7 inevitabile follia
7
Inevitabile Follia
Palazzo Jarjayes, 16
luglio 1789
È
incredibile Versailles.
Sì,
incredibile come possa passare dall’entusiasmarti al
deluderti, disgustarti, mortificarti anche nel giro di pochi istanti.
Giochi di potere,
giochi di opportunismo, giochi e basta.
Famigliari che sono
niente altro che pedine su scacchiere di freddo e lucido marmo, da
spostare secondo quanto più opportuno al momento.
Pedine da dare in
pasto all'avversario, in cambio di una posizione privilegiata sul campo
da gioco.
Pedine sacrificabili,
scartabili, insignificanti.
Carne da macello in
una guerra senza sangue vivo, solo lacrime, sete e profumi.
Tornando dalla
cappella, vedo la luce delle lanterne laterali delle vetture
già dal fondo del viale e, poco dopo, odo il rumore di
cavalli, finché eccole che varcano i cancelli, una, due,tre,
quattro carrozze, una dopo l'altra: le sorelle Jarjayes sono arrivate.
Ed una dopo l'altra,
le vetture si fermano nel cortile principale: i domestici aprono gli
sportelli e per primi scendono i fortunati consorti.
Di nero abbigliati,
come l'occasione richiede, con espressione severa in volto, come da
signorile abitudine.
Nessuno di loro porge
aiuto alla propria dama, poiché quello è compito
del valletto e questi gentiluomini non si sognerebbero mai di
infrangere l'etichetta, specie quando a loro risulta veramente comoda.
Ed essere sposato ad una Jarjayes è stato comodo senz'ombra
di dubbio per tutti loro: dote cospicua, nome importante, bellezza
indiscussa. Impalmare una Jarjayes ha fruttato negli anni molto
più di quanto investito: nuove rendite, incarichi ben
retribuiti, potere.
Abbasso lo sguardo,
colpevole: come se non fossi uno di loro? Come se io non avessi tratto
vantaggi in quanto consorte di una Jarjayes?… Mi par
d'udirla , Alexandra, la mia “Rose”, ridere della
mia fortuna, qui, mentre rigiro la fede che mai ha lasciato il mio dito
da quel primo giorno e che mai lo lascerà.
“ Che vuoi
farci Lassonne, sei nato sfortunato e anche abbastanza intelligente da
capirlo”.
...Abbastanza…
La sua solita ironia,
anche in punto di morte, la sua autodifesa contro i mali del mondo.
Ma solitamente aveva
ragione.
Già, mia
rosa, i migliori se ne vanno per primi da questo purgatorio ed i
peccatori restano.
La più
anziana delle sorelle, Marie Anne, mi viene incontro, mano
guantata sul cuore .
- Dottore, anche voi
qui?
Chino il capo,
confermando l'evidenza e la Invito ad entrare. Le altre ci
seguono, affiancate dai rispettivi mariti.
- Avete visto mia
madre? - mi domanda mentre camminiamo.
- È alla
cappella con loro
- Loro? …
quindi anche André? - intuisce immediatamente: per lei non
ci sono dubbi su chi potesse essere il compagno in quella occasione,
come in ogni altra della vita di Oscar
- E Nanny? - chiede
preoccupata.
- Nella sua stanza,
sedata.
- Povera
Nanny… Il generale? - chiede infine.
- Nel salone da pranzo.
Ella è la
più legata ai genitori, a Nanny. Ed anche a me, tramite
Alexandra, sua amica d'infanzia; ed alla povera Oscar, sebbene
lasciò questo palazzo che la più giovane
delle Jarjayes era ancora un traballante marmocchietto dal
sesso indefinibile per volere paterno. Lei è la sola figlia
nata senza peccato d'esser femmina, poiché la prima: un
“errore” accettabile. Coccolata e viziata dal
padre, adorata dalla madre: il loro primo miracolo, la loro prima
creatura; la sorpresa e la bellezza di essere due genitori, innamorati,
giovani, felici.
- Ma che è
accaduto? - domanda uno dei mariti.
- Dove? - fa eco un
altro.
- Alla Bastiglia
… - rispondo brevemente mentre saliamo i gradini
dell'ingresso.
- Come “
alla Bastiglia”? - ripete esterrefatto
- Oh
signore… - mormora la secondogenita, Clautilde.
- Meglio entrare,
signore, signori… - li sollecito.
E tutti mi seguono in
branco, nei loro abiti neri che li fanno sembrare un gruppo di lustri,
zampettanti scarafaggi.
- Padre! - esclama
Marie Anne, raggiungendo il generale ancora seduto là dove
l'ho lasciato. Gli posa le mani sulle spalle ed egli ricambia il
contatto con una breve carezza sul guanto di pizzo nero.
- Quindi, è
stata assassinata da quelle belve? - conclude Hortense con le lacrime
agli occhi.
- Aveva l'incaricato
di disperdere la folla, immagino - esordisce un genero.
- Povera Oscar,
vittima di quegli esaltati...
- Si, ma…
no. - mormora Jarjayes. - Era lei … “la
belva”...
E mentre ripete
l'orrendo termine col quale la figlia prediletta è stata
identificata, sbianca, perché non riesce ad abbinarlo a lei.
Non riesce ad immaginare quel frugoletto splendido che solo ieri lo
abbracciava, infante inconsapevole; lo studente diligente, il
cavallerizzo nato, lo schermitore provetto, il figlio che chiunque
avrebbe desiderato… “belva”...
“traditore”... Non Oscar.
Silenzio esterefatto.
- State dicendo che
era tra i rivoltosi? - domanda incredula Catherine.
- Sta dicendo che li
guidava! - si inserisce Rosalie, seduta in un angolo buio della sala.
Si alza uscendo dal cono d'ombra - Fiera, consapevole ed orgogliosa al
comando dei suoi soldati. - sottolinea.
- Buon Dio! - mormora
uno dei consorti dopo un istante di sorpresa silenziosa.
- Inaudito! - gli fa
eco un altro con tono disgustato.
- E adesso? -
Il generale non parla
fissa il vuoto nel tappeto.
La figlia maggiore si
inginocchia ai suoi piedi.
- Padre ...
- Dov'è
vostra sorella Josephine? - la interrompe lui accorgendosi della
mancanza della più giovane.
- Nostra sorella
è partita stasera coi Polignac. In tanti sono partiti oggi.
Anche il fratello del re, Il conte di Artois..
- Anche noi saremmo
dovuti partire! Cosa accadrà ora!? - è
l'esclamazione di paura di un gentiluomo.
- Domani il Re
andrà a Parigi ad onorare il nuovo sindaco. Si
risolverá.
- Chinare la testa ai
rivoltosi sarà solo l'inizio del peggio!
- Non potete saperlo.
- E André?
Era con lei?
Il generale,
spettatore muto, annuisce.
- E Nanny? - chiede
ancora un'altra sorella.
- È sedata
- risponde la maggiore.
- Povera Nanny...
- Povera un accidente!
Sono i Jarjayes quelli che rischiano tutto! Quando si saprà,
cadremo in disgrazia!
- Per favore! Mia
sorella è morta! - chiede rispetto Marie Anne.
- È sempre
stata una stata una spina nel fianco! - sentenzia il marito di Hortense.
- Non parlare
così di lei! - replica la moglie.
- Ma cosa facciamo
adesso?
- Una cerimonia
pubblica è da escludere: nessuno deve sapere che la sua
salma è qui.
- Tanto non
verrà nessuno...
- Hanno già
avuto un funerale, non è per questo che siamo qui. Solo
perché le loro salme vengano ospitate al sicuro nella
cappella. - è la richiesta composta di Rosalie .
- Tu, bastarda dei
Polignac, non osare ordinare a noi cosa fare! - esplode uno dei generi
- Non puoi chiederci di onorare un traditore ed il suo sollazzo plebeo
dando loro un posto ove riposare come nulla fosse accaduto!
- Non parlare
così di loro! - interviene Hortense .
- Erano uno scandalo!
- Erano brave persone
e André era…
- … Colui
che sollazzava vostra sorella.
- Siete un essere
disgustoso. - conclude Marie Anne rivolta al cognato.
- Ah io..?
- Oscar e
André resteranno insieme. Qui o in una fossa comune a
Parigi. - ribadisce calma Rosalie.
- E allora a Parigi! -
le ringhia - Oppure in un campo a marcire, in un fiume a nutrire i
pesci, dovunque ma non qui e di sicuro non insieme!
Vedo Rosalie fremere,
ma la trattengo. Siamo qui con uno scopo e questi miseri personaggi non
hanno qualifica per essere nostri interlocutori.
- Occorre anche
decidere in merito al destino del titolo… - ricorda il
marito di Clotilde.
- C'è poco
da decidere: ovviamente passerà al mio figlio maggiore. -
replica il consorte della primogenita.
- Il caso non
è così semplice…Eredi maschi non ci
sono, solo il re può decidere.
- Il re
accondiscerá al volere di famiglia
- Il re
avrà altro cui pensare piuttosto che la discendenza di un
traditore!
- Smettetela di
parlare di tradimento!
- È quello
di cui si è macchiata Oscar!
- Basta! Basta! Solo
io posso decidere e potrei decidere per nessuno di voi! -
ringhia fuori di sé il generale, gelando tutti quanti con
uno sguardo - È stata il figlio migliore che avrei mai
potuto desiderare. Nessuno sarà mai alla sua altezza!
Nessuno! Mai!
Si alza ed esce
lasciando il silenzio padrone della stanza.
- Vecchio
pazzo… - sentenzia il marito di Hortense .
Marie Anne lo guarda
con disgusto.
- Vado da maman. -
dichiara senza distogliere da lui lo sguardo sprezzante.
E ad un suo gesto alle
sorelle, tutte escono.
-Dottore, lasciamo gli
sciacalli a sbranarsi fra loro - consiglia Rosalie in un bisbiglio.
Sì, penso,
meglio che sfoghino tra di loro i veleni.
Mi guardo intorno
pensando a dove potrà mai essere andato il generale. La
decisione può essere e sarà solo sua, anche se
capisco i loro timori in vista della reazione della Corona.
Vedo la mano di
Rosalie passarmi un piatto.
- Qualcosa di dolce
per addolcire la giornata? - propone - Una delle otto torte quotidiane
di Nanny?
Sorrido amaramente al
ricordo: “Antipasti misti,almeno quattro portate di primi
piatti freddi, due caldi, due arrosti in forno, uno stufato, tre tipi
di contorno e otto torte. È sempre previdente,
madame.”
Dal salone si odono
voci alterate: i generi hanno iniziato la lotta per la successione.
- Meglio uscire a
prendere un po’d'aria. - mi invita Rosalie.
Ci sediamo sul bordo
della fontana, in silenzio, coi nostri piattini in mano e nessun
desiderio di addolcire il palato né altro in questa giornata.
- Una volta finii
dentro questa fontana, sapete? - confida all'improvviso Rosalie -
Madamigella Oscar mi stava impartendo lezioni di scherma, ma io ero
troppo goffa, sgraziata e lei mi innervosiva… Mi confondeva.
Per la prima volta avevo qualcuno che si occupava di me, qualcuno che
non fosse mia madre. Avevo cibo, bei vestiti, una bella casa. Vivevo
senza l'assillo di dover sopravvivere alla giornata. Io le devo tutto,
la mia vita, la mia anima perché senza di lei mi sarei persa
nel desiderio di vendetta. È stata il mio primo
amore romantico, il mio cavaliere scintillante, il mio eroe. Come
poteva non esserlo? . E poi c'era André.
Con lui ho capito che la signorilità non si eredita, ma
è qualcosa di innato. Come la sua pacatezza, la sua ironia,
il suo ottimismo. - la sento sorridere - Sì, nonostante
tutto, credo fosse un grande ottimista. Era anche un bravo ballerino e
un insegnante severo … E l'amava e non ci sarebbe
stata speranza per nessun altro, tantomeno per una sciocca ragazzina
confusa.
La vedo martoriare la
torta con la forchetta, odo la voce incrinarsi.
- Non riesco a credere
che non ci siano più.
- È il
vostro cuore che non ascolta ragione, Rosalie.
13
luglio 1789
Le
dita percorrono il legno chiaro, nervose, incoerenti nei loro
movimenti. Scattano improvvisamente avanti, si protendono nel vuoto,
verso di quello che resta di lui, ed altrettanto improvvisamente
tornano a stringere il bordo della cassa.
Borbotta
parole incomprensibili, tra i singhiozzi, e ripete
“no”, come un tuono che parte da lontano, ed
esplode “nonononooo!!!”.
E
allora grida e picchia il legno, e crolla sulle ginocchia, sul
pavimento di questa chiesa.
Poi
tace. Di colpo. Ed è lì che più temo
per la sua salute. È qualcosa che ho già vissuto
in prima persona. So cosa sta passando: lo vedo nel suo sguardo fisso e
vacuo, nelle sue pupille dilatate; i capelli appiccicosi sulla fronte
sudata per questa giornata torrida, neri per la fuliggine della polvere
da sparo e adesi alle guance salate di lacrime.
Ti
manca l'aria, Oscar, vero? Ti manca il cuore, ti manca lui?
Perché lui era il tuo stesso respiro, il tuo stesso battito,
ed ora è solo carne in cui una volta scorreva sangue.
Ed
è solo l'inizio.
Quel
dolore che ti stringe lo stomaco, quel masso sul petto, quella morsa
alla gola, si attueneranno solo per tornare più violenti a
tormentati quando meno te lo aspetti.
So
cosa provi, Oscar, e non posso fare nulla per te. Stai per scoprire se
la follia prenderà possesso della tua mente, o se sarai
forte abbastanza da sopravvivere.
Sopravvivere,
Oscar, perché la vita, quella vera, è
già perduta, lasciata in quella piazza dove lui ha esalato
l'ultimo respiro portandosi via il tuo.
Ed
ogni giorno, ogni istante, sarà solo sopravvivenza. Niente
altro, niente di più.
Io
mi sentivo in colpa perché appena sveglio, per pochi
istanti, non pensavo a lei che non c'era più. Per quei pochi
istanti mi sentivo ancora sereno, come se la cosa più
devastante per me non fosse mai accaduta. Ma il resto del giorno dovevo
farci i conti e lì era la follia.
Ti
siedi, Oscar, di spalle alla bara, contro di questa; quasi come cera di
una candela ti sciogli.
Improvvisamente
ti sei quietata. So perché. Hai appena realizzato che il tuo
sopravvivere durerà poco: la tisi che morde i tuoi polmoni
è ad uno stadio avanzato e sarà una terribile,
dolorosa, ma breve agonia. E questa è la tua sola
consolazione.
Esco
dalla chiesa dove sono stati radunati i corpi dei parigini morti in
questi giorni negli scontri: la lascio a pregare, a piangere, a
dolersi; la lascio sola con lui, perché gli dica finalmente
tutto ciò che mai gli ha detto, anche se è tardi,
anche se lui non potrà rispondere, sebbene, ora ne sono
intimamente certo, può ascoltare e ne sarà felice.
Cammino
fino al lungosenna. Esausto mi appoggio al muretto e mi perdo a
osservare l'acqua scorrere imperturbata.
Arrivano
deboli i bagliori dei falò accesi lungo le barricate, il
chiacchierare sommesso limitato al necessario di uomini e donne
esausti, tesi al pensiero di cosa accadrà domani.
Ho
creduto che non avrebbe più smesso di gridare il suo nome.
Nella
mia vita, ho assistito a tanti decessi ed al dolore che ne conseguiva.
Io stesso sono stato sull'orlo della disperazione senza ritorno.
Ma
lei …Dio, lei mi ha straziato.
Quando
hanno cercato di spostare il corpo dalla piazza, ce lo ha dapprima
impedito. Poi ci ha seguito, persa. Solo l'ombra della guerriera infrangibile
che ha sempre cercato di ostentare, solo un'anima a metà,
fragile e sperduta come una bimba.
Non
ha voluto allontanarsi durante la composizione del cadavere, durante le
pietose e stomachevoli operazioni.
“È
ancora caldo… non è possibile… si
sveglierà… sta solo dormendo… .
“, bisbigliava a sé stessa mentre il corpo di
André veniva lavato con alcool canforato e cosparso di oli
odorosi prima di essere rivestito e deposto in una cassa.
Negare
… Negare è il solo modo di resistere alla follia.
Ma la verità è come l'acqua: trova sempre il modo
di arrivare in superficie e travolgerti.
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