La favola finisce a
mezzanotte
(parole 933)
"Allontanò da
sé il lenzuolo di seta e scese dal letto, nuda. Lui riposava
perso in qualche sogno."
Caroline si
voltò un poco e allungò la mano per prendere il
copriletto. Il suo sguardo si soffermò incantato sul viso di
Saga. Gli anni che erano stati lontani non avevano affievolito i
sentimenti che provava: amava ancora guardarlo dormire.
Fece un
respiro profondo come un sospiro e abbandonò l'idea di
coprirsi con il copriletto. Probabilmente, se lo avesse tirato per
metterselo addosso, avrebbe rischiato di svegliarlo ed era l'ultima
cosa che voleva. Gli era sembrato stanco, sfinito da una vita
concentrata esclusivamente sul lavoro.
Si strinse al
petto i suoi vestiti, che aveva raccolto dalla panca in fondo al letto king-size e si
avviò al bagno. Come in ogni bella favola, arrivava il
momento di tornare alla realtà e per lei questo voleva dire
tornare alla sua casa, quel loft che aveva ristrutturato nella zona del
porto e lasciare il suo bel businessman
al riposo. E solo Dio sapeva quanto ne aveva bisogno.
Passò
di fronte alle porte scorrevoli appena socchiuse della lussuosa cabina
armadio – incredibilmente grande da occupare un'intera camera
– e intravide il suo corpo riflesso nello specchio a figura
intera. Le aprì un poco di più e vi si
poté specchiare completamente.
Vi
entrò senza timore di invadere quello spazio privato di Saga.
Si
guardò attorno, ammirando l'eleganza che vi regnava. Non se
ne stupì: tutto era in un ordine impeccabile, tutto era
nelle tonalità del grigio e del blu scuro, tutto era
così rigido e...
«Maschile»,
si lasciò sfuggire in un mormorio dispiaciuto.
Era lampante
come mancasse un tocco femminile nella vita di Saga, che non solo si
rifletteva nel suo modo di vestire, ma anche nel modo in cui era
arredato il suo mega appartamento e questo le riempiva il cuore di
tristezza; per come erano andate a finire le cose fra loro, senza una
spiegazione, senza un chiarimento, perché lui aveva
preferito rimanere solo anziché rifarsi una vita e cercare
la felicità con qualcun'altra. In un certo senso anche per
lei era stato lo stesso. Il suo cuore era rimasto fedele a Saga, ma non
aveva abbracciato la solitudine. Con lei c'era suo figlio Anthony. Quel
figlio che avrebbe voluto condividere con Saga fin dal principio, ma
che era arrivato quando le loro strade si erano già divise.
Si
avvicinò allo specchio con passi leggeri – quasi
accarezzando la moquette color sabbia – e lasciò
cadere i vestiti a terra.
Non si era mai
vista particolarmente affascinante, ma di una bellezza normale, comune.
Non era mai stata particolarmente magra; anzi, spesso aveva invidiato
quelle spilungone tutte pelle e ossa che vedeva sulle riviste e che
stavano bene con qualsiasi cosa addosso, ma dopo la gravidanza,
quell'unica che Dio le aveva concesso, il suo corpo era cambiato, come
se il suo bambino le avesse prosciugato ogni fibra, lasciandole appena
lo scheletro e un sottile strato di muscoli, giusto per tenere insieme
le ossa. E così era ancora adesso, dopo cinque anni. Ma non
rimpiangeva nulla di quello che era stato.
Piegò
la testa di lato e si concesse un sorriso malizioso, mettendosi in
posa, come le modelle o le maniache dei selfie. Si sentiva
un po' sciocchina, ma al tempo stesso era divertita. Poi, i suoi occhi
si fissarono su quella piccola cicatrice, chiara e tonda, che le
rovinava il ventre e inconsciamente se la sfiorò.
«Una
volta ti dissi che se ti vergognavi, l'avremmo potuta far
togliere», disse l'uomo, cingendole la vita con un braccio.
Caroline era
stata così assorta dai suoi pensieri che non si era accorta
che Saga l'aveva raggiunta. Sentire il tocco del suo corpo nudo, del
suo calore sulla pelle, la fece tremare di piacere.
«E
io ti dissi che non me ne vergognavo affatto. Fa parte di me, di quella
che sono diventata.»
Saga la
strinse fra le braccia, compiaciuto dalla sicurezza e dalla
determinazione che vedeva nello sguardo della donna che amava riflesso
nello specchio. Le baciò una spalla e chiuse gli occhi,
provando a richiamare nella sua mente quei momenti romantici che
avevano vissuto all'inizio della loro rocambolesca relazione. Avrebbe
voluto riavvolgere il nastro del tempo e tornare a quegli anni, fatti
di spensieratezza e impulsività, ma entrambi ora erano
diversi; erano maturati, avevano responsabilità che
imponevano loro degli obblighi a cui non potevano mancare.
«Devo
tornare a casa», sussurrò Caroline, accarezzando
con delicatezza il volto di Saga. Lo guardò attraverso lo
specchio allentare quell'abbraccio, ma non lasciarla libera. Poi, lo
vide rabbuiarsi in viso. Quello non era più l'atteggiamento
di gelosia infantile che lei adorava, ma era una contrarietà
che ancora non capiva del tutto, ma non le faceva paura.
Saga fece
scivolare la sua mano in quella di Caroline. «È
tardi, perché non resti qui questa notte?»
«Lo
sai, non posso. Voglio essere a casa quando si sveglierà e
preparargli la colazione.»
Lui
esitò. Certo che lo sapeva. Amava la donna e stava imparando
ad amare anche suo figlio, ma non si sentiva ancora pronto a ricoprire
il ruolo di padre a tempo pieno. O forse aveva solo paura.
Caroline
riprese i suoi vestiti, ma anziché appartarsi si
vestì lì, davanti a lui.
«Venite
a vivere qui da me.»
La donna si
bloccò, mentre si infilava il maglioncino nero con le paillettes: non si
aspettava quella proposta, ma era uno spiraglio di luce per il loro
futuro insieme.
«Il
tuo appartamento non è adatto a un bambino»,
rispose con un sorriso. Non c'era scherno nella sua voce, né
malizia. Solo tanto amore, e la consapevole certezza che prima o poi
sarebbe arrivato il tempo in cui la sua famiglia sarebbe stata riunita
sotto lo stesso tetto.
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