Noi, per il resto del mondo. di Happy_Pumpkin (/viewuser.php?uid=56910)
Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Primo Capitolo
Naruto ebbe un
brivido. Scosse le spalle, poi guardò dietro di
sé, scorgendo il profilo delle colonne appartenenti al
complesso dei fori, ma anche gli archi di trionfo che sembravano aver
realmente guidato il loro percorso.
Sospirò,
felice, davvero felice di non essersi deframmentato alla stregua dei
bug con cui avevano avuto a che fare fino a poco fa. Se solo non
avessero compreso le parole dell’uomo che era venuto loro
incontro per poi sparire, probabilmente avrebbero sbagliato la strada,
venendo cancellati per sempre; certo, a patto che quel tizio strambo
stesse dicendo la verità riguardo la deframmentazione, ma
dopo aver visto bug assurdi Naruto non si trovava nelle condizioni di
voler a tutti i costi verificare la realtà dei fatti.
Tornò
poi a guardare davanti a sé, con Sasuke che aveva cominciato
a salire le gradinate. A ben pensarci, le parole dell’intruso
erano quasi logiche: dopo il trionfo, la vittoria.
E quale
monumento a Roma poteva rappresentare meglio la vittoria, se non
l’Altare della Patria? Sulle prime, Naruto non aveva capito
la reale connessione, ma Sasuke, con una sorta di pazienza molto
contenuta, gli aveva ricordato che il vero nome con cui
all’epoca era stato fondato il monumento, oltre un millennio
dopo l’età imperiale romana, era il Vittoriano.
Roteò
gli occhi, domandandosi di cosa si nutrisse Sasuke per ricordare tutte
quelle cose. Suppose che la storia e l’archeologia dovessero
davvero piacergli e sentì, in quei mesi di lavoro assieme,
di ammirarlo per la determinazione a non lasciare che le memorie in un
certo senso tangibili dell’umanità venissero
cancellate per sempre. Ovviamente, l’archeologo poteva anche
scordarsi di ricevere parole d’ammirazione dal suo collega.
Almeno per il momento.
“Ehi,
hai intenzione di rimanere lì ancora a lungo, o vuoi far
parte della statuaria?”
Lo
esortò Sasuke, arrestandosi in cima alla gradinata.
Naruto
gonfiò le guance, con disappunto. Bene, Sasuke, scordati per
almeno molti altri anni ancora che io ti dica qualcosa di bello.
“Arrivo,
arrivo, scusa se siamo scampati a morte certa e volevo godermi il
momento!”
Sasuke
sollevò un istante gli occhi al cielo, per poi tornare a
guardare davanti a sé. Al suo fianco si ergeva
l’imponente e gigantesca statua equestre di Vittorio Emanuele
II anche se, a testimoniarlo, non c’erano né il
bronzo del Re, né tantomeno alle sue spalle il Vittoriano
come avrebbe dovuto essere. Al suo posto, infatti, c’era una
gigantesca macchina da scrivere con altrettanto enormi tasti e un corpo
fatto interamente di marmo.
“Fanculo…”
mormorò l’archeologo.
“Che
roba è?” domandò Naruto, incrociando la
braccia mentre reclinava la testa e si domandava che accidenti fosse
quell’affare di dubbio gusto, in mezzo a tutta quella
pretenziosità di marmo.
“Le
civiltà che hanno vissuto a Roma fino a qualche secolo fa
erano solite chiamare il Vittoriano con il nome dispregiativo di
macchina da scrivere. Credo, ecco, che il bug si sia trasformato in
questa versione. E dobbiamo anche rimettere Vittorio Emanuele sul
cavallo – si scrocchiò il collo, annunciando
– ci aspetta un bel po’ di lavoro.”
“Ma
dovremmo smantellare tutto questa gigantesca schifezza, prima di
rifarla. Rispettare le proporzioni e i dettagli, anche tramite il
modello precaricato: non sarà affatto facile, rischiamo
oltretutto di lasciare delle voragini bianche.”
Commentò il tester, avvicinandosi per toccare le pareti
lisce e fredde di quello che doveva essere un oggetto anacronistico, a
sua volta museale, come una macchina da scrivere.
Prima di
rispondere, Sasuke si ingegnò su come cercare di risolvere
il problema e velocizzare tempistiche che, suo malgrado doveva dare
ragione a Naruto, sarebbero risultate eterne. Scorse in lontananza, nel
cielo, quelle che sembravano nuvole, accompagnate da luci remote simili
a tuoni di un’atmosfera carica di pioggia; non gli piaceva
per nulla, soprattutto perché condizioni atmosferiche ostili
in un luogo simile non erano mai state previste.
Ma
non fece in tempo a cercare di escogitare qualcosa che sentì
un suono simile a un clangore metallico, terribilmente vicino.
Istintivamente, entrambi gli uomini si fissarono.
“L’hai
sentito anche tu?” domandò Naruto, attento. Aveva
notato a sua volta la tempesta in lontananza e l’aria, in
generale, era quasi elettrica, come rarefatta.
“Sì.”
Confermò Sasuke.
Sollevò
istintivamente lo sguardo, portandolo verso il cavallo. Naruto lo
imitò, contemplando per brevi istanti l’equino;
accennò un sorriso perché era sicuro che avessero
subito un’allucinazione uditiva.
“Che…”
Ma si
interruppe, sovrastato dallo stesso suono metallico di prima. Quella
volta, fu certo che proveniva dal cavallo. Più precisamente,
da dentro
il cavallo.
Loro malgrado,
sia Sasuke che Naruto sussultarono, non aspettandosi quel colpo secco
tanto all’improvviso. Dopo aver guardato un istante
l’archeologo, il suo collega dai capelli biondi e gli occhi
attenti puntati verso la statua domandò, sentendosi un
po’ stupido:
“Chi…
chi è?”
Sasuke
sospirò, guardando altrove. Ma non poté nemmeno
formulare un insulto concreto verso Naruto, visto che dopo quella
domanda apparentemente semplice si aprì
un’apertura all’altezza del ventre del cavallo; uno
sportello si piegò verso di loro e da oltre esso
spuntò la testa appartenente alla figura di un uomo in
bianco e nero, con dei vistosi baffoni che contornavano il volto
oltraggiato. Peccato che tutto il corpo fosse… piatto, come un
foglio di carta o, in quel caso, una fotografia gigante capace di
parlare.
“Terribile,
Signori, siamo allo sfascio, in una situazione di collasso e degrado
della civiltà.” Annunciò.
Ai suoi piedi,
perplessi, sia Sasuke che Naruto lo fissarono. Il primo con evidente
fastidio, il secondo con altrettanta lampante incomprensione.
Più che altro perché non sapeva chi accidenti
fosse quel tizio chiaramente d’altri tempi, emerso dal ventre
in bronzo di un equino. Sasuke, invece, lo sapeva eccome, ma non fu
affatto felice della cosa, in quanto significava che il tutto era
ancora più scombinato del previsto.
“Signor
Chiaradia, o meglio, la sua foto, che cosa sta facendo nella statua?
Dovrebbe trovarsi – esitò un istante, immobile,
per poi dire – alla versione digitale della Biblioteca
Nazionale Norvegese.”
L’uomo
baffuto borbottò qualcosa sulla chiamata alle armi, la
patria e altri valori, così Naruto ne approfittò
per sporgersi verso l’orecchio di Sasuke e domandare, le
labbra a pochi millimetri da lui.
“Chi
è Chiaradia?”
Fu un
bisbiglio quasi affettuoso. Sasuke girò appena gli occhi, lo
sguardo cadde sulle labbra e si sentì vagamente a disagio,
un disagio che però non gli dava esattamente fastidio alla
stregua di quando le persone si avvicinavano troppo o erano invadenti.
“Lo
scultore che ha fatto la statua equestre di Vittorio Emanuele
II.”
“Che
adesso non ha Vittorio Emanuele II sopra.”
“Precisamente.”
Messa
così l’intera situazione sembrava quasi ridicola,
per quanto, al contrario, fosse estremamente tragica. Naruto
fissò Sasuke, perplesso, rimandando a momenti migliori
interrogativi amletici su come il suo brillante collega, per quanto
dotato di buona memoria, fosse riuscito a ricordare un particolare
tanto minuzioso quale la collocazione della foto di un
tizio… insomma, uno sconosciuto, mica si parlava di
Napoleone o di Jim Morrison.
“Popolo!
– esclamò la figura monodimensionale dello
scultore, agitando le braccia – Io recupererò
l’illustre figura di Sua Maestà mediante le
digitali memorie d’intelletto a me connesse, avendo la
matrice di dati e catalogazione simile a quella del Re, al fine di
agevolare la procedura. Al contempo, mi affido alla vostra esperta
guida nell’immettere il corretto indirizzo
d’archiviazione che appartiene alla mia virtuale persona, al
fine di tornare ove era la collocazione originaria.”
“E
dove si trova sua Maestà? Perché qui non abbiamo
esattamente tempo di fare ricerche approfondite.”
Tagliò corto Sasuke.
All’orizzonte,
le nuvole sembravano essere avanzate ancora, sospinte da un vento
distante.
“Poffare!
Quale indegno comportamento da parte di voi giovini sbarbatelli! Quando
con il Vittoriano avrete concluso, dovrete rivolgervi a tutte le
divinità di codesta Terra piena di tribolazioni, per fare
ammenda delle turpitudini che macchiano l’animo vostro. Senza
la religione, sareste perduti e ridotti a uno stato di barbarie,
rimembratelo!”
Fece per
parlare ancora, ma Sasuke lo anticipò:
“Quindi?
La risposta alla mia domanda, Signor Chiaradia. Purtroppo gli dei, al
momento, sono l’ultimo dei miei problemi.”
Lo vide
assottigliare gli occhi e, dopo un istante di oltraggiato silenzio,
rispondere:
“Trompe-l'œil.
Tecnica che andava bene per quei mentitori dei mangiarane francesi
– schioccò la lingua, almeno, sembrò
farlo attraverso il movimento piatto in bianco e nero, comunque
l’eco vibrò nella pancia metallica
dell’equino, dando un suono quasi dignitoso – tutto
questo che voi vedete con i vostri fulgidi occhi, signori miei,
è nient’altro che illusione
nell’illusione. Una maschera. Un canovaccio teatrale male
orchestrato. Fate cadere la maschera e in men che non si dica riavremo
al di sotto di queste ignobili spoglie il vero, sublime Vittoriano e la
statua con Sua Maestà intenta a ergersi in tutta la sua
trionfale possanza.
Mentre che
ultimo le connessioni ancestrali con la mia opera e la bronzea figura
del Re, potreste, suppongo, pensare a come sbugiardare questa menzogna.
Potrei risvegliare questo finto destriero e spingerlo verso nuovi
orizzonti, portandolo a trascinare con sé il suo triste
circo di finzione.”
Si
impettì nel parlare.
Ma, mentre
Sasuke lo guardava con l’intento di metterlo a tacere,
richiudendolo da dove era venuto, Naruto era corso verso le pareti in
marmo della gigantesca macchina da scrivere piazzata al posto del
monumento originario.
“Sasuke!”
chiamò, pochi istanti dopo che lo scultore aveva finito di
parlare.
L’interpellato
si voltò: “Cosa c’è? Non vedi
che abbiamo già abbastanza casino? Adesso ci mancava
rispedire al mittente questo pomposo foglio parlante – Ohibò, piano con le
parole, Signorino udì la voce indignata del
foglio in questione – non ti ci mettere anche tu,
perché la mia pazienza sta già diventando un bug
pronto al collasso.”
“Guarda
qui.” Insistette semplicemente Naruto, troppo esaltato da
qualcos’altro per dar peso al pessimo umore del collega.
In un istante,
sollevò con la mano il marmo
ed esso, simile a una pellicola, venne in parte via, rivelando
tutt’altra struttura al di sotto. Il vero, originale, per
quanto digitale, Vittoriano.
“Mr.
Baffo ha ragione! C’è proprio una maschera al di
sopra. Dobbiamo svestire l’Altare della Patria!”
Esclamò,
esaltato.
“Wow.”
Commentò Sasuke, apatico.
Poi
sospirò e, avvicinandosi, notò effettivamente che
la riproduzione al di sotto della pellicola sembrava proprio il
monumento corretto.
“Sono
metri e metri di strato da rimuovere: visto quanto è grande,
impiegheremo tantissimo tempo.”
“Il
cavallo – rispose Naruto, con gli occhi che scintillavano,
entusiasti e in fibrillazione – Chiappia ha detto che
risvegliava il cavallo finto.”
“Chiaradia.”
Non poté fare a meno di correggerlo Sasuke.
“Sì,
va bene, quello. Comunque – Naruto gesticolò,
girando attorno a se stesso per abbracciare tutta l’imponente
gradinata – se potessimo agganciare tutta ‘sta roba
al cavallo, lo scultore lo attiva, nel frattempo lo rispediamo da
dov’è venuto e in men che non si dica rimettiamo
tutto dove già stava. Che ne dici?”
Sasuke
fissò la struttura, poi l’equino.
Si morse un
labbro. Era una follia ma, accidenti, si poteva fare.
“La
tua arma. Puoi trasformarla in quello che vuoi?”
domandò l’archeologo, occhieggiando il fucile
sulle spalle del compagno.
“Ovvio
– replicò fiero Naruto, impettendosi –
ti ricordi, sulla piramide del Louvre, quando l’ho
trasformato in un rampino che… Sasuke! Cavoli, geniale!
Cioè, pure io, ma anche tu non scherzi! Certo, splendido!
Trasformiamolo in un rampino e colleghiamo le corde coi ganci tra
struttura e cavallo!”
L’uomo
annuì, suo malgrado ritrovandosi nella stessa scia di
entusiasmo, contagiato probabilmente non solo dall’urgenza
del momento, ma anche da quell’eccessivo caos che era Naruto.
Quest’ultimo
imbracciò il fucile e avviò la trasformazione,
mentre l’archeologo corse verso lo scultore, domandandogli:
“Il
cavallo, questo cavallo, lo può risvegliare e…
– se si fosse sentito dire simili stronzate in
un’altra circostanza, si sarebbe preso a schiaffi da solo
– correre giù per le scale con noi in sella? Ci
agganceremo il finto Vittoriano.”
“Ohohohoh!
Quale superba idea, invero si può fare. Chi ve
l’ha, modestamente, suggerita?”
Lo
fissò, in attesa.
Dopo
un’iniziale esitazione, infine Sasuke ammise, cercando di
elaborare un sorriso che risultò essere una smorfia:
“Lei, Signor Chiaradia. Merito del suo brillante
ingegno.”
“Oh,
lei mi rende troppo onore – lo fissò un istante,
per poi concedere – assicurate i legami al nobile destriero,
io provvederò al resto. Nel frattempo, chiederei se mi
usaste la cortesia di rispedirmi alla mia collocazione natia, per
quanto, in fin dei conti, fittizia anch’essa.”
“Certo
– replicò Sasuke, notando Naruto intento a
muoversi con il rampino e armeggiare con le corde – a questo
posso pensare io.”
In breve,
molto più breve se non altro rispetto
all’eventualità di smantellare l’intero
edificio pezzo per pezzo, Sasuke si era issato, arrampicandosi, sul
cavallo di bronzo, con ancora la foto di Chiaradia
all’interno ; nel frattempo, Naruto aveva ultimato di
agganciare le corde in tensione alla gigantesca pellicola, arpionata.
Il tester
rimise il fucile sulle spalle e cominciò a correre.
“Sbrigati!”
lo incalzò Sasuke.
Nel cielo
echeggiò un tuono simile a un gorgoglio cavernoso, diramando
lampi di luce che ricordavano la spaccatura articolata di un vaso.
Naruto corse.
Senza
preavviso, lo scultore disse qualcosa di totalmente incomprensibile.
E… svanì.
Veloce, Sasuke
occhieggiò il pad con i dati ricalibrati per ricollocare la
fotografia nella giusta simulazione.
“Maledizione.”
Mormorò tra i denti. Perché il cavallo di bronzo,
a differenza di Naruto, non accennava a muoversi.
Istintivamente
tese la mano al tester, quando questi cominciò a scalare la
parete di marmo del piedistallo. In quel preciso istante,
però, le cose cambiarono: l’equino, infatti, in
uno scuotersi di criniera dai lucenti fili di rame prese
improvvisamente vita. Emanò un nitrito metallico ma profondo
e si impennò, gli occhi simili a piombo puntati davanti a
sé, mentre il manto sembrava scintillare come una corazza
lucida. Sasuke fece giusto in tempo ad aggrapparsi alle enormi redini
che ricordavano metallo fuso, gelido nelle sue mani, così da
non venire disarcionato dal movimento improvviso.
Con un salto,
il cavallo scese dal piedistallo. Ancora sospeso per aria, in
quell’istante infinitesimale di potenza della creatura,
Naruto per un riflesso dettato dall’esperienza assurda di
quei mesi riuscì ad aggrapparsi alla gamba massiccia, metri
e metri di metallo che gli rendeva però difficile tenere la
presa tanto a lungo.
Quando la
creatura atterrò sulle gradinate marmoree, in uno scossone
di ferro e rame, infatti Naruto rischiò di sfracellarsi a
terra. Vide le sue mani lasciare la presa, lo vide distintamente, al
punto da riuscire a darsi dello stupido e prepararsi a sentire la sua
colonna vertebrale sbriciolarsi all’impatto con le scale,
perché la statua era alta metri e metri, lui invece era solo
un misero umano altrettanto finto ma ben più minuscolo.
Però,
la sua caduta non terminò in quel modo. Anzi, non
terminò affatto.
Sporgendosi
quasi del tutto, con le gambe sommariamente agganciate alle
estremità della sella, Sasuke si era lanciato di getto per
afferrare il collega, che si limitò a scontrarsi appena con
la coscia bronzea dell’animale.
“Sali,
presto!”
Con un colpo
d’addominali, Naruto senza farselo ripetere due volte si
dette la spinta e, facendo appoggio sulle gambe con una presa
più salda, salì fino in cima alla sella, talmente
grande da potercisi sdraiare, se solo si fosse trattato di una
tranquilla camminata domenicale.
Peccato che, a
conti fatti, tutta la questione fosse decisamente lontana
dall’essere tranquilla. Spronato dalle ultime parole del suo
scultore, il cavallo infatti continuò a correre lungo le
magnifiche gradinate, in un trionfo di zoccoli e muscolatura possente.
Dopo che
Naruto era risalito, Sasuke fece appena in tempo a guardare alle sue
spalle, poi imitato dal tester, per vedere l’intera struttura
del Vittoriano venire finalmente svelata: la patina fittizia fu
trascinata dalla corsa impazzita del cavallo che scoprì quel
vecchio vestito per rivelare la bellezza del corpo di marmo
dell’Altare della Patria. Anche la statua equestre originale
era al suo posto, con tanto di Vittorio Emanuele II che, fiero,
sembrava guardarli dall’alto del suo basamento meraviglioso.
In un
frusciare di vesti la copertura s’involò nel
cielo, disperdendosi tra le nuvole in numerosi frammenti simili a
polvere, oro brillante destinato a sparire.
Il cielo
tuonò. Ma non fu l’unico rombo che udirono.
Quando il
Vittoriano si rivelò in tutta la sua bellezza, infatti, ai
margini della struttura cominciò a sgorgare…
“Acqua?”
domandò Naruto, incredulo.
“Le
statue ai lati – spiegò Sasuke, tornando a
guardare davanti a sé e a reggersi per un nuovo sobbalzo
dell’animale in corsa – rappresentano due vecchi
mari dell’Italia, prima che ci fosse il Grande Terremoto. E a
quanto pare… hanno deciso di esondare!”
Con uno
strattone, riportò Naruto a guardare dritto davanti a
sé, lasciandogli parte delle redini per tentare, in quella
corsa folle, di guidare il cavallo decisamente fuori controllo.
“Santa,
fottutissima, Gea!” esclamò il tester, per una
volta senza opporsi al sollecito brusco dell’altro. Quando
l’animale atterrò oltre le gradinate in uno
slancio potente, rimbalzarono sulla sella in un violento scossone.
L’acqua
marina rimbombò alle loro spalle, con
l’impetuosità di una diga esplosa: un trionfo di
schiuma e salsedine sembrò divorare le scale, per poi
arrivare a lambire le zampe del cavallo, schizzando spuma bianca
addosso ai conducenti e al manto metallico.
“Giriamo!”
esclamò Naruto, tirando una redine per far svoltare
l’equino che, nonostante un po’ di reticenza,
curvò seguendo la traiettoria.
Ma
l’immenso muro d’acqua sembrò seguirli,
anziché dirigersi dritto davanti a sé, mosso da
un magnetismo magico verso il destriero e i suoi ospiti.
“Dove
andiamo?” domandò Naruto, guardandosi attorno.
Al loro fianco
avevano piazza Venezia, mentre di fronte si ergeva
l’imponente Colonna Traiana, con il suo incedere crescente
delle scene che narravano la riconquista della Dacia.
La spuma
gorgogliò alle spalle con rabbia sempre maggiore, invece il
cielo riecheggiava dei suoi tuoni come un monito distante. Sasuke si
morse un labbro, stringendo le redini mentre il cavallo, inarrestabile,
avanzava.
“Dove
cazzo è il tizio di prima? Adesso non viene a tirarsela con
i suoi suggerimenti da enigmistica dei poveri?”
esclamò Naruto, voltandosi di tanto in tanto per controllare
la gigantesca massa d’acqua marina che sembrava poterli
travolgere e inghiottire da un momento all’altro.
“Zitto,
lasciami pensare!” ribatté Sasuke, guardando
invece dritto davanti a sé il Foro Traiano che si espandeva
con i suoi resti oltre la meravigliosa colonna, lambita
anch’essa dalle acque del mare.
“Beh,
pensa in fretta, perché non so te, ma io non ho avuto
nessuna illuminazione divina su dove accidenti andare eh…
cazzo – sgranò gli occhi, perché scorse
a pochi metri di distanza qualcosa sfarfallare, come una proiezione
instabile del percorso – no, giriamo, giriamo, non so dove,
ma non andiamo dritto. C’è
un’imperfezione, non è la strada!”
Tirò
le redini. Sasuke si tenne a malapena per reggere la virata improvvisa
del cavallo, venendo schiaffeggiato da un’ondata
d’acqua che gli incollò i capelli sul cranio.
Troppo occupato a pensare per insultare il suo collega, al quale era
sostanzialmente andato addosso, si portò indietro i capelli
fradici in maniera sbrigativa e gli gridò, per sovrastare il
rombo delle onde prossimo a investirli, visto che avevano deviato
direzione:
“Prima!
Prima che hai detto?”
Naruto lo
guardò appena per scuotere la testa, tornando poi a
concentrarsi sulla guida mentre il fucile rimbalzava sulle sue spalle.
“Ma
ti sembra il momento? Non lo so, dico tante cose…
– schioccò la lingua – non sappiamo dove
andare, ci vorrebbe un miracolo per…”
“Divino!”
In
un’altra occasione, Naruto avrebbe probabilmente replicato
con un sornione modestamente,
grazie per averlo notato, ma trovò che per una
cazzata simile Sasuke lo avrebbe rispedito direttamente da Teti.
Si
sentì invece afferrare per il braccio da Sasuke che,
parlando rapido, lo scosse spiegandogli:
“Chiaradia!
Mi ha detto una frase: dobbiamo
rivolgerci a tutte le divinità di codesta Terra;
c’è un luogo che le racchiude tutte –
nel vedere lo sguardo perplesso dell’altro, però,
brusco aggiunse – di là! Vai in quella
direzione!”
A Naruto non
rimase che fidarsi. In quell’anno sembrava che la fiducia
reciproca, in fondo, avesse funzionato molto bene.
Sproloqui
di una zucca
Eccomi dopo intense
settimane di vacanze XD Dopo quest'aggiornamento i prossimi saranno
più frequenti <3
In questi capitoli
Sasuke e Naruto mi fanno morire per come battibeccano eppure continuano
comunque a cercarsi. Grazie e alla prossima!
|
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3788903 |