Capitolo 13: Your body is a battleground
One for your heart for your head
One for every monster under your bed
Kill the pain
Your body is a battleground
And chemicals are scattered round
Your body is a battleground
But don't think you can do without
Your body is an industry
Your pain nothing but gain to me
Your body is an industry
You can't break free
You can't break free…
(“Your body is a battleground” – Delain)
La mattina era arrivata troppo presto.
Questo pensò Tony Stark, svegliandosi nella sua stanza con Peter
teneramente accoccolato tra le sue braccia e ancora profondamente addormentato.
Accarezzando i capelli del ragazzo, Tony si concesse di rivivere ogni
istante della sera e della notte precedenti, quella magica danza tra le stelle,
la gioia e la spensieratezza negli occhi e nel sorriso di Peter, gli scherzi,
le risate e poi… la dolcezza infinita dell’intimità, quell’abbandono tenerissimo
di Peter in lui.
E quel giorno, con ogni probabilità, sarebbero dovuti andare su Titano.
La sera prima era sembrato tutto facile, tutto roseo: l’entusiasmo di Peter
lo aveva coinvolto e anche lui aveva iniziato a pensare che sarebbe andato
tutto bene, che avrebbero sconfitto Thanos, ma adesso… adesso l’angoscia
tornava a tormentare il cuore di Stark.
Non poteva accettare che succedesse qualcosa a Peter, semplicemente non
poteva.
E no, non sarebbe successo. Sarebbe andato tutto bene. Avrebbero sconfitto
Thanos e poi lui si sarebbe dedicato a rendere felice quel ragazzino che gli
aveva cambiato la vita. Lo avrebbe portato a vedere tutta la maratona
cinematografica di Star Wars al cinema. Se lo sarebbe portato a casa e avrebbe
creato per lui mille novità per la sua tuta… non aveva detto che gli sarebbe
piaciuto volare? Avrebbero trascorso nottate a guardare film dell’orrore
stravaccati sul divano, mangiando pop-corn… e lui si sarebbe divertito a
spaventare Peter per poi stringerlo forte tra le braccia.
Doveva pensare a questo, al loro futuro insieme, altrimenti non ce
l’avrebbe fatta.
Riluttante, si decise a svegliare il ragazzo, chiamandolo gentilmente,
baciandolo sulla fronte e scrollandolo appena.
“Ah… eh? Chi c’è… Oh, buongiorno, signor Stark!” anche al risveglio, Peter
era un dolcissimo raggio di sole.
E lui non avrebbe permesso che quel raggio si spegnesse. Mai e poi mai.
Quando gli Avengers si ritrovarono in sala riunioni, il Dottor Strange
aveva un’espressione cupa in volto e, al solo vederlo, Stark sentì una morsa di
angoscia assalirlo. Era dunque giunto il momento? Quella notte di
spensieratezza e gioia era stata l’ultima oasi di felicità concessa a lui e a
Peter?
“Thanos ha conquistato la Gemma dell’Anima e presto sarà qui. Dobbiamo teletrasportarci su Titano al più presto per mantenere quel
poco vantaggio che abbiamo” esordì lo stregone in tono grave.
“Shuri è stata in gamba, le Gemme sono già pronte, almeno questa è una
buona notizia” disse Steve cercando di risollevare il morale ai compagni,
caduti in un cupo silenzio. “Penso che dovremo prendere le nostre armature e
prepararci per il trasferimento.”
Gli altri Avengers annuirono, ma con ben poca convinzione. Adesso che il
momento era vicino, ognuno di loro rivedeva nella mente le immagini del sogno
indotto da Visione e sentiva venir meno la speranza di una conclusione positiva
della missione. Così gli eroi si diressero verso il laboratorio dove erano
custodite le loro tute e armature, mentre T’Challa e Shuri restavano indietro a
parlare con il Dottor Strange.
“Cosa ne sarà di mia sorella?” domandò T’Challa allo stregone. “Dovrà
venire anche lei su Titano ed esporsi al pericolo? Oppure tornare in Wakanda?
Ma, se torna al nostro Paese, come farò a sapere che anche lei non… non svanirà
come altre persone?”
Il giovane aveva uno sguardo molto cupo e preoccupato e sembrava sentirsi
responsabile per averla in qualche modo coinvolta in quella terribile
battaglia.
“Shuri deve restare sulla Terra, dove sarà al sicuro” rispose Strange. “Thanos
e il suo esercito non attaccheranno il pianeta, poiché le Gemme che desidera
saranno con noi su Titano. Tua sorella potrà tornare in Wakanda, se lo vorrà,
oppure restare qui, nell’Avengers Tower, dove sarà protetta.”
“E chi mi assicura che lei non scomparirà? Ho parlato con Rogers, so come
agirà Thanos e…”
“Shuri non corre alcun pericolo” lo interruppe lo stregone, fissandolo
profondamente negli occhi. “Posso assicurartelo io stesso, perché ho già avuto
visioni del futuro e in nessuna di esse tua sorella sarà colpita da Thanos.”
Non gli disse che, al contrario, aveva visto che lui sarebbe svanito, così come molti degli Avengers, ma T’Challa
dovette leggerlo nel suo sguardo, perché si strinse nelle spalle e poi salutò
Shuri con un lungo abbraccio.
“Allora va bene così” tagliò corto. “Shuri, sei libera di scegliere se
tornare al nostro Paese o rimanere qui fino… al nostro ritorno.”
“Rimarrò qui ad aspettarti” promise la ragazza, ricambiando l’abbraccio del
fratello. Anche lei aveva avuto un brutto presentimento mentre ascoltava le
parole di Strange, ma non disse niente.
Nel frattempo, gli Avengers si erano armati e, poco per volta, stavano
facendo ritorno nella sala riunioni.
Stark e Peter, però, avevano fatto in modo di attardarsi per avere ancora
qualche attimo da soli, prima di partire per quella missione che aveva tutte le
caratteristiche per definirsi suicida. Tony aveva finto di voler spiegare al
ragazzo come funzionava la nuova tuta che aveva messa a punto per lui e Peter
gli aveva retto il gioco.
Era straziante per entrambi trovarsi di nuovo lì, con i dispositivi pronti
all’uso, e ripensare alla sera precedente, quando tuta e armatura erano state
solo un pretesto per un indimenticabile viaggio nel cielo, una danza tra le
stelle piena di gioia e spensieratezza. Adesso, invece, avrebbero dovuto
indossarle per andare a combattere contro Thanos, su un pianeta sconosciuto e
ostile, e non potevano sapere come sarebbe andata a finire…
Tony, in particolare, non si decideva a premere il pulsante del Reattore
Arc che aveva sul petto, quasi illudendosi che, se non avesse fatto niente, il
tempo si sarebbe fermato e Peter non avrebbe dovuto rischiare la vita su
Titano.
“Signor Stark” gli disse il ragazzino, sfoderando tutto il suo ottimismo, “dobbiamo
raggiungere gli altri, ci staranno aspettando. Stia tranquillo, io sono sicuro
che andrà tutto bene. Abbiamo cambiato molte cose e questo avrà per forza delle
conseguenze anche sul futuro. Non ha mai visto quella serie TV sulla macchina
del tempo, Timeless?”
Stark guardò con tristezza il dispositivo che Peter teneva in mano e che
emetteva una pulsante luce blu.
“Avrei dovuto sistemartelo, fartelo portare al polso come fosse un orologio…
non ne ho avuto il tempo” mormorò.
“Lo farà quando torneremo” lo incoraggiò Peter, cercando di esibire un
sorriso sincero. Anche lui era preoccupato, ma voleva convincersi a tutti i
costi che sia lui sia il signor Stark sarebbero tornati sulla Terra sani e
salvi. “E poi, magari, troverà perfino qualche nuovo accorgimento per la mia
tuta… lei ha sempre un sacco di idee!”
“Ho molte cose in mente da fare con te quando torneremo” replicò Tony,
soprappensiero, poi dovette rendersi conto di essersi ancora una volta espresso
molto male e si corresse subito, dandosi mentalmente dell’idiota. Diamine, non
era da lui fare quelle figuracce, cosa gli stava succedendo? “Sì, cioè, volevo
dire che voglio lavorare ancora alla tua tuta e poi avevo pensato che potremmo
fare una maratona di quei film e di quelle serie TV che ti piacciono tanto e
poi…”
Peter scoppiò a ridere, ma divenne rosso fino alla radice dei capelli,
perché anche lui, questa volta, aveva colto l’allusione involontaria di Stark…
“Ma certo, signor Stark, quando avremo sconfitto Thanos potremo fare tutto
quello che ci pare… almeno fino al prossimo nemico!” disse, in tono scherzoso.
“Vorrei che tu potessi restare al sicuro” confessò poi Stark, cingendo la
vita del ragazzo con le braccia e attirandolo a sé.
“Non sarei al sicuro nemmeno sulla Terra, signor Stark, ha sentito cosa ha
detto lo stregone, no? E poi è anche mio dovere dare una mano per
neutralizzarlo: come potrei fare l’amichevole
Spiderman di quartiere se… non ci
fosse più un quartiere?” ribatté Peter, sforzandosi di mantenere un tono
disinvolto.
Tony sapeva che il ragazzo aveva ragione, erano ormai sei anni che sapeva
che non ci sarebbe stata né pace né sicurezza fino a quando Thanos non fosse
stato eliminato. Quel Titano pazzo doveva morire, altrimenti non sarebbe
esistito alcun futuro felice per lui, per Peter e per nessun altro dei suoi
amici. Per un attimo ebbe il fugace ricordo di un altro sogno, un sogno che
aveva fatto molto prima di quello inviatogli da Visione, ancora prima di
incontrare Peter… tutti i suoi amici morti e lui, l’unico sopravvissuto,
completamente solo e consapevole che era stata tutta colpa sua.
No, no, non doveva pensare a quegli incubi. Doveva essere concentrato, come
al solito.
Questa volta avrebbero distrutto Thanos per sempre e poi… e poi lui e Peter
sarebbero stati insieme, avrebbero continuato a lottare fianco a fianco,
godendosi i momenti felici proprio come avevano fatto la notte prima.
Tony si chinò su Peter, lo strinse più forte a sé e lo baciò con un’intensità
disperata, come se volesse fondersi con lui, inebriarsi di lui, conservare
sulle labbra il suo sapore prima di affrontare una battaglia dall’esito incerto.
Sentì la bocca morbida e dolce del ragazzo schiudersi per accogliere quel bacio
sempre più intimo, i loro respiri che si confondevano, i loro corpi che si
aggrappavano l’uno all’altro per non perdersi nell’oscurità della paura.
Poteva essere il loro ultimo bacio per molto, molto tempo…
Ma non era il momento per i pensieri negativi. Stringersi e baciarsi a quel
modo diede forza e speranza a entrambi, ognuno trasse coraggio dal calore e dal
contatto con l’altro e, quando si staccarono, sia Tony sia Peter erano più
sereni, pronti finalmente ad affrontare la loro missione.
Premettero il dispositivo e la tuta di Spiderman e l’armatura di Iron Man
si materializzarono sui loro corpi, lasciando scoperte solo le teste, almeno
per il momento.
“Porca paletta, questa tuta nuova è davvero
una figata…” si lasciò sfuggire Peter, preso da un momentaneo entusiasmo.
Il commento spontaneo e inopportuno del ragazzino fece, suo malgrado,
sorridere anche Tony. Prese sottobraccio Peter e si avviò con lui verso la sala
riunioni dove gli altri Avengers li attendevano.
“Ricordi la regola, vero, ragazzo? Dovrai stare a non più di tre passi da
me” scherzò Stark.
“Mi sembrava fossero cinque!”
“Non provare a contrattare con me, ti avverto…”
“E va bene, tre!” sorrise Peter.
Un avvenire oscuro e ignoto li attendeva, ma ciò che contava, per loro, era
essere insieme. Insieme avrebbero saputo affrontare qualsiasi pericolo e
difficoltà.
Fine capitolo
tredici