Bisogna
battere il ferro finché è caldo e scrivere
finché si hanno i feels post finale.
Questa serie
l'ho amata, e nonostante io abbia voluto bene ai gemellini, sono questi
due ad avermi spezzato il cuore più volte. Quindi beccatevi
la storia, e i miei feels disperati a riguardo.
Ho lasciato i
soprannomi di Stanford in inglese perché non ho idea di come
li abbiano tradotti in italiano, e anche perché adoro come
suonano in oroginale.
Se yaa, weirdos
Non avrebbe dovuto permettere
a Stanley di convincerlo. La sua idea era folle, terribilmente
pericolosa. Nella sua mente vorticavano troppi interrogativi. E se Bill
Cipher non ci fosse cascato? E se i bambini stessero rischiando la loro
vita per niente? Perché era stato così ingenuo a
cedere alle lusinghe di un demonio di un’altra dimesione?
Una parte di
sé lo sapeva perché. Era solo e vulnerabile in
quel momento, aveva bisogno di un compagno che fosse sempre al suo
fianco a supportarlo e tenergli testa. Si era sbagliato,
così come aveva fatto con Fidds e poi con Dipper, ma con
Bill era un errore che gli stava costando la sua stessa dimensione. E
se il secondo aveva fatto la sua scelta – rimanere con Mabel,
nonostante tutto – il primo aveva subito le piene conseguenze
dell’amicizia che lui gli aveva offerto. Fiddleford era la
perfetta rappresentazione di ciò che lui offriva come amico.
La disperazione e la voglia di dimenticare tutto.
« Sixer, hai
intenzione di stare lì fisso ancora a lungo?
Quell’essere può tornare da un momento
all’altro. » le parole di Stanley lo riscuotono, e
finalmente Stanford torna a guardare il suo gemello. Si era
già tolto fez e giacca, e lo osservava con una certa stizza.
Temeva la loro idea.
Nonostante fossero gemelli, Ford non si era mai sentito identico a
Stan. Forse da bambini, quando lavoravano alla Stan’ O War, e
non avevano altre preoccupazioni al di fuori di essa, ma quelli erano
semplici ricordi che profumavano di estate e che non sarebbero mai
tornati. Sono sempre stati diversi, Bill si accorgerà subito
dell’inganno e sarà la loro fine.
« Ford, non
abbiamo tutta la giornata. » Stanley gli si avvicina e tira
via la sua giacca, e procede con i guanti. Stanford arrossisce,
sentendosi improvvisamente scoperto. Aveva evitato il contatto col
fratello fin da quando era tornato, e la sua mano ancora bruciava da
quando si erano tenuti sullo Zodiaco.
« Posso fare
da solo. » mormora, iniziando a togliersi il maglione.
« Allora
sbrigati, non abbiamo tanto tempo. » Stanley gli da le
spalle, togliendosi la camicia. La sua cicatrice è ben
visibile. La cicatrice che lui gli ha procurato. Una parte di
sé, per anni dopo il portale, ha sempre incolpato Stanley di
quella ferita. Non doveva comportarsi in quella maniera, non doveva
minacciare di bruciare il suo diario, ma dentro di sé sapeva
che era colpa sua. Era diventato matto, diffidente e
sull’orlo della follia in quei dieci anni che hanno passato
separati. Stanley voleva proteggerlo, così come faceva da
bambino con i pugni.
Non erano
più bambini, ma il gemello voleva comunque proteggerlo.
Proteggere i bambini, certo, ma anche la sua mente. Proteggere il mondo
in cui vivevano ad un costo che agli occhi altrui sembrava irrisorio.
Ma non ai suoi. Stanford sapeva che bruciare la mente del fratello era
definitivo, per distruggere Bill era la cosa necessaria da fare, ma gli
faceva male. Stanley avrebbe perso tutto, i ricordi con i bambini,
quelli dei suoi successi e soprattutto quelli che aveva di lui. Faceva
più male di quanto volesse ammettere, ma doveva riuscire a
premere il grilletto quando sarebbe stato il momento.
Sarebbe cambiato tutto,
lo sentiva.
Togliendosi il
maglione, questi gli viene quasi strappato dalle mani. Stanley sembra
così determinato a sacrificarsi per questa causa. Tra di
loro è sempre stato quello coraggioso, quello disposto a
gettarsi tra le braccia del mare in tempesta in cerca di strabilianti
tesori.
Si abbottona la
camicia, cercando di legarsi il fiocco nella stessa identica maniera
del gemello.
« Cavolo,
Sixer, questo maglione è infernale! Siamo in estate e tu vai
in giro pure con un cappotto! Quel triangolo maledetto mi
beccherà solo perché sto già sudando.
» Stanford sa che l’altro vuole alleggerire
l’atmosfera, e ci riesce. Una leggera risata sotto forma di
sbuffo lascia le sue labbra, nonostante il contegno che cerca di darsi.
« Non c’è niente da ridere. »
bofonchia Stan, girandosi verso di lui. « E per tutti i
pancakes belga come hai legato quel fiocco? »
A Stanford viene ancora
più da ridere. Da quando c’erano i bambini,
Stanford non poteva lasciarsi sfuggire nemmeno una parolaccia, e le
aveva tutte rimpiazzate con le stesse esclamazioni che la loro prozia
usava quando loro erano bambini. Nonostante gli anni, Stanley non era
cambiato.
E presto non avrebbe
nemmeno ricordato quelle imprecazioni così dolci e
fantasiose.
Un groppo torna alla
sua gola, mentre le dita di Stanley armeggiano con il nastro fino a
farlo diventare come dovrebbe essere.
« Non ti
preoccupare. » lo sente mormorare, occhi ancora sul fiocco.
« Ho deciso io di farlo. »
Stanford aveva capito
di non poter ingannare il gemello. Potevano rimanere separati anche per
trenta anni, ma Stanley avrebbe sempre capito. Lo avrebbe sempre capito.
« Mi
dispiace. »
« Te
l’ho già detto, la mia testa è piena di
niente. Non sarà una grande perdita. » alza
finalmente lo sguardo e lo fissa dritto negli occhi. « Certo,
perdere le tue scuse è una noia ma sono sicuro che me le
rinnoverai anche dopo. » ridacchia, sembrando divertito dalle
sue stesse parole. È nervoso, ha sempre fatto
così quando lo era. Stanford gli prende i polsi, le sue mani
che ancora non si erano staccate dal nastro rosso.
« Mi
dispiace. »
« Ehi.
» il tono del fratello si fa più scocciato.
« E’ vero che questa apocalisse l’hai
scatenata tu. Ma ormai quel mostriciattolo si è inimicato
tutta la famiglia Pines. E’ un nostro problema, adesso, li
hai sentiti i bambini. »
Dipper e Mabel di certo
sapevano cavarsela. Non erano come loro due, avevano deciso di rimanere
insieme. Avevano capito ciò che lui, ragazzino pieno di idee
e desiderio di compiacere il padre, non aveva mai compreso. Non aveva
mai dato retta alla voce dentro di lui che lo implorava di rimanere con
Stanley, la sua unica famiglia, l’unica persona che amava
davvero. Lo aveva perso, e non appena lo ritrovava doveva lasciarlo
andare.
Stanford deglutisce,
l’improvviso peso della responsabilità che grava
sulle sue spalle si fa pressante. Questa sarebbe stata
l’ultima volta.
« Avanti,
Pointdexter, passami stivali e pantaloni, non abbiamo tutta
l’Apocalisse. »
Bill Cipher stava
tornando.
|