Il canto degli Alim'asi

di Adragast
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Le granate sparate dai mortai volavano alte nel cielo. Per un attimo sembrava che fossero sparite fra le nuvole. Per un attimo. Poi la realtà piombava sui villaggi e sui campi coltivati, in una serie di deflagrazioni che squartava indistintamente carne umana, bestiame, case o terra. Tutto bruciava.
Dall'alto della collina, il capitano Shirrast assisteva impassibile alla devastazione. Non poteva e non voleva fare altrimenti. Le avevano sempre insegnato, fin da bambina, che i Myiora erano dei selvaggi incivilizzabili, completamente estranei a termini come "resa" o "accettare la sconfitta". Tutto quello che stavano subendo se l'erano cercato in decenni di guerra di confine contro il glorioso popolo dei Nesser. 
Un'altra granata si abbatteva, questa volta sul boschetto che circondava il villaggio. Gli alberi che non erano stati sradicati trovavano la morte per mano del fuoco, in una silenziosa ed immobile agonia visibile anche dalla collina. Erano faggi, pini, abeti, betulle... tutti alberi che si trovavano anche nelle terre dei Nesser.    
Shirrast scosse il capo e ricacciò indietro quell'orribile pensiero. I Myiora dovevano bruciare, e così la loro terra e i suoi frutti. 

Il comandante Pylien era talmente anziano che sembrava non reggere al peso degli enormi spallacci, eppure impugnava le redini del suo cavallo con decisione e suonava ripetutamente il corno mentre galoppava in mezzo ai campi. 
Appena gli zoccoli dell'animale calcarono la stradina ghiaiosa che tagliava in due il piccolo villaggio di Dilioth, i paesani si affacciarono perplessi all'uscio delle loro case, trattenendo a stento i bambini entusiasti che volevano correre ad accarezzare il cavallo.
-Prendete con voi solo lo stretto indispensabile e andava verso sud!- gridò Pylien a pieni polmoni -E' un ordine del capotribù Zeris!-
-Come sarebbe a dire?- domandò un uomo, imbracciando il forcone -Perché il capotribù ci ordinerebbe di fare questo?-
-Pochi giorni fa Tarma'hid è caduta in mano ai Nesser...-
-Hanno preso la capitale?-
-Sì. I nostri uomini hanno combattuto al meglio delle loro possibilità. Molti sono morti per far fuggire indenne il capotribù... e per far arrivare il suo messaggio in tempo a tutti i comandanti delle province. Dobbiamo andarcene subito, o sarà la fine per il nostro popolo-
-Ma dove andremo?- domandò una donna, sfiorandosi con una mano il pancione -Prima o poi ci troveranno-
-Andremo a Kedom. Lì saremo al sicuro. Non voglio discussioni. Non voglio domande. Non voglio piagnistei. Chi vuole vivere vada verso sud e mi aspetti alla radura al confine con Kedom. Gli altri rimangano qui ad attendere la loro fine- detto questo il comandante Pylien ritornò in sella, e, con un vigoroso colpo di speroni nel ventre del cavallo, sfrecciò lungo la stradina ghiaiosa verso un altro villaggio da intimorire e salvare.
La situazione era disperata. Non c'era tempo per le buone maniere o le parole falsamente rassicuranti. Non poteva e non voleva fare altrimenti.




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