Analysis

di Backwards
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«Avanzo lentamente nel corridoio. Le mie gambe si muovono con cautela, come se il corpo si trovasse in uno stato di allerta perenne, mentre il mio cervello si isola e vaga in un' oasi solitaria di dolore e piacere, ormai perso in una dimensione troppo lontana per poter tornare dentro i confini delle facoltà cognitive.

Il bianco avvolge i miei sensi ed il mio campo visivo. E' un bianco sporco, insalubre, corrotto dalle flebili luci gialle proiettate a scatti dalle lampadine del soffitto.

I miei occhi si concentrano sulle piastrelle del pavimento : sono insolite, alternate in modo irregolare tra bianco e nero, e constrastano brutalmente il bianco del soffitto e delle pareti.

Il mio corpo e le mie membra escono dal torpore che li culla e li anestetizza e comincio a sentire freddo, un freddo pungente che mi pervade lentamente le ossa e che accarezza il mio scheletro con brividi sulfurei e veloci come lampi.

Avanzo nuda e inerme nel corridoio lattiginoso. Non ho paura; non sono imbarazzata per la mia nudità. Dentro di me, tutto è calmo e tranquillo come il mare nelle serate estive... e sento il rumore delle onde, ed il fischio dolce del vento, che culla i miei desideri ed allontana le paure, e mi sembra di camminare su una spiaggia dorata, dove i raggi del sole splendono sui granelli lucidi e secchi e scacciano via i ricordi del passato e i peniseri negativi.

Sono morta? Sono pazza?

Riprendo gradualmente conoscenza e mi trovo circondata da dottori e infermieri, da lettini che vengono trasportati freneticamente su e giù per il corridoio e da malati che mi guardano distanti, con gli occhi su di me e la testa chissà dove, persi nel labirinto della Malattia e della Morte.

Non so più dove mi trovo.

Le immagini che vedo diventano sfocate e si dissolvono progressivamente mentre il mio corpo si allontana sempre di più dal corridoio, fino a riacquistare una sua massa e a riprendere solidità.

Quando mi sveglio, mi trovo in un lago di sudore e ho un forte mal di testa, come se nel mio cranio rimbombassero i suoni di un martello e di un trapano amplificati all' infinito. “

 

La dottoressa Brown rimane in silenzio. Nella stanza irradia una luce flebile che porta con se lunghe scie arancioni e brillanti; il sole sta tramontando, e i suoi raggi vengono smorzati dai palazzi grigi e imponenti che si affacciano sul viale che accoglie lo studio della dottoressa.

La Brown, persa tra le sue riflessioni e col il viso tagliato a metà dalla luce, accavalla le gambe e picchietta la penna sul tavolo di mogano accanto a lei.

“ Alex, il sogno che mi ha descritto è molto interessante... “- si ferma e abbassa lo sguardo, come a cercare le parole giuste nelle scene dionisiache e di guerra dell' enorme tappeto persiano che ricopre i due terzi del parquet della stanza - “ le andrebbe di vederci due volte la settimana ?”





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