momotaro
★
Iniziativa: Questa storia partecipa a “Fairy Tale”
a cura di Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 3400
★ Prompt/Traccia: TEMA LIBERO! + Leggenda
La
Leggenda di MomoTaro
“C’era una volta una coppia di nonnini. Un giorno
la non-”
“Come si chiamavano i nonnini?”
Era una voce ingenua quella che l’aveva fermato. Le braccia
del ragazzo cascarono a peso morto sulle ginocchia, rivelando una
faccia annoiata dietro le pagine del libro illustrato.
“Non lo so.”
“Ma come???”
“Non ha importanza.”
Ora erano tre le voci si alzarono in coro:
“EDDAI!!” - bum
bum bum - battevano i piedi sul tatami. Il
narratore era accerchiato dai capricci.
“Fatemi raccontare la storia!”
Il più piccolo stava per scoppiare in lacrime, gli
altri due non accennavano a smettere. “E va bene...
Ricominciamo.”
“Con i nomi!”
“Con i nomi...”
“E le vocine!” esordì un’altra
bimba. Aveva un tono più squillante. “Ti preeego!” Ricevette in
risposta uno sguardo scocciato.
“Qualcuno mi
uccida...” pensò il fratellone tra
sé e sé. Decise infine di accontentarla; tanto
peggio di così non poteva andare. “— E
le vocine.”
“Sììì!!”
***
“C’era una volta, nel villaggio di Sagami, una
coppia di teneri nonnini - i loro nomi erano... Tsubasa e Sanae. Il
nonnino portava a casa la legna e il cibo, mentre la nonnina si
occupava della casa. Un giorno, nonna Sanae andò al fiume
per lavare i panni. Neanche il tempo di immergerli, che il suo sguardo
fu catturato da un qualcosa che navigava per le acque. Era gigante. E
rosa per di più!
“Santo cielo! È una pesca!”
esclamò sbigottita la nonnina. “Devo assolutamente
prenderla!”
***
(“Non sei abbastanza convincente, fratellone. Nessuna ragazza
strillerebbe in quel modo!”
Stock!
Chiuse il libro di getto. “Senti, Naoko. Già io
non amo fare le vocine stridule e in falsetto... Oggi hai deciso di
farmi arrabbiare?”
La bimba affondò parte del viso nel cuscino. “No,
scusa...” Lo guardava divertita; le sue spalle singhiozzavano
proprio come se stesse trattenendo una risata.
“Continua.”
“Sei proprio una piccola peste.”
“Ti voglio bene anch’io, fratellone.”
Kojiro sussultò e riaprì in fretta il libro.)
***
“Così disse e così fece.
Abbandonò i panni e corse lungo la riva. Corse
così tanto da non avere più fiato.
Provò a più riprese a raggiungere il frutto tanto
desiderato, ma ahimé!, una volta aveva le braccia troppo
corte, l’altra ancora era colpa delle rocce troppo alte.
Decise che si sarebbe arrangiata in un altro modo. Trovò una
canna di bambù per terra e la usò per trascinare
la pesca a sé. “Hah! Sapevo che ti avrei
acchiappata.”
Sanae fu molto felice dell’impresa riuscita e
tornò subito a casa per portare il frutto al marito.
Aspettò fino a sera, quando Tsubasa fece ritorno.
“Miseria!”
sussultò il marito alla vista dell’enorme
frutto. “Sanae dove
l’hai trovata questa pesca!?”
“Navigava per le rive del fiume e l’ho
raccolta! Che ne dici di mangiarla?”
***
(“EH?! MA LA DEVONO PRIMA COMPILARE!”
“Contemplare, Masaru!” lo corresse il
più grande dei tre bambini.
“Quella cosa lì!”
“No, passiamo avanti.” decretò il
maggiore.
“Ma è importante!” insistetté
Masaru.
Kojiro sospirò e riprese la storia.)
***
“I due nonnini rimasero a contemplare la pesca,
finché non iniziò a borbottar loro il pancino.
“Sì, tesoro! Direi che proprio il caso di
mangiarla! Passami un coltello così la possiamo dividere in
due.” disse Tsubasa.
Inaspettatamente dal nocciolo uscì un bellissimo neonato. I
due nonnini ne furono incredilmente sorpresi,
tant’è che Sanae esclamò:
“Tesoro, dev’essere un dono divino! ”
“Dev’esserlo davvero, cara.” rispose il
marito. “Chiamiamolo Taro!”
“Momotaro vorrai dire.”
“Ma no, Taro: primogenito.”
***
( “Il nonnino è un po’ scemo!”
esclamò Takeru.
Scoppiò una risata generale nella camera.
“Momotaro, nonnino Tsubasa! La storia si chiama Momotaro,
quindi il protagonista è Momotaro!”
urlò Naoko, come a incitarlo alla scelta più
giusta.
“Devo fare
attenzione a non prenderci troppo gusto...”)
***
“Alle insistenze della moglie, Tsubasa si decise:
“E va bene. Lo chiameremo Momotaro, per gli amici
Taro.”
Da allora, i due nonnini si prodigarono per non far mancare nulla al
piccolo Taro. In breve tempo, il bimbo crebbe forte, gentile e
intelligente. Adorava giocare con la palla, ma restava spesso solo e
non parlava molto. Nonostante tutto, i genitori erano soddisfatti e non
smisero mai di ringraziare il cielo per avergli regalato il figlio che
loro non avevano mai avuto.
- Flip
Negli anni, iniziarono a girare delle voci su Onigashima. Era
un’isola distante qualche giorno di viaggio e si mormorava
che fosse inabitata dagli oni1
e che essi nascondessero un grande tesoro. Quando questa diceria giunse
alle orecchie di Momotaro, lui - che era di animo nobile e buono - non
poté non pensare al bene che tali tesori potessero fare.
“Oh, un’isola piena di ricchezze? Se me ne
impadronissi, potrei aiutare la mamma e il papà, e tutta
Sagami anche, a riprendersi dalla povertà... Ho deciso,
partirò in viaggio per Onigashima!”
Il giovane spiegò le sue intenzioni ai nonnini e, nonostante
Sanae fosse molto in ansia per il suo bambino, i genitori gli diedero
tutto il loro appoggio. Gli prepararono il necessario per il viaggio:
delle provviste, delle corde e uno spadino. Il giorno dopo, Momotaro
annunciò in piazza la sua partenza: “Me ne vado da
Sagami! Parto in viaggio per Onigashima, vado a sconfiggere gli orchi!
Se qualcuno volesse seguirmi, questo è il momento!”
Tuttavia, nessuno rispose alla sua chiamata. Un po’
amareggiato, Tar-ehm-Momotaro
salutò affettuosamente i suoi genitori e partì.
- Flip
Il viaggio che lo condusse verso il suo destino era lungo qualche
giorno di camminata e qualche giorno di navigazione. La distanza non lo
preoccupava e nemmeno le peripezie che avrebbe dovuto affrontare. Ma la
strada era tortuosa, la foresta fitta e finì col perdere
l’orientamento. Era solo. Momotaro non aveva amici su cui
fare affidamento.
Cercò di non perdere la calma e si preparò un
falò per passare la notte. Aprì la sua bisaccia
quando - frush frush
- uno strano rumore lo fece sobbalzare. Prese in mano la spada - la cui
lama fu ricavata dal coltello con cui venne tagliata la pesca da cui
nacque - e la puntò verso la vegetazione oscura.
“Chi va là??”
“Dove stai andando, ragazzo?”
“Vado all’isola dei demoni, per
sterminarli.”
“E cosa porti in quella bisaccia, giovane
guerriero?”
Momotaro fu certamente stranito dalla domanda, ma ricordando le lezioni
dei suoi genitori, decise di rispondere con educazione. “Sono
dei kibidango5.
Me li ha preparati mia madre. Ora dimmi chi sei.”
Dai cespugli, spuntò fuori un cane.
“Se me ne darai uno, ti accompagnerò fuori dalla
fores-”
***
(“COME SI CHIAMA IL CANE?!” chiesero di colpo Naoko
e Masaru.
“Ma non lo so!”
“EDDAI!”
“Me ne
pentirò tantissimo... Perdonami Takeshi.”)
***
“Dai cespugli, spuntò fuori un cane nero
dagli occhi grandi.
“Io sono Takeshi, e se mi darai uno dei tuoi kibidango, ti
accompagnerò nella tua impresa.”
Momotaro gli sorrise: “Ma certo! Non è un
problema, sono forte, posso sopravvivere anche con uno in
meno.” e gli porse un dango.
Il cane lo divorò con gusto. La mattina seguente, il nuovo
amico gli indicò la strada per uscire dal bosco.
- Flip
Arrivati alla base delle montagne, udironò un lamento
provenire dalle rocce. “Aaaah, se solo avessi qualcosa da
mangiare! Almeno non morirei di fame!”
Momotaro si avvicinò cauto e vide uno scimmiotto mingherlino
steso per terra, coperto di polvere e fanghiglia.
“Tieni, posso fare a meno di un altro kibidango.”
La scimmia divorò il dolcetto e riprese subito le forze.
“Sono Ryo!” si presentò, saltellando in
giro. “E giacché mi hai salvato la vita, ti
mostrerò la via per le grotte! Sia mai non ti serva il mio
aiuto!”
“Sono felice di averti in gruppo con me!”
Così, Momotaro si guadagnò un nuovo compagno di
viaggio.
- Flip
Il terzetto arrivò fino in cima alla montagna. Davanti a
loro, una lunga coltre di bianche nuvole e azzurro mare si estendeva
per chilometri e chilometri. Da qualche parte più in
là, nel vasto oceano, c’era l’isola
degli oni.
“Accampiamoci qui, per stanotte.” esortò
la scimmia, indicando una fessura. Era accogliente e piena di paglia e
rametti. Assomigliava a un nido. Accesero il fuoco e quando furono
pronti a mangiare, Taro sentì un qualcosa appoggiarsi sulle
sue spalle. Cercò di dileguarsi, ma il grande uccello non lo
mollò.
“Che cosa vuoi?”
“Dammi uno dei t-”
***
(“IL NOMEEE!!” strillò nuovamente il
terzetto.
“Ma si può sapere che vi prende oggi??”
“Ci sono troppe scimmie, cani, volpi e altro nelle fiabe,
vogliamo dargli un nome!” spiegò finalmente Naoko.
“E va bene...” Kojiro roteò gli occhi. “...Come fa Matsuyama
di nome?”)
***
““Non avere paura di me.” disse
il fagiano. “Il mio nome è Hikaru e questo
è il mio nido.”
“Oh!” esclamò Taro. “Mi
dispiace aver occupato la tua casa.”
“Va tutto bene; dammi uno dei tuoi kibidango e siamo
pari.”
Momotaro sorrise al fagiano e gli diede uno dei suoi famosi dolcetti.
“Tieni. Li ha fatti mia madre, col miglior miglio di tutto il
Giappone!”
Dopo una notte passata più a chiacchiere di eroiche imprese,
piuttosto che a dormire, Hikaru decise di accompagnarli nel loro
viaggio.
- Flip
Arrivati in riva al mare, Momotaro s’accorse di non avere
un’imbarcazione per poter arrivare a destinazione. E quando
si voltò per chiedere consiglio ai suoi amici, lo spettacolo
che si trovò davanti quasi lo pietrificò. Gli
animali parlanti erano spariti per fare spazio a tre forti guerrieri.
“Chi siete voi?!”
“Io sono Takeshi.” rispose il ragazzo dai capelli
neri e gli occhi grandi.
“Io sono Ryo!” disse il giovane dalle orecchie
sporgenti.
“E io sono Hikaru. Taro, siamo rimasti ammaliati dalla tua
generosità e dal tuo forte, nobile spirito. Abbiamo deciso
che resteremo al tuo fianco per sempre!” dichiarò
fiero il guerriero con la hachimaki2
piumata.
“Amici!” esclamò Momotaro commosso.
“Molto bene, raggiungeremo l’isola degli orchi
insieme! Ma...” si voltò verso il mare perplesso -
“come faremo a navigare?”
“Non ti preoccupare amico!” esordì Ryo
“Qua vicino c’è un villaggio di
pescatori! Sono sicuro che potranno fornirci una nave.”
Takeshi li aveva già preceduti. “Cosa state
aspettando?? Andiamo!” Continuò a correre e
arrivò velocemente alla loro nuova destinazione. In un
attimo, però, calò la scure sulla soddisfazione
di essere arrivato primo. “Momotaro, c’è
una cosa che devi assolutamente vedere!!” urlò.
Esortati dalla preoccupazione nella sua voce, gli altri tre lo
raggiunsero in fretta e furia. Per trovare solo un paesaggio
disperato. Per trovare solo un villaggio distrutto. In passato, era
stato abitato da dei pescatori; ora, altro non era che un cumulo di
macerie, raso al suolo da quella che sembrava la forza di un ciclone.
“Ma cos’è successo qui??”
chiese indignato Taro.
“Sono stati gli oni, giovane
guerriero. Guidati dal loro Re, che con la sua mazza può
uccidere tutti all’istante. Ci hanno derubati di ogni cosa...
persino della vita.”
“Molto bene! Vorrà dire che li
ripagheremo con la loro stessa moneta!”
esclamò Hikaru furioso.
La reazione di Taro fu invece
più mite e con tono gentile chiese: “Vecchietto,
per piacere, avresti una nave da prestarci?”
- Flip
Finalmente, il gruppo s’imbarcò per
l’isola. Passarono i giorni. Il quartetto di guerrieri
dovette affrontare una tempesta, onde gigantesche e quasi patire la
fame, prima di vederla.
“Eccola!”
Onigashima. Finalmente, l’isola piena di tesori e ricchezze
era davanti ai loro occhi. Era un pezzo di terra grigio, arido e con
una montagna alta quanto il Fuji.
***
(“ALTA QUANTO IL FUJI??”
esclamò Masaru, strabuzzando gli occhi.
“No, dai questa te la sei inventata.” lo
denigrò Takeru, cercando di leggere la pagina, ma Kojiro lo
teneva a debita distanza. “Non c’è
scritto nel libro questo!”
“Dicono che in realtà l’isola di
Onigashima sia Megijima!” aggiunse Naoko.
Kojiro stava veramente iniziando a perdere la pazienza.
“Quando questa favola ve l'ho raccontata l’anno
scorso, non eravate così polemici!”
“Scusa.” dissero i tre in coro.)
***
“Raggiungere la rocca in cima alla vetta sarebbe
stata la prima delle loro sfide. Scoprire come entrarvi la seconda; ed
infine, attendeva loro la sfida più ardua: sconfiggere il Re
degli Orchi.
Roccia dopo roccia, Momotaro arrivò in cima alla montagna e
s’incamminò verso le porte del castello. Hikaru lo
fermò: “Aspetta. Sorvolerò il castello
per scoprire cosa stanno facendo i nostri nemici!” - e
così dicendo si ritrasformò in un fagiano. Si
librò in aria e con fare attento, volò sopra gli
orchi.
Erano ubriachi, bonari e stavano facendo baldoria. Gongolavano e
ridevano, la loro pelle resa ancora più rossa dai fiumi
dell’alcol. Contavano le ricchezze ottenute dal loro ultimo
saccheggio; probabilemente, era tutto ciò che avevano
guadagnato dal villaggio dei pescatori. Hikaru decise che la sua
ricognizione era stata più che sufficente e tornò
dai suoi compagni.
“Dovete fare tutti molta attenzione. Sono in tanti, ma anche
ubriachi.”
“Quindi è il momento migliore per
attaccarli.” dichiarò Taro. “Forza! Ryo,
scavalca le mura e abbassa il ponte, ti prego!”
Il guerriero ubbidì prontamente e - ritrasformatosi in
scimmia - superò facilmente la cinta e fece cadere le difese
nemiche. Un boato assurdo echeggiò nell’aria e
attirò l’attenzione delle truppe mostruose.
“Fate attenzione, amici! ALL’ATTACCO!!”
Gli animali partirono alla carica contro gli oni. Il cane morse i
sederi dei demoni, la scimmia graffiò le loro schiene e il
fagiano beccò i loro occhi. Momotaro invece
brandì la sua spada.3
Si fecero strada nel castello con inaudita violenza fino ad arrivare
nella zona più centrale: la sala del consiglio degli orchi.
Era lì che li attendeva il
loro capo: Akandoji.
***
(“Certo che però ha proprio un nome
brutto.” lo interruppe di nuovo Naoko. “Si chiama
davvero Akandoji solo perché ha la pelle rossa?”
“Tu ti chiami ‘bimba onesta’, ma sei
veramente onesta?” chiese Takeru.
“Che uscita
filosofica fratellino...”
Calò un silenzio imbarazzante nella stanza.
“Ma tu parli, Takeru?!”
Kojiro li bloccò prima che i due potessero iniziare a
tirarsi i capelli. “E va bene, e va bene!! Come lo vorresti
chiamare? Taichi?”
Gli occhi della bambina brillarono.)
***
“Il Re degli Oni
era conosciuto come Akandoji dalle sue truppe, ma il suo vero nome era
Taichi, l’orco divoratore di... uhm... dolci.
Quando Momotaro e i suoi amici arrivarono, lui se ne stava seduto sul
suo gigantesco trono di pietra, un sorriso affilato delineato dai denti
aguzzi. Le corna enormi crescevano dalla sua folta nuca e stava
giochicchiando con una mazza tra le mani. La ruotava come un
giocattolo: era famosa, i pescatori sopravvissuti dissero a Taro che
era in grado di uccidere un uomo in un colpo solo.
Gli amici del giovane guerriero si prepararono ad attaccarlo, ma Taro
li fermò: “Me ne occuperò io!”
“Momotaro...!” esclamarono i tre.
“Voi occupatevi di bloccare il resto degli orchi
con le corde nella mia bisaccia.” Il terzetto
annuì e andò a eseguire l’ordine.
Lo scontro si aprì con Momotaro che riuscì a
schivare un colpo dato con la pericolosa mazza. Continuò
costringendo l’oni
a dondolare e dimenarsi tutt’attorno, finché non
riuscì a fargli perdere l’equilibrio e, di
conseguenza, anche l’arma. Taichi
fu quindi costretto in un corpo a corpo con Taro, ma la forza del
giovane nato dalla pesca era di gran lunga superiore a quella del
terribile orco.
In quel momento, i tre guerrieri tornarono e corsero in aiuto di
Momotaro, per legare il Re ormai sconfitto. Fu solo allora che questi
supplicò: “Ti prego, Momotaro, risparmiami! Tu e i
tuoi compagni siete dei validi guerrieri e io non ho intenzione di
continuare questa lotta. Se mi libererai, potrai chiedermi in cambio
tutto ciò che vorrai!”
“Molto bene.” rispose Momotaro. “Come
ricompensa per averti sconfitto, mi prenderò tutte le tue
ricchezze, ma ti lascerò il castello. Resterai qui e se solo
oserai torcere un altro capello, tornerò e definitivamente
ti sterminerò!”
L’oni si
prodigò in un inchino profondo, dando a Momotaro le
ricchezze promesse.
- Flip
Mentre i guerrieri caricarono la nave
con i forzieri, Momotaro spiegò finalmente ai suoi amici le
sue vere intenzioni. I tre rimasero ancora più colpiti dalla
sua nobiltà d’animo e chiesero a Taro di usare le
loro parti del tesoro per continuare a fare del bene.
“Tornate a Sagami con me.” propose infine il
ragazzo. “Ci aspetta una grande festa e io farò
sapere a tutti delle vostre eroiche gesta! Non sarei mai riuscito in
questa impresa senza di voi! Tornate a Sagami con me e potremmo vivere
tutti insieme felici!”
I tre guerrieri accettarono. Fecero ritorno al villaggio e i quattro
eroi si goderono la loro gloria e ricchezza per quattro giorni e
quattro notti. Al quinto giorno, gli abitanti del villaggio decisero di
far diventare Momotaro il signore delle loro terre.
Negli anni avvenire, tutti lo ricorderanno come un regnante saggio e
giusto; i suoi uomini non combatterono mai tra di loro, anzi,
continuarono a dare prosperità alle sue terre e la ricchezza
del loro signore non provocò mai né guerre,
né invidie.
Fu così che Momotaro visse una lunga, prospera e felice
vita.”
***
“FINE!”
“Ho sempre adorato come finisce questa storia!”
Takeru si alzò dal suo futon saltellando. “Grazie
per avercela raccontata di nuovo fratellone.”
“Mi sono piaciuti i nomi.” aggiunse Naoko.
“Possiamo prendere un cane e chiamarlo Takeshi?”
Kojiro si lasciò scappare una risata nervosa.
“No.” Masaru affondò nel cuscino,
mugolando triste. Il maggiore gli scompigliò i capelli e si
preparò a fare la fatidica domanda. “Allora, cosa
avete imparato?”
Takeru e Naoko si scambiarono uno sguardo complice. “Che
bisogna sempre essere gentili col prossimo!”
“E picchiare i cattivi.”
“Ma no, Masaru. Tu non devi picchiare nessuno!”
esclamò la sorellina.
“Ah, no?”
“No, non sei mica Momotaro!”
Gli altri due fratelli se la risero tra di loro. Poi Kojiro si
alzò e andò a chiudere le tende.
“Forza... È ora di andare a dormire.”
Takeru, Naoko e Masaru non se lo fecero ripetere due volte. In un
battibaleno, erano tutti nei loro futon4
pronti a essere rimboccati nelle coperte e spediti nel mondo dei sogni.
“Buonanotte, fratellone.”
“A domattina.”
“Sconfiggerò qualsiasi oni!”
Kojiro cercò di trattenere una risata. “Va bene
Masaru... Buonanotte.”
Fece scorrere delicatamente la porta della camera. Se ne
andò in cucina sospirando pesantemente.
“Sembra che vi siate divertiti.”
Kojiro alzò lo sguardo e sorrise.“Bentornata,
mamma.” Le si sedette accanto e si prese anche lui una calda
tazza di tè.
“Vedo che il mio libro delle fiabe ti è tornato
utile...”
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Note:
1:
gli oni sono creature mitologiche del folklore giapponese, simili ai
demoni e agli orchi occidentali. (cit. Wikipedia)
2:
Lo hachimaki è una fascia di tessuto tradizionalmente
indossata in Giappone, cingendosi la fronte, come simbolo di impegno e
perseveranza. (cit. Wikipedia)
3:
è una frase originale della fiaba.
4:
futon = È
il materasso tradizionale
della cultura
giapponese,
interamente in cotone, rigido, sottile e arrotolabile. (cit.
Wikipedia)
5:
Kibidango = dolcetti al miglio
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N.A.: Ohi!
Sono tornata con questa cosa stupidina per divertirmi durante il Fairy
Tale organizzato da fanwriter.it! Non è esattamente una
Momotaro!AU, ma spero d’aver più o meno azzeccato
con l’evento. Inoltre è un Momotaro un
po’ rivisitato(?), nel senso: la fiaba originale non ha
davvero tutte queste info (trovando il testo originale giappo
è brevissimo, come giusto che sia per una fiaba), quindi
boh, spero di aver azzeccato tutti gli avvenimenti.
E mi dispiace un po’ per
Kojiro: in realtà non credo sia il tipo di persona che
denigrerebbe in questa maniera i propri compagni, però oh,
non sapevo sennò come inserirceli tutti gli altri personaggi.
Tra l’altro, questa cosa delle oneshot a tema fiaba mi sta
piacendo un sacco e sto seriamente pensando di farci una raccolta
stile: “Kojiro racconta le fiabe classiche
giapponesi”. Però non so, vediamo.
Spero comunque che la storia vi abbia divertiti! A presto!
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