Una
nuova speranza
Toc
toc.
Il
lieve tocco di nocche sulla porta di legno destò Sasuke dal
sonno disturbato; sussurrò un "avanti" debole,
tossendo un paio di volte.
Itachi
entrò con un vassoio fumante in mano. Accostò
delicatamente la porta, per poi sedersi accanto al fratellino avvolto
da calde coperte; si liberò dell'ingombro, poggiandolo sul
comodino lì accanto, controllando la temperatura della fronte
con le labbra.
-Allora,
come ti senti oggi? Aprì gli occhi, tentando un sorriso
malfermo, decisamente non convincente.
-Cerca
di mangiare qualcosa, così da poterti riprendere in fretta.
Sono già tre giorni che stai poco bene...
Il
piccolo rise, riuscendo a fatica ad alzarsi a sedere.
-Ecco,
brodo caldo.
Osservò
il piatto, contrariato. Annusò con attenzione, e ne prese una
prima cucchiaiata. Arrivato a metà porzione, scostò la
scodella, storcendo il naso.
-Lo
so, ma mi hanno insegnato che è un toccasana in questi casi.
Il
silenzio che seguì divenne spiacevole nel momento in cui
Itachi palesò un certo interesse per una cosa specifica: s'era
detto più volte che avrebbe atteso la completa guarigione del
fratello, ma la curiosità era stata più forte dei buoni
propositi.
-Senti,
quel bambino che stava lì con te, l'altro giorno...
Sasuke
si accese d'improvviso, dimostrando tutta la propria attenzione.
-Ah,
Naruto dici?- Tentò di mantenere la pacatezza, senza riuscirci
poi molto; qualcosa lo aveva entusiasmato, ridandogli un po' di
colore. -L'ho conosciuto in riva al Lago Verde, poco tempo fa. È
una volpe, un poco ottusa ma davvero simpatica. È generosa,
divide la sua merenda con me senza chiedere mai niente in cambio.
Lo
sguardo del maggiore si assottigliò: una volpe, aveva intuito
bene. La questione era decisamente delicata, e trattarla con un
decenne non sarebbe stato facile. Il fatto che Sasuke non fosse stato
estraneo alla faccenda avrebbe reso tutto più difficile; se
solo il piccolo non avesse sentito il discorso del padre, qualche
sera prima: era cominciato tutto da lì.
-Itachi,
posso chiederti una cosa? "Fà che non sia quello..."
-Perché
ci odiano tanto qui?
"Lo
immaginavo."
Il
fratello gli carezzò la testolina, sorridendo sconsolato.
-Non
pensi siano faccende da grandi queste?
-Beh,
io sono abbastanza grande per capire...- esitò, tentando di
essere convincente.
Itachi
sospirò, sapeva che non avrebbe ceduto tanto facilmente:
avrebbe dovuto modulare bene il tono, soppesare le parole, omettere i
particolari. Non rispondere però sarebbe stato scorretto nei
suoi confronti.
-Ne
parleremo quando sarai guarito.
Il
piccolo si rabbuiò, abbassando tristemente le orecchie in
avanti, voltando lo sguardo verso la finestra.
-Ho
sentito papà l'altra sera, mentre parlava con te.
I
dubbi s'erano dissipati: Sasuke aveva origliato una conversazione che
non avrebbe mai dovuto ascoltare. Non avrebbe mai avuto il coraggio
di rivolgersi al genitore; restava solamente il ragazzo, l'unico a
cui chiedere risposte esaustive. Sospirò, riprendendo a
parlare.
-Cosa
hai capito di ciò che hai ascoltato? Il bambino, nuovamente
attivo e concentrato più che mai, scrutava un punto
imprecisato davanti a lui, corrugando la fronte nel tentativo di
ricordare come meglio poteva.
-Che
siamo odiati.
-E
poi?
-Vorrei
capire perché ci siamo solo noi qui.
Domanda
più che pertinente, pensò: esseri abituati a vivere in
comunità di numerosi individui, a darsi man forte e sostenersi
l'un l'altro, s'erano divisi disgregando un clan. Perché? Il
concetto era molto più semplice di quello che si sarebbe
potuto immaginare.
-Appunto
perché il nostro non è più un buon nome, ci
siamo separati dal resto del gruppo.
Il
bambino cercò di comprendere il nesso, ma si stese nuovamente
sul materasso, attirando a sé le coperte. Chiuse gli occhi,
riflettendo su ciò che era stato appena detto: che senso
aveva?
Il
fratello gli carezzò ancora la testolina, rivolgendogli le
ultime parole prima di uscire dalla stanza e lasciarlo così
riposare.
-Stiamo
tentando di levarci di dosso gli strascichi negativi di chi ha agito
nel male prima di noi, così da poter ricominciare a vivere in
armonia con gli altri clan. Ecco perché ce ne siamo andati.
Questo non deve essere cruccio per un bambino come te. Andrà
tutto bene.
Sasuke
udì ogni singola sillaba, scampata via dai suoi pensieri nel
dormiveglia in cui era affondato. La tosse lo scuoteva continuamente,
rendendolo agitato e ancora più stanco. Non sapeva esattamente
quanto tempo fosse passato; la sua mente volò a quella volpe
impicciona e famelica. "Chissà come sta, e se è
venuto a cercarmi ancora..." In qualche modo l'idea di vederlo
correre per il bosco, nel vano tentativo di trovarlo, aveva
risvegliato una certa ilarità: le orecchie ruotate in tutte le
direzioni per captare ogni suono familiare, la coda rossa ciondolante
per il passo svelto, quelle briciole di buon cibo sparse tutto
attorno al suo viso. "Certo che è un poco stupido, ma
almeno non è cattivo." Una gran consapevolezza, per un
esserino convinto di essere detestato dal mondo intero. Lo aveva
sempre saputo, e suo fratello glielo aveva detto più volte:
non doveva origliare le conversazioni, era da maleducati. Aveva
imparato la lezione, e capito perché gli era stato imposto un
veto simile con tanta insistenza: i segreti in casa dovevano essere
protetti da chi non avrebbe potuto comprenderli appieno. Era stato un
errore, certo, ma non avrebbe mai distolto l'attenzione da ciò
che aveva sentito. Voleva capire il perché della loro
solitudine, il trasferimento in quella zona e cosa avrebbe dovuto
aspettarsi dal mondo da quel momento in poi. Una speranza per sé
e per la sua famiglia s'era presentata davanti ai suoi occhi, e
questa speranza s'era presentata con il nome di Naruto; s'era ormai
convinto che la loro amicizia avrebbe portato a qualcosa di speciale,
di importante. Voleva crederci, doveva: non riusciva a capacitarsi
ancora di un destino così negativo creato da altri prima di
lui. Di chi era stata la colpa? Cosa era successo? Perché
proprio il clan Kitsune non poteva soffrire la loro presenza? Lo
aveva sentito dire dal padre; anche loro dunque coinvolti in tutto
questo. Si sarebbe impegnato a guarire presto, così da esporre
i proprio dubbi al nuovo amico e chiedergli se fosse stato a
conoscenza di qualcosa a riguardo. Tentò di ragionare
ancora un poco, ma la stanchezza lo colse riaccompagnandolo nel mondo
dei sogni.
-Lasciateci
andare! Non siamo qui per farvi del male!
-Maledetti,
ce la pagherete! Forti grida scossero la notte intera,
disperdendosi tutt'attorno tra gli alberi e raggiungendo gli angoli
più profondi della foresta.
Decine
i corpi esanimi, sparsi sul terreno.
Lupi.
Umani
brandivano asce e forconi insanguinati, inveendo contro quegli esseri
ormai senza vita.
Sasuke
spalancò gli occhi terrorizzato. Il corpo madido di sudore, i
capelli fradici che gli coprivano in parte la fronte, fino a scendere
malamente sul cuscino.
Le
mani tremavano.
Strinse
i pugni, cercando di respirare profondamente e rallentare il cuore
che gli stava esplodendo in petto.
"Cosa
è stato?!" Confuso e spaesato, tentò di
sollevarsi e poggiare i piedi a terra, cadendo rovinosamente dal
letto.
Itachi
si fiondò in camera, insospettito dal tonfo sordo;
avvicinandosi al fratellino, sentì distintamente il battito
cardiaco accelerato. Gli scostò i capelli dal viso,
prendendolo in braccio ed appoggiandolo sul materasso.
-Ehi,
tutto bene?- Il tono preoccupato non era stato in grado di nascondere
il bisogno di scoprire cosa stava accadendo. -Mi senti? Sasuke
s'era riaddormentato di colpo, non permettendo repliche. Un
incubo ben mirato, strano, chiaro come il sole: Ōkami
sterminati dagli uomini.
Il
sonno pesante s'era impossessato nuovamente di lui, non permettendo
ad Itachi di poter scoprire cosa fosse accaduto davvero.
°
-Mi
raccomando Naruto, stai attento! -Sì, mamma!
"Certo
che in questi giorni è più stressante del solito.
Attento qui, attento lì... Non posso fare niente, uffa!" La
volpe si muoveva con circospezione, attendendo l'occasione giusta per
poter raggiungere il suo posto preferito. Negli ultimi giorni Kushina
s'era dimostrata molto più apprensiva, da quel forte
acquazzone in cui era tornato a casa completamente fradicio; non
s'era ammalato per fortuna, aveva sempre avuto una forte tempra.
"Non uscire più se minaccia pioggia", "torna
presto", "mi raccomando, non allontanarti."
-Sta
esagerando, non è successo proprio nulla di male...
Si
incamminò verso il Midoriiro
no Mizūmi,
come faceva tutti i giorni da quel primo incontro con Sasuke; si
sentiva scoraggiato, vista l'assenza dell'amico nell'ultima
settimana, ma non aveva ancora rinunciato a volerlo rivedere. Che
questa fosse la volta buona? Ci sperava davvero. Raggiunse le sponde
del lago, muovendosi con disattenzione sul terreno ricoperto dalle
foglie umide; il maltempo che s'era rovesciato sulle colline aveva
impregnato la terra, gonfiato i fiumi e raffreddato la tiepida aria
autunnale. Gli alberi si stavano spogliando pian piano di quei
meravigliosi colori caldi. L'oro e l'arancio si erano opacizzati allo
scontro con la pioggia violenta ed il vento, inzuppandosi e cadendo;
il tappeto di foglie non scricchiolava più, ed ogni passo
portava al rischio di mettere un piede in fallo. Vuoto, silenzio.
Neppure quel giorno Sasuke era tornato.
Raggiunse
sconsolato la pietra dove i due solitamente condividevano il tempo
trascorso assieme, asciugandosi gli occhi con la manica.
"Perché
non ci sei...?" Possibile gli provocasse così tanto
dolore l'idea di non poterlo più rivedere? "Dove sei
finito?!" Avrebbe voluto gridarlo al vento, ma chi avrebbe
ascoltato?
Nessuno,
proprio nessuno.
Si
stava convincendo sempre più che non sarebbe ritornato da lui.
Spostandosi all'indietro, nel tentativo di trovare una seduta più
comoda, perse l'equilibrio, scivolando con i piedi sul terreno umido
e malfermo.
Cadde.
Non
se ne accorse nemmeno, fino al momento in cui il corpo non toccò
l'acqua gelida del lago.
Sentì
milioni di aghi perforargli la pelle nello stesso istante.
Aprì
la bocca istintivamente per poter respirare, per urlare tutto il
terrore che lo stava avvolgendo in una morsa sempre più
soffocante. Niente ossigeno, il dolore stava penetrando prepotente
nella sua testa, offuscando la vista e portandolo nell'oblio
dell'orrore della morte.
Per
un attimo gli sembrò di notare una luce, qualcosa di accecante
al di là delle palpebre, prima di perdere i sensi.
-...
ruto... Naruto...! Tossì acqua mista a lacrime, sentendo
delle terribili fitte al petto e alla gola.
-Naruto,
mi senti!?
Una
mano calda lo stava sfiorando sul viso, una voce familiare lo stava
chiamando tremante. Sentiva una strana sensazione di torpore che gli
stava provocando tremiti incontrollati.
-Guardami!
Una
seconda voce, autoritaria, lo stava spronando. Tossì di nuovo,
sputando e raschiando la gola.
-Sasuke,
presto, aiutami!
Socchiuse
gli occhi, notando soltanto il viso dell'amico a pochi centimetri dal
suo. Era lì con
lui, gli stava sorridendo e stringendo la mano con tutta la forza che
aveva.
-Itachi,
ha aperto gli occhi! "È così che ci si sente
quando si muore? Allora è vero che si incontra chi..."
-Tieni,
aiutami a spogliarlo e avvolgilo con questo!
"Morire
è caldo... Morire è avere Sasuke vicino... non è
così brutto come pensavo..."
Il
buio lo avvolse completamente.
Itachi
scansò gli abiti zuppi, avvolgendo il corpo tremante ed
infreddolito con il suo maglione. Fece cenno al fratello, che stava
piangendo spaventato. -Sai dove vive?
Scosse
la testa sconsolato.
-Se
viene qui spesso, casa sua è da queste parti. Andiamo!
Col
fagotto addormentato in braccio, ed il fratellino che gli correva
accanto singhiozzando, il ragazzo prese di gran foga a muoversi nella
boscaglia, nella speranza di potersi affidare al fiuto e seguire la
traccia lasciata dal passaggio del bambino. Riconobbe la scia,
aumentando il passo.
-Corri,
siamo vicini!
-Eccola,
laggiù c'è una casa! Speriamo...!- La voce di Sasuke si
ruppe in gola, per la mancanza di fiato. La milza doleva, le gambe
pure, ma non importava. Urlava aiuto più forte che poteva.
Una
donna dai lunghi capelli rossi e dalle caratteristiche orecchie a
punta color arancio, spalancò la porta di casa, correndo verso
i due lupi sfiancati dalla stanchezza.
-Si...
Signora... Naruto...
Scoppiò
a piangere: il piccolo non era stato in grado di reggere alla paura
di ciò che poteva essere accaduto.
Lo
sguardo che si scambiarono Itachi e Kushina durò meno di un
attimo, nel momento in cui la madre recuperò il figlio ancora
avvolto nella calda lana asciutta.
-Il
mio bambino... Naruto, amore... amore guardami, sono la mamma.
Un
singhiozzo scosse l'involto.
-Mamma!
La
donna lo strinse forte a sé, portandoselo accostato al viso:
sussurrò più e più cose, sottovoce, come una
nenia. Si mosse rapida verso la porta spalancata. I due fratelli
erano fissi immobili, tesi: il minore ancora piangeva, mentre Itachi
stava per indietreggiare, pronto ad andarsene.
A
qualche metro, una voce seria li richiamo.
-Venite.
Silenziosamente
si mossero.
Naruto
giaceva addormentato accanto al fuoco, avvolto in una morbida
coperta. Riposava bene, respirava meglio. Kushina non aveva emesso
una sola parola dal momento in cui i lupi avevano varcato la soglia
di casa. Prese del latte dal bricco accanto al camino, versandone due
dosi abbondanti porgendole ai piccoli. Si sedette sfinita di fronte a
loro.
-Signora... Sasuke
osò prendere la parola, stringendo la tazza in ceramica fino a
sbiancarsi le nocche. Era ancora sconvolto, ma mantenere il silenzio
non era certo la soluzione migliore. Nonostante la giovane età,
era perfettamente in grado di percepire gli stati d'animo negativi.
La donna alzò lo sguardo verso il giovane interlocutore,
decidendo di prendere parola.
-Non
vi conosco, ma so chi siete.
Itachi
deglutì, non osando interromperla.
-Per
questo voglio dirvi grazie per aver riportato a casa Naruto.
Sicuramente ne ha combinata una delle sue.
Il
maggiore spiegò rapidamente cos'era accaduto, ed un comune
sospiro di sollievo si levò nella stanza .
-È
sempre stato uno spericolato, non ha mai dato peso a veti o
restrizioni. Perdonami piccolo,- si rivolse a Sasuke; -potresti
andare a tenergli compagnia? Potrebbe svegliarsi...
"Un
modo come un altro per dire che i bambini non devono ascoltare,
giusto?" Si alzò, dirigendosi verso l'amico che si stava
agitando nel sonno; gli poggiò una mano sulla testa,
carezzando quei capelli biondi e morbidi. La volpe si quietò,
sorridendo nel dormiveglia.
Itachi
prese parola, mantenendo basso il tono di voce.
-Immagino
non voglia coinvolgere mio fratello in questo discorso. Posso capire.
-Itachi,
giusto?- Kushina gli prese la mano tra le sue, stringendola con
forza, accompagnata da un lieve timore. -Non so come ringraziarti: se
non fosse stato per te, per voi...
Le
ultime sillabe tremarono.
-Abbiamo
fatto ciò che avrebbe fatto chiunque.- La fredda
consapevolezza dimostrata da un ragazzo così giovane, spiazzò
la donna. Era giunto il momento di affrontare un argomento pungente e
delicato, ne erano entrambi consapevoli. -Se si sta chiedendo perché
siamo qui, posso rassicurarla: non abbiamo cattive intenzioni, non
vogliamo fare del male a nessuno e ci siamo solo io, mio fratello e i
nostri genitori.
Kushina
non poté fare a meno di notare la stranezza dell'affermazione;
dov'erano dunque le altre famiglie Ōkami?
Avrebbe potuto davvero fidarsi di quel ragazzo? Trasse le proprie
conclusioni dopo una lunga riflessione.
-I
vostri genitori sanno che siete qui?
Il
ragazzo negò con un gesto del capo.
-Se
sapessero che siete qui, come reagirebbero? Itachi rifletté
un attimo, prima di rispondere con cinica sincerità.
-Sicuramente
meglio di una volpe che si ritrova in casa dei lupi, non crede...?
Un
rischio esternare un pensiero simile, ma dopo tutto, questa era la
realtà. L'aveva completamente spiazzata, e ne era consapevole.
Pronto ad andarsene, evitando di portare a galla eventi passati che
avrebbero potuto portare una tensione ancora maggiore, si sollevò
dalla sedia.
-Ehi,
si sta svegliando! Sasuke chiamò sottovoce l'amico,
sussurrando il suo nome e stringendone il viso tra le mani. I due,
alzatisi dalla sedia, raggiunsero i bambini accanto al fuoco.
-Sei...
sei tu...?
Il
lupetto lo strinse forte a sé.
-Certo,
stupido. Chi sennò? -Allora, non sei sparito perché
non mi volevi più...
Naruto
singhiozzò abbracciandolo, senza vergogna riversò
lacrime di terrore, angoscia e
liberazione. Era di nuovo accanto a lui, non lo aveva abbandonato.
Itachi
si girò verso Kushina, notando soltanto in quel momento gli
occhi lucidi di lei, la commozione che ne stava dipingendo il volto
teso e pallido; riprese il discorso da dove s'era interrotto,
sorridendo.
-Io
penso sia molto importante ciò che sta accadendo qui, per noi
dico. I bambini sono davvero capaci di andare al di là di ciò
che gli adulti riconoscono come limiti, razze, diffidenza. Naruto è
speciale, genuino e sincero. Sono convinto che farà grandi
cose.
La
donna cercò le parole per poter rispondere ad un'affermazione
tale: si limitò a poggiare la mano sulla sua spalla,
sorridendo sfinita.
-Hai
ragione, ne sono sicura. Se tutti fossero come lui, il nostro mondo
sarebbe un posto migliore.
Il
ragazzo si avvicinò al fratellino ed alla volpe, assicurandosi
del suo stato di salute. Naruto festoso lo accolse, dedicandogli
grande riconoscenza avviluppandolo in un caldo abbraccio; sussurrò
parole confuse, continuando a singhiozzare, e si riaddormentò
quando i due fratelli salutarono per tornare a casa. Sasuke si
avvicinò a Kushina, ricevendo un buffetto sulla testa.
-Sono
fiera di come ti sei comportato con mio figlio. Tu e Itachi siete
esseri preziosi, non potrò mai sdebitarmi a sufficienza.
Salutarono,
uscendo e dirigendosi verso casa. Durante il cammino, il piccolo
prese coraggio e si rivolse al maggiore con curiosità.
-Non
sono poi così cattivi come pensavo, vero?
Rimase
in silenzio, ponderando attentamente sulla risposta: avrebbe dovuto
dire che avevano a che fare con un eccezione, una minoranza? Che non
tutti erano davvero gentili, e che la maggior parte degli
appartenenti al clan della volpe ancora ricordava quel tragico
incidente? No, non avrebbe potuto.
-No,
loro sono buoni, proprio come me e te. Non c'è nessuna
differenza tra noi, se guadiamo dentro noi stessi. Ricordalo:
appartenenze, sembianze, sono solo parole. Ciò che conta
davvero è ciò che provi, e come lo dimostri.
Arrivati
a casa, coinvolsero nell'avvenimento i genitori decisamente
preoccupati. Fugaku sbuffò sconsolato.
-Dovete
stare sempre attenti a come vi muovete da queste parti.
Sasuke
tentò di prendere parola, intimorito dall'espressione austera
del padre.
-Papà,
è mio amico. Cosa avrei dovuto fare? Non ricevette
risposta; naturalmente era la cosa giusta da fare, certo, ma avrebbe
implicato delle conseguenze serie, se al posto di Kushina ci fosse
stato qualcun altro.
-Siete
stati fortunati che la madre di quella volpe non abbia reagito come
di consueto.
Itachi
soppesò le parole del padre, pronto a rispondere: venne
interrotto prontamente.
La
madre si avvicinò sorridendo ed abbracciandoli.
-L'importante
è che non sia accaduto nulla e che quel piccolino sia sano e
salvo. Vi siete comportati in maniera degna di nota, sono fiera di
voi.
Dopo
cena Sasuke seguì in camera il fratello: sentiva il bisogno di
parlare di ciò che era appena successo, viste le emozioni
forti che si erano risvegliate in lui. Bussò alla porta,
entrando con circospezione.
-Posso? -Certo,
entra pure.
Intimidito
dal pensiero di dover affrontare un argomento "da grandi",
si sedette sul letto, stringendo la coda che si muoveva agitata, nel
tentativo di non dare a vedere il palese nervosismo.
-C'è
qualcosa che non va?
-Ho
avuto paura...
Itachi
si avvicinò al bambino, stringendolo forte a sé.
-Avevo
paura di perderlo, di vederlo morire.
Il
corpicino scosso dai singhiozzi tremava nel caldo abbraccio del
fratello. Non disse nulla, lo lasciò sfogare.
Quasi
addormentato, il visino ancora umido di lacrime, Sasuke percepì
piano le ultime parole di Itachi, prima di sprofondare in un lungo
sonno.
-Volpe
o lupo, non è importante: è vivo, questa è
l'unica cosa che davvero conta.
°
Minato
strinse i pugni digrignando i denti, nell'apprendere il fatto
avvenuto qualche ora prima.
-Caro,
l'importante è che...
-Come
fai a sapere che non sono stati loro? Kushina spalancò gli
occhi impietrita.
-Cosa
stai insinuando?! Che gli abbiano fatto del male? Perché è
uno di noi? Naruto stava dormendo placidamente nel proprio letto,
fortunatamente estraneo a quella conversazione.
-Senti,
sai meglio di me di cosa sono capaci.
Quelle
parole gelide ruppero il muro di squisita pacatezza che la donna era
solita mantenere.
-Sono
corsi fino a qui da chissà dove dopo aver prestato soccorso a
nostro figlio, e se ne sono andati solamente dopo essersi premurati
della sua salute. Naruto era grato, felice di rivederli! Quei lupi
gli hanno salvato la vita, e sei così accecato dal rancore da
non rendertene nemmeno conto...!- Kushina scansò in malo modo
la sedia nell'alzarsi: non avrebbe tollerato una parola in più
su quell'argomento, o altro veleno rovesciato su quei ragazzi. -Da
quando Jiraiya...
-Non
nominarlo. È stata colpa loro, di quei maledetti, se lui e gli
altri sono morti! Non ce la faceva più, ormai il limite era
stato superato.
-Non
sono stati gli unici a perire quel giorno! Gli Ōkami per primi
sono morti per mano degli umani!
L'uomo
si alzò a sua volta, osservando la moglie con sguardo sottile.
Rispose tagliente.
-E
poi si sono vendicati uccidendoli a loro volta. Le volpi erano tra
loro, e non hanno comunque avuto pietà. Li hanno trucidati,
indipendentemente dalla razza!
La
situazione era degenerata. Molti ancora ricordavano quella serie di
eventi guidati dall'odio: gli umani uccisero alcuni membri del clan
dei lupi, sentendosi minacciati dalla loro presenza. Le volpi,
insidiatesi nella società degli uomini, collaboravano con
loro; quando il clan decise di vendicarsi, lo fece colpendo una zona
lavorativa, in cui le stesse Kitsune stanziavano. Fu una strage.
L'epilogo? Le perdite furono pesanti per tutti, e l'odio si schierò
tra loro, rompendo per sempre un delicato equilibrio creatosi con
fatica e duro lavoro.
Questo
accadde due generazioni prima della nascita di Naruto, quando Minato
e Kushina erano piccoli.
-I
tempi cambiano, la vita va avanti comunque. Non coinvolgere dei
bambini, non c'entrano nulla!
L'espressione
della donna cadde nel vuoto.
Il
marito s'incupì, dirigendosi verso la camera e voltando le
spalle alla moglie.
Non
venne proferito altro quella sera, lasciando spazio ad una tensione
viva e pulsante, che non si sarebbe dispersa facilmente. Kushina
raggiunse il figlio, abbracciandolo e baciandogli la fronte nel
sonno. Carezzandogli i biondissimi capelli color dell'oro, gli dedicò
un ultimo pensiero.
-Sii
sempre come sei, perché sarai in grado di cambiare questo
mondo, ricordalo.
È
stato doloroso comporre buona parte di questo capitolo: le tematiche
sono decisamente delicate e moderne. Non è facile accantonare
odio e disperazione, soprattutto dopo delle perdite importanti.
Riuscirà Minato a capire che gli errori del passato non devono
per forza riversarsi sul futuro, rovinando il presente? Naruto
simboleggia la speranza di cambiamento, di unione e comprensione,
appoggiato pienamente dall'affetto di Sasuke, colui che lo
comprenderà al meglio.
Mi
auguro davvero sia stato di vostro gradimento, alla prossima e buon
lavoro a tutti! :D
-Stefy-
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