Ci
sei cascata di nuovo, ti sei fatta convincere a venire
all’ennesima festa.
A
questo punto dubiti possa essere realmente utile, ma qualcosa dovrai
pur fare. Decidi di provare a divertirti, stavolta.
Un’amica
ti presenta uno scrittore; riconosci subito il tipo, un egocentrico che
se inizia a parlarti di sé non finisce più. Ti
affretti a scusarti dicendo che vai a prendere da bere.
Vai
davvero, ma non prendi niente.
Take
me on…
Senti
una voce cantarla, dev’esserci una band più in
là. Incuriosita, segui la musica. Potrebbe essere
divertente, perché no.
Alzi
lo sguardo per vedere chi suona… rimani folgorata.
Lo stronzo del
ristorante.
Sono
passati tre mesi ma lo ricordi benissimo. Delusa e annoiata dalla
solita festa priva di significato, mentre tornavi a casa a piedi hai
sentito una melodia provenire da un ristorante. Ti sei affacciata
curiosa; c’era un uomo al pianoforte, suonava una musica
intrisa di malinconia. Bellissima.
Dopo
aver finito, si è alzato per parlare con un altro. Sei
entrata nel ristorante e l'hai aspettato, volevi complimentarti.
L'hai
visto venire dritto verso di te; «Volevo
dirti…» hai cominciato, ma lui non ti ha
ascoltata. Ti ha urtata e se n'è andato senza una parola,
completando una già pessima serata.
Sconvolta,
ora l’osservi suonare la pianola elettrica. Se hai ben
inquadrato il tipo, non deve davvero essere contento di trovarsi
lì. Sembra un po’ snob.
Take
me on finisce, il cantante
chiede se ci sono richieste.
Ti
riscuoti e alzi la mano.
«I
ran», dici. Vedi l’orrore invadere il volto del
pianista e sorridi diabolica. Ben
ti sta, pensi.
Senti
il suo sguardo – inorridito – su di te. Inizi a
ballare, in modo volutamente provocante, solo per lui. In questi pochi
secondi ti diverti; la vendetta è dolce.
Finisci
di ballare, esibisci un sorriso soddisfatto e ti allontani; lui resta
lì, costretto a suonare la canzone popolare che tu hai
suggerito.
Non l’hai riconosciuta
subito, ma sentirla dire “I ran”, trasformando quel
lavoro di cui purtroppo hai bisogno in un incubo, unito al vederla
sorridere come a volerti sfidare – l'intento è
quello, non hai dubbi – ti rinfresca la memoria.
Quella sera avevi infranto la
scaletta del proprietario, improvvisando; le note ti si erano
presentate alla mente in automatico, avevi
dovuto suonarle.
Impossibile fare
diversamente… ma questo il gestore non l’aveva
capito.
Non potevi permetterti di perdere
quel lavoro, eppure è successo.
Mentre uscivi dal locale ti sei
imbattuto in lei. Ha provato a parlarti, chissà che voleva
dirti; non avevi la testa per ascoltarla, comunque.
Puoi ammettere di essere stato un
po’ scortese nell’urtarla
in quel modo, ma ciò che ha fatto lei è su un
altro livello.
Chiedere di suonare “I
ran” a un musicista serio come te significa essere infami.
Decidi di andare a cercarla alla
prima pausa, non puoi fargliela passare liscia.
Il fatto che sia carina non
c’entra niente con la tua decisione, ovviamente.
«Va bene, mi ricordo di
te…»
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