Ancora una volta i suoi turbolenti pensieri le giocarono una brutta carta, Re di Cuori; prese ad immaginarlo vicino al suo corpo, con le grandi mani a vagare sulla pelle nuda, a lasciare baci e morsi sul collo che prima le aveva strinto, a palparle con furia e foga i seni e le natiche portandola in un fiume di passione che non voleva e non poteva fermare.' - pretendo entro due giorni che sia pronta, chiaro donna?'
'Cosa?'
Domandò. Iniziava a sentire caldo, come se la temperatura del laboratorio fosse diventata improvvisamente rovente, senza che potesse accorgersene aveva iniziato a sventolare una mano davanti al viso cercando di attenuare la calura.
Vegeta la guardò come se fosse impazzita e posando lo sguardo sulle guance arrossate e le iridi lucide capì che mentre le stava parlando la mente della scienziata fosse da tutt'altra parte, forse su qualcosa di lussurioso dato il suo respiro irregolare e il forte odore d'eccitazione che aveva iniziato ad emenare.
L'olfatto dei Saiyan era acuto e questo non gli sfuggì.
'Capisco la carne sia debole ma quello a cui aspirate è troppo per una come voi.'
Proferì con una nota di sarcasmo e mentre le passava accanto, tra una breve occhiata colma di bramosia ed un labbro inferiore strinto con troppa audacia tra gli incisivi, le disse altro:
'Non avete la forza necessaria per tenermi tra le cosce.'
Solo dopo essere arrivato all'uscita le ricordò cosa dovesse fare:
'Una stanza per gli allenamenti, pretendo il progetto tra due giorni.'
Quando anche il mantello rosso fu fuori dalla sua visuale e la porta venne chiusa si liberò con un piccolo gridolino e con una manata sul viso, ne stava uscendo matta.
Da tutt'altra parte, nella città, la tenente aveva recuperato dalla vecchia postazione del padre la mappa dei sotterranei di quello che una volta era il palazzo degli imperatori giapponesi. Ignorava cosa ci facesse lì e come i vecchi sopravvissuti avessero intenzione di usarla, assieme a Yamcha e il fratello di Lazuli si erano riuniti nella metropolitana cercando di formare un piano per recuperare le tre ragazze.
‘È un suicidio, ci troveremo in un vicolo cieco e verremo sorpresi.'
Aveva sbottato il soldato, poggiato contro la parete accanto al tavolino in legno dalle gambe dondolanti, tenendo nella mano destra un bicchiere colmo di birra non più fresca.
La coscia coperta da garze lasciata distesa sul cemento, dolorante come la sua testa che non accettava la perdita della scienziata.
'I Saiyan neanche sanno dell'esistenza di quei corridoi, è l'unico modo.'
Dopo un lungo tiro alla sigaretta la corvina aveva lasciato che il fumo le uscisse dalla bocca, le labbra screpolate e rosse.
Seduta su uno sgabello teneva tra le dita la cartina agitandola quando una delle tante idee le piombava nella testa caricandola di speranza e svanendo poi come l'odore della nicotina nell'aria.
'Non m'importa, devo salvare mia sorella e se questa è l'unica strada io ci andrò con o senza di voi.'
Lapis era testardo, troppo giovane per capire che stesse andando in contro alla morte, ingenuo o troppo stupido, Chichi e Yamcha non riuscivano a capirlo. Lasciavano che parlasse, che sbattesse i pugni e stringesse i denti, che si sfogasse preso dai sensi di colpa per non essere riuscito a salvare la bionda. Spesso si toccava la tempia coperta da una medicazione fatta alla bella e meglio, piagnucolando per qualche fitta.
La giovane lo osservava, intuiva quanto dolore potesse provare, di certo non quello fisico, ma la paura e la rabbia nel sapere di star perdendo la sua unica famiglia e di non poter far nulla per impedirlo.
'Calmati e sii paziente, se non vogliamo correre pericoli l'unica soluzione è il corridoio ad est –
'È stato murato, non è più accessibile. Bisogna prendere quello a sud.'
Proferì una voce, la lampada ad olio illuminava solo lo spazio sul tavolino, con la sua luce rossastra rendeva possibile che i tre soltanto si guardassero in viso. Avevano deciso di spostarsi lontano dalla folla, lungo uno dei tanti binari non conosciuti dai molti. Non aveva dimenticato quel timbro così particolare, soltanto il giorno prima aveva avuto l'onore di essere vicina ad un saiyan tanto da sentirne il calore.
Si era irrigidita, dopo un attimo di terrore aveva portato la sigaretta tra le labbra con spavalderia, alzandosi, prendendo la lampada decisa a fronteggiare il mostro. Quando senza neanche il tempo di girarsi se l’era ritrovato di fronte a braccia conserte la sua espressione era mutata, da decisa ed ostinata ad una più insicura. Aveva strinto con forza il filtro lasciando che la cenere cadesse sul suo braccio e sugli anfibi.
Yamcha era scattato sull'attenti brandendo il fucile tra le mani pronto a difendersi, Lapis al contrario si era fatto indietro.
'Che diavolo ci fai qui.'
Non era una domanda, neanche un'affermazione, il suo tono era incrinato quasi come fosse una minaccia.
Stava difendendo i suoi simili come un cane, girava intorno alle sue pecore pronto ad affrontare il lupo che voleva divorarle.
'Su, non t’arrabbiare. Sappiamo bene che vi rifugiate qui sotto, abbiamo la capacità di percepire le aure.'
'A-abbiamo?!'
Il ragazzo dal viso sfregiato era confuso, si guardava intorno con le mani tremanti, era difficile per lui reggersi in piedi con la ferita non guarita del tutto ma certamente il coraggio non gli mancava.
La corvina aveva intuito ci fosse qualcun altro, l'odore dei mercenari era più intenso, prendeva una nota più agrodolce che non era quella di chi aveva di fronte.
Con un gesto veloce tolse la sigaretta dalla labbra, la tenne tra le dita della mano sinistra mentre con la destra si faceva luce spostandosi al lato, illuminò la parte opposta del binario trovando, appoggiato contro la parete, un altro uomo.
Decisamente più grande d'età, una bandana cremisi sulla fronte ed una cicatrice sulla guancia, simile per aspetto a Kakaroth, lo riconobbe immediatamente.
'Tu… io ti conosco.'
Il suo sguardo divenne più cattivo, i suoi occhi dalla forma dolce erano divenuti rigidi come pezzi di ghiaccio. Bardack la ignorò rimanendo nella sua posizione, lasciò che la coda si muovesse intorno alla sua figura quasi volesse istigarla. Suo figlio lo aveva avvertito, riferendogli tutto ciò che aveva visto e scoperto. Contro voglia lo aveva portato tra gli umani, avevano percorso la metropolitana tra le urla delle donne e lo sconcerto dei soldati terrestri, una volta che furono arrivati rimasero nel silenzio più totale ascoltando i discorsi dei tre finchè quello scellerato del suo secondogenito non si era intromesso.
Non aveva idea di come quella ragazzina lo conoscesse e poco gli interessava, era solo curioso di sapere come quella si sarebbe comportata.
'Guardami dannazione! Sto parlando con te!'
Il mozzicone venne gettato, incurante del pericolo si era avvicinata all'ex generale.
Bardack non era paziente come suo figlio, di fatti la sua reazione fu incontrollabile.
Fulmineo si era buttato alle spalle della tenente prendendola per il braccio libero e portandolo dietro la sua schiena, aveva riso mentre con l'altro la teneva ferma per la vita.
'St, st, non ti hanno insegnato l'educazione mocciosetta?'
Le aveva sussurrato all'orecchio, brividi le avevano attraversato il corpo mozzandole il fiato. La sua intensa fragranza le riempì le narici; sudore, tabacco e qualcosa che riconobbe come arancia.
'Non posso avere rispetto per chi ha ucciso mio padre.'
Arrogante come poche aveva ripreso il controllo rispondendogli a tono, sfoderando tutto l'odio che teneva ancorato nel suo cuore, aveva sputato il suo rancore nei confronti dell'assasino, vomitato chiodi e veleno.
'Kadesv'es'
'Impertinente.'
Ridacchiò appena per poi lasciarla libera, se avesse premuto ancora se la sarebbe ritrovata dolorante, o peggio ancora morta, tra le braccia e non era sua intenzione scatenare l'ira del figlio. Fece qualche passo verso il tavolino pronto a prendere la cartina lasciata incustodita, ma Lapis fu più veloce, la nascose dietro la schiena avvicinandosi a Yamcha sicuro che lui l'avrebbe protetto.
'Ah, mossa azzardata!'
Allungò il braccio volgendo il palmo della mano verso il ragazzino, incurante Kakaroth gliel'abbassò impedendo che un raggio di luce venisse lanciato.
'Violento come al solito. Non si impone così un accordo, padre.'
L'ironia del guerriero fece rivoltare lo stomaco della ragazza, nonostante fosse sconvolta non si perse d'animo. Poggiò la lampada sul tavolino e prendendo l'oggetto di tanto interesse dalle mani del diciassettenne lo tenne stretto a sè.
'Su, parla Kakaroth che volete?'
'Sei matta?!'
Le aveva sussurrato il ragazzo, l'arma ancora puntata verso i due.
'Vi proponiamo un patto, voi ci lasciate la mappa e noi salveremo le vostre amiche. Ragionevole, non trovi?'
Chichi emise un ringhio, scosse il capo percossa dal nervoso. Infilò la mappa nella tasca interna del suo giubotto e dopo una lieve occhiata rivolta ai due della sua specie prese parola.
'No. La terremo noi, voi ci aiuterete nel riprendere le nostre compagne e noi vi faremo entrare nel palazzo.'
'Ah, non vorrai mica che me la prenda con la forza, vero?'
Kakaroth portò la testa di lato allungando poi la mano pronta a ricevere il pezzo di carta.
'Azzardati.'
Mormorò la giovane facendo qualche passo indietro, ci mancò poco che perdesse l’equilibrio sulle rotaie e cadesse, il Saiyan fu più veloce e la resse impedendole di fare una brutta caduta. Si guardarono per qualche istante, e non era attrazione quello che li accomunava bensì interesse e curiosità, due mondi completamente opposti uniti da due anime con lo stesso colore degli occhi.
'Neanche ti reggi in piedi e pretendi di riuscire ad entrare nella corte?'
Le sorrise appena per poi lasciarla e spostarsi. Ella gli rivolse un'occhiataccia che lui prese come un ringraziamento.
'Smettila di fare il damerino, idiota!'
‘Padre, con le femmine bisogna essere gentili, soprattutto con certe dal carattere troppo aggressivo.'
Bardack sbuffò. Non conosceva quel lato così malizioso del figlio e ne rimase sorpreso. Ad ogni modo si rese conto che da giovane, nei confronti della moglie, aveva avuto gli stessi comportamenti.
'Con quelle della tua razza, non con esseri così deboli.'
'Come se cambiasse qualcosa.'
'Smettetela!'
L'urlo della ragazza lì zittì, ingoiò a vuoto notando i loro sguardi rivolti tutti nella sua direzione, tra quelli di completo sconcerto risalvatavano quelli divertiti dei mercenari.
'Si fa come dico io.'
Avanzò prendendo un lungo respiro, poggiò la mappa sul tavolino ed indicando un certo punto con l'indice riprese a parlare:
'Si andrà verso sud, risalendo per queste scale ci si trova direttamente nel corridoio delle prigioni. Data la vostra forza sarà un gioco da ragazzi creare un varco ed irrompere nelle celle. Ci saranno delle guardie più avanti, sicuramente verranno a controllare. Voi vi occuperete di loro, noi prendiamo le nostre e le vostre compagne ed usciremo dallo stesso varco. Intesi?'
'Intesi, tenente.'
E per quella volta non fu un terrestre ad obbedire ai suoi ordini.