi; le
palpebre tremule di tensione, il sospiro trattenuto a malapena. Il
grigio s'era spinto fin dove i suoi sentimenti erano riusciti a
portarlo, nel piccolo strano mondo rappresentato dall'Uchiha, che
desiderava conoscere in ogni sua sfumatura, ogni suo particolare, in
ogni suo elemento.
Calore.
Morbidezza.
Tensione.
Il
distacco prematuro interruppe a metà ogni singola sensazione.
-Che
cazzo ti prende?!
L'uomo
rimase lì, in silenzio, stante malfermo sui propri piedi,
immersi per metà nell'acqua bassa. Cosa avrebbe potuto
rispondere? "Sentivo di volerlo fare, quindi l'ho fatto?",
"Sono anni che non so dove trovare il coraggio per dirti quello
che provo?", oppure "Vederti soffrire per lei fa soffrire
anche me?". Ogni spiegazione risultava scontata fino a dar la
nausea. Optò il non dire nulla.
Il
silenzio che seguì cancellò ogni suono attorno: le
poche persone ancora presenti al falò sembravano lontane,
mute, sfocate. In un istante sembrò sparire il mondo intero, a
parte loro.
-C'è
qualcosa che dovrei sapere...?- La rabbia di Obito si manifestò
nel tono roco della voce, e nello sguardo basso; non riusciva a
guardarlo in faccia neppure lui. -Kakashi, rispondimi. Per favore.
Le
ultime due parole, strascico di una supplica pronunciata sottovoce,
entrarono nella sua mente, scuotendolo dal torpore della
consapevolezza di essere stato respinto senza remore.
-Perché
io...? Stai infierendo?
Kakashi
sentì quell'accusa insinuarsi e trafiggerlo lentamente,
provocando il maggior dolore possibile; avrebbe dovuto ribattere in
qualche modo. Le dita di Obito cominciarono a tremare. Il suo corpo,
scosso dalla troppa tensione accumulata, si gettò verso quello
dell'amico.
-Perché
io?!
L'Uchiha
stava stringendo convulsamente le spalle dell'Hatake.
Cadde
in ginocchio.
-Perché
io...- Perle liquide caddero dal volto sulla sabbia. -Quello che amo
finisce per lasciarmi, e non voglio perdere anche te...
L'istante
interminabile che vissero immobili sollevò in Kakashi la
questione più importante: lui era sicuro di amare Obito, ne
aveva avuto la riprova in passato, come il momento in cui decise di
farsi avanti e dimostrargli in un unico gesto tutto quello che
portava dentro di sé da troppo ormai. L'amico, esattamente,
cosa custodiva? Che significato avevano le parole appena pronunciate?
Nel turbinio violento di emozioni contrastanti, l'Hatake si
inginocchiò di fronte a lui, poggiando il capo sulla sua
spalla. Doveva prendere il coraggio a piene mani, raccoglierlo e
utilizzarne fino all'ultimo per poter esprimere totalmente ciò
che voleva dire.
Inspirò.
-Perché
sei tu, perché sei uno sciocco credulone. Sei uno scriteriato,
uno che non riflette prima di agire, una persona che si butta a
capofitto su tutto, anche nelle cause perse. Ti innamori troppo
facilmente, getti la spugna altrettanto. Dimentichi una cosa su due,
sei cocciuto e pure rude, ma sei tu. Ed io non desidero altro
che poterti vedere nuovamente felice.- I muscoli tesi, il sentirsi
improvvisamente vuotati da un peso troppo grande da potersi portare
ancora appresso. -So che tutto ciò che provi ti sta facendo
soffrire, lei non c'è più ed io non oso neppure
immaginare come puoi sentirti. o che stai male, sento che ti stai
sgretolando, e non voglio vederti cadere a pezzi fino ad annullarti
per chi non c'è più, non posso. Obito, ti prego, vivi.
La
pausa sembrava durare un'eternità.
-Non
ti chiedo di vivere per me, o per chi ti pare. Vivi per te stesso,
vivi perché lo meriti... Trova un motivo, almeno uno, ma fà
in modo che questa unica cosa sia ciò che ti aiuti ad andare
avanti, senza perdere ogni singola speranza.
Cosa
avrebbe dovuto fare di più? Aveva appena riversato un amore
disperato su un amico distrutto. Gli aveva donato un appiglio a cui
aggrapparsi, qualcosa per cui lottare; gli aveva consigliato di non
mollare la presa da un punto infinitamente lontano. Avrebbe mollato
tutto, o resistito e raccolto a piene mani quel bagliore che gli era
stato offerto?
Le
mani disperate dell'Uchiha cercarono il viso di Kakashi,
incontrandolo e chiudendolo tra le dita.
-Non
mi abbandonare... Non lasciarmi solo.
Quelle
parole entrarono in un debole spiraglio, lasciando trapelare una
nuova luce, mostrando che tutto ciò che stava provando Obito
era dettato dal terrore della perdita, dal bisogno assoluto di avere
qualcuno accanto che lo cullasse, lo stringesse forte abbastanza da
non renderlo cenere e polvere. Sarebbe stato corretto tutto ciò?
Accontentarsi della paura, del bisogno, della rassegnazione,
soffocando il proprio sentimento e reprimendo le gioie di un amore
pilotato verso l'altro, non sperando nell'essere ricambiato? Aveva
bisogno di lui, in qualsiasi forma: amico, amante, conoscente,
confidente. Ognuno di essi, o tutti insieme, senza una linea a
dividere nettamente un ruolo da un altro.
"Sarò
qui, non ti lascerò andare via; non permetterò più
a nulla di scalfirti, di farti del male. Spezzerò ogni dolore
mordendolo, graffiandolo fino a disintegrarlo. Mi metterò tra
te e il mondo, così che tu non possa più soffrire, più
piangere." Il tutto si limitò ad una semplice risposta.
-Non
lo farò mai.
Il
secondo bacio, il vero contatto tra quelle labbra così incerte
quanto disperate, fu caldo, confuso. Le lacrime calde scesero fino al
mento, miscelandosi ed inumidendo il collo di Obito, estinguendosi
nel tessuto della maglia. Ogni singolo centimetro di pelle toccata,
di lingue che si sfioravano a tratti, di ricerca e di fame, tentavano
di uccidere la solitudine: Kakashi ne era consapevole, ma non gli
importava più. Sentiva bruciare le labbra, ardere dove le dita
di lui lo toccavano convulsamente.
Calore.
Quello
che desiderava era il calore provocato da lui. Tanto bastava.
Le
dita del moro si strinsero al suo petto, dopo aver poggiato la fronte
sulla sua clavicola. Chiuse gli occhi, rilassandosi al suono del
battito accelerato, lontano e ritmico che
proveniva dall'interno del corpo ancora teso che lo stava accogliendo
in un abbraccio profondo. Kakashi poggiò una mano su quella
testa arruffata, scossa da lievi tremiti: carezzava lentamente la
capigliatura che odorava di salsedine, ingnorando la sensazione
pungente data dalla sabbia bagnata. Non si sarebbe spostato.
"Combatti,
semplicemente combatti. Non abbatterti, non permetterò che tu
ti lasci andare, non adesso. Resisti, rialzati!" L'uomo avrebbe
voluto scuoterlo gridandogli quelle parole, così da farle
entrare in quella benedetta testa, una ad una, ma sentiva che non era
il momento. In silenzio raccolse le sue mani serrate, lo aiutò
ad alzarsi sorreggendolo; lo strinse un'ultima volta, avvolgendo le
proprie dita alle sue.
Camminarono
per un poco seguendo la linea del bagnasciuga, lì dove la
sabbia umida si scontrava con quella asciutta, ancora tiepida. La
notte inoltrata mostrava un quadro infinito di stelle, immobili e
lucenti; il riflesso della luna ballava sul pelo dell'acqua, seguendo
una melodia immaginaria, tutta sua.
Obito
non osava ancora dire nulla. Ciò che era accaduto lo aveva
scosso molto più di quello che avrebbe potuto immaginare, e lo
sguardo chino contava un numero spropositato di passi, uno davanti
all'altro, sempre uguali. Avrebbe forse dovuto aggiungere qualcosa,
ma cosa? Scusarsi per la propria instabilità? Staccare quel
contatto e dire che non aveva ancora compreso ciò che gli era
stato appena detto? Oppure?
Oppure,
continuare a camminare così.
Oppure,
bearsi del ricordo di quelle labbra, rimembrando gli occhi vivi che
stavano tentando di portarlo fuori dalla tenebra.
Oppure,
seguirlo lì dove lo stava portando, lontano dal fuoco, dalla
gente, lontano da quell'anguria non ancora mangiata, abbandonata
sulla rena.
-Ti
aiuterò io.
-Cosa?
L'attenzione
dell'uomo venne risvegliata da quell'affermazione improvvisa,
decisamente pretenziosa.
-A
rialzarti. È una promessa.
Obito
voleva crederci, davvero: ci stava provando con tutto se stesso.
Dubitava, ma doveva fidarsi, altrimenti non sarebbe più
riuscito a risalire da quell'orrido abisso nero in cui s'era visto
sprofondare.
"Aiutami..."
Ancora
una volta voleva dirglielo, gridarglielo scuotendolo. Strinse di più
la presa, fino a far sbiancare le nocche. Kakashi si fermò,
posando lo sguardo malinconico sul suo.
-Te
lo prometto.
Senza
tempo.
Caldo,
avvolgente.
L'abbraccio
che si scambiarono profumava di promessa, di principio, di dolore.
Tutto voleva essere detto, nessun particolare di quei ricordi
terribili sarebbe stato omesso: dimenticare non sarebbe stata la
soluzione. Affrontare la vita accantonando la solitudine, sarebbe
stato il primo passo. Sorridere di nuovo, sentire nuovamente il
calore dentro di sé: chissà, Kakashi forse avrebbe reso
tutto possibile.
Te
lo prometto: tre parole forse troppo grandi, che furono in grado
finalmente di fermare i tremori.
"Rialzati.
Rialzati Obito!"
Eccomi
qui, alla fine di questa prima challenge indetta dal gruppo:
una
grande fatica! Complice un blocco, un fandom che non mi convinceva
ancora,
un
pairing inadatto.
Eh
sì, tre giorni solo per scegliere la coppia travagliata
protagonista
di questa triste storia estiva.
Mi
auguro di aver mosso un poco di sano
sentimento
nel vostro essere:
se
è così, sono riuscita nel mio intento!
Come
sempre, grazie a tutti voi che siete passati: a chi ha trovato 10
minuti di vita per recensire, e a chi è andato dritto dopo la
conclusione della lettura.
Ciao
a tutti! -Stefy-
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