Atsushi
liquidò Kenj pregandolo di tornare indietro; gli disse di
restare
insieme a Kyouka, di tranquillizzare quest'ultima in caso avesse
iniziato a preoccuparsi della sua assenza; in realtà
desiderò soltanto poter condurre quella ricerca in
solitaria.
Già
dal principio
sospettò che quella missione era impossibile da portare a
termine, -del
resto quando mai il signor Dazai gli rendeva la vita facile?- ma farsi
vedere dal signor Kunikida come uno su cui non si
poteva contare era fuori discussione.
Il giorno in cui
entrò nell'Agenzia il ragazzo promise a se stesso
che avrebbe lavorato sodo, dando il massimo in ogni situazione; ora non
doveva assolutamente venire meno a quell'impegno solo perché
Dazai gli
rendeva le cose impossibili o faceva di tutto per ostacolare i piani
perfetti e giornalieri di Kunikida.
Rinnovando
questo vigore Atsushi strinse i
pugni a sé: la spiaggia era finalmente tornata calma,
persino di
quell'uomo appartenente alla Mafia si erano perse le tracce,
perciò,
ora che il pericolo era scampato, finalmente era giunto il
momento di recarsi su quei famigerati scogli e guardare se il suo
mentore si trovava lì; e anche se lassù Atsushi
non l'avrebbe trovato, il
ragazzo aveva già pensato a un piano di riserva: sfruttare
l'altezza
per perlustrare il panorama, attivando la super-vista che la sua
Abilità
gli donava.
Annuendo a se stesso
fu pronto a scattare verso gli scogli, ma
il tremendo pianto di qualcuno lo bloccò sul posto: il
giovane
detective si girò giusto in tempo per vedere un uomo sulla
quarantina
chiamare disperatamente qualcuno.
A giudicare
dall'insistenza sembrò
davvero disperato, al punto tale che Atsushi ne provò
immediatamente
compassione, dato che si trovava nella medesima situazione.
Assottigliando
lo sguardo qualcosa gli ricordò di aver già visto
quell'uomo da
qualche parte: forse era per l'aspetto trasandato, il viso dotato di un
leggerro accenno di barba o i
capelli neri leggermente lunghi fino alla base del collo...
sì, decisamente Atsushi, quell'uomo,
lo aveva già incontrato e quando i loro occhi si
incontrarono entrambi
aprirono la bocca per lo stupore di essersi già visti da
qualche parte.
"Shounen!"
"Il dottore di quella
volta!"
Atsushi
lo ricordò bene quell'uomo, vestito da medico del quartiere,
che gli
diede quel prezioso consiglio nella lotta contro Lucy della Guild;
certo, non immaginò che sarebbe arrivato il giorno in cui se
lo sarebbe
trovato di nuovo davanti, e ancora una volta era disperato e con il
moccio al naso per il pianto.
"Non mi dica che ha
perso di nuovo
quella bambina?" Sospirò Atsushi incredulo: possibile che
tutti i
contrattempi del mondo si manifestavano sempre e solo a lui?
Dannato il
signor Dazai! Come minimo si sarebbe fatto offrire la cena, quella
sera.
"La
mia Eliseee! Era dietro di me e mi sono allontanato solo
per prenderle un gelato e poi non c'era più."
Spiegò quell'uomo
tormentato, strofinandosi gli occhi, per poi scoppiare in un pianto
disperato, che il detective dell'Agenzia trovò alquanto
esagerato. In realtà quello avvilito e demoralizzato doveva
essere lui.
Atsushi
pensò a
come evitare questo nuovo problema quando si vide afferrare le mani da
quello strambo uomo, con l'espressione sempre più angosciata.
"Ti
prego, dimmi che l'hai vista!" Lo implorò, stringendogli
forte le mani,
ma così forte che Atsushi fu tentato a lasciar andare la
presa
immediatamente per evitare che gli facesse del male. Quell'uomo
appariva magro, ma di forza ne aveva.
"Ecco, mi dispiace,
io... non ricordo nemmeno che
aspetto aveva quella bambina..." Dichiarò con
onestà.
In verità
sperò
che così facendo l'uomo lo lasciasse perdere e tornasse alla
sua
ricerca da solo, così anche lui sarebbe tornato sulle tracce
del
signor
Dazai, ma capì ben presto che non c'era niente da fare, che
quella non era giornata e che tutto gli sarebbe andato storto.
"Che cosa
farò se le succedesse qualcosa? E se affogasse? Come potrei
giustificarmelo per tutta la vita?"
Un
brivido corse giù per la spina dorsale di Atsushi: il signor
Dazai era
un uomo adulto e vaccinato, consapevole, o forse, delle sue azioni, ma
una bambina? I principi dell'Agenzia ponevano il benessere dei
cittadini al primo posto, se avesse lasciato perdere sarebbe stato
come tradire il credo del luogo dove lavorava; avrebbe prontamente
deluso tutti
coloro che credevano in lui solo per essersi rifiutato di aiutare un
uomo in difficoltà, nella ricerca di una povera e innocente
bambina.
Atsushi
si rassegnò presto all'idea che sarebbe tornato da Kunikida
senza aver
trovato Dazai. Si arrese anche all'idea di subire una ramanzina da suoi
colleghi per essere così inutile
come detective, ma forse avrebbe ricevuto delle lodi per non aver
ignorato la richiesta d'aiuto di un uomo in difficoltà.
"Ok,
allora... che aspetto ha questa bambina?" Domandò Atsushi
gentilmente,
sperando così di quietarlo; forse grazie al tono garbato che
usò, unito al suo sorriso rassicurante, l'uomo
lo lasciò andare, strofinandosi gli occhi e riacquistando un
certo
contegno.
"Si tratta di una
adorabile bambina con lunghi capelli
biondi legati in una coda e grandi occhi azzurri. Ha un costumino rosa
con dei fiocchetti neri, gliel'ho regalato io proprio perché
le avevo
promesso che l'avrei portata in spiaggia oggi."
"Bene, allora
direi che ora non ci rimane che andare in giro a chiedere se qualcuno
l'ha vista..."
Immediatamente Atsushi
si congelò: quella descrizione
non apparteneva forse alla ragazzina che,proprio poco prima, aveva
tirato
un gavettone contro l'uomo della Port Mafia? Quell'uomo stesso non
l'aveva forse chiamata per nome prima di rincorrerla? Più ci
rifletteva più
Atsushi pensò che il nome di quella bambina era proprio
Elise.
"Un momento..."
Deglutì il ragazzo a disagio. "Non sarà che anche
quest'uomo fa parte della Port Mafia? E se mi sta approcciando apposta
per tendermi
una trappola?"
Atsushi
condannò se stesso per aver mandato via Kenji, quando forse
era meglio
restare in coppia proprio per far fronte a una situazione simile. E ora
come si sarebbe tolto da quell'impaccio?
Come avrebbe evitato a
quell'uomo dei sospetti che aveva capito il suo piano? Sempre ammesso
che la sua teoria fosse giusta e non stava travisando tutto come al
solito.
"Tutto bene, shounen?"
Appena si
sentì chiamare Atsushi si ricompose: doveva farsi vedere in
modo naturale, fare finta di niente e ignorare i suoi sospetti; il
piano migliore che la sua testa gli diceva era quello di aiutare l'uomo
a trovare la bambina il prima possibile, per poi liquidarlo
immediatamente.
Quel punto della
spiaggia si stava rivelando affollato
di nemici, e quello doveva essere un giorno di vacanza per i membri
dell'Agenzia!
"Assolutamente
sì! Allora... proviamo come prima cosa a
vedere se..." Atsushi cercò di ricordare la direzione che
aveva preso
Nakahara Chuuya. I suoi occhi eterocromatici incrociarono il bar di uno
stabilimento balneare. "Ecco! Possiamo iniziare da lì a
chiedere, che
ne dice?"
"Ti seguo, ragazzo."
Rispose l'uomo evidentemente
sconsolato.
Sul suo viso Atsushi
ne lesse la totale amarezza, unita
alla sincera preoccupazione e, per quanto ne provò pena,
decise che
restare in guardia era la scelta più saggia da fare, onde
evitare che
la sua
persona venisse danneggiata da una trappola a sorpresa. Troppe volte
l'Agenzia si era ritrovato a soccorrerlo, sebbene ormai la taglia sulla
sua testa era stata ritirata dal capo della Gilda in persona.
Mezz'ora
dopo Atsushi si rese conto che quella bambina doveva essere per l'uomo
una
fonte di preoccupazione tale uguale a come Dazai lo era per lui:
nonostante entrarono in più di un bar nessuno
reclamò la presenza di
una bimba solitaria, senza un adulto accompagnante.
Il giovane
provò pure a rintracciare Chuuya Nakahara tra i turisti e i
bagnanti, ma persino quest'ultimo sembrava dileguatosi nel nulla e
l'uomo pareva sempre più sull'orlo di una crisi di panico
più le ricerche andarono avanti e si rivelarono infruttuose.
La cosa
bella, per Atsushi, fu che per quanto girò alla ricerca di
questa
bambina, sfruttando la cosa come un pretesto per cercare quella
dannata macchina spreca-bende, come lo chiamava Kunikida, nemmeno di
Dazai c'erano tracce da qualche parte.
Alla fine, lui e
l'uomo si
trovarono stremati, a causa del sole e della ricerca, seduti sulle
sedie
di un tavolino, sotto il gazebo di uno stabilimento balneare.
Guardandosi attorno
Atsushi intuì persino di essersi parecchio
allontanato da quello che era il suo obbiettivo iniziale: addio scogli
e addio punto di osservazione.
Fortunatamente l'uomo
lo distolse
da quel pensiero, richiamando la sua attenzione, mentre si asciugava la
fronte dal sudore usando un fazzoletto di stoffa.
"Mi
dispiace di averti trascinato con me, sicuramente avevi altri piani per
oggi pomeriggio..."Si scusò chinando il capo, e
proseguì le sue scuse
elencando quanto quella bambina fosse importante per lui, di come la
sua assenza lo faceva sentire indifeso perché quella bambina
era in
realtà la sua forza.
Atsushi
lo continuò a fissare chiedendosi se il sospetto su di lui
era poi
fondato oppure no; certamente voleva ancora allontanarsi e
abbandonarlo, ma farlo senza un'apparente ragione sarebbe stato
alquanto sospetto e finora quell'uomo non aveva dato segnali
di ostilità verso di lui.
L'unica cosa che aveva
fatto finora era crogiolarsi nella
sua disperazione perché la sua adorata Elise non si trovava
da nessuna
parte.
"Oh, uhm, non
c'è problema, dico davvero. Il fatto è che
anche io sto cercando qualcuno, e ho approfittato della situazione per
cercare di trovarlo, ma..." Lasciò scivolare il mento fino
alla
superficie del tavolino mostrandosi così sconfitto e
scoraggiato. "...penso che tornerò da chi mi ha chiesto di
cercarlo a mani vuote."
Davanti ad Atsushi
quell'uomo giunse le mani sotto al mento e gli sorrise affettuosamente.
"Questa persona che
stai cercando sembra davvero darti tanti grattacapi."
Le spalle di Atsushi
subito si raddrizzarono, lasciando intendere il
dovere di spiegarsi meglio. Certamente il signor Dazai rappresentava
una delle sue primarie fonti di preoccupazioni, eppure per quante volte
gli avrebbero chiesto di cercarlo e farlo tornare in riga a causa della
sua svogliatezza Atsushi non avrebbe mai detto di no.
"La
verità è che io devo molto a quest'uomo! Ma a
volte vorrei che si
comportasse da adulto quale dovrebbe essere, così che io non
debba
sempre preoccuparmi per lui..." Farfugliò imbarazzato
Atsushi, non
capendo nemmeno perché avesse avvertito il bisogno
di dover dare delle
spiegazioni a uno sconosciuto.
L'uomo
inclinò lo sguardo interessato. Sotto effetto di
quegli occhi Atsushi non poté fare a meno di continuare
imbarazzato la sua spiegazione, abbassando lo sguardo per evitare un
contatto diretto.
"Cioè,
quello che voglio dire è che questa persona che sto cercando
è quanto
di peggio possa esistere: è pigro, e non è ligio
al dovere per niente,
se può evitare qualcosa che non gli va a genio lo
farà sicuramente ed è
la mia causa costante di guai! Nonostante ciò... lo ammiro
molto perché
sa sempre qual è la cosa giusta da fare in qualsiasi
momento."
"Capisco. Quindi
è davvero una persona importante."
Atsushi
portò una mano al collo strofinandolo imbarazzato, ridendo
nervosamente. Inconsapevolmente
stava persino dicendo a qualcuno di estraneo, e che poteva benissimo
trattarsi di
un nemico, qualcosa di sconveniente; per fortuna che l'uomo
sembrò
essersi accorto del suo disagio e si era volutamente inserito nel
discorso per lasciarlo cadere esattamente come era nato.
Chissà se lo
aveva fatto, senza volerlo, o aveva intuito che il ragazzo si era messo
con le mani nel sacco da solo? Atsushi preferì non trovare
una
risposta.
Quando poi il
cellulare di quel signore, ancora senza un
nome, squillò la suoneria di un messaggio immediatamente
provò
sollievo: temeva davvero che avrebbe finito col dire qualcosa di troppo.
Dopo aver letto il
messaggio l'uomo saltò in piedi, . balzando di
gioia. Il tutto sotto lo sguardo attonito di Atsushi.
"Hanno trovato la mia
Elise!" Esclamò accarezzando il dispositivo come se fosse il
tesoro più prezioso del mondo.
"Ah, ehm... mi fa
piacere per lei. Non serve che l'accompagni, vero, signor...?"
L'uomo ripose il
cellulare dentro la tasca dei pantaloni prima di rispondergli.
"Rintaro.
Effettivamente quella volta non ho avuto la possibilità di
presentarmi." Piegandosi appena sulle ginocchia Rintaro porse la mano
ad Atsushi, mano che il ragazzo esitò per un secondo o due
prima di
stringere, ma che alla fine accettò.
La stretta di Rintaro
fu
vigorosa e forte, talmente salda che per un attimo ricordò
ad Atsushi
quella di Fukuzawa, forse questa sensazione era dovuto al fatto che i
due uomini sembravano avere all'incirca la stessa età.
"Permetti un
consiglio, giovane?"
"Ehm,
certo!" Rispose Atsushi titubante, per la serietà con cui
l'uomo, finalmente
presentatosi con il suo nome, lo aveva guardato negli occhi e parlato.
"Noi
ci innamoriamo non quando troviamo una persona perfetta, ma quando
arriviamo a considerare perfetta una persona imperfetta."
Le
palpebre di Atsushi sbatterono più di una volta, prima che
il suo
cervello collegò le parole al significato e le guance si
colorarono di
rosa a causa dell'imbarazzo.
"Ma io non ho mai
detto che...!"
Rintaro si
portò le dita alle labbra ghigando leggermente, divertito
dalla situazione.
"Uhuhuh, è
solo un aforisma di chissà quale filosofo. Non darci troppo
peso, shounen,
mi sembrava solo adatto al momento."
Atsushi si strinse
nelle spalle per l'imbarazzo, nel frattempo che Rintaro si allontanava
salutandolo con la mano.
Decisamente
Dazai avrebbe dovuto pagare anche per questo, rimuginò il
giovane
alzandosi dalla sedia e incamminandosi nel verso opposto che aveva
preso Rintaro.
Tanto continuare a
cercare quel pazzo suicida di Dazai era completamente
inutile, visto tutto il tempo che era passato; Atsushi pregò
che
Kunikida non lo sgridasse eccessivamente per la sua incompetenza, o
meglio che si fosse quietato e avesse dimenticato del compito che gli
aveva assegnato.
Alle sue spalle il
sole aveva già iniziato ad assumere i toni rossastri tipici
del tramonto.
(e
nemmeno stavolta Atsushi ha rintracciato il suo obbiettivo)
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