Stray dog.

di Eowyn _w_
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                                                            Prologo: (in)comprensioni.






Espulso.
Per la quarta volta in cinque anni, Keith era stato espulso.
E come non bastasse tutto questo, per la prima volta in cinque anni quel che resta a della sua famiglia si fa   viva. 
Suo cugino, Takashi Shirogane, studente di ingegneria aerospaziale alla International Accelerator di Boston, si fa vivo. Lo  recupera dal collegio dove era rimasto confinato per un anno e caricato in macchina. Così. Come se fosse stato un randagio recuperato dal canile. 
Tutto  sorrisi e racconti per la prima ora, poi cade un silenzio imbarazzante. E Keith non ha intenzione di romperlo. Ma Shiro non è dello stesso avviso. 

«Ascoltami, Keith  comincia Shiro, senza distogliere neanche per un attimo lo sguardo dalla strada «so quanto è difficile. Credimi, lo so.»

Keith stringe i pugni, digrigna i denti. Sa che suo cugino non si sta riferendo all'espulsione, né al dolore  per le ferite causate dalla rissa di due giorni prima. Si riferisce a qualcosa di più forte, una ferita che fa male più di tutte le altre, qualcosa di cui Keith non vuole parlare, qualcosa per cui ha sofferto già abbastanza e si è dato la colpa abbastanza.
«Ed ero una testa calda proprio come te, se non peggio » continua il ragazzo alla guida, ridacchiando appena «però...»
«Takashi» esclama Keith  decidendo di interromperlo subito chiamandolo con il suo nome per intero, come facevano da piccoli quando giocavano insieme ai soldati, quando le cene di famiglia erano semplicemente troppo noiose per restare seduti e composti a tavola.« Prima che questa predica prenda una piega indesiderata... mi dispiace»
Shiro sgrana appena gli occhi ancora puntati sulla lunga autostrada tipicamente americana, sorpreso. Così genuinamente sorpreso che a Keith quasi dispiace di star per dire quello che sta per dire.« Mi dispiace che tu all'improvviso ti ritrovi a dover giocare a papà e figlio. Ma ti posso assicurare che puoi subito piantarla qui: so badare a me  stesso, l'ho fatto per quattro anni abbondanti. Non ho bisogno di sermoni su quanto sia importante la compostezza e l'educazione. Per quello mi è bastato il nonno quando eravamo piccoli.»
Shiro boccheggia appena, prima di sbuffare infastidito. E il discorso sembra terminare ancor prima di cominciare. Il ragazzino ghigna.
Keith uno, Shiro zero. O almeno così crede.
Passa una buona mezz'ora  passata in silenzio, prima che all'esageratamente larga autostrada si sostituiscano i palazzi della grande città universitaria. Boston.
Keith si trattiene dallo spalancare la bocca, incantato. Rispetto alla città dove aveva vissuto per undici anni, New Orleans, e rispetto alle squallide città di periferia dove vissuto per i successivi cinque, era totalmente diversa. Sentì una sensazione familiare e dimenticata diffondersi dal centro del petto. Quella città, seppur vista per la prima volt, lo fece sentire quasi a casa. E Keith capi finalmente il significato di colpo di fulmine.
E forse avrebbe dovuto aspettarselo, ma proprio quando era più vulnerabile, le mani e il viso contro il finestrino, Shiro parlò.
«Dispiace a me. »dice a voce alta, all'improvviso. E Keith non lo vede, ma capisce dal suo tono che è sincero.
«Mi dispiace, Keith, che tutta la nostra famiglia ti abbia abbandonato. Mi dispiace che i tuoi siano morti. Ma, credimi, se avessi potuto ti avrei preso con me da subito. E, credimi, c'è una ragione per cui non l'ho fatto » sospira. Keith si stacca dal finestrino, si lascia andare di nuovo contro il sedile e lo guarda. E per la prima volta dopo cinque anni, lo vede.
«So che non sarà facile. Non voglio giocare a padre e figlio, e non voglio neanche che tu faccia finta di essere il cuginetto perfetto. Ma voglio solo... voglio solo che tu riesca a parlare con me come facevi tempo fa. » distoglie lo sguardo dalla strada, puntando i suoi occhi grigi in quelli viola di Keith. «Voglio solo che tu mi conceda una tregua»
E Keith annuisce.
A Boston, nella macchina mezza distrutta di suo cugino, una mattina di inizio ottobre, Keith acconsente. E promette.
Tregua.
Questa parola  questo momento resteranno impressi nel tempo.















NDA 
tadaaaaan. Beh ecco, ragazzi, non è che ci sia molto da dire. Questa cosa è la prima cosa che scrivo in assoluto dopo anni, anni in cui ho seriamente pensato di non essere più capace di fare ciò che più mi piace al mondo, quindi sono sicura che sia orribile e piena di eroìrori che io però non riesco a notare, quindi siete liberi e pregati di farmeli notare.  Vi dico da subito che da brava persona che si vuole davvero poco bene ho ben deciso di sviluppare una trama ben complessa. Spero che mi seguiate in questa avventura! Sono allo stesso momento felicissima , perché ho finalmente superato questo blocco ;; 
Fatemi sapere che ne pensate! 
Eowyn.




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