01.ADDIO
Il sole stava calando lentamente dietro
le montagne, tingendo la vallata di migliaia di sfumature cremisi,
ponendo fine a quella torrida giornata estiva. Quello era il momento
della giornata che Eileen preferiva, quando le foglie degli alberi
riflettevano i colori del tramonto, gli stessi dei suoi occhi,
facendo sembrare la foresta in fiamme. Era uno spettacolo unico in
tutto il regno di Mellt, reso possibile grazie alle foglie che
crescevano sugli alberi del cielo, in grado di riflettere il colore
della volta celeste dall'alba fino al tramonto. Solitamente, amava
ammirare quel momento fugace dal tetto della sua piccola casa, dove
viveva con la madre, ma quel giorno, purtroppo, avrebbe dovuto fare a
meno di quel magico spettacolo. Infatti, le era stata lasciata in
custodia la bottega, se così poteva essere definito il
minuscolo negozio situato sotto la loro camera da letto e dove ora si
trovava in compagnia di un ragazzo nervoso.
Era da diversi minuti che era entrato
nella minuscola stanza, ma non aveva ancora proferito parola. Si
limitava a dondolare sul posto, spostando nervosamente il peso del
corpo da un piede all'altro, facendo vagare lo sguardo ovunque,
tranne che su di lei.
Erano anni che Eileen assisteva a quel
tipo di comportamento, ma non riusciva proprio a farci l'abitudine.
Non aveva mai visto il ragazzo al villaggio, doveva essere arrivato
da poco e a giudicare dalle macchie di fuliggine e dalle bruciature
della sua camicia, si trattava del nuovo apprendista del fabbro,
Radt. Cercando di scaricare la tensione, la giovane prese a
tamburellare le dita affusolate sul minuscolo bancone in legno, ma
questo, se possibile, parve peggiorare la situazione.
Con un gemito strozzato il ragazzo fece
un balzo indietro, cercando di mettere più distanza possibile
tra loro. A quel punto Eileen emise uno sbuffo irritato, la sua
pazienza era definitivamente terminata. -Sei venuto per una ragione,
o ti piace perdere tempo nelle botteghe altrui?- domandò in
tono caustico.
Finalmente il giovane osò alzare
lo sguardo su di lei ed emise uno squittio terrorizzato. Eileen si
morse le labbra sottili, cercando di dominare l'irritazione. -Ti
manda Mastro Radt?- chiese allora cercando di prendere in mano le
redini di quella triste conversazione. Il suo interlocutore annuì
lentamente, mentre la pelle del volto iniziava ad assumere un colore
grigiastro. Ora che aveva puntato gli occhi su di lei non riusciva
più a distoglierli. Era sempre così.
La ragazza sistemò una ciocca
ribelle dei suoi capelli rosso fuoco dietro le orecchie, per lo meno
ora sapeva cosa fare e, soprattutto, come liberarsi di quella
sgradita presenza. Senza aggiungere altro si volse, cercando di
ignorare quello sguardo invadente che le perforava la schiena, e
prese a frugare tra gli affollati scaffali alle sue spalle. Non le ci
volle molto a trovare quello che cercava e dopo pochi attimi depositò
sul bancone un piccolo vaso in terracotta sul piano del bancone.
-Sono tre monete di rame e ricorda a
Mastro Radt che una volta terminato l'unguento dovrà
restituirci il contenitore- disse Eileen in tono piatto.
A quel punto il giovane parve
riscuotersi improvvisamente dal torpore. -Tre monete?- esclamò
esterrefatto fissando incredulo il vasetto sigillato. La ragazza
strinse le labbra in una linea severa. -Esatto, questo è il
nostro prezzo. Sono sicura che Mastro Radt ti abbia dato esattamente
quello che ho chiesto- replicò lasciando trapelare senza
troppi riguardi la propria seccatura. Con le mani tremanti il ragazzo
frugò all’interno delle tasche delle sue brache
recuperando un piccolo sacchetto di pelle consunta. Un tintinnio
metallico accompagnò gli spostamenti del giovane, che si
allungò in modo ridicolo per depositare quanto chiesto sul
bancone, tentando allo stesso tempo di restarle il più
distante possibile.
Questo portò la camicia
malconcia che indossava a scoprirgli parte del petto e della spalla
destra, mostrando una serie di macchie rosso fuoco che Eileen squadrò
con aria critica. Il mutamento della sua espressione non dovette
passare inosservato, perché l'apprendista si ritirò
così velocemente da rischiare di perdere l’equilibrio,
sbattendo rumorosamente la schiena contro l’uscio della
bottega. Roteando gli occhi esasperata Eileen decise di non
commentare l’assurdo comportamento e si affrettò ad
esaminare il contenuto del sacchetto constatando soddisfatta che
conteneva esattamente quello che aveva richiesto. D’altronde
Radt era loro cliente da prima che lei nascesse e anche un caro
amico. Fatto non indifferente, dato che il resto del villaggio, se
poteva, evitava lei e sua madre come la peste. Non a caso, la loro
minuscola casupola si trovava ai margini della foresta, su un tratto
di terreno sopraelevato, lontano da qualsiasi altra abitazione.
L’unico motivo per cui non le avevano ancora scacciate e parte
della loro rovina, era l’incredibile abilità di sua
madre. Deana era la guaritrice più brava di tutta la Fàinne,
la dorsale di montagne al centro del quale sorgeva la collina su cui
era nato Nead, il loro villaggio. Sotto la sua protezione avevano
evitato numerose malattie e pestilenze. Tuttavia, tale bravura, era
spesso accompagnata da paura, diffidenza e, talvolta, invidia.
Parecchi guaritori avevano iniziato a spargere malelingue sul suo
conto, che nel corso del tempo, si erano rafforzate, fino a cerare
attorno alla sua figura un'aura pericolosa e sinistra. Perciò,
ora sua madre era conosciuta da tutti come la Strega.
-Molto bene, prendi pure l'unguento e
ricorda a Mastro Radt di restituirci il vaso. Ha ancora quello del
mese scorso e qui non ne abbiamo una scorta infinita- esclamò
Eileen cercando di essere cordiale e facendo scivolare la giara verso
il ragazzo. Prima si sarebbe levato dai piedi, prima avrebbe potuto
cominciare a preparare la cena.
Senza farselo ripetere il giovane si
protese verso di lei e afferrò il vaso, rivelando nuovamente
la pelle martoriata sotto la camicia.
-Dovresti evitare di gironzolare
attorno alla dimora del Sorvegliante Attis- si lasciò sfuggire
la rossa. L'apprendista per poco non si fece scivolare dalle mani il
prezioso carico ed Eileen si pentì subito di non aver
semplicemente tenuto la bocca chiusa. -Co-come?- balbettò il
ragazzo.
-Ho detto, che sarebbe meglio se ti
tenessi alla larga dall'abitazione del Sorvegliante. Non gli piace
vedere uomini troppo vicini al suo giardino. Soprattutto se appena
arrivati- ripeté in tono seccato.
-Non mi sono mai avvicinato alla sua
casa- grugnì il giovane innervosito.
Eileen inarcò un sopracciglio
scettica, odiava i bugiardi. -Oh sì invece, hai la colpa
stampata addosso- ribadì aprendo uno sportello scricchiolante
sotto il bancone ed afferrando una fiala contenente un liquido rosso
cupo.
-Stai vaneggiando, non ho alcun motivo
per stare vicino a quel posto- si difese l'apprendista
Sul viso di Eileen si disegnò un
ghigno felino, -Certo, è quello che dicono sempre tutti.
Conosco un sacco di persone che sono finite al fresco per il tuo
stesso motivo- ridacchiò facendo saltare il tappo di cera a
versando il contenuto della fiala in una ciotola. Inavvertitamente
parte del liquido schizzò sul bancone disegnando un
frastagliato spruzzo cremisi.
-Ma quello è sangue!- urlò
il ragazzo arretrando fino a sbattere contro la porta.
La rossa sbuffò. -No, è
infuso che ti farà stare meglio- precisò spolverando
una manciata di polvere bianca sul liquido prima di tendergli la
ciotola -Si tratta di... -.
In preda al panico il giovane prese a
scuotere con foga il paletto che teneva chiuso l'uscio. -Non ti
avvicinare!- strillò in tono isterico.
-Se non ti lasci curare la situazione
peggiorerà. Tranquillo, non ti chiederò di pagarmi-
replicò Eileen senza badare troppo al suo comportamento,
mentre aggirava il minuscolo bancone per raggiungerlo. Più che
altro ora temeva che avrebbe scardinato le povere vecchie assi di
legno in preda ad un attacco di panico.
Nello stesso momento il ragazzo riuscì
in qualche modo ad aprire la porta e con poca grazia barcollò
fuori dall'uscio. -Non berrò mai quella roba! Sta lontano da
me, brutta arpia! Mostro!- urlò urtando inavvertitamente la
rastrelliera in legno dove Eileen e sua madre mettevano le erbe ad
essiccare. L'intelaiatura si staccò dalla parete della casa e
cadde rumorosamente, sollevando una nuvola di polvere e spargendo
ovunque mazzetti di rosmarino, belladonna e agrimonia.
La rossa trasalì. -Attento a
dove metti i piedi, quelle dobbiamo metterle da parte per l'inverno!-
esclamò, ma il ragazzo se n'era già andato, correndo in
direzione del villaggio come se avesse il demonio alle calcagna.
Sbuffando inferocita, Eileen attraversò
il piccolo spazio a grandi falcate per porre rimedio al disastro, ma
prima che potesse oltrepassare l’uscio le giunse alle orecchie
una fragorosa e famigliare risata.
Questo le fece perdere ancora di più
le staffe. -Avresti potuto aiutarmi, invece che restare fuori dalla
porta ad origliare come una vecchia comare!- esclamò Eileen
posando gli occhi sulla figura di un giovane piegato in due dalle
risa.
-E perdermi lo spettacolo? Non se ne
parla- sghignazzò il ragazzo alzando la testa per incrociare
il suo sguardo. Le sue intense iridi verdi erano velate dalle
lacrime, mentre i capelli castani, lunghi fin sopra le spalle, erano
completamente arruffati, probabilmente perché aveva corso per
arrivare alla loro casa.
Eileen scosse il capo sconsolata, -Non
cambi mai Kaleb- borbottò chinandosi per controllare il telaio
in legno. Per fortuna la caduta non sembrava averlo danneggiato. Un
altro paio di mani si accostarono alle sue ed insieme rimisero a
posto l'esile struttura.
Conosceva Kaleb da quando aveva memoria
ed era l'unica persona del villaggio che frequentasse volontariamente
lei e sua madre, oltre a Radt. I suoi genitori erano morti molti anni
prima, quando lei contava solo cinque primavere, e da allora la sua
famiglia si prendeva cura di lui, come se fosse sangue del loro
sangue, onorando lo stretto legame di amicizia che aveva unito i loro
padri. Lei e Kaleb erano stati fin da subito inseparabili. Quando
Eileen doveva andare a raccogliere le erbe officinali sulle montagne,
lui la accompagnava portandosi dietro arco e frecce per cacciare
lepri o anatre selvatiche e spesso la ragazza si era ritrovata a
fargli da opponente durante gli allenamenti di scherma, anche se era
totalmente negata nell’arte della guerra. Insieme, si erano
pure ubriacati per la prima volta, quando a dodici anni avevano
rubato le ciliege sotto spirito di suo padre, Aren, che teneva
nascoste sotto le assi del pavimento di casa sua.
-È incredibile come tu riesca a
complicare le situazioni più semplici- disse il ragazzo senza
smettere di ridacchiare.
-O forse vivo circondata da sciocchi.
Volevo semplicemente aiutarlo, se solo mi avesse dato la possibilità
di spiegare le mie intenzioni- sbuffò Eileen iniziando a
raccogliere le erbe aromatiche sparse sul terreno.
-Cosa vuoi dire?- domandò Kaleb
aiutandola a sua volta a raccogliere gli steli secchi.
-Aveva un enorme eritema sotto quella
sudicia camicia. Merito di un contatto diretto con i frutti di
scotano e l'unico posto in cui cresce quella maledetta pianta è
il giardino del Sorvegliante Attis- sbottò la rossa sistemando
con cura le erbe al loro posto.
-Questo spiega molte cose, povero
ragazzo, mi fa quasi pena- ridacchiò il moro passandole gli
ultimi mazzi di rosmarino. Lo sguardo di fuoco della compagna non
fece che allargare il suo sorriso.
-Se passare la notte tra le braccia
della moglie del Sorvegliante, riesce a farti scordare la settimana
che trascorreresti nella fetida cella della caserma, significa che
quel dannato tugurio è più pulito e spazioso di quanto
facciano credere- sbuffò Eileen riferendosi alla cella del
piccolo presidio armato che proteggeva il loro villaggio. Uno dei
tanti sparsi sul territorio.
Il regno di Mellt si era formato
all'incirca trecento anni prima, in seguito a una guerra terribile e
sanguinosa, che aveva visto prevalere sopra ogni fazione l'esercito
di Re Rasmus, antenato del loro attuale sovrano. In seguito alla sua
vittoria, aveva unificato tutte le terre, dalle isole di ghiaccio
dell'arcipelago Nix, ai Colli Dorati a sud, includendo anche la
Fàinne, l'estesa catena di montagne tra cui si trovava il loro
villaggio. In seguito, al centro di tutte le terre, poco lontano
dalla costa, aveva fatto sorgere la loro splendida capitale, Sidus,
importante snodo per le attività commerciali e anche luogo
ideale per spostarsi velocemente in ogni angolo del regno. I
menestrelli ancora narravano le gesta del Re, dipingendolo come un
uomo forte e giusto, che aveva portato la pace dopo secoli di
atrocità. Con il passare del tempo però, Re Rasmus,
aveva percepito la necessità di suddividere il proprio
territorio in parti più piccole, per poterlo governare con più
facilità. Era in questo modo che erano nati i Sorveglianti. Ad
ognuno di essi era affidata una parte del regno, che dovevano
proteggere e sorvegliare, con l'aiuto di un contingente di soldati.
Il Sorvegliante Attis, che aveva tra le mani la giurisdizione di
Nead, aveva il compito di badare a quel piccolo angolo di montagne,
l'ultimo baluardo abitato all'estremo Est dell'impero. Compito che
svolgeva con placida serenità.
Attis era un uomo onesto, appartenente
a una piccola famiglia di nobili, amante della tranquillità e
del silenzio, per cui, la vita del villaggio era sempre proseguita
pacifica e senza turbamenti. Era da sua moglie, tuttavia, che
bisognava tenersi alla larga.
Nani, la donna più bella di
tutta la Fàinne, a sentire quello che gli uomini dicevano. Per
quanto fosse affascinante e delicata d'aspetto, era d'animo crudele,
ingannevole e capriccioso. Molti abitanti di Nead ne erano venuti a
conoscenza a loro spese. Le sue trame sembravano estendersi ovunque e
nessuno voleva trovarsela come nemica, se aveva cara la propria
incolumità. Nel corso degli anni si era assicurata la fedeltà
delle persone più influenti del villaggio, tra cui Finn, il
capitano delle loro guardie. Tutto questo, in modo tutt'altro che
rispettabile, cosa che sua madre non mancava mai di sottolineare.
Ormai, Nead era in tutto e per tutto il suo piccolo regno personale,
dove lei era la regina incontrastata.
-Personalmente spero si trattasse della
figlia, dalle voci che mi giungono anche lei sta cercando di
inserirsi in quel giro di affari- ridacchiò il ragazzo
scuotendo la testa incredulo.
Eileen sentì il proprio viso
contrarsi in una smorfia di disgusto.
-Allora avrà non poche
difficoltà, per quanto sembri incredibile, già mezzo
villaggio passa tra le lenzuola di sua madre- sbottò invitando
Kaleb all'interno della bottega, in modo da poter serrare la porta.
Dopo aver riposizionato il paletto fece passare un robusto asse di
legno su due sostegni in ferro battuto, poi coprì l'unica
minuscola finestra con un pannello, sigillando il locale. Ormai non
sarebbe venuto più nessuno per quel giorno.
-Come fai ad esserne sicura?- domandò
Kaleb seguendola oltre il bancone, verso il retro del locale. -Essere
la figlia della guaritrice, ti da l'accesso a un'incredibile varietà
di informazioni riservate- sospirò la rossa scostando una
pesante tenda di lana, rivelando la piccola scala di legno che
conduceva al piano superiore.
-Per esempio, ti ricordi Euco, il
figlio del fornaio?- chiese salendo i piccoli gradini scricchiolanti.
-Certo, tutti conoscono la loro
famiglia. Sfornano il pane per l'intero villaggio- rispose Kaleb
mentre sbucavano nella stanza sovrastante.
-A quanto pare non è loro
figlio, o meglio, il povero Niklaas non è il suo vero padre,
dato che ha la stessa voglia a forma di luna di Fug, il cantastorie-
rivelò Eileen accarezzando con lo sguardo il piccolo locale,
non era una reggia, ma la faceva sentire a casa e al sicuro. Al
riparo dalle occhiate indiscrete della gente.
Dal soffitto in legno pendevano altri
mazzi di erbe lasciate ad essiccare, che davano al luogo un odore
fresco e gradevole. Al centro si trovava un piccolo focolare di
pietra, sul quale era posizionata una capiente pentola usurata. Lungo
due delle pareti erano disposti dei tavoli alti e stretti, coperti di
mortai, ampolle ed alambicchi, mentre al di sopra, erano state
inchiodate delle mensole in legno, ricoperte oltre misura da vasi di
ogni foggia, materiale e dimensione, tanto che Eileen non si sarebbe
stupita se un giorno il legno avesse ceduto spargendo ovunque il loro
contenuto. Era in quei contenitori che lei e sua madre riponevano i
preparati e gli unguenti che servivano per i suoi rimedi. Nell'angolo
alla sua destra, invece, erano addossati degli scaffali che arrivano
a sfiorare il soffitto. I ripiani in legno custodivano file ordinate
di libri rilegati in pelle, alcuni anche molto vecchi, ma tutti in
ottime condizioni. Ogni tanto, fra i tomi comparivano meravigliosi
oggetti, come un pugnale d'argento con l'elsa incrostata di opali,
sassi spaccati al centro che rivelavano un cuore di pietra luccicante
e piccole sculture di giada. Accanto ad essi era accostata una sedia
con la seduta imbottita ricoperta di velluto rosso. Sul morbido
tessuto era deposto un libro, tenuto aperto da una lunga pipa di
legno intarsiato. L'angolo di suo padre. Così meticolosamente
ordinato da sembrare parte di un'altra abitazione. Da quando era
morto, due anni prima, sua madre non aveva toccato nulla, nemmeno il
libro che stava leggendo prima di uscire. Come se si aspettasse che
un giorno, tornando a casa, l'avrebbe trovalo lì sulla sedia,
con il tomo stretto tra le dita intento a sbuffare anelli di fumo
dalla lunga pipa. Sull'ultima parete invece si apriva una finestra
che dava sulla minuscola veranda della casa. Da lì era
possibile vedere l'intero villaggio e godere del panorama magnifico
delle loro montagne. Un lungo fischio la fece riemergere
improvvisamente dai suoi foschi pensieri.
-Dici sul serio? Euco non è
figlio di Niklaas?- domandò Kaleb sbalordito lasciandosi
cadere su uno spesso materasso abbandonato accanto alla finestra.
Quello su cui lei e sua madre dormivano.
Eileen storse il naso, -Certo, io non
dico bugie. Ora però vieni a sederti qui, non voglio che mi
sgualcisci le lenzuola. È una cosa che detesto- rispose
facendo scivolare uno sgabello di legno verso di lui, prima di
volgersi verso l'armadietto che fungeva da dispensa. Il povero mobile
se ne stava incastrato sotto uno dei tavoli da lavoro di sua madre ed
ora conteneva lo stretto indispensabile per nutrire loro due, ma
prima dell'inverno si sarebbe riempito di conserve, verdure sotto
sale, radici e un po' di frutta secca.
Il cibo non era mai mancato nella loro
casa, ma da quando suo padre era morto erano divenute molto più
caute. Dato che quella mattina sua madre era uscita all'alba per
andare a raccogliere alcune erbe sulle montagne, toccava a lei
preparare la cena, cosa che non passò inosservata.
Con uno sbuffo Kaleb si spostò
sullo sgabello. -Speravo che questa sera cucinasse tua madre. I suoi
piatti sono decisamente migliori dei tuoi. Desideravo tanto gustare
uno dei suoi manicaretti per l'ultima volta- si lamentò.
-Scusa tanto se non sono all'altezza
dei tuoi canoni, principino- sbuffò Eileen cercando di
ignorare ciò che quella frase implicava. La sua partenza
imminente.
-Forse se riuscissi a mitigare il tuo
caratteraccio gli abitanti del villaggio sarebbero molto più
gentili nei tuoi confronti- azzardò il giovane cercando di
rubare il pezzo di una carota dal tagliere.
Eileen iniziò a ridere
sguaiatamente -Certo, come ho fatto a non pensarci? Il problema è
proprio il carattere, non il mio aspetto spaventoso- esclamò
accanendosi con rabbia sugli ortaggi che stava affettando. -Io non ti
trovo spaventosa- ribatté Kaleb guardandola di sottecchi.
-Tu non fai testo. Passami i pinoli-
borbottò la rossa cercando di dare un taglio a quell'inutile
conversazione. Era passato il tempo in cui avrebbe fatto di tutto pur
di compiacere i propri compaesani. Con gli anni aveva capito che
qualunque cosa avesse fatto, non avrebbero cambiato atteggiamento nei
suoi confronti, e dopo un primo momento di smarrimento se n'era fatta
una ragione. Non erano solo le dicerie su sua madre a spaventare le
persone, ma il suo stesso aspetto, così simile eppure tanto
diverso dagli altri.
Aveva una corporatura esile ed ossuta,
un po' troppo mingherlina per una ragazza che aveva appena compiuto
quindici primavere. La carnagione pallida e smunta le dava un'aria
perennemente cagionevole, anche se passava molto tempo all'aperto,
sotto il sole. Le dita delle mani lunghe ed affusolate, si muovevano
sempre agili e veloci, sia che maneggiasse un coltello, che stesse
intrecciando un cestino di vimini. Il viso dagli zigomi pronunciati
era incorniciato da una cascata di capelli rosso fuoco che le
arrivava a metà schiena, trattenuti da una sottile striscia di
cuoio, e le punte delle orecchie terminavano leggermente a punta. Ma
erano gli occhi che più turbavano le persone. Avevano una
forma leggermente allungata e le sue iridi, invece di essere di un
comune castano o azzurro, avevano i colori del tramonto. Un tripudio
di gialli e aranci che partivano dalla pupilla e sfumavano verso il
rosso cremisi, formando un’aureola violacea lungo i bordi. Era
il motivo per cui nessuno la guardava mai negli occhi, pensavano che
fosse maledetta e portasse il malocchio. Se sua madre era la Strega,
lei era conosciuta come il Mostro.
Gli adulti non sopportavano la sua
presenza e tenevano i loro figli alla larga da lei, riempiendo la
loro testa di ogni genere di bugie, per questo non aveva alcun amico
all'infuori di Keleb. In quel quadro orribile, solo il suo naso
pareva avere una parvenza di normalità, dritto e proporzionato
in mezzo al viso, ben magra consolazione.
La zuppa era ormai pronta quando un
trambusto proveniente dalla veranda annunciò l’arrivo di
sua madre. I suoi soffici capelli color miele fecero la loro comparsa
seguiti dal resto del corpo, mentre finiva di arrampicarsi sulla
ripida scala a pioli.
-Kaleb caro, potresti dare una mano a
questa povera vecchia?- si lamentò la donna allungando una
mano speranzosa. Eileen sbuffò accanto alla pentola che
sobbolliva, ma il ragazzo schizzò in piedi senza perdere
tempo.
-Certo, è sempre un piacere
Deana- disse aiutandola a salire gli ultimi pioli e facendosi carico
dell’ingombrante cestino di vimini che stringeva tra le mani.
Depositati sopra gli steli intrecciati facevano bella mostra di sé
fasci di erbe dalle foglie multicolori e molti funghi dall’aria
appetitosa.
-Bravo ragazzo- sospirò esausta.
-Per cortesia posa il cestino in quell’angolo. Fortunatamente
avete già acceso il fuoco, nonostante il caldo della giornata,
si prospetta una notte rigida-.
Una volta che tutti e tre ebbero preso
posto attorno al fuoco Eileen distribuì ad ognuno la propria
ciotola di zuppa ed insieme iniziarono a consumare il pasto caldo.
-È stata una buona giornata?-
domandò Deana alla figlia ingoiando un boccone di verdure. La
rossa borbottò qualcosa sottovoce senza alzare gli occhi dalla
ciotola e l’espressione della donna si fece accigliata.
-Penso sia andata a meraviglia fino a
quando non è entrato Gery, il nuovo apprendista del fabbro. Un
po’ troppo sensibile il giovanotto- si intromise Kaleb con un
sorriso sornione stampato in faccia. Eileen gli scoccò
un’occhiata assassina e il ragazzo fu costretto a scansarsi in
fretta per evitare un calcio dritto sugli stinchi. Anche le labbra
della donna si piegarono in un sorriso. -Non mi dire, è
fuggito a gambe levate?-.
-Puoi scommetterci, sembrava che avesse
la morte alle calcagna- ghignò il moro, che questa volta non
fece in tempo a scansarsi e ricevette un colpo secco poco sotto il
ginocchio. Nonostante il dolore il ragazzo continuò a ridere.
-E' già il secondo questa settimana-.
-Spero che almeno abbia pagato il
giusto compenso- si informò Deana allungandosi per prendere
una fetta di pane.
Eileen sbuffò indispettita.
-Certo che ha pagato, o ora sarei sulla soglia di casa di Radt a
protestare-.
-Non ne dubito. Sei inarrestabile,
proprio come tuo padre- disse la donna con un luccichio nostalgico
negli occhi. Per un attimo calò il silenzio, era insolito
sentire sua madre parlare di lui. La sua morte le aveva lacerato
l’anima e tutti evitavano di toccare l’argomento in sua
presenza. Deana parve accorgersi solo in quel momento delle sue
parole e dell’effetto che esse avevano sortito sui due giovani.
Schiarendosi nervosamente la voce prese la ciotola dalle mani di
Kaleb la riempì di nuovo di zuppa fino all’orlo.
-Parlando d’altro, mi pare che qualcuno qui si stia preparando
a partire- esclamò riconsegnando la pietanza.
-Già, ci metteremo in cammino
domani all'alba. Vogliono trovarsi ad Iris prima del tramonto. Non
vedo l'ora di iniziare l'addestramento- esclamò Kaleb con un
sorriso radioso.
-Domani?- sbottò Eileen
rischiando di rovesciarsi addosso la zuppa. -Avevi detto che sareste
partiti tra due giorni!-.
Il giovane si strinse nelle spalle. -A
quanto pare il Comandante ha finito di discutere con il Sorvegliante
Attis questo pomeriggio, quindi ha anticipato la partenza-.
Come poco prima, la rossa sentì
qualcosa accartocciarsi dentro di lei. Non si era ancora abituata
all'idea che Kaleb se ne sarebbe andato per seguire l'addestramento
militare ed entrare a far parte dell'esercito imperiale. Fin da
bambino Kaleb non aveva nascosto il desiderio di seguire le orme del
defunto padre, diventando un soldato. Ma non aveva mai pensato che un
giorno potesse veramente lasciare il villaggio, fino a quando non
aveva annunciato che avrebbe partecipato alle selezioni per diventare
un cadetto. Questa possibilità era aperta a tutti i figli
maschi del regno di Mellt una volta raggiunte le diciassette
primavere, cioè nel momento in cui si entrava a pieno titolo
nell'età adulta, e il ragazzo non aveva perso tempo.
Nonostante le difficoltà, aveva superato tutte le prove con
successo ed ora si preparava a partire. Eileen sapeva che avrebbe
dovuto essere felice per lui, e lo era sinceramente, ma una parte di
sé non riusciva ad accettare quel cambiamento, che avrebbe
segnato anche la sua vita in modo irreversibile.
-Questo significa che dovrò
darti il nostro regalo questa sera- trillò Deana elettrizzata
schizzando in piedi e andando a frugare tra una pila di coperte
piegate oltre il materasso.
Il moro inarcò le sopracciglia
perplesso. -Un regalo?-.
-Certo! Pensavi che ti mandassimo allo
sbaraglio in questo mondo pazzo?- ribatte la donna riemergendo
tenendo tra le mani una bisaccia di cuoio consunto. -Non
sottovalutare il regno di Mellt, è più insidioso di
quanto tu possa pensare ed è meglio essere preparati-.
Ancora sorpreso il ragazzo allungò
le mani e prese l'inaspettato dono fra le braccia, accorgendosi che
il bagaglio era stato riempito con qualcosa. Subito prese a
sciogliere le fibbie di metallo che la chiudevano rivelandone il
prezioso contenuto, rimanendone strabiliato.
-Davvero volete darmi tutta questa
roba?- domandò incredulo facendo scivolare lo sguardo sulle
diverse boccette, ampolle e sacchetti.
Eileen drizzò la schiena
impettita. -Non chiamarla roba. Io e mia madre ci abbiamo
messo settimane per mettere insieme questo equipaggiamento di
emergenza- lo rimbrottò senza riuscire a nascondere una punta
di orgoglio. Non era stato per niente facile selezionare le erbe e
gli unguenti adatti al viaggio e che Kaleb avrebbe potuto portare con
sé senza correre il rischio di avvelenarsi o farne cattivo
uso.
-Eileen ha anche intrecciato per te una
linea del wyrd- disse Deana dolcemente recuperando da una delle
tasche una lunga striscia colorata. Il ragazzo trattenne il fiato.
-Non ne avevo mai vista una così lunga- sussurrò
ammirato -Ci avrai messo una vita ad intrecciarla-.
La rossa scrollò le spalle -Non
è così difficile come lo fanno sembrare e poi stavo
raccogliendo le foglie già da un pezzo- rispose prendendo
dalle sue mani l’inatteso dono. Si trattava di un bracciale
fatto intrecciando le foglie degli alberi del cielo, raccolte mentre
riflettevano i colori delle notti fiammeggianti. Credevano che in
quelle sere invernali gli spiriti dei loro antenati si manifestassero
sotto forma di lingue di luce, portando messaggi ai loro cari ancora
in vita. In quelle notti il cielo era solcato da sfumature che
andavano dal verde al rosa sgargiante, fugaci ed evanescenti come
lingue di fuoco. Un dono del genere era raro e carico di significato
per la loro gente, un simbolo di protezione e buon auspicio, dato
solo a coloro che stavano per intraprendere un nuovo cammino nel
mondo.
-In questo modo i tuoi antenati
veglieranno su di te e ti terranno fuori dai guai- disse la giovane
avvolgendo la fascia intrecciata tre volte attorno il suo polso prima
di fissarlo. -E conoscendoti non sarà affatto un compito
facile-.
Kaleb osservò affascinato il
bracciale che gli avvolgeva il polso ammirandone le numerose
sfumature verdi e azzurre che si rincorrevano man mano che
l’intreccio procedeva. Deana interruppe con delicatezza la sua
contemplazione prendendogli la mano fra le sue, aveva gli occhi
lucidi. -Da quando i tuoi genitori se ne sono andati e ti abbiamo
accolto nella nostra famiglia, sei diventato come un figlio per me.
Vederti andare via mi spezza il cuore, ma so che è tuo
desiderio seguire le orme di tuo padre e diventare un soldato per
servire e difendere i più deboli- confessò
accarezzandogli il viso. -Questo mi rende molto orgogliosa e sono
sicura che anche Aren e i tuoi genitori direbbero lo stesso, se fosse
ancora qui con noi. So che non sarà la stessa cosa, ma se lo
desideri ti darò la mia benedizione-.
-Sarebbe un onore- rispose Kaleb con la
voce resa roca dall’emozione. Deana sposto le mani sul suo capo
e lo fissò intensamente negli occhi. -Ricorda bene quello che
sto per dirti Kaleb Davenson e fanne tesoro per gli anni a venire.
Vivi la tua vita senza rimpianti, proteggi le persone che ami e non
avere paura di aprire il tuo cuore a chi ti sta accanto. Sii umile e
ubbidisci, ma senza perdere di vista la tua coscienza, ricorda, tu
sei il solo e unico padrone dei tuoi pensieri. Non considerarti mai
migliore degli altri e continua ad imparare dal mondo che ti circonda
come un bambino curioso e libero da pregiudizi. Sii forte e lotta per
i tuoi ideali, e più di ogni altra cosa, bambino mio, non
dimenticare chi sei. Che la luce illumini sempre il tuo cammino e gli
antenati guidino i tuoi passi- disse la donna, poi si allungò
e depose un bacio leggero sulla sua fronte.
Eileen si accorse di stare trattenendo
il respiro solo in quel momento. Una benedizione non era qualcosa che
si elargiva a cuor leggero. Era percepito come la trasmissione dei
valori più importanti da seguire nel corso della vita. Questo
significava che sua madre non si aspettava di vedere tornare Kaleb
alla fine del suo addestramento. Il senso di desolazione le trafisse
il cuore come una pugnalata.
-Ti ringrazio Deana, questo significa
molto per me- disse il giovane strappando Eileen dalle sue
elucubrazioni. -Vi ringrazio per i vostri doni, li conserverò
con cura. Però ora perdonatemi, penso che tornerò a
casa, sarete stanche tanto quanto me e ci sono ancora alcune cose che
vorrei preparare prima di coricarmi- continuò il moro
alzandosi dal basso sgabello di legno. Mentre sua madre lo
accompagnava oltre la veranda Eileen si trattenne nella stanza
iniziando a ripulire le stoviglie strofinandole con la sabbia. Il
lavoro manuale aveva sempre avuto il potere di calmarla e affidandosi
a quei movimenti meccanici smise di pensare.
-Non devi essere triste bambina mia,
finito il suo addestramento Kaleb tornarà qui a Nead. Non si
tratta di un addio- disse Deana alla figlia quando si furono
finalmente coricate. Eileen annui meccanicamente, pur sapendo che non
c’era verità in quelle parole.
Quella notte faticò ad
addormentarsi e quando finalmente riuscì a prendere sonno il
suo riposo fu tormentato da ombre e sussurri.
Poco prima dell'alba la rossa rinunciò
definitivamente a quel riposo forzato e scivolò fuori dalle
coperte senza svegliare la madre. Cercando di non fare rumore, si
infilò le braghe di lana sopra una camicia di tela grezza,
recuperò un secchio da sopra uno scaffale e si mise i logori
stivali di pelle ai piedi. Prima di uscire sulla veranda recuperò
il suo mantello da uno dei ganci di ferro battuto inchiodati ai lati
della finestra e vi si avvolse strettamente calando il largo
cappuccio sul viso, poi uscì.
L'aria frizzante del mattino le fece
pizzicare le guance, mentre il cielo cominciava a schiarirsi e gli
alberi della vallata mutavano colore iniziando a striarsi di rosa e
oro. Senza perdere tempo Eileen si immerse fra le case, attraversando
le vie deserte diretta al centro del villaggio. Oltre le tende chiuse
delle abitazioni si cominciavano a sentire i primi movimenti dei
compaesani appena destati. Lo scricchiolio delle assi di legno, il
frusciare dei vestiti o il cozzare della ceramica, segno che di lì
a poco le strade non sarebbero state più vuote. Dunque la
ragazza aumentò il passo e in breve giunse alla sua
destinazione. Facendo attenzione a rimanere all'ombra delle case
prese ad osservare la situazione davanti a lei con un cipiglio
severo. Circondata giardino rigoglioso e protetta da un muro di
pietra che le arriva al petto, si erigeva la dimora del Sorvegliante
Attis. La struttura era la più grande e sfarzosa di tutta Nead
e anche l'unica ad essere costruita interamente in pietra. Mentre le
altre case del villaggio erano per lo più costituite da legno
e paglia, il grande edificio era stato costruito con grandi blocchi
di pietra bianca, sviluppandosi su due piani. Porte e finestre erano
decorati da bassorilievi dai motivi floreali, dai quali, di tanto in
tanto, si vedeva sbucare il volto di una volpe. Il simbolo della
casata del reggente, visibile anche sullo stendardo viola e rosso
affisso sopra la porta principale.
Davanti all'edificio una dozzina di
guardie attendevano in formazione, lo stemma reale ricamato con fili
d’argento e oro spiccava sulle divise color della notte
luccicando ad ogni movimento. I loro corpi erano protetti da una
solida armatura d’acciaio e al fianco ognuno di essi portava
una lunga spada. Poco distante alcuni ragazzi del villaggio
scherzavano tra di loro, o davano un ultimo saluto alle loro
famiglie. Dei trenta giovani che si erano presentati, solo sei
avevano superato le prove che il comandante Jokull aveva preparato
per loro. Con stupore notò che l’unico cadetto che
cercava non era ancora arrivato.
Fu in quel momento, mentre setacciava
ogni angolo della piazza, che si accorse dello strano capannello di
persone rintanate sotto l'ombra della vecchia quercia del villaggio.
Dovevano senza dubbio essere stranieri, a giudicare dai lunghi
mantelli da viaggio che li rivestivano fino all'orlo degli stivali e
dagli strani fagotti allungati che tenevano legati alla schiena. Si
trattava di un fatto insolito. Nessuno passava da quelle parti in
quel periodo, dato che la festa della mietitura era passata da un
pezzo, ed erano troppo numerosi per essere un gruppo di cacciatori.
L'ultima visita che si aspettavano al villaggio prima dell'inverno
era quella dei nomadi. In quel momento l'attenzione di uno dei
forestieri si spostò su di lei, inchiodandola sul posto.
Nonostante il pesante cappuccio che gli copriva il capo, Eileen giurò
di aver visto lo scintillio di due occhi chiarissimi e in qualche
modo familiari.
-Sapevo che saresti venuta- esclamò
improvvisamente una voce alle sue spalle. Per lo spavento Eileen
quasi perse la presa sul manico del secchio. Con un movimento fluido
si volse, trovando il sorriso sornione di Kaleb a pochi pollici dalla
sua faccia.
-Sei in ritardo- sbottò
corrucciata cercando di nascondere il proprio imbarazzo, non era da
lei farsi cogliere alla sprovvista in quel modo e in un attimo si
dimenticò degli occhi scintillanti dello sconosciuto. Il
giovane corrugò la fronte dando un rapido sguardo alle sue
spalle.
-Non credo proprio, stanno ancora
aspettando l’arrivo del comandante Jokull-.
-Spero partiate prima dell’alba,
altrimenti quei poveretti cuoceranno dentro l’armatura- disse
Eileen accennando ai soldati. Il giovane scrollò le spalle.
-Non preoccuparti per loro, procederemo a cavallo, ne hanno portati
addirittura per noi, anche se la maggior parte degli altri ragazzi
non sa cavalcare- rispose mentre il suo sorriso si affievoliva. -Cosa
succede? Non vedi l’ora che io me ne vada?-.
Eileen spostò nervosamente il
peso del corpo da una gamba all’altra. -Certo. Non è
forse ciò che più desideri? È fin da quando hai
imparato a parlare che aspetti questo giorno- sbuffò cercando
di ignorare il grumo di amarezza che le si era incastrato in gola,
doveva essere felice per lui. Aveva lavorato sodo per arrivare a quel
punto. Eppure, non riusciva a scacciare quel maledetto senso di
tristezza che l’accompagnava da giorni.
-Hai ragione, aspetto questo momento da
una vita, ma pensavo fossi venuta a salutarmi- sussurrò con un
filo di voce.
La rossa deglutì a vuoto. -In
realtà mi stavo recando al torrente a prendere dell’acqua,
vedi?- replicò facendo dondolare il secchio che stringeva
nella mano destra. Le tremava la voce, aveva paura di apparire
ridicola.
Gli occhi di Kaleb si velarono di
malinconia. Fece per dirle qualcosa, ma fu interrotto da due braccia
sottili e abbronzate che gli circondarono il busto, iniziando a
spingerlo verso la casa del Sorvegliante.
-Ecco il nostro ultimo candidato!-
trillo una voce argentina che Eileen riconobbe subito. Sigrid, la
figlia di Attis. La giovane aveva in fisico snello e formoso, che
quel giorno era fasciato da un lungo vestito color crema, che metteva
in risalto la sua carnagione ambrata. I lunghi capelli neri erano
trattenuti sulla nuca da un elegante pettine d’avorio lavorato,
in modo che non ricadessero sull’ovale perfetto del suo viso.
Gli occhi azzurro ghiaccio erano circondati da folte ciglia nere,
mentre le labbra piene e rosee erano piegate in un sorriso luminoso,
che rivelava i denti bianchi e regolari.
-Presto, manchi solo tu. Non vorrai far
aspettare il comandante- continuò la giovane sospingendolo
verso gli altri, ignorando la rossa avvolta nel mantello.
Eileen si morse l’interno della
guancia così forte da sentire il sapore dolciastro del sangue.
Sigrid la detestava fin da quando erano bambine, il suo odio senza
fondamento era alimentato dalla madre, che in passato, neanche a
dirlo, aveva avuto un brutto scontro con Deana.
Da giovane, la moglie di Attis si era
follemente innamorata di suo padre, ma non riuscendo a suscitare in
lui alcun tipo di attenzione, aveva cercato di allontanare Deana,
l’ostacolo che, a suo parere, si anteponeva tra loro.
All’inizio si trattava semplicemente di piccoli sgarbi,
scaramucce da poco conto, poi erano iniziate le minacce ed, infine,
aveva cercato di attentare alla sua vita. Sua madre era scampata per
miracolo all’incendio che distrusse la sua vecchia bottega e
sapendo che dietro a tutto c’era la mano di quella viscida
codarda, non aveva esitato a denunciare tutto al Sorvegliante.
Purtroppo, non aveva abbastanza prove per incriminarla e Attis amava
troppo la moglie per prendere dei veri provvedimenti. Così la
faccenda era stata messa da parte, ma da quel momento le due donne
erano diventate nemiche. Nel corso degli anni Nani si era accanita in
tutti i modi nei confronti della loro famiglia, e da quando suo padre
era morto, le cose non avevano fatto altro che peggiorare. Aveva
addirittura trasmesso il proprio odio a Sigrid, che da figlia
esemplare, si era premurata affinché nessuno degli altri
ragazzi del villaggio le si avvicinasse, o tentasse anche solo di
fare amicizia con lei. Nessuno voleva avere contro la famiglia del
Sorvegliante, soprattutto se per coltivare un rapporto con una Strega
e il suo piccolo Mostro. Le sole eccezioni erano Mastro Radt e Kaleb,
ma anche lui ora se ne stava andando. Cosa che rendeva Sigrid
radiosa.
-Aspetta, stavo finendo di salutare-
protestò il ragazzo, ma la giovane non si fermò
continuando a spingerlo verso gli altri compagni in attesa.
-È ora di lasciarsi alle spalle
il passato. Pensa a quanti nuovi posti visiterai e alle centinaia di
persone che incroceranno il tuo cammino. Per certi versi ti invidio,
quanto vorrei avere la possibilità di visitare il resto del
regno- tubò facendo aderire le forme del suo corpo alla
schiena del giovane, impedendogli di girarsi.
-Veramente non si tratterà di
un’allegra scampagnata. Sto andando ad addestrarmi per
diventare un soldato- rispose Kaleb torcendo il collo nel tentativo
di guardarsi alle spalle, ma Sigrid posò una delle morbide
mani sulla sua guancia costringendolo a tenere dritto il capo.
-La fai sembrare più terribile
di quanto sarà- disse prima di iniziare a ridere ad alta voce
attirando l’attenzione. Gli occhi di tutti si puntarono su di
loro, strappando anche quell’ultimo residuo di riservatezza
rimasto. -Prendila come un’avventura. Finalmente potrai farti
dei veri amici, delle persone per bene, che potranno aiutarti
nel momento del bisogno e rallegrare le tue giornate-.
A quel punto Kaleb puntò a terra
i talloni fermando la sua avanzata. Con un sorriso freddo prese
gentilmente Sigrid per i polsi e la scostò da sé.
-Ti ringrazio per l’incoraggiamento
e la premura. Capisco che possa essere un momento che ti riempie di
entusiasmo, ma non ho bisogno di essere accompagnato- le disse prima
di alzare lo sguardo per incontrare gli occhi di Eileen, ma la
ragazza se n’era già andata.
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