La madre di Sara

di Hiroshi84
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Sara appoggiò dei fiori sopra una sedia e si sedette sul bordo del letto accanto ad Ada, la madre, accarezzandole la testa. Poi si rivolse a Sergei, l'infermiere ucraino, un uomo gentile, ma riservato.
«A colazione ha mangiato?» gli chiese. 
L'operatore sanitario fece un cenno negativo col capo ed uscì dalla stanza per continuare a svolgere le mansioni.
Sara sospirò, tenendo la mano dell'anziana genitrice, come per paura di perderla anche fisicamente da un momento all'altro. Ada rimase immobile, con un'espressione vitrea che contribuiva a rafforzare quella sorta di baratro invalicabile.
La mattinata passò, l'orario di visita finì, tra silenzi, qualche frase e poche righe scritte su della carta beige da una figlia sopraffatta dal cupo dolore.
«Mammina, tornerò domani» le promise Sara, dandole un bacio sulla fronte. Nel lasciare la camera dimenticò la penna stilografica e il diario aperto sul comodino da RSA dalle quattro ruote piroettanti. 
Ecco cosa scrisse quel giorno, in data 29 settembre 2018: 
«Caro diario, oggi è l'onomastico della mamma, le ho portato un mazzo di girasoli. Li ha sempre adorati, tanto da desiderare di riceverli in regalo ad ogni occasione.
Lei, l'angelo più dolce, è stata rapita da un mostro terribile ed io non riesco a liberarla. E mai ci riuscirò.
Quanto mi manca la sua...»

Le parole si interrompevano bruscamente. Tuttavia alcune macchie circolari, che rappresentavano impronte di lacrime, in un certo senso proseguivano quel fiume in piena di emozioni d'inchiostro. 




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