Permets-tu?

di letsjump
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Erano a Parigi da due mesi ormai. Grantaire e sua madre, dopo essere stati abbandonati dal marito, avevano deciso di trasferirsi nella capitale per cercare fortuna e per continuare gli studi dell'artista. La donna aveva trovato lavoro in una fabbrica tessile. Il ragazzo invece se ne passava le giornate a girovagare per la città con le mani in tasca, e la testa leggera. Quotidianamente passava davanti a Notre Dame, aveva trovato una panchina perfetta per l'angolazione del disegno che stava realizzando. Quel giorno però, la panchina era già occupata. Succedeva spesso in realtà, ma la maggior parte delle volte era occupata da una coppia o qualche anziano che dava da mangiare ai piccioni, e non si era sentito in grado di andare a sedersi vicino a loro, o a chiedergli di spostarsi appena un pochino. Invece quel giorno era occupata da un ragazzo con i capelli rossi e le lentiggini, che se ne stava seduto a scarabocchiare due parole su un quadernino blu, alzando ogni tanto lo sguardo verso la cattedrale. Il nostro artista allora si mosse, e si avvicinò al ragazzo con un lieve sorriso. "Pardon." Il ragazzo rosso quasi sobbalzò. "Per te è un problema se mi siedo lì?" disse, indicando lo spazio libero della panchina. L'altro notò che il ragazzo aveva un forte accento tipico del sud.* "No, figurati." rispose accennando un sorriso. L'altro allora si tolse lo zaino beige, che portava ovunque, dalle spalle e cacciò fuori il suo album da disegno. Dopo qualche minuto di silenzio il rosso parlò. "Anche tu sei un artista?" disse guardando lo schizzo dell'altro ragazzo. "Sì, diciamo di sì. Ogni tanto vendo qualche quadro, e con ciò che ricavo cerco di procurarmi i libri per l'università." "Oh, ho capito." "Immagino che tu invece non voglia farmi leggere ciò che hai scritto." aggiunse dopo un po' Grantaire con un sorriso beffardo, spezzando il silenzio pesante. "Beh, in effetti non... Ma non perché mi sei antipatico, anzi! Solo che..." balbettò arrossendo. "...sono cose personali, certo, ricevuto." disse ridacchiando. "Comunque io sono Grantaire, ma puoi chiamarmi R." aggiunse, porgendogli la mano. "Io sono Jean Prouvaire, ma preferisco Jehan." disse stringendola. "Senti... oh è imbarazzante... io frequento l'università con un paio di amici... anche se l'anno è quasi finito mi farebbe piacere se scegliessi di stare con noi." disse grattandosi la testa. Grantaire abbassò lo sguardo sullo schizzo. "Te l'ho detto, non posso permettermelo..." "Ho un idea per farti racimolare abbastanza soldi." Lo sguardo di R si riaccese. "Un mio amico sta organizzando una... manifestazione, sì, quello, e ha bisogno di dei volantini per pubblicizzare la cosa." "Davvero? Ma è fantastico!" Jehan si sentì contagiato dall'allegria dell'altro e continuò. "Sì sì, ci servono circa cinquecento copie, facciamo le cose in grande." disse sorridendo. "Qual è il tema della manifestazione?" chiese Grantaire entusiasta. "Uhm..." E ora come glielo spiegava? ~~ *Ho sempre avuto questo headcanon dove Grantaire in realtà è originario di una città del sud come Tolosa (che io personalmente adoro). Non so perché in realtà, ma una volta ho visto un video di due uomini francesi che comparavano i vari accenti della Francia, e quello del sud mi è piaciuto troppo e ho dovuto metterlo in questa ff in qualche modo. Il primo vero e proprio capitolo arriverà presto, probabilmente. Commentate, lasciate una stellina che mi fa piacere eee niente, alla prossima. Au revoir, Leo.😊




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