Buon
compleanno dobe!
In ritardo di
ben due giorni, ma che vi devo dire xD
Qualche informazione
preliminare: una settimana fa mi sono guardata la trilogia vecchia di
Spiderman
e ho pensato wow, perché la gente
non mi
scrive una storia con Sasuke superhero dove succede x, y e z?
Ho mandato il
messaggio su facebook,
nel mentre che la gente rispondeva mi è venuta la trama e mi
sono detta: okay,
la scrivo io! Ma a quanto pare ho ispirato anche altra gente, quindi
nel caso
dovesse esplodere il sito di fan fiction con Sasuke superhero e x,y e z
sapete
perché hahahaha ho tipo lanciato una challenge lol
Seconda cosa:
dedico la storia ad Ahyrin
che è l’angelo sceso dal cielo
che si sorbisce i miei audio infiniti che iniziano sempre per:
“Ary, Ary, mi è
venuta in mente l’idea per una storia, posso
raccontartela?”
Quindi, dopo
una settimana di audio a ore improbabili e scleri comuni, gliela dedico
con
tutto il mio affetto visto che è praticamente nata dalla
fusione delle nostre
menti.
Sarà una
long, doveva essere una OS ma non sto nemmeno qui a raccontarvi quanto
io sia
prolissa e come tutto il sia degenerato xD Sappiate che è
stata scritta quasi
tutta e a breve la completerò, quindi non ci saranno attese
troppo lunghe <3
Spero
possa piacervi ^^
I'm
not a superhero, it's you.
You've
always been my superhero
I
La prima
pagina del giornale spuntava in maniera quasi impertinente tra le mani
dell’uomo che lo stava leggendo sulla panchina poco distante.
Sasuke,
diciassette anni, vans nere e zaino pendente su una spalla sola, la
guardò come
se fosse la causa di tutti i suoi mali; e non era così
lontano dalla verità.
L’orologio
da polso segnava il ritardo del suo migliore amico in modo puntiglioso.
Più i
minuti passavano, più Sasuke diventava nervoso e gli
sembrava che la prima
pagina del giornale lo indicasse.
Si
stropicciò gli occhi assonnati e lanciò uno
sguardo alla via quando sentì un
girdo chiamarlo per nome. Naruto, il suo migliore amico, gli stava
correndo
incontro con la giacca infilata solo per metà e lo zaino
mezzo aperto.
“Mh,
sei in
ritardo” lo salutò con un mugugno mentre
l’idiota si fermava davanti a lui e si
piegava in avanti a prendere fiato.
“La
sveglia… anf… non è suonata”
spiegò respirando in modo convulso.
Non
commentò, visto che succedeva almeno tre volte alla
settimana e non poteva
biasimarlo: era già un miracolo che suonasse ogni tanto dal
momento che era
tenuta insieme solo dal nastro adesivo.
“Andiamo,
l’autobus è già passato”
disse solo sistemandosi meglio lo zaino su entrambe le
spalle. Fece per incamminarsi, ma notò che Naruto non lo
seguiva.
Era
ancora
fermo in mezzo al marciapiede, con le mani poggiate sulle ginocchia e
lo
sguardo rivolto allo stesso signore con il giornale che prima stava
guardando
Sasuke. Meglio ancora: anche lui aveva notato la prima pagina. Del
resto era
impossibile il contrario, metà facciata era occupata dal
titolo scritto in
lettere cubitali.
MILLE
FALCHI SVENTA FURTO DI GIOIELLI NELLA TREDICESIMA STRADA.
Il volto
di
Naruto era raggiante, un sorriso enorme raggiungeva entrambe le
orecchie e i
suoi occhi azzurri brillavano di ammirazione.
“Oi,
scemo…” lo chiamò Sasuke infastidito.
L’amico
si
riscosse e lo raggiunse, senza però lasciar cadere il
sorriso o l’espressione
emozionata.
“È
proprio
forte, vero?” squillò “Ogni volta che
c’è un problema lui riesce sempre a risolverlo,
è davvero un eroe!”
“Mpf”
concesse diplomatico Sasuke, sperando che bastasse quello a spegnere
Naruto. Ma
ovviamente il suo entusiasmo era inarrestabile, esattamente come la sua
capacità di dire trecento parole al minuto. Dovette
sopportarlo in silenzio come
ogni mattina mentre si sbrodolava in elogi all’eroe
mascherato che da più di un
anno era comparso in città, scatenando il panico tra i
criminali e portando più
tranquillità nei quartieri. Dire che Naruto lo adorava era
un eufemismo, ne era
rimasto ammaliato fin dalla sua prima apparizione e seguiva le sue
gesta come
il fan più sfegatato. Purtroppo Sasuke, in veste di suo
unico e migliore amico,
era costretto ad assistere ai suoi sproloqui e alla sua pazzia.
Anche
quella mattina non fu diversa: percorsero la strada il più
velocemente
possibile, Naruto non smise un secondo di parlare di Mille Falchi,
delle sue
ultime imprese e delle nuove supposizioni circa la sua
identità segreta. Ne
parlò mentre salivano i gradini della scuola, mentre Sasuke
aspettava il
proprio caffè amaro alla macchinetta e perfino quando
appoggiarono i propri
zaini sui banchi.
“Vorrei
tanto assistere a una sua impresa” terminò
così il suo sproloquio “O almeno
conoscerne i dettagli, sapere com’è andata
veramente. I giornali sono sempre
avari di informazioni” fece una faccia indignata.
Sasuke
soffiò sul proprio caffè. “Mah, non
sarà stato niente di che” minimizzò.
La
reazione
di Naruto fu immediata.
“Bastardo!
Non parlarne come se ne sapessi qualcosa, mentre tu dormivi al
calduccio Mille
Falchi vegliava sulla città. Tu non sai proprio
niente”.
Roteò
gli
occhi al cielo e non ribatté, la campanella era suonata e la
professoressa
aveva fatto il suo ingresso nella classe, non era il caso di mettersi a
bisticciare.
Anche se
Sasuke in realtà sapeva perfettamente di cosa stava parlando
e non poteva
essere altrimenti, del resto Mille Falchi era proprio lui.
**
Sasuke
era
il più piccolo di un’importantissima famiglia che
fino a nemmeno una decina di
anni prima aveva praticamente governato sulla città di
Konoha grazie ai loro
capitali. Erano dei mecenati che avevano raccolto attorno a
sé i migliori
scienziati per formare una cooperazione che potesse creare sia avanzati
strumenti elettronici per il miglioramento della vita quotidiana, che
armi
belliche. Soprattutto armi belliche. Del resto
l’Uchiha’s company aveva
collaborato con il governo militare per molti anni.
L’ultimo
dirigente era stato Madara Uchiha che con il suo carisma aveva portato
la
compagnia alla sua massima espansione, ma anche alla sua rovina. La sua
sete di
potere lo aveva portato alla pazzia, al punto da non riuscire
più a distinguere
la dicotomia tra bene e male, tutto era fatto in virtù della
scienza, della
forza e del potere.
Così,
in
segreto dal resto del consiglio amministrativo e aiutato da pochi
fidati
collaboratori, aveva iniziato a fare esperimenti per potenziare le
prestazioni
umane, modificandone perfino il DNA. Come cavie aveva usato i suoi
parenti, ma
dopo aver scoperto che la modificazione del DNA deteriorava le cellule
degli
adulti, si era concentrato solo sui suoi nipoti. Sui bambini.
Sasuke,
insieme a suo fratello Itachi e il cugino più grande Obito,
era tra loro.
Non
aveva
nemmeno sei anni, praticamente tutti i ricordi della sua infanzia erano
legati
ai laboratori, alle punture di anestesia, al dolore dei bisturi,
dottori in
camici bianche e strane macchine collegate al suo cervello. Erano flash
confusi, che faticava a mettere a fuoco con precisione. I momenti
felici si
limitavano all’interno di una stanza bianca, quando era con
dei giocattoli e
libero di creare mondi immaginari sui quali nascondersi; oppure quando
gli
permettevano di stare con suo fratello.
Sasuke
era
quello che tra le tre cavie era riuscito a rispondere meglio alle
sperimentazioni: a quanto sapeva Obito era impazzito nel tentativo di
controllarlo, mentre suo fratello aveva perso la vista e il suo fisico
si era
indebolito sempre di più. Al contrario di Sasuke, che era
riuscito ad acuire
tutti i sensi e ad avere una forza sopra il comune; da quel momento si
concentrarono sempre di più su di lui, finché il
suo DNA non era stato definitivamente
alterato in modo da dare risultati strabilianti: Sasuke poteva
controllare lo
spazio e la materia. Riusciva a prendere il posto degli oggetti o
scambiarsi
con loro e poteva modificare la loro struttura molecolare rendendoli
una massa
informe da usare a proprio piacimento. Gli avevano fatto fare
così tante simulazioni,
così tanti test che ormai sapeva usare quei poteri come se
ci fosse nato. Non
poteva dire lo stesso di Obito, che invece era sempre più
instabile.
Il
disastro
era successo una notte di sei anni prima, quando
un’esplosione aveva distrutto
il laboratorio segreto e ucciso più della metà
degli scienziati presenti.
Sasuke era riuscito a salvarsi solo grazie al proprio potere e nel
farlo aveva
portato con sé Itachi. Lo shock aveva portato il fratello
maggiore in un coma,
ma prima di addormentarsi gli aveva dato un indirizzo seguito da poche
e
affrettate parole:
“Trova
Shisui, fidati di lui. Ti aiuterà, è
l’unico che può farlo”.
Gli
aveva
anche detto di lasciarlo indietro, cosa che non era stato disposto a
fare,
perciò il piccolo Sasuke aveva dovuto trascinarsi il suo
corpo inerte per ore,
teletrasportandosi per brevi distanze fino a raggiungere la periferia
di
Konoha. Era crollato nel giardino di una casa esausto, sporco di
fuliggine e
pieno di ferite, dove aveva creduto di morire.
Ma non
era
morto.
Una
settimana
dopo si era risvegliato nel letto pulito di una camera confortevole,
con una
donna dagli strani capelli rosa che si prendeva cura di lui. Portava un
camice,
questo l’aveva portato a identificarla come uno degli
scienziati dei laboratori
e perciò aveva tentato di attaccarla, nonostante fosse senza
forze. Era quindi
entrato un altro uomo dai capelli scuri e ribelli, alto e con un buon
fisico
che lo aveva bloccato. Sasuke era ancora troppo debole per poter usare
i suoi
poteri perciò era stato facilmente sovrastato. Ma quegli
uomini non erano
nemici, come aveva specificato subito la donna. Si chiamava Sakura,
mentre
l’altro era proprio lo Shisui indicato da Itachi.
Era
stato
difficile fidarsi di loro, era stato in allerta per la maggior parte
del tempo,
pronto a reagire alla minima mossa sospetta. Sembrava sapessero
già chi fossero
lui e Itachi, perché non avevano mai fatto domande e
conoscevano i loro nomi.
Sakura era una dottoressa di una task
force speciale che teneva sotto d’occhio i progetti
di Madara; lei, Shisui
e un altro collega avevano cercato un modo per fermarlo, ma nel
frattempo era
successo l’incidente. Itachi sapeva della loro esistenza e
dei loro piani, per
questo gli aveva detto di cercarli. Loro potevano davvero aiutarli.
Infatti
un
mese dopo Shisui era tornato con alcuni documenti di
identità e altre
scartoffie che autorizzavano lui e Sakura come tutori dei due bambini
Uchiha.
Naturalmente erano falsi, ma non era questo l’importante.
Avevano aspettato che
le acque si calmassero e l’incidente
dell’Uchiha’s company venisse
“dimenticato”, Madara era morto e quindi con lui
anche quei folli progetti. Ora
l’azienda si occupava di produrre frullatori.
Quando
la
situazione si era presentata sicura, Sakura e Shisui avevano tentato di
reinserire Sasuke nella loro società, mandandolo in primo
luogo alla scuola
pubblica.
Per lui
era
stato strano ambientarsi in un ambiente così diverso da
quello in cui era
cresciuto, dove tutti venivano da una famiglia che li amava, dove erano
persone
normali senza poteri, che non si accorgevano del minimo cambio di
temperatura e
non venivano infastiditi dai più piccolo rumori. Il primo
anno per Sasuke era
stato un inferno, ma alla fine grazie all’aiuto di Sakura e
Shisui aveva
imparato ad ambientarsi. Il suo motto di vita era diventato: mantieni un profilo basso, non farti notare.
Anche se
aveva preso il cognome di Shisui e nessuno al mondo sapeva della sua
esistenza,
era ancora terrorizzato che l’Uchiha’s Company
venisse a catturarlo di nuovo.
Sapeva che Madara era morto in quell’incidente, ma questo non
gli toglieva
l’ansia o il panico che provava quando la gente lo fissava.
Mantieni un
profilo basso.
Era
intelligente, poteva ambire a voti eccellenti ma non lo faceva,
perché temeva
potesse catturare l’attenzione su di sé. Quando
era entrato al liceo aveva
fatto in modo di sparire nella fiumana di studenti, di non stringere
amicizia
con nessuno e di non farsi assolutamente notare. Aveva funzionato,
però Sasuke
aveva inevitabilmente notato lui.
Naruto
Uzumaki, un suo coetaneo dallo sguardo impertinente e capelli
biondissimi,
imbranato come pochi e con una spiccata capacità di mettersi
nei guai da essere
ammirevole. Era uno sfigato, veniva costantemente tormentato dai bulli
per la
sua imbranataggine e per il suo aspetto un po’ cicciotto; in
più reagiva sempre
e se vedeva che qualcuno subiva un’ingiustizia si gettava in
mezzo, cercava
sempre di difendere gli altri ma nonostante questo non aveva amici.
Nessuno
osava avvicinarsi per paura di finire nel mirino dei bulli. Eppure non
smetteva
mai di sorridere, di provare e nemmeno abbassava la testa, piuttosto
rispondeva
sempre per le rime.
Sasuke
all’inizio lo reputava uno stupido, un’idiota dal
quale stare il più lontano
possibile. Ma lo ammirava, perché nonostante tutto non aveva
mai paura di
esporsi ed era coraggioso, tutte doti che a Sasuke mancavano.
Un
giorno,
alla fine delle lezioni, lo aveva trovato chiuso nel bagno
completamente sporco
di acqua di scarico e con il viso tumefatto. Aveva tentato di difendere
un
altro ragazzo dai bulli dell’ultimo anno e quelli avevano
gettato il proprio
scherno su di lui; l’altro ragazzo aveva tagliato la corda
lasciandolo ad
affrontarli da solo.
In un
primo
momento aveva deciso di fare come al solito, lavarsi le mani e
andarsene senza
degnarlo di un’altra occhiata. Ma poi aveva visto il suo
astuccio per terra,
con una spilla di Spiderman mezza rotta e le matite spezzate a
metà. Lo aveva
preso da terra e glielo aveva dato senza guardarlo in faccia.
“Dovresti
lasciar perdere, non ha senso impicciarsi” gli aveva detto
monocorde.
E Naruto
lo
aveva guardato con quegli occhi azzurri che lo avevano sempre fregato.
“Ma
se non
lo faccio io non lo fa nessun altro e non è
giusto”.
Aveva
pensato che fosse un idiota, ma quell’idiota era diventato da
quel momento il
suo migliore amico. Ormai avevano quasi finito il liceo, a inizio
estate si
sarebbero diplomati, e da allora erano diventati inseparabili. Naruto
continuava a mettersi nei guai per il suo senso di giustizia esagerato,
Sasuke
a volte cercava di dissuaderlo, ma era troppo cocciuto. I bulli si
erano fatti
ancora più agguerriti da quando si era sparsa la voce della
sua omosessualità.
Naruto era gay, non se ne era mai vergognato e non aveva fatto
granché per
nasconderlo, anche se quello gli portava continue prese in giro e
battutine
fastidiose. Però continuava a rispondere a tono e a
difendere le matricole;
anzi la sua correttezza era cresciuta al punto che ogni volta che
vedeva una
persona in difficoltà correva per aiutarla, anche se con la
sua imbranataggine faceva
più danni che altro.
Litigavano
spesso per questa faccenda, perché Sasuke continuava restare
fedele al suo
motto e odiava quando l’amico si metteva così
tanto in mostra con le sue
idiozie. Invece Naruto dal canto suo rimproverava sempre Sasuke di
essere un
codardo che abbassava la testa.
“Se
abbiamo
la possibilità di fare qualcosa, di aiutare qualcuno,
dobbiamo sfruttarla”.
Quelle
maledette parole si erano conficcate nella sua testa come un tarlo
fastidioso
che non voleva assolutamente sapere di abbandonarlo. Non capiva il
perché,
forse l’esasperazione e il bisogno di dimostrare che non era
un codardo, ma
quei discorsi avevano fatto nascere l’eroe Mille Falchi.
Naruto
era
una persona normale, piuttosto goffa, ma nonostante questo cercava
sempre di aiutare
gli altri anche a costo di mettersi nei guai a sua volta; Sasuke invece
aveva i
superpoteri, da piccolo il corredo genetico gli era stato modificato
perché potesse
diventare un’arma bellica, aveva il
potere di fare qualcosa di concreto e giusto, ma non lo sfruttava.
Così,
da un
anno a quella parte, si era creata quella ridicola situazione e ora
Sasuke
aveva un’identità segreta, un costume attillato e
di notte dava la caccia ai
criminali per assicurarli alla giustizia. La sua comparsa aveva destato
la
meraviglia di Konoha, ora tutti volevano sapere chi fosse
l’eroe mascherato al
quale ormai era stato affibbiato il nome di Mille Falchi. Naruto ne era
rimasto
stregato come tutti gli altri e da un lato Sasuke non sapeva come
prendere quel
fatto. La sua ammirazione lo imbarazzava, ma allo stesso tempo era
confuso e
geloso, perché solo con un costume e il viso coperto
riusciva a risvegliare
quella reazione nell’amico. Aveva pensato di dirgli la
verità, ma quello
significava rivelargli anche chi fosse in realtà, renderlo
partecipe della sua
schifosa infanzia, spiegargli come avesse ricevuto i suoi poteri e
tutto il
resto. Non voleva, voleva solo che Naruto continuasse a crederlo il suo
migliore amico, il ragazzino schivo e un po’ codardo che si
era trasferito a
Konoha con gli zii. Ma un ragazzino normale.
Mille
Falchi era un segreto che non avrebbe mai rivelato, insieme alla
confessione di
essere in realtà innamorato di Naruto.
**
“Vengo
a
fare i compiti da te?”
Sasuke
guardò distrattamente Naruto mentre prendeva le proprie cose
dall’armadietto.
In quello dell’amico era stato disegnato un fallo con la
vernice spray, ma non
ne sembrava preoccupato.
Annuì.
“E
dopo andiamo insieme a karate” propose.
Avevano
iniziato quella disciplina insieme, Sasuke la praticava
perché gli era utile
per scaricare le energie e anche mantenere in autocontrollo i suoi
poteri.
Naruto lo aveva semplicemente seguito per poter stare insieme anche
dopo la
scuola. Nessuno dei due era iscritto a qualche club, Naruto ci aveva
provato ma
il comportamento dei compagni lo aveva sempre spinto ad abbandonarli.
Camminarono
spensierati verso la casa chiacchierando, il sole primaverile era
abbastanza
caldo da permettergli di tenere le giacche aperte. Sasuke
guardò di soppiatto
le clavicole abbronzate dall’amico che sbucavano dal colletto
slabbrato della
maglia e deglutì. Crescendo e grazie agli allenamenti aveva
perso la maggior
parte del grasso in eccesso e il suo fisico si era fatto più
asciutto, ma a Sasuke
piaceva anche quando aveva un po’ di pancetta. Aveva capito
di esserne
innamorato lentamente, come quando si scivola piano nel sonno: da
sveglia la
mente si fa sempre più fiacca e assonnata, finché
non si spegne del tutto. Allo
stesso modo si era affezionato a lui pian piano, legandosi sempre di
più,
finché non si era trovato innamorato senza nemmeno
accorgersene. Naruto era
gay, quindi in un primo momento aveva pensato di dichiararsi, magari
poteva far
evolvere la loro amicizia, ma… Naruto appunto la considerava
solo come
un’amicizia. Lo testimoniava come ricalcasse così
spesso il fatto che fosse il
suo migliore amico, il suo più grande amico, di come
fosse felice
di essere suo amico, che era un amico importante,
che per il suo amico
ci sarebbe sempre stato, amico, amico, amico…
Solo amico.
Chiaro e
cristallino, così aveva lasciato perdere. Già
avere la sua amicizia era una
bella cosa, anche se a volte gli sarebbe piaciuto essere guardato con
la stessa
ammirazione con cui guardava Mille Falchi.
Quando
entrarono a casa trovarono Sakura in cucina a bere un tè di
fronte al
telegiornale.
“Bentornato”
lo salutò con un sorriso, che allargò nel notare
che era accompagnato “Ciao
Naruto, ti fermi qui?”
Annuì.
“Buon pomeriggio, signorina Sakura”, poi la sua
attenzione venne catturata
dalla televisione, dove un reporter riferiva dell’ultima
missione di Mille
Falchi. Sasuke si chiese se quello non fosse un complotto alle sue
spalle.
“È
davvero
fantastico, ha affrontato sei criminali tutto solo”
trillò deliziato prendendo
posto sul tavolo della cucina.
Sakura
fece
un sorriso a labbra strette. “Lo è
davvero” assicurò e nel dirlo lanciò
un’occhiata attenta a Sasuke, dal quale il ragazzo distolse
lo sguardo.
Sia
Sakura
che Shisui conoscevano la verità, anche se nel primo periodo
aveva provato a
tenerlo nascosto. Ma entrambi erano molto intelligenti e sapevano dei
poteri di
Sasuke, non avevano impiegato molto tempo a fare due più due
e a capire perché
il ragazzo sembrasse sempre così stanco di mattina e da dove
venissero certi
lividi. Apprezzava che non avessero tentato di dissuaderlo, anzi lo
aiutavano
silenziosamente e ogni volta che tornava a casa con una brutta ferita
c’era
sempre Sakura pronta a rimetterlo in sesto o a fargli un
caffè. Sasuke a volte
pensava di non meritare né lei né Shisui, avevano
preso in casa propria due
ragazzini senza famiglia e con il DNA modificati, eppure si erano
sempre
comportati come se fossero davvero i loro zii. Non li avrebbe mai
ringraziati
abbastanza per tutto quello che avevano fatto per lui, ma soprattutto
per
Itachi.
Naruto
fece
un sospiro da principessa innamorata. “Mi piacerebbe
così tanto incontrarlo,
vorrei dirgli di persona quanto lo trovo fantastico”.
“Oh,
sono
certa che prima o poi se ne presenterà
l’occasione” gli assicurò Sakura
lanciando una chiara occhiata a Sasuke. La donna sapeva anche della sua
cotta
per l’amico e gli dava sempre il tormento per quello, secondo
lei doveva
aprirsi e rivelare la verità a Naruto.
Come no.
Prese il
telecomando dal tavolo e spense la televisione stizzito, Naruto fece un
verso
di disappunto.
“Dobbiamo
fare i compiti, scemo” lo riprese.
“Sasuke!”
lo richiamò Sakura contrariata, poi aggiunse:
“C’è Shisui a casa, dovresti
andare a salutarlo. È da lui”.
Annuì
prima
di fare le scale verso il piano superiore. Non aveva idea di che lavoro
facesse
Shisui, ma spesso lo teneva lontano da casa molti giorni e quindi non
sempre
poteva vederlo. Parcheggiò Naruto in camera propria e poi
continuò per il
corridoio verso la stanza dove riposava suo fratello.
In tutti
quegli anni non si era mai svegliato.
“È
permesso?” domandò prima di spingere la porta.
Sembrava
una stanza di ospedale, molto spoglia e con un grande letto dove
dormiva
Itachi, aveva dei tubicini su per il naso e infilati nel braccio, un
monitor al
lato del letto segnava le sue funzioni vitali. Non aveva idea di come
avessero
potuto procurarsi qualcosa del genere.
Shisui
era
sulla poltrona e sorrise non appena lo vide.
“Ehi,
campione!” gli fece segno di avvicinarsi e subito dopo Sasuke
si trovò
costretto in uno dei suoi soliti abbraccia spaccaossa. Shisui aveva
qualche
anno in più di Sakura, ma restava comunque abbastanza
giovane e aveva un’indole
giocherellona in grado di mettere chiunque a proprio agio.
“Ho
sentito
della tua ultima impresa” gli disse facendolo imbarazzare.
Perché tutti
volevano sempre parlare di Mille Falchi?
“Uhm,
sì.
Niente di che” bofonchiò
“C’è Naruto in casa” aggiunse.
Shisui
annuì, poi gli passò una mano sul viso e lo
guardò attento. “Hai le occhiaie
Sasuke, almeno riesci a dormire?”
“Sì,
sì”
gli garantì, anche se era esausto. Fare il supereroe, lo
studente liceale e il
brav’amico occupava molto tempo che spesso doveva prendere
dal sonno.
Shisui
non
sembrava convinto dalla sua risposta, anzi il suo sguardo si era fatto
strano e
sembrava pronto a iniziare un Discorso – uno di quelli con la
D maiuscola –,
perciò deviò l’argomento su Itachi.
“Come
sta?”
Shisui
si
adombrò. “Come al solito” ammise
“Non è migliorato, ma non è nemmeno
peggiorato”.
Sasuke
guardò indecifrabile il volto pallido del fratello. Ogni
volta che lo vedeva su
quel letto si sentiva il cuore comprimere e si chiedeva come sarebbero
andate
le cose se fosse riuscito a evitare tutto quello, se solo fosse stato
più
veloce con il teletrasporto.
Sentì
la
mano di Shisui spettinargli i capelli.
“Mi
raccomando, Sasuke, non cacciarti troppo nei guai. Quello che stai
cercando di
fare è fantastico, ma… non farti male, per
favore”.
Non gli
rispose, non era mai stato troppo bravo con le parole, quindi lo
salutò con un
mormorio e tornò in camera sua. Naruto si era disteso sul
letto e stava
leggendo un fumetto della Marvel.
“Ti
prego,
basta supereroi” sospirò.
“Scusami,
ma sono troppo forti” gli fece la linguaccia.
Sasuke
si
mise alla scrivania. “Dovremmo fare i compiti”.
Sbuffò.
“Che noia, non ho voglia” fece una pausa
“Secondo te Mille Falchi va a scuola?
Quanti anni avrà? Secondo me è un universitario
ed è bravissimo”.
Tirò
fuori
il libro dei compiti per nascondere dietro di esso il sorriso lusingato.
“Smettila
di dire idiozie e vieni qui”.
Finalmente
lo ascoltò e si sedette sulla sedia accanto.
“Perché
odi
così tanto Mille Falchi?” si lagnò.
“Non
è che
lo odio” lo corresse piccato “Sei tu che parli solo
di lui, è noioso”.
“Non
è
noioso” si indignò “È un
eroe, ci protegge! Solo perché tu non fai mai niente
per aiutare gli altri non significa che non ci siano persone
così ammirevoli”.
Stupido, stupido
Naruto, lo
insultò.
Gli
puntò
contro il righello. “Hai intenzione di fare i compiti o di
parlare di un
ridicolo tizio in calzamaglia? No, perché nel caso puoi
tornartene a casa e ci
vediamo a karate”.
“Tzé,
come
vuoi tu” lo accontentò con una smorfia
“Ma giusto per dire, quella ridicola
tuta in calzamaglia gli fa un culo pazzesco”.
Arrossì
fin
sopra l’attaccatura dei capelli. “E che ne sai tu
del suo culo?”
“Dalle
riprese e dalle foto” spiegò tranquillamente, lo
sguardo sognante “Dio, ogni
volta vorrei strizzare quel culetto d’oro”.
Sasuke
era
certo che fosse umanamente impossibile sentirsi più in
imbarazzo di lui in quel
momento. Voleva sprofondare sotto terra o essere colpito da un fulmine,
qualsiasi
cosa pur di non sentire i commenti così schietti di Naruto
sul proprio sedere,
senza contare che ormai l’idea delle mani
dell’amico strette sul suo didietro
lo stava facendo eccitare.
“Ti
prego,
non mi interessa” lo supplicò spiaccicandosi una
mano sulla faccia “Sta’
zitto”.
Fortunatamente
lo ascoltò e Mille Falchi non fu più tirato in
mezzo.
**
Con l’avvicinarsi
della fine dell’anno si
avvicinavano anche i test finali. Sasuke era troppo stanco e impegnato
con la
sua doppia identità per poter studiare e spesso si
addormentava anche in
classe. Naruto era convinto che avesse la febbre, mentre Sakura e
Shisui si
erano fatti nei suoi confronti più apprensivi. Una volta
avevano tentato di
impedirgli di uscire, ma con il suo potere era stato fin troppo facile
scappare
alla loro supervisione. Avevano litigato, ma non gli importava.
Nonostante la
contorta gelosia e l’imbarazzo, lo sguardo ammirato di Naruto
davanti a una
nuova impresa di Mille Falchi era diventato ormai una droga per lui.
Una di
quelle sere si fermarono a mangiarsi un panino, Sasuke era
particolarmente
stanco, ma sorrideva tranquillo mentre l’amico ripeteva
entusiasta come avesse
steso il suo avversario nella lezione appena trascorsa. Quel giorno non
aveva
ancora nominato Mille Falchi, c’era una tiepida aria
piacevole, il giorno dopo avevano
scuola e il tipo degli hot dog gli aveva fatto uno sconto. Era una
serata
perfetta e tranquilla da passare con il suo migliore amico, nulla al
mondo
gliela avrebbe rovinata.
Un’esplosione
ferì le loro orecchie e un improvviso scoppio di calore gli
investì la faccia.
“AIUTO!
IL
PALAZZO VA A FUOCO!”
L’edificio
che faceva angolo con la strada su cui si trovavano era avvolto dalle
fiamme,
le finestre erano esplose e una folla di curiosi si era già
avvicinata, mentre
dalla porta gli abitanti degli appartamenti cercavano velocemente di
scappare
gridando aiuto.
“Qualcuno
chiami i pompieri!”
Naruto e
Sasuke si avvicinarono, quest’ultimo particolarmente nervoso.
Aveva la tuta
dentro la borsa da palestra, era una calzamaglia fatta in un tessuto
speciale
aderente che si piegava facilmente, perciò poteva portarla
sempre ovunque per
le evenienze. Ma vicino a lui c’era Naruto, sicuramente
avrebbe notato la sua
scomparsa e non era poi così stupido da non capire che Mille
Falchi fosse
proprio lui se fosse comparso all’improvviso. Non poteva
intervenire, dovevano
solo aspettare l’arrivo dei pompieri.
“Vi
prego,
aiutatemi” gridò una donna trattenuta dal marito
“Nostra figlia, nostra figlia
è rimasta bloccata lì dentro!”
I
pompieri,
i pompieri sarebbero arrivati presto…
Naruto
fece
cadere la borsa con il cambio e si tolse la giacca, Sasuke
spalancò gli occhi intuendo
subito le sue intenzioni.
“No,
non ci
provare…” cercò di bloccarlo, ma Naruto
era già schizzato dentro la porta della
casa in fiamme.
Spalancò
la
bocca. C’è un limite
all’idiozia. Tutti
hanno un istinto di autoconservazione, ma a quanto pare non doveva
valere anche
per Naruto.
Appena
Naruto
entrò nel pianerottolo il calore lo aggredì,
facendogli bruciare la pelle. Lo
ignorò e strinse gli occhi cercando di vedere qualcosa
attraverso l’aria
tremolante, percorse le scale cominciando a chiamare a gran voce.
“Ehi!
C’è
qualcuno?!”
Sentì
il
pianto di una bambina e lo seguì, evitando i punti dove le
fiamme erano
appiccate; il rumore veniva oltre una porta chiusa. Provò a
tirarla, ma si
rivelò essere bloccata.
“Ehi,
va
tutto bene!” gridò per tranquillizzare la bambina,
il pianto si interruppe
“Sono venuto a salvarti, ma devo sfondare la porta. Al mio
tre togliti da
davanti, va bene?”
Non
ottenne
risposta, sperò che il suo messaggio fosse arrivato, non
potevano sprecare
altro tempo. Il calore era insopportabile e gli lacrimavano gli occhi,
la gola
gli pizzicava per il fumo che stava respirano.
“Allora…
uno… due… tre!” si gettò con
tutto il proprio peso e fu certo di sentire la
propria spalla slogarsi, ma riuscì ad aprire la porta ed
entrare nella stanza.
Gli mancò il fiato notando quanto fosse messa male, il
soffitto sembrava pronto
a cadere da un momento all’altro. La bambina era rannicchiata
a terra, sporca
di fuliggine con il volto pieno di lacrime.
“Va
tutto
bene” ripeté prendendola in braccio “Ci
sono io, adesso torniamo da mamma e
papà” fece per rifare la strada al contrario ma si
bloccò e con orrore si
accorse che una parte delle scale aveva ceduto.
“Uhm,
magari non per di qua” borbottò e
iniziò a sentire il panico montargli nello
stomaco. Ormai la situazione lì dentro era un inferno e non
sapeva come
uscirne.
“Va
tutto
bene” ripeté per tranquillizzare soprattutto se
stesso. Dovevano solo saltare e
raggiungere l’altro pianerottolo. Potevano farcela, in fondo
il karate lo aveva
reso abbastanza agile e la bambina non era pesante. Non doveva pensare
alle
fiamme, al vuoto, alla possibilità di morire…
No, devo farcela
e uscire da qui. Sasuke deve darmi
dell’incosciente, non può di certo farlo sulla mia
tomba!
“Adesso
saltiamo” avvertì la bambina “Tieniti
stretta a me e non mollare mai la presa”.
La
sentì
annuire contro il petto e quella fiducia gli diede sufficiente
coraggio, fece
qualche passo indietro per prendere la rincorsa, poi saltò.
Per un momento
pensò di farcela, ma poi con orrore si accorse di non aver
calcolato bene:
mentre ancora era a mezz’aria un altro pezzo di pavimento
cedette, allargando
la voragine.
Cazzo, ebbe appena
tempo di pensare
prima che la forza di gravità lo spingesse verso il basso,
troppo lontano
dall’altro lato.
Un
rumore
acuto, stridente come il verso di un falco, gli ferì le
orecchie, mentre
avvertiva una scossa elettrica attraversarlo per tutto il corpo,
togliendogli
il fiato; poi franò sul pavimento, dall’altra
parte della voragine, la bambina
ancora tra le braccia.
Come…?
“Non
ci
posso credere ch tu lo abbia fatto sul serio!”
sbottò una voce pesante,
ovattata “Chi credi di essere, un atleta
olimpionico?”
Dolorante
si tirò a sedere e spalancò la bocca nel vedere
la figura che lo sovrastava,
era impossibile non riconoscere quella tuta scura, dalle sinuose linee
blu
elettrico che correvano lungo il profilo del suo corpo come le
diramazioni di una
saetta.
Mille
Falchi era davanti a lui, un’ombra tra le fiamme, bellissimo
come
un’apparizione angelica. Aveva una figura magra, slanciata,
ogni suo muscolo
era messo in rilievo dalla tuta attillata, perfino la testa era coperta
da quel
tessuto, dove due strisce azzurre disegnavano la forma degli occhi,
mentre una
maschera in metallo a forma di becco occupava la parte inferiore del
volto.
Era
così
sorpreso di avercelo davanti da non riuscire a dire
alcunché. Mille Falchi
sbuffò e si protese verso di lui.
“Dammi
la
bambina, è più sicura con me, testa
quadra”.
“Oddio…”
esalò, poi si rese conto dell’insulto
“Ehi, come ti permetti! L’ho appena
salvata!”
Non
poteva
vederne gli occhi, ma fu abbastanza certo lo stessero fulminando.
“Io vi ho
salvati, entrambi. E ora aggrappati a me, devo farci uscire da
qui”.
Aggrapparsi…
a Mille Falchi?
Deglutì
guardando meglio quella tuta aderente che non lasciava per nulla spazio
all’immaginazione. Cercò di non soffermarsi troppo
sul quel pensiero e gli
passò la bambina, aveva la gola secca e pensò non
fosse solo a causa del
calore. Mille Falchi la sistemò sulle proprie spalle,
facendola aggrappare a sé
come un koala, e le bisbigliò qualche parolina di conforto
all’orecchio. La
bambina sembrò riacquistare fiducia dopo quelle parole.
Il cuore
di
Naruto smise definitivamente di battere quando Mille Falchi lo
afferrò con uno
sbuffo, visto che non si era minimamente mosso, e gli fece allacciare
le mani
attorno alla propria vita. Riusciva a sentire la forma dei suoi
fianchi, il suo
bacino contro il proprio, il profilo del becco sfiorargli i ciuffi
biondi…
“Ora
non
urlate, sarà un po’ strano”.
Avvertì
una
scossa attraversarlo per tutto il corpo e istintivamente
aumentò la presa
sull’eroe, avvinghiandosi addosso a lui e premendo la testa
sul suo collo. Non
ebbe nemmeno il tempo di realizzare pienamente quello che stava
succedendo che
si ritrovò fuori, in mezzo alla strada buia, con
l’aria gelida che gli
asciugava il sudore per tutto il corpo. Attorno a sé udiva
le sirene dei
pompieri, voci concitate, urla e pianti, alzando appena lo sguardo vide
oltre
la spalla di Mille Falchi la casa ormai completamente divorata dalle
fiamme.
Finalmente realizzò la stupidaggine che aveva fatto
gettandosi lì dentro: se il
supereroe non fosse intervenuto prontamente lui sarebbe morto. Fu
abbastanza
certo di essere vicino a un mancamento, le gambe sembravano essersi
trasformate
in un budino.
“Ehm…
testa
quadra” borbottò Mille Falchi “Ora puoi
anche staccarti”.
“Nah,
sto
bene qui” balbettò fiacco, non si fidava per nulla
delle sue gambe e non voleva
cadere con il culo a terra davanti al suo eroe preferito. Eroe che
stava
abbracciando e che aveva letteralmente premuto contro.
Oh Dio, ti
sacrificherei venti confezioni di ramen
istantaneo per avermi dato questa opportunità…
“Margareth!”
“Mamma!”
la
bambina ancora sulle spalle dell’eroe scalciò per
la gioia e il piede colpì
Naruto al costato, che per la botta mollò la presa e
ruzzolò a terra.
“Dio
ti
benedica, grazie, grazie!” disse la madre in lacrime mentre
Mille Falchi le
passava la figlioletta in braccio.
“Dovere,
signora” disse quello formale, poi si girò verso
il ragazzo ancora a terra, gli
occhi azzurri lo guardavano increduli e adoranti. Gli tese la mano, per
aiutarlo a mettersi in piedi, ma Naruto sorrise a trentadue denti e si
tirò in
piedi senza accettarla.
“Grazie,
mi
hai salvato la vita” disse riconoscente “Sei
davvero fantastico come credevo”.
Mille
Falchi ringraziò di avere la maschera, era certo di avere il
volto in fiamme.
Essere finalmente guardati direttamente da quegli occhi con quello
sguardo gli
faceva venire le vertigini allo stomaco. Si chiese se rapirlo e
portarlo in un
posto inaccessibile per poter fare tutto quello che desiderava con lui
lo
avrebbe etichettato come criminale.
“Io
mi
chiamo Naruto, comunque” continuò
l’altro “È un piacere
conoscerti”.
Guardò
la
mano che gli aveva teso, non sapendo se afferrarla o meno.
“Mh,
sì” mormorò “Evita
di fare
idiozie del genere la prossima volta, poteva finire davvero
male” lo riprese
invece burbero.
Naruto
gli
rivolse uno sguardo imbarazzato. “Me lo dice sempre anche il
mio migliore
amico” ammise, poi sussultò e si mise a guardare
attorno a sé.
Mille
Falchi
era certo che lo stesse cercando, o meglio: che stesse cercando Sasuke.
Era il
momento di uscire di scena approfittando del piccolo caos che si era
creato.
Guardò
la
schiena di Naruto, era il momento perfetto visto che era distratto,
però… non
lo sapeva, forse l’adrenalina lo aveva reso un attimo
più impulsivo, ma voleva
approfittarne anche solo per poco.
Perciò
gli
si avvicinò alle spalle, sfiorandogli con la punta del becco
l’orecchio. Naruto
sussultò e fece per girarsi, ma lo tenne fermo in quella
posizione.
“Comunque”,
disse quasi in un sussurro “È la prima volta che
salvo un ragazzo così carino”.
L’orecchio
si accese di un rosso violento mentre il suo proprietario tratteneva il
fiato,
Mille Falchi ridacchiò prima di sparire, accompagnato da
quel suono stridulo
simile alle grida di uno stormo di falchetti. Quando Naruto si
girò, lui non
c’era più, al suo posto trovò sulla
strada un vecchio ombrello rotto con cui si
era scambiato per teletrasportarsi. Si abbassò sui calcagni
per prenderlo, un
sorriso enorme sulle labbra, quella era la prova che aveva davvero
visto Mille
Falchi, che ci aveva parlato e lo aveva pure toccato.
“Oi!”
Qualcuno
gli appoggiò una mano sulla spalla e riconobbe subito la
voce di Sasuke. Si
girò a guardarlo, gli occhi scuri lo fulminavano furiosi e
preoccupati insieme.
“Brutto
scemo, si può sapere che ti è preso?! Hai idea
dello spavento che mi sono preso
quando ti sei buttato lì dentro, volevi morire per caso?
Evita di farlo con me
presente, per l’amor del cielo. Ma io non capisco, la natura
con te ha fallito,
non c’è altra spiegazione. Quando stava
distribuendo l’istinto di sopravvivenza
tu eri da qualche parte a mangiare ramen, ne sono certo, deficiente che
non sei
altro…”
Naruto
ascoltò la sequela sconclusionata di Sasuke con un sorriso
ebete in faccia,
ancora sognante per l’incontro ravvicinato con
l’eroe. Non si rese nemmeno
conto che l’amico lo aveva trascinato davanti a
un’ambulanza. Un infermiere lo
fece sedere sul lettino mobile e poi gli diede una mascherina
perché potesse
liberare i polmoni dal fumo che aveva inalato stando dentro la casa.
“Ho
visto
Mille Falchi…” riuscì alla fine a
interrompere Sasuke, che si zittì di colpo.
“Oh”
disse
solo, non sapeva come reagire per non lasciarsi tradire
“E…”
“È
stato
fantastico!” gridò “Dal vivo
è ancora più bello e quella tuta, dannazione se
è
stretta…” si piegò in avanti facendo
versi indistinguibili. Un camice bianco si
avvicinò convinto che stesse male, ma Sasuke lo
cacciò via con un gesto della
mano.
“Sasuke,
avresti dovuto vederlo, un momento prima stavo per morire e poi puff!, me lo trovo davanti che mi dice
di aggrapparmi a lui. L’ho abbracciato e lui mi ha
abbracciato, te ne rendi
conto?”
Sasuke
si
mise una mano sull’orecchio. “Non urlare,
scemo”.
“Ha
detto…
ha detto che sono il ragazzo più bello che abbia
salvato” lo ignorò sognante
“Io… Sasuke, secondo te l’ho
conquistato? Si è innamorato di me? Oddio” si
agitò come una ragazzina di dodici anni al concerto della
sua boy band
preferita.
Sasuke
cominciò pentirsi di avergli detto quella cosa, era stato un
incosciente, ma
cosa aveva nel cervello? Ora Naruto lo avrebbe perseguitato a vita, la
sua
vicinanza gli faceva male.
“Ma
dai, lo
avrà detto per dire…”
borbottò per cercare di minimizzare.
“No,
Sasuke, tu non lo hai sentito! Per un momento ho pensato mi volesse
rapire!”
Be’,
il
piano era quello, era sorpreso che Naruto se ne fosse accorto.
“Ma
dai,
che scempiaggine” liquidò il tutto.
Un verso
da
bestia ferita uscì dalla bocca del biondo e andò
subito in panico, forse si era
ferito e lui non se n’era accorto e…
“Potevo
toccargli il culo! Avevo le mani vicinissime, una strizzatina al suo
culo
bellissimo…”
Sasuke
fu
indeciso se sprofondare sotto
terra o
uccidere il proprio migliore amico.
“Stavi
per
morire ed è questo a preoccuparti?”
“Tu
non
capisci” singhiozzò “Ho sprecato la mia
occasione, non mi capiterà mai più una
fortuna del genere, mai più”.
Sasuke
concordò, Mille Falchi non doveva assolutamente rincontrare
Naruto.
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