COMBATTERE
PER CIO’ CHE SI AMA
In quei tempi la Cina era piombata in una grande crisi di potere che
sfociò nella guerra conosciuta con il nome “dei
Tre Regni”. Se nelle città più prospere
la guerra appariva lontana, nei piccoli villaggi rurali si viveva
attendendo che una battaglia inevitabile sconvolgesse la vita
dell’intera popolazione. Senza soldi e senza mezzi gli uomini
si armavano con gli attrezzi agricoli utilizzati tutti i giorni mentre
i pochi facoltosi si premuravano di assoldare dei mercenari che
proteggessero le loro case e niente altro.
In
uno di questi villaggi viveva un uomo di nome Sung Wei. Egli era mal
visto dai suoi concittadini, soprattutto perché alla sua
età non aveva ancora contratto matrimonio e non aveva avuto
nessuna relazione con le donne. In realtà Sung Wei aveva un
grande amore ma irraggiungibile, anche se la ragazza ogni volta che si
incontravano mostrava interesse verso di lui nonostante facesse parte
di una casta importante del paese. Poverissimo, egli era
rimasto orfano all’età di dieci anni e per
sopravvivere aveva dovuto lottare con le sue sole forze. Nessuno gli
riservava un sorriso, nessuno lo incoraggiava, nessuno lo cercava,
anche solo per fare qualche lavoro inutile. I suoi pochi momenti di
gioia coincidevano ai momenti in cui poteva incontrare quella ragazza
così bella e sorridente.
Nel
suo animo era da tempo sfociato un sentimento di odio verso quella
gentaglia che lo giudicava senza conoscerlo e non capendo quale fosse
il suo posto pensò di lasciare quel fienile, che lui
chiamava casa, per scomparire all’interno della foresta prima
che la guerra giungesse nel villaggio. «Tanto,»
pensava, «loro non mi vorrebbero neppure come compagno di
battaglia quindi perché mai dovrei rischiare la mia vita per
le loro case? Anzi, se morissi farei loro pure un favore. Nessuna di
queste persone ha mai mosso un dito per me. Ho imparato a difendermi da
solo dalle bestie feroci utilizzando un bastone. Terrò per
me l’arte della guerra e quando loro non ci saranno
più andrò a maledirli sulle loro tombe.»
Sung
Wei, convintosi di fare la cosa giusta, rubò qualche
frutto, quindi, armato del suo solo bastone ormai quasi rotto, si
diresse nella foresta. Lì scelse l’albero
più alto che ci fosse e vi salì quasi fino alla
cima e con i robusti rami e le larghe foglie decise di costruirsi un
piccolo giaciglio per passare il giorno tranquillo e dormire comodo la
notte. Ogni tanto si fermava durante la lavorazione per sbirciare
l’orizzonte mentre addentava con gusto la frutta portata con
se. In quei momenti di riposo si accorse che i temuti
Turbanti Gialli, lentamente ma inesorabilmente, stavano utilizzando le
strade consuete per il bestiame per raggiungere il suo villaggio natio.
Giunta
quasi la sera, Sung Wei sentì un rumore provenire dai
rami posti più in alto di lui. Spaventato, alzò
lentamente gli occhi cercando di non mostrare nessun tipo di terrore
quando vide una donna. Era bellissima, i suoi lunghi capelli, di color
nero corvino, quasi raggiungevano i piedi di Sung Wei. Gli occhi quasi
spalancati della donna non mostravano paura e neanche sorpresa nel
vedere un uomo appollaiato su dei rami e anche la sua voce non
tremolava mentre diceva: «Ciao, io mi chiamo Liang Ai. Come
mai sei salito su questo albero Sung Wei?»
Wei
si sorprese di nuovo. Come faceva questa donna a sapere il suo
nome? Lui era la prima volta che la vedeva e non immaginava neanche di
trovare una persona sul suo stesso albero. Cercando di non mostrare le
sue svariate emozioni rispose: «Nel villaggio non hanno
bisogno di me così non mi importa cosa succederà.
Mi sono messo al sicuro sull’albero e attenderò
che la battaglia si concluda senza curarmi minimamente di
ciò che accadrà a quelle persone.»
Liang
Ai sorrise. «Bene, questo vuol dire che mi farai
compagnia per tutte le notti che passeranno prima che i guerrieri
decideranno di andarsene. Sai, hai anche scelto bene salendo su questo
albero perché oggi pioverà.» La donna
appoggiò la schiena al tronco del grande albero e disse con
un sorriso: «Anche io sono tanto sola. Ogni notte cammino per
raggiungere il mio uomo ma non riesco mai a trovarlo. E tu? La tua
donna l’hai mandata in città?», e
indicando il villaggio aggiunse, «Oppure l’hai
lasciata in quel brutto posto laggiù.»
Sung
Wei sgranò gli occhi per la confusione che regnava
nella sua testa. Si chiese come mai quella donna lo conoscesse di nome
ma non sapesse altro di lui. Non volendole dare troppe spiegazioni
disse con tono fermo: «Non ho una donna.»
«Ma
desideri ardentemente Zhang Ziyi vero?» rispose
Liang Ai sorridendo.
Ancora
una volta Sung Wei rimase attonito. Come faceva Liang Ai a
sapere del suo grande amore per la principessa? Ormai non poteva
più tacere e chiese: «Perché mi fai
domande quando tu sai tutto di me?»
«Non
è ciò che so io che è
importante. ma ciò che non dici,» rispose Liang Ai
distogliendo lo sguardo dall’uomo per guardare il cielo.
Qualche
istante dopo iniziò a piovere. Le larghe foglie
dell’albero proteggevano entrambi dall’acqua che
scendeva copiosa e dopo qualche minuto di silenzio Sung Wei disse:
«Se sai del mio grande amore sai anche che ho dovuto
scriverle che non posso starle vicino. Le nostre classi sociali sono
così distanti che qualsiasi cosa io faccia per lei e il
nostro amore appena nato mi porterà dritto alle prigioni o
forse ucciso dalle lame dei servitori del padre prima che le possa
toccare una mano. Lei sa che l’amo e che
l’amerò per
l’eternità.»
Liang
Ai fece un grande sorriso dicendo: «E da quando sei
così arrendevole? Hai sofferto tutta la vita ma sei andato
avanti anche con i pochi mezzi a tua disposizione. A volte ti sei
disperato, è vero, ma non hai mai rinunciato a combattere le
battaglie in cui credevi. Dimmi caro amico. Tu davvero cosa cerchi?
Solo una donna? Nel villaggio ce ne sono quante ne vuoi. Eppure non hai
mai scelto.»
Sung
Wei non riusciva a respirare sentendo la donna parlare. Si sentiva
come colpito da una lancia in pieno petto. Fece due grossi respiri
prima di rispondere con tutto l’animo che aveva:
«No, io ho sempre cercato una compagna. Io ho sempre
desiderato ciò che ho trovato solo in lei. Amore per
ciò che sono e non per come mi vorrebbero gli
altri.»
Liang
Ai scese per la prima volta dal suo ramo e si sedette accanto a
Sung Wei. Gli prese le mani e fissandolo negli occhi disse:
«E allora perché sei nascosto qui. Hai forse paura
della battaglia? Hai paura che gli altri ti giudichino inutile?
Ricordati. Tu non combatti le guerre iniziate da altri ma quelle che
hanno valore per te stesso e quelle per difendere ciò che ti
è più caro. Sei in grado di stare nascosto qui
mentre i Turbanti Gialli saccheggeranno la casa di Zhang Ziyi? Quando
lei tornerà e troverà tutto distrutto e il suo
popolo massacrato cosa dirà vedendo che solo tu sei vivo
perché sei fuggito su un albero? Con quali occhi affronterai
il suo sguardo? Con quelli di un insetto impaurito? Oppure tornando lei
troverà una tigre indomita? Di sicuro, quando lei
sarà qui, cercherà un uomo che ha dato fondo a
tutte le sue energie. Sung Wei, se lotterai solo per te stesso perderai
la tua anima, che tu sia vivo o morto, poco cambierà ai suoi
occhi. Ma se il tuo scopo non è la guerra ma difendere
ciò che ti è più caro, scendi da
qui!»
Sung
Wei si sentiva scosso nel profondo dell’anima. Aveva
sempre considerato la sua vita un fallimento e non si accorgeva che
ogni istante passato a guardare la sua amata valeva più di
ogni altra cosa. Liang Ai, finito di parlare, prese da un piccolo
groviglio di foglie una Jian splendente e affilata e, porgendola a Wei,
disse: «Questa non è un arma ma è la
tua anima. Impugna il dragone che vi risiede, doma Yinglong e sii il
suo compagno di guerra e solo così potrai impadronirti del
tuo destino.»
Sung
Wei impugnò la Jian. Nel suo animo sentì il
suono rombante di mille cascate, l’eco di fulmini lontani e
le voci di guerrieri del passato. L’uomo con un balzo scese
dall’albero, alzò lo sguardo verso
l’alto e urlò alla donna: «Amica, grazie
per le tue parole e per il tuo dono. Hai riacceso il mio fuoco. Dimmi,
ci rivedremo ancora dopo questa notte?» Lei rispose mostrando
il suo splendido sorriso: «Se vivrai o morirai non importa.
Quando non piove ci rivedremo.»
Impugnando
la spada, Sung Wei corse velocemente al villaggio dove
già infuriava la battaglia nonostante la pioggia incessante.
Non chiese a nessuno se volessero il suo aiuto ma aiutò
tutti quelli che poteva senza aspettarsi niente in cambio. La sua lama
ruggiva mentre abbatteva gli avversari che incontrava sulla sua strada
e , pur se di poco valore, non dimenticò di proteggere il
suo umile fienile e si commosse vedendo che qualcuno era già
lì. Lo scontro armato si spostò verso la casa
Zhang e Wei, senza chiedere il permesso, si unì ad un gruppo
di villici armati di forcone che già stavano aiutando i
mercenari.
Quasi
un giorno durò la battaglia e i molti caduti
ricoprivano quasi ogni strada del villaggio. I paesani, senza che
nessuno chiedesse loro di farlo, avevano protetto il castello feudale
mettendo in fuga i pochi sopravvissuti dell’esercito nemico e
ora festeggiavano la vittoria. Sung Wei, ricoperto dal sangue degli
avversari sconfitti, tornò alla sua umile dimora, si sedette
su un ceppo per curarsi le ferite subite dal suo corpo e, nonostante la
fatica, sorrideva perché le persone che gli passavano vicino
lo ringraziavano per l’aiuto. Per asciugarsi il sudore della
fronte Wei sollevò il braccio verso il viso e, facendo quel
gesto, guardò verso l’alto scorgendo una
bellissima Luna. All’improvviso vide un bagliore fuoriuscire
dall’astro illuminato e capì che questa luce si
avvicinava a lui. Wei non ne era spaventato, anzi, gli
sembrò che il suo corpo si ristorasse grazie a quel
bagliore. Quando la luce gli fu vicino apparve la donna dai lunghi
capelli neri di color corvino.
«Quindi
tu sei la divinità che soggiorna sulla
Luna?»
«Si
amico mio, perdona se non ti ho detto la
verità presentandomi. Il mio vero nome è Heng
He.»
Sung
Wei, sentendo solo le parole che uscivano dal suo cuore,
iniziò a piangere e disse: «Amica mia, tu mi hai
aiutato a riconoscere il giusto e ora scendono sul mio viso le lacrime
perché non posso ripagarti il mio debito. Non sono in grado
di modificare il tempo per farti raggiungere il tuo amato prima del
previsto così da permetterti di stare con lui più
ore. Mi sento colpevole.»
Lei
gli toccò il viso e rispose: «Tu eri colpevole
solo per avere smarrito la via del guerriero quindi il tuo dovere
è solo perdonare te stesso. Tu non hai debiti con me
perché io ho fatto la mia scelta usando il cuore. Se ti
senti in colpa ti esonero dall’esserlo perché
riacquistando il tuo cuore mi hai ripagata a sufficienza. Vivi Sung Wei
e il giorno che Zhang Ziyi tornerà a casa dimostrale che
l’uomo che ama è pronto a tutto per
averla.»
Sung
Wei si alzò in piedi e fece un inchino a Heng He, poi,
guardandola nuovamente, disse: «Prometto, cara amica, che non
fuggirò ma lotterò con tutta la mia anima per
essere ancora quel guerriero che la mia amata sta ancora aspettando che
ritorni da lei.»
La
divinità sorrise e con un lampo tornò sulla
Luna. Sung Wei si accorse solo allora che l’astro non era
soltanto luminoso ma era anche nella sua pienezza così
capì che quella notte Heng He era tornata tra le braccia del
suo amato Hou Yi.
Quando
Zhang Ziyi fu davanti a Sung Wei sorrise perché
l’uomo che amava era ancora vivo. Sung Wei sorrise
perché la donna che amava era tornata da lui.