- Questa storia appartiene alla
serie “Inktober – Persona’s
stories”
- Prompt:
Phantom Thieves
- Personaggi:
Goro Akechi/Phantom Thieves
- Li
distruggerò.
- Goro
era stato spedito alla confraternita.
- Non
ci voleva andare, e l’aveva messo in chiaro, eppure aveva
obbedito
all’ordine del rettore. Non che nutrisse qualche speranza di
fargli
cambiare idea: quando il rettore si metteva in testa qualcosa era
impossibile togliergliela, anche con la migliore della dialettica o
della logica.
- Quella
confraternita stava creando troppi problemi nel campus, cercava di
sovvertire lo status quo generale e non era proficuo per il buon nome
dell’università.
- Il
ragazzo si passò le mani sul viso, pensando a quanti motivi
avrebbe
potuto inventare per evitare quella gogna, ma decise di bussare,
raccogliendo la sua voglia d’approvazione a due mani.
- La
confraternita PT era rintanata in un piccolo edificio, una casetta
sembrava. Aveva poche stanze, pochi iscritti, ma c’era una
mascotte, un gatto nero.
- Che
cosa se ne facevano di una mascotte? Non erano neanche così
ben
voluti al campus, erano famosi perché così
potevano essere evitati
più facilmente.
- Il
portone d’ingresso si aprì, scoprendo una stanza
dai colori caldi
e un ragazzo dai capelli scuri arruffati e occhi tanto profondi da
sembrare neri. «Ciao, chi sei?»
- «Goro
Akechi.» si presentò, porgendo la mano
educatamente.
- «Ren
Amamiya. Vieni dentro, così mi racconti cosa ti porta
qui.» Ren
spalancò bene la porta e si spostò per far
entrare Goro, un sorriso
che gli andava da un orecchio all’altro.
- Goro
sentiva dei brividi corrergli per la schiena. C’era qualcosa
in Ren
che lo metteva profondamente a disagio, ma fece finta di niente. Non
poteva far notare nessun sentimento, o il suo piano – il
piano del
rettore – sarebbe fallito.
- «Perdona
il disastro, qui viviamo un po’ arrabattandoci come meglio
riusciamo.» Ren afferrò un reggiseno nero dal
divano e lo spostò
sull’appendiabiti all’entrata. «Cosa
vorresti sapere?» domandò
con una dolcezza estrema.
- Goro
inclinò la testa, simulando confusione, quando in
realtà reprimeva
l’istinto di tirargli il collo. «Beh ecco, ho
sentito molto
parlare di questa confraternita… e volevo sapere se avreste
accettato nuovi mem- quello cos’è?»
si interruppe, guardando oltre le sue spalle. Sapeva benissimo cosa
fosse, e lo distraeva a tal punto da non riuscire a continuare la sua
farsa. Quella maschera bianca dagli occhi neri sembrava che lo
scrutasse nell’anima, lo faceva sentire peggio che avere a
che fare
con quel ragazzo.
- Ren
si voltò e si batté una mano sulla fronte.
«Oggetti di scena, ogni
tanto ci si traveste… niente di che.» sorrise
candidamente e
nascose la maschera sotto al cuscino del divano.
- Ma
ormai Goro aveva capito. Il rettore aveva puntato il dito contro di
loro per i disordini che causavano ribellandosi alle sue regole, e
non era a conoscenza di quanto in realtà fossero invischiati
in cose
molto più grandi. Quella maschera l’aveva
già vista, era del
leader di un gruppo di attivisti del web per i pari diritti e contro
le ingiustizie.
- Che
fortuna, pensò Goro. Poteva distruggere sia il gruppo di
attivisti
che quella confraternita di rivoluzionari da quattro soldi.
- Ora
sì che era motivato.
- «Oh
beh, anche a me piacciono le maschere. Ultimamente vanno
particolarmente di moda, non trovi?»
- Ren
sorrise. Goro ebbe un formicolio alle mani. Si guardarono cercando di
studiarsi a fondo, osservando ogni dettaglio con occhio critico.
Entrambi sapevano che cosa stava per succedere, era quello sguardo
che non lasciava fraintendimenti.
- Poi,
Ren si rilassò.
- «Permettono
di mostrarsi per quello che si è davvero, proteggendosi allo
stesso
tempo. Servono perché in futuro non servano più,
capisci quello che
intendo?» il ragazzo gli fece l’occhiolino.
«Accettiamo nuovi
membri, assolutamente, ma devi conoscere anche gli altri…
arriveranno tra non molto, sono a lezione.»
- La
tensione si sciolse, Goro si convinse di potersi infiltrare senza
conseguenze.
- Li
avrebbe distrutti.
- E
avrebbe distrutto Ren, in particolare. Quella faccia gentile, quel
modo delicato di parlare, quella cortesia, tutto insieme risultava
irritante.
- Sogghignò.
- Era
pronto ad indossare la sua maschera personale, così avrebbe
fatto
funzionare il piano del rettore. Di
suo padre.
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