contest
Swing
on the Hill
Come ogni notte, non appena udì il rumore metallico e
graffiante del cancello del cimitero che si chiudeva ad opera del
vecchio custode, Naruto sollevò il coperchio della bara, si
tolse qualche ragnatela di dosso e trascinò fuori le sue
ossa stanche in direzione della collina. Il vento soffiava gelido sulle
lapidi portandosi via i petali di fiori appassiti, qualche corvo
gracchiava in lontananza annunciando forse l’imminente arrivo
di nuovi ospiti.
Come ogni notte, una volta arrivato ai piedi del bitorzoluto albero
secolare che svettava in cima alla collina, Naruto trovò
Sakura ad aspettarlo pazientemente sulla vecchia altalena cigolante; si
dondolava avanti e indietro, lentamente, le falangi bianche strette
intorno alle funi e le lunghe ossa delle gambe penzoloni nel vuoto. Non
appena lo vide avvicinarsi, però, Sakura interruppe
bruscamente il movimento.
«Sei in ritardo di diciassette minuti».
Naruto udì una nota di rimprovero nella sua voce e fu certo
che, se fosse stata ancora viva, Sakura avrebbe aggrottato la fronte e
assottigliato lo sguardo. Ma ora il suo volto non aveva più
alcuno strato di pelle e le sue orbite erano completamente vuote
− due cerchi perfetti, scuri e profondi come la notte
perpetua che li avvolgeva − per cui Sakura potè
segnalare la sua indignazione solo con un breve cenno del capo.
«Il custode ha fatto più tardi del
solito». Quando Naruto prese posto sull’altalena al
fianco di Sakura, gli ossi ruvidi e appuntiti dei loro gomiti
sfregarono l’uno contro l’altro. «Non
potevo mica uscire dalla bara davanti ai suoi occhi e rischiare di
fargli venire un infarto, pover’uomo».
Sakura annuì lievemente con il capo, ancora poco convinta.
«Ma ora sono qui», aggiunse in fretta Naruto.
«Con te». Cercò la mano di Sakura e la
strinse nella propria: era incredibile come un semplice mucchietto di
piccole ossa sottili incastrate le une nelle altre fosse in grado di
farlo sentire meno solo,
meno dannato
in quella esistenza che non era né una vita né
una morte,
che era tutto
e niente
insieme.
«Non prenderti troppe libertà ora»,
disse Sakura imbarazzata ruotando il capo dall’altra parte.
Se avesse avuto ancora le guance, probabilmente sarebbe pure arrossita.
«Ti ricordo che tu
hai contato i minuti che ci separavano. Sei pazza di me,
Sakura-chan».
Naruto rise, una risata ruvida e gutturale che ormai non aveva
più nulla in comune con quella accesa e squillante di quando
era vivo, ma che ebbe ugualmente il potere di contagiare Sakura. Anche
lei infatti si lasciò sfuggire una risatina sommessa che
risuonò nel silenzio funebre del cimitero lasciandosi
trasportare via dal vento.
Quando smisero entrambi di ridere, Naruto si accorse che Sakura lo
stava fissando in maniera diversa dal solito.
Si incontravano ogni notte su quella collina da anni o forse da
decenni, precisamente da quando si erano resi conto che per qualche
assurdo motivo, per qualche strana magia o maledizione, le loro anime
si erano improvvisamente risvegliate all’interno dei loro
corpi già morti e sepolti.
Il primo tra i due era stato Naruto. Riaprendo gli occhi
all’interno della propria bara e ricordando subito
l’istante in cui li aveva chiusi per sempre nel proprio letto
circondato dai propri cari, si era lasciato letteralmente divorare dalla
paura: lì per lì, credendo di essere ancora vivo,
aveva tirato calci e pugni sul coperchio della bara fino ad aprirla e
si era messo a correre per il cimitero urlando aiuto a
squarciagola per ore e ore, poi lentamente si era reso conto che non
respirava, che il cuore non gli batteva, che non aveva fame, sete o
sonno, che la sua pelle stava cadendo a pezzi, che non aveva
più niente di umano. Poteva solo muoversi, pensare e
parlare. Il suo corpo era morto, ma la sua anima no. Un inferno
praticamente.
Dopo una lunga battaglia interiore aveva deciso che, per quanto la
tentazione fosse forte, non sarebbe tornato a disturbare i vivi
perché altrimenti li avrebbe solo
terrorizzati a morte scombussolando tutte le loro certezze sul ciclo
della vita. Aveva scelto di trascorrere il suo inferno da solo, in
silenzio: di giorno sarebbe rimasto nella sua bara continuando a far
finta di essere morto, di notte sarebbe uscito a guardare le stelle in
attesa della sua seconda morte, quella definitiva, se mai fosse
arrivata.
La notte in cui aveva scoperto di non essere da solo, Naruto si stava
dondolando sull’altalena che aveva trovato in cima alla
collina dietro il cimitero. All’improvviso aveva sentito un
lamento, poi delle urla e infine un pianto disperato. Era una voce
femminile e sembrava terrorizzata almeno quanto lo era stato lui nel
risvegliarsi dalla sua prima morte.
Ormai senza più muscoli e pelle, Naruto era corso
giù dalla collina trovando una donna che si aggirava
barcollante tra le lapidi: anche lei era ormai solo uno scheletro
ambulante, ma i suoi occhi erano ancora lì, grandi e verdi,
bellissimi. Naruto non li avrebbe mai dimenticati.
«Va tutto
bene», le aveva detto andandole incontro con le
mani alzate. «Io
e te siamo uguali».
«Sta’
lontano da me, mostro!», aveva urlato la donna
indietreggiando. Piangeva, ma piangeva solo con il cuore: non
c’era traccia di lacrime nei suoi occhi vitrei. Era morta e
risorta esattamente come lui e quella consapevolezza gli aveva ridato speranza, una luce a cui
aggrapparsi in mezzo a tutto quel buio. Non sarebbe stato mai
più solo.
Naruto ci aveva impiegato più notti consecutive per
convincere Sakura che quello non era un incubo e che non poteva, anzi non doveva tornare
dalla sua famiglia. La seguiva ovunque andasse, continuava a parlarle
anche se lei gli urlava contro o faceva finta di non sentire, ogni
tanto cercava – invano – di abbracciarla beccandosi
una manata dritta in faccia (Naruto il dolore non poteva più
sentirlo, ma era certo che se fosse stato vivo la guancia gli avrebbe
pulsato in maniera tremenda). Poi una notte Sakura si era finalmente
lasciata stringere dalle sue braccia e gli aveva sussurrato “grazie”
in un orecchio. Accasciandosi per terra con quelle poche ossa racchiuse
tra le proprie, Naruto aveva capito di aver trovato in Sakura la compagna giusta con
la quale allietare il suo inferno e per la prima volta da quando aveva
riaperto gli occhi nella bara si era sentito tremendamente e umanamente
felice.
Da allora, non appena il buio calava sul cimitero e il custode andava
via, i due si incontravano su quella stessa collina e si raccontavano
pezzi della loro vita e della loro morte. Con il tempo Naruto aveva
imparato a decifrare con chiarezza i pensieri di Sakura nonostante il
suo volto non potesse esprimere più alcuna emozione, eppure
in quel momento, quando lei prese a fissarlo in maniera strana, diversa
dal solito, Naruto non riuscì a immaginare cosa si potesse
nascondere nelle sue orbite ormai vuote.
«Che c’è?», chiese perplesso.
«Avrei voluto amarti mentre eravamo vivi». Sakura
si lasciò sfuggire qualcosa di simile ad un sospiro
rassegnato. «Così avrei potuto vedere i tuoi occhi
e il tuo sorriso. Avremmo potuto baciarci, abbracciarci, fare
l’amore. Avremmo potuto sposarci e avere dei bambini. Avremmo
potuto passare tutta una vita insieme».
Naruto un cuore non ce l’aveva più da diverso
tempo, eppure gli sembrò di avvertire una fitta dolorosa e
piacevole al tempo stesso nella parte sinistra della gabbia toracica:
non pensava che da morto avrebbe mai potuto ricevere una dichiarazione
così maledettamente bella e così maledettamente
triste. Emozionato, avvolse con l’osso del braccio le spalle
scheletriche di Sakura e la attirò verso di sé
fino a far incontrare le loro fronti.
Naruto aveva ormai ricordi vaghi della sua esistenza da vivo. Sapeva di
aver avuto un lavoro importante, una moglie, due figli e molti nipoti.
Forse Sakura l’aveva già conosciuta in
gioventù e magari perfino amata per un certo periodo di
tempo o forse l’aveva solo vista di sfuggita tra le strade
trafficate della città, ma era certo che da viva fosse stata
bellissima. Naruto la trovava bella perfino in quel momento, anche se
non aveva più grandi occhi verdi e labbra carnose, un petto
accogliente su cui posare la testa o fianchi morbidi da stringere,
anche se di lei rimanevano solo le ossa e la voce. E a modo suo la
amava, la amava perché lo aspettava ogni notte su quella
collina, perché la morte con lei assumeva un sapore
decisamente più dolce.
«Anch’io avrei preferito amarti in vita,
Sakura-chan, ma mi accontento pure di questo».
Naruto spinse la bocca contro quella di Sakura toccando le ossa dure e
fredde che un tempo ospitavano le labbra e lei ricambiò
l’invisibile bacio accarezzandogli dolcemente il viso.
La luna, come ogni notte, illuminava i due scheletri abbracciati
l’uno all’altro sulla vecchia altalena cigolante in
cima alla collina del cimitero e di sicuro qualsiasi persona viva,
guardandoli, avrebbe trovato la scena così terrificante da
scapparsene a gambe levate, ma Naruto e Sakura insieme stavano
così bene che non avrebbero potuto immaginare un modo
migliore per trascorrere la loro esistenza oltre la morte.
Quello che i due non sapevano era che per lunghi anni il vecchio
custode del cimitero aveva osservato segretamente le loro vite e aveva
pensato che fosse davvero un peccato che due persone così
giuste
l’una per l’altra non avessero avuto modo di
amarsi da vive. Gli era bastato, allora, un semplice schiocco delle
dita per concedere ad entrambi una seconda possibilità: forse meno
bella, forse meno felice, ma avrebbe permesso loro di amarsi come
meritavano.
E anche quella notte, con il viso nascosto sotto il cappello e le mani
infilate nelle tasche del lungo cappotto scuro, il vecchio custode
sorrise svanendo in una nuvola di fumo dietro l’angolo del
cimitero.
Note dell'autrice:
E' la prima
volta che scrivo qualcosa del genere e credo che non sia nemmeno molto
horror, ma questi due nelle mie storie finiscono per raccontarsi sempre
da soli XD La
storia è ispirata all'immagine qui in basso.
Per il custode del cimitero ho preferito rimanere sul vago,
immaginatevelo come meglio credete (un mago, un dio sceso in terra, un
angelo...). Grazie
a chi leggerà e vorrà lasciare un segno del suo
passaggio, critiche e consigli sono sempre ben accetti. Se non dovessi
pubblicare nient'altro prima di Halloween, be', buon
Halloween!
Alla prossima :D
Soly Dea
|