A New Generation (remastered)

di Xandalphon
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Come detto nell'introduzione, ho deciso per una serie di ragioni, di ripubblicare da capo questa storia. Sono diventato grande, ho un lavoro che mi impegna, una vita lontana sempre più dal mondo di anime e manga... Eppure questa storia mi è sempre rimasta nel cuore. Sono incapace di mollarla così, eternamente incompiuta, e, soprattutto, con uno stile così immaturo nei primi capitoli. Da qui il ghiribizzo di riprenderla e modificarla man mano un pochettino e, stavolta, darle una degna conclusione, che le tre briose ragazzine che mi hanno tenuto compagnia immaginando le loro strampalate avventure nei miei anni che furono senz'altro si meritano (oltre che un collegamento decente con tutto il lore che gli ho immaginato intorno).
Spero che qualcuno dei vecchi lettori non si scandalizzi e quelli nuovi non vengano presi da sconforto per la lunghezza. Anche se è una scelta un po' ardita e che magari non sarà apprezzata, o non avrà alcun successo né riscontro, provo ugualmente!
 

1)Prologo

La guerra era finita.

Stavolta Naruto aveva salvato niente meno che l'intero mondo. Ma, si sa, la vita va avanti. Nel giro di quei brevi mesi aveva imparato molto. Era stato messo a confronto con un ragazzo che aveva avuto le sue stesse aspirazioni ed i suoi stessi sogni, prima di perdersi nel labirinto della solitudine e dell'odio. Obito si era sentito mortalmente ferito nell'animo, completamente tradito da coloro che amava. Inevitabile che quelli che stanno al tuo fianco ti deludano e ti tradiscano prima o poi, ma l'importante era andare comunque avanti no?

E cosa dire di Madara? Era veramente solo ambizione di potere la sua? O, pur nella sua distorta visione, l'unica cosa cui anelava era la pace?

Pace. Ecco la parola magica. Cosa significava quel termine? A volte gli pareva di saperlo, anzi, ne era più che convinto. Altre, invece...

Assenza di conflitti? Non era mai stato bravo a fare della filosofia e a giocare con le parole, non era lui quello intelligente della compagnia. Però iniziava a capire che l'assenza di conflitti non era automaticamente in grado di dare gioia e felicità. Anche perché, doveva ammetterlo, di conflitti il mondo ninja viveva!

Chiedere a Sas'ke non serviva mai, in questo senso. Rispondeva con frasi criptiche e sibilline, con un mesto e amaro sorriso... Quella che tirava fuori più spesso era:

'Pace? Essere uniti sotto una stessa bandiera, dobe che non sei altro... E sai qual è l'unica cosa, per dei guerrieri e degli assassini, per poterlo fare? Un nemico comune.'

Naruto non capiva. O, forse, non voleva capire. Quando chiedeva a Kurama il significato di quelle parole, la maledetta volpe non faceva che sghignazzare dicendo: 'Dopo tutti questi anni, gli uomini continuano a sorprendermi... Tienti pronto, ragazzino, i casini per te iniziano ora!'

Se gli fosse capitato un completo voltafaccia da parte delle persone che amava non era sicuro neppure lui di come avrebbe reagito. Già. Se voleva diventare un Hokage, riconosceva di averne di strada da fare. Guardando a Sasuke o a Shika si sentiva pur sempre un moccioso immaturo... Straordinariamente forte, certo, ma immaturo. Ed essere il capo villaggio non era solo una questione di forza, ma anche di saggezza, lungimiranza... E un miliardo di altre cose che non pensava neanche lontanamente di possedere.

Strano a dirsi, ma proprio nel momento in cui tutti lo vedevano come l'inevitabile e designato successore di Tsunade-sama, era lui, Naruto “sennin” per primo a non volerlo essere. Senza contare che, stando alle formalità, era ancora soltanto un genin!(e non aveva nemmeno mai capitanato una squadra sua, figurarsi governare un paese intero!)

Umiltà e pazienza, si era detto. Con calma avrebbe capito. Sarebbe stato saggio al punto giusto da poter essere una guida, un esempio... O, forse, molto più semplicemente, da poter trovare una risposta a quelle domande che la guerra aveva destato e che ora non riuscivano ad assopirsi.

Con queste intenzioni nel cuore, si mise a servizio del villaggio in tutti i modi che poteva, sia per quanto riguarda missioni, sia per dare una mano a ricostruire, Non si tirava mai indietro. L'Hokage ne aveva fatto un ambasciatore di Konoha negli altri villaggi, per le sue indubbie qualità comunicative, unite ad una certa dose di schiettezza ed imprevedibilità. Durante quegli anni fatti di lunghi viaggi ed instancabile attività aveva preso a frequentare sovente la tenuta dei Nara. Era diventato un instancabile compagno di shogi per Shikamaru, anche se, immancabilmente, perdeva sempre. Ma la compagnia del “grande stratega della foglia”, come era ormai soprannominato Shika, gli era divenuta indispensabile. Se voleva imparare ad essere un buon capitano ed una buona guida non c'era persona migliore.

Non che giocare a scacchi fosse la stessa cosa che trattare con le persone, ma amava crogiolarsi nell'illusione che grazie a questo esercizio sarebbe diventato più saggio. Per quanto la sua buona dose di idiozie balorde sembrava non diminuire, a detta di tutti i suoi amici...

Grazie all'aiuto di tutti, in particolare di Sakura (stranamente diventata più tollerante nei suoi confronti: non beccava più di un paio dei suoi proverbiali pugni alla settimana) aveva bruciato le tappe e, in meno di un paio d'anni anni era diventato un Jounin. Nel frattempo, notava con sollievo come Sasuke, smessi i panni del nukenin, fosse, apparentemente, animato dal suo stesso zelo. Nel villaggio non si incontravano spesso, in realtà. Sembrava quasi che il compagno e rivale lo sfuggisse, temesse di parargli... Aveva un certo intuito per quelle cose, ma che risposte avrebbe potuto dare, se non sapeva nemmeno quali erano le domande?

Ogni settimana, al crepuscolo, però, si ritrovavano nella valle dell'epilogo per allenarsi insieme. O meglio, per sfidarsi, in estenuanti incontri che andavano avanti spesso per tutta la notte. Durante questi “incontri” non parlavano molto. D'altronde, che bisogno c'era? Loro due, come aveva spesso sostenuto, si erano sempre capiti molto bene più con i pugni che con le parole. Ed erano gli unici momenti in cui si poteva vedere un sorriso sulla bocca di Sasuke a dire il vero, forse perché l'Uchiha si sentiva libero da tutto solo in quegli istanti di lotta furibonda tra Kurama e Susanoo.

Del resto, era una liberazione anche per lui: niente domande, niente pensieri, solo energia che si sprigionava, come sarebbe dovuto sempre essere.

Quando, ogni venerdì notte, chi soffriva d'insonnia sentiva da Konoha lampi in lontananza, pensava a remoti uragani. Chi li conosceva invece, si lasciava sfuggire un mezzo sorriso. Sakura spesso stava sveglia e, affacciata all'orizzonte con lo sguardo perso, provava ad immaginare quegli scontri, cui non si decideva mai a partecipare, temendo anch'essa qualcosa di inquieto, scuro e melmoso, che dal momento della pace non voleva lasciare nemmeno la sua, di mente.

Alla fine, Sasuke era diventato membro della squadra ANBU, non senza qualche resistenza da parte degli anziani. Magicamente superata all'improvviso era quasi parso a molti, anche se i più attribuivano la ragione del cambio di opinione alle insistenze di Tsunade e Naruto (che in quella circostanza aveva rischiato di farsi bandire per la sua mancanza di tatto nel parlare con il consiglio).

Dopo due anni era giunto però per “la volpe”, un momento molto atteso: i primi allievi.

Sarebbe stato in grado di educare, lui, l'emblema del casinismo, tre giovani reclute a diventare dei buoni ninja? Non ne aveva ancora la più pallida idea, anche se l'idea, a Kurama, pareva maledettamente divertente.





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