Amore e Jazz

di Mari Lace
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Ci sei cascata di nuovo, ti sei fatta convincere a venire all’ennesima festa.

A questo punto dubiti possa essere realmente utile, ma qualcosa dovrai pur fare. Decidi di provare a divertirti, stavolta.

Un’amica ti presenta uno scrittore; riconosci subito il tipo, un egocentrico che se inizia a parlarti di sé non finisce più. Ti affretti a scusarti dicendo che vai a prendere da bere.

Vai davvero, ma non prendi niente.

Take me on…

Senti una voce cantarla, dev’esserci una band più in là. Incuriosita, segui la musica. Potrebbe essere divertente, perché no.

Alzi lo sguardo per vedere chi suona… rimani folgorata.

Lo stronzo del ristorante.

Sono passati tre mesi ma lo ricordi benissimo. Delusa e annoiata dalla solita festa priva di significato, mentre tornavi a casa a piedi hai sentito una melodia provenire da un ristorante. Ti sei affacciata curiosa; c’era un uomo al pianoforte, suonava una musica intrisa di malinconia. Bellissima.

Dopo aver finito, si è alzato per parlare con un altro. Sei entrata nel ristorante e l'hai aspettato, volevi complimentarti.

L'hai visto venire dritto verso di te; «Volevo dirti…» hai cominciato, ma lui non ti ha ascoltata. Ti ha urtata e se n'è andato senza una parola, completando una già pessima serata.

Sconvolta, ora l’osservi suonare la pianola elettrica. Se hai ben inquadrato il tipo, non deve davvero essere contento di trovarsi lì. Sembra un po’ snob.

Take me on finisce, il cantante chiede se ci sono richieste.

Ti riscuoti e alzi la mano.

«I ran», dici. Vedi l’orrore invadere il volto del pianista e sorridi diabolica. Ben ti sta, pensi.

Senti il suo sguardo – inorridito – su di te. Inizi a ballare, in modo volutamente provocante, solo per lui. In questi pochi secondi ti diverti; la vendetta è dolce.

Finisci di ballare, esibisci un sorriso soddisfatto e ti allontani; lui resta lì, costretto a suonare la canzone popolare che tu hai suggerito.

 

Non l’hai riconosciuta subito, ma sentirla dire “I ran”, trasformando quel lavoro di cui purtroppo hai bisogno in un incubo, unito al vederla sorridere come a volerti sfidare – l'intento è quello, non hai dubbi – ti rinfresca la memoria.

Quella sera avevi infranto la scaletta del proprietario, improvvisando; le note ti si erano presentate alla mente in automatico, avevi dovuto suonarle.

Impossibile fare diversamente… ma questo il gestore non l’aveva capito.

Non potevi permetterti di perdere quel lavoro, eppure è successo.

Mentre uscivi dal locale ti sei imbattuto in lei. Ha provato a parlarti, chissà che voleva dirti; non avevi la testa per ascoltarla, comunque.

Puoi ammettere di essere stato un po’ scortese nell’urtarla in quel modo, ma ciò che ha fatto lei è su un altro livello.

Chiedere di suonare “I ran” a un musicista serio come te significa essere infami.

Decidi di andare a cercarla alla prima pausa, non puoi fargliela passare liscia.

Il fatto che sia carina non c’entra niente con la tua decisione, ovviamente.

 

«Va bene, mi ricordo di te…»





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