Ho già la mia gang

di Sophie_moore
(/viewuser.php?uid=117125)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Questa storia fa parte della serie “Inktober – Persona’s Stories”

Prompt: Biker Gang
Personaggi: Makoto Niijima

Ho già la mia gang.

Doveva sbrigarsi, Ren aveva dato appuntamento al Leblanc per decidere finalmente di inviare la lettera per Okumura, ma era in ritardo.
Aveva schivato Sae all’entrata di casa, salutandola di sfuggita con un leggero bacio sulla guancia, ed era corsa fuori.
Da quando aveva iniziato a fare parte dei Phantom Thieves, i rapporti con sua sorella si erano incrinati oltre ogni misura, pur amandola dal più profondo del suo cuore.
Sospirò e si strofinò le braccia con le mani, rendendosi conto solo allora di essersi dimenticata di prendere la giacca.
Decise di muoversi, allungando il passo per arrivare prima possibile.
Ma dopo pochi minuti, il freddo autunnale le si insinuò nelle ossa, rendendo quasi insopportabile proseguire.
Si infilò allora nel primo negozio che trovò, senza neanche guardare la vetrina. Sarebbe stata poco, lo sapeva, giusto per riacquistare la sua temperatura.
«Ciao, ti serve qualcosa?»
Un giovane uomo le si avvicinò, facendola saltare sul posto.
«Oh cielo…»
L’uomo le sorrise, gentile. «Non volevo spaventarti, tranquilla.»
«Avevo freddo, mi scusi.» si scusò la ragazza, facendo un leggero inchino. E si guardò intorno, quando tornò in posizione eretta.
Non poteva credere del luogo in cui si era andata a rintanare.
Una concessionaria di moto.
Moto.
Ah, l’ironia!
«Ti piacciono le moto?»
Makoto annuì, sorridendo debolmente. Non poteva spiegare che il suo alter ego nel Metaverso era una moto, una moto da corsa, per giunta. E che il suo abbigliamento era completamente diverso da quello di una normalissima liceale.
Ma non poteva dirlo a quell’uomo.
«Diciamo che sono una parte di me.» disse solamente, avvicinandosi ad un modello da strada. Era nero, un cupolino piccolo, lo scheletro nascosto all’interno della scocca imponente, opaco.
Se solo chiudeva gli occhi, vedeva la sua Johanna, argentata e potente.
Chissà se da qualche parte esisteva una moto come lei? O se era una prerogativa esclusiva del Metaverso?
Magari dopo il liceo avrebbe potuto pensare di prendere la patente: quando era in sella a Johanna, sentiva una scarica d’adrenalina, un’energia nuova, una voglia di fare che la spingeva ad attaccare con tutta la forza che aveva in corpo. E Johanna la seguiva, l’aiutava a realizzare i propri desideri.
«Hai mai pensato di guidare?»
Makoto scosse la testa. «Sono ancora minorenne, ma magari un giorno.» sorrise.
«Devi solo fare attenzione. Le gang diventano matte per avere una ragazza come te tra le loro fila.» le disse il giovane uomo, poggiandole la mano sulla spalla con fare paterno.
Makoto non si scostò, rimase immobile con lo sguardo puntato sulla moto, la memoria su suo padre.
E poco dopo, la mente raggiunse i suoi amici. Li vide, uno per uno, in fila.
«Io ho già la mia gang.» mormorò, inspirando profondamente. «E la mia gang mi sta aspettando.» continuò, ricordandosi di essere ancora più in ritardo di quanto fosse quando era uscita.
Salutò e corse fuori. E continuò a correre, lasciando che il freddo la irrigidisse man mano che procedeva.
Per fortuna al LeBlanc avrebbe avuto in regalo una tazza di caffè fumante.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3797612