WHITE

di Anja Smith
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Bianco, bianco, bianco.
Un mondo in bianco attraverso le fessure delle mie palpebre, così pesanti da sembrare piombo fuso che mi cola sul cervello. Ricadono giù, impietose, senza darmi tempo di vedere altro.
Bianco.
Un mondo in bianco e un bip.
Bip - pausa - bip - pausa - bip - pausa.
Ti fa venire voglia di seguirne il ritmo tamburellando con le dita. A riuscirci.
Coraggio, prova.
Non posso.
Avanti.
Sono troppo stanco.
Ho voglia di dormire.
A lungo, come la domenica mattina quando sai che non c’è scuola e che tua madre non ti chiamerà per la colazione.
Bip - pausa.
Ricorda un altro bip, lontano nel tempo e nello spazio.
Una mattina di settembre, fredda e piovosa come possono essere solo alcune mattine di settembre da noi.
Mani troppo gelide per essere scaldate dalle tasche della giacca buona. Freddo, e paura, e morte.
Mamma.
Bip.
Fatti forza, figliolo.
Il tempo guarisce, guarisce tutto.
Non si guarisce invece.
Ma ci si fa forza, quello sì.
Bip, di nuovo.
Mi riporta dove sono adesso, e voglio esserci.
Voglio essere qui.
Avanti, dai.
Solleva le palpebre, piano piano.
Ecco.
Due piccole saracinesche in equilibrio come acrobate su un filo. Incerte, ma ce la fanno.
Di nuovo la lama bianca mi trafigge le pupille, ho un senso di nausea.
Ci sono, però. Ci sono.
- Ehi....
Lei.
Mi rivolge un sorriso liquido di lacrime, ma è il sorriso che vedo da più di quarant’anni.
E che mi riporta a casa, finalmente.
Voglio parlare.
Voglio dirle quello che ricordo, è tutto così nitido che sembra accadere in questo momento.
Uno squarcio che nel petto che fa urlare, e la bocca che si apre senza emettere alcun suono.
Devo parlare perché solo così tutto scomparirà per sempre.
Il freddo, la paura, la morte.
Le immagini dei nostri figli soli.
Fatevi forza, ragazzi.
Prendo fiato, ma è uno sforzo immane.
Avverto quasi dolore mentre l’aria mi penetra nella gola, e deglutisco a vuoto.
Lei mi stringe la mano, con forza. E mi fa cenno di tacere.
- Non ora. Non sforzarti.
È un ordine anche se parla a bassa voce.
- Va tutto bene.
Chiudo gli occhi, sfiniti: è stata troppa la fatica. E sento due lacrime sotto le palpebre, due sole. Come se non ne avessero potuto fare a meno. Come se qualcosa si fosse rotto.
Non va tutto bene, Ali.
Sono invecchiato, guardami, sono invecchiato e stanco e fragile, potrei spezzarmi adesso.
Posso farcela solo se mi tieni forte, non smettere di farlo.
Continua ti prego, con la tua mano che stringe la mia.
Così.
Come sempre.
Lo vedi?
Sono stanco, tanto. Ma sorrido.



Every wave that broke me
Every dawn that woke me
Was to get me home to you
(U2, Landlady)




Ovviamente la frase “un mondo in bianco”, così come il titolo della storia, è ispirata a New Year’s Day.




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