orchidea d'autunno 1
Vienna, Austria,
Febbraio 1940.
Camminando
lungo i ciottoli di Elisabethstrasse con gli occhi puntati sul suolo
e le narici piene di un misto di odore di neve e cioccalata, Asteria
Cagnoli continuava a ripetersi che l' Austria in poco più di un anno
e mezzo nel quale era stata lontana non poteva essere troppo
cambiata.
Lo
diceva ovviamente perché i suoi occhi, normalmente impegnati in
studi assai più piacevoli di quello che riguardava il percorso da
far fare ai suoi piedi senza inciampare, prestavano ben poca
attenzione all'ambiente circostante, non si soffermavano né sugli
edifici che negli ultimi mesi passati a Torino le erano mancati così
tanti, né sulle divise tedesche alle quali non aveva ancora avuto
modo di abituarsi.
La
verità era che in quel momento l'entusiasmo dell'essere di nuovo a
Vienna, e quindi in Austria, e quindi non in Italia, e quindi non a
Torino, e quindi lontana dai suoi zii, era davvero troppo e
sovrastava l'inquietudine di quel conflitto che in qualche modo
ancora non la riguardava.
Insipirò
profondamente prima di affondare la chiave, la sua chiave, nella
serratura del suo palazzo per poi godersi la vista della scala che
l'avrebbe condotta finalmente, dopo poco più di un anno e mezzo,
dentro il suo appartamento.
Sì, quel momento era davvero troppo perfetto e lei
troppo entusiasta per poter pensare ad altre cose.
“Ah... è tornata signorina Cagnoli... alla buon ora”
la felicità così come era arrivata scomparve,
fagocitata dalla bocca da anfibio della signora Haas, portinaia del
suo palazzo e cane da guardia per chiunque lo abitasse, la ragazza
mise su il sorriso più educato del suo repertorio, quello che le
metteva in evidenza le fossette delle guance e del mento, sperando
che l'esasperazione dei suoi occhi fosse meno evidente della palese
scontentezza di quelli della grassa signora.
“è bello vederla Frau Haas, il mio appartamento è
ancora intatto?”
la risposta a quella domanda non era affatto scontata,
in quel periodo in cui era stata lontana Asteria aveva ceduto il suo
angolo di felicità lontano da Torino a sua cugina Angela che, con
movenze maldestre, testa tra le nuvole e indole distratta sarebbe
stata capacissima da sola di radere al suolo il quartiere intero.
“Per miracolo, i vicini si sono lamentati del rumore
che fa e poi va in giro in modo in strano... con gente strana, è una
fortuna che lei sia tornata, così finalmente quella pazza scatenata
se ne tornerà in Italia vero? Non vedo l'ora che passi il confine,
poi c'è la questione dei nuovi inquilini dell'ultimo piano...la casa
verrà riassegnata e il palazzo si riunisce per conoscere i nuovi
residenti, non è obbligata a venire ovviamente... ma sarebbe meglio
che fosse presente pure lei, è gente importante”
“Certo... ci mancherebbe”
prima che la donna potesse farle qualche altra
raccomandazione, Asteria inforcò le scale percorrendole così
velocemente che rischiò di dimenticarsi che stava trascinando una
valigia dietro di sé.
Giunta al terzo piano con ginocchia e caviglie
miracolosamente intatte si sistemò i capelli neri, cercando di farli
apparire assieme alla fronte meno sudaticci di quanto non fossero in
realtà, si passò una mano sul cappotto verde per il quale sua zia
le aveva fatto rischiare l'assideramento ma che le avrebbe permesso
di mantenere quell'aria dignitosa che ci si aspettava da una giovane
nobile piemontese di ventiquattro anni.
Bussò con insistenza, iniziando a sorridere
irrazionalmente non appena sentì i passi leggeri di Angela muoversi
dietro la porta, appena questa si aprì le due ragazze si bearono per
pochissimi istanti della felicità che riempiva i loro volti per poi
saltarsi al collo come se non si vedessero da una vita intera, cosa
che in qualche modo era vera.
“Ahhhh non ci posso credere sei qui!”
“Sono
qui!”
“Sei
più alta!”
Asteria fece cenno alla cugina di osservarle le
scarpe con un tacco leggermente più alto del normale suscitando una
risata soffocata nella cugina maggiore che il più delle volte si
esprimeva esclusivamente attraverso smorfie antipatiche.
Entrata dentro casa non si sorprese neanche un po' del
disordine che regnava sovrano, ne approfittò per appoggiare la
valigia e levarsi le scarpe abbandonando tutto come capitava, un po'
come se il disordine fosse il modo giusto per togliersi Torino dalla
pelle.
“Come sta zia Elisabetta? Ti ha trattata bene? Siediti
qui...”
“Lo sai che non tratta bene nessuno...ultimamente
neppure se stessa, grazie!”
prese e finì in pochi sorsi il bicchiere d'acqua sotto
lo sguardo attento di Angela che moriva dalla voglia di sapere quello
che aveva fatto nell' ultimo periodo.
Il rapporto che legava le due cugine era più simile a
quello che legava due sorelle, Angela era la maggiore tra le due, con
una natura che cambiava repentinamente come il clima di qualche paese
tropicale, alternava gentilezza a settimane di cattiveria gratuita,
carattere che unito a due occhi ramati sui quali si rifletteva
inquietantemente il rosso dei capelli la rendevano un ossimoro
ambulante... chiunque avesse avuto la malsana idea di chiamarla
Angela doveva aver capito ben poco della sua natura, sebbene tutti
dicessero che già da neonata era una creatura inquieta e scatenata,
che aveva quasi ucciso sua madre venendo al mondo.
“Sì me lo aspettavo, insomma una persona che si
sforza di far trascorrere delle vite così miserabili a tutti quelli
che le stanno attorno deve avere un po' di miseria anche per se
stessa giusto?”
“Non essere maligna... è stato pesante non lo nego, i
miei fratelli non c'erano, con Edoardo in Giappone e Corrado chissà
dove tutte le sue frustrazioni erano concentrate su di me, andare a
Bologna o ad Arcetri per qualche seminario diventava impossibile”
“Credo che non abbia ancora digerito il fatto di avere una
nipote laureata in Astronomia, che vive da sola e che non è ancora
sposata a ventiquattro anni”
“Senti chi parla!”
“Non capisco perché tu abbia lasciato Vienna in primo
luogo, potevi startene qui anziché passare per forza da Torino se
essere vittima delle attenzioni di nostra zia Elisabetta ti turba
così tanto”
Il fatto era che a turbarla non era tanto la presenza
ingombrante di sua zia, che era ingombrante per chiunque in realtà,
ma il fatto che ogni membro della sua famiglia, inclusa Angela nei
suoi momenti di cattiveria gratuita, non perdeva occasione per farla
sentire una caricatura, cosa che era effettivamente diventata.
Sin da bambina mal sopportava i riferimenti che le
persone facevano al suo nome, chiamandola Stellina, figlia del cielo
o in altri fastidiosi soprannomi per i quali accusava sempre il
cattivo senso del giudizio dei suoi genitori. Come si fa, infatti, a
chiamare una figlia Asteria e ad aspettarsi che abbia una vita
facile? Non si può, a questo punto le cose da fare diventano due, o
la si chiama in un altro modo, o si dà poco peso alle prese in giro
altrui sperando che una volta adulta e una volta raggiunti
determinati meriti tale persona venga lasciata in pace, i suoi
genitori optarono per questa seconda possibilità, il problema si
presentò quando gli unici meriti nei quali Asteria aveva deciso di
distinguersi erano quelli riguardanti le scienze Astronomiche, ovvero
lo studio del cielo e delle stelle, trasformandosi inesorabilmente
nella caricatura di se stessa.
“è arrivata questa a proposito” Angela le porse una
lettera distrattamente, per poi toglierle il bicchiere da davanti e
lasciarla da sola seduta al tavolo della cucina “Quasi una
settimana fa, non sapevo che farci così l'ho lasciata chiusa, temevo
che se te l'avessi rispedita a Torino non ti sarebbe arrivata in
tempo”
la cugina si voltò di nuovo verso di lei, giusto in
tempo per cogliere in suo volto pervaso da un altro sorriso
smagliante e sgargiante, come sei i pori stessi della sua pelle
trasudassero positività. Asteria conosceva bene l'indirizzo e il
mittente di quella lettera e il suo contenuto non aveva fatto altro
che renderla ancora più di buon umore rispetto a prima, quella
giornata le stava regalando una tale varietà di emozioni positive
che si ritrovò a sperare che non durasse solo per ventiquattro ore.
“Allora?”
“Allora cosa?”
Angela le levò la lettera di mano, permettendole di
mettere da parte il suo entusiasmo e di affrontare quella piacevole
situazione con calma e compostezza, gli eccessi, positivi o negativi
che fossero, non erano molto amati dalla cugina o da nessuno della
sua famiglia in generale, se ne era quasi dimenticata Asteria mentre
leggeva quelle poche righe che le erano state recapitate dalla
facoltà di Scienze, Fisica e Astronomia di Vienna.
“Chi è questo Niklas Gruber? Un tuo ammiratore
segreto?”
“Sì... un ammiratore di 58 anni che vuole vedermi
alla mia vecchia facoltà”
“Prego?”
Asteria aveva l'abitudine di prendere in giro Angela
quando questa mostrava di viaggiare un po' troppo con la fantasia,
eppure questo suo atteggiamento anziché convincere la cugina che
era opportuno stare con i piedi ben saldi al terreno sembrava
incoraggiarla a sparare assurdità sempre più grosse.
“è uno dei miei ex professori... credo che voglia
offrirmi un lavoro come assistente, è per questo che sono tornata in
Austria di corsa”
“Confortante sentire quanto io ti sia
mancata cuginetta! Davvero confortante... aspetta ma ci vai adesso?”
“No assolutamente no, Edel e Kurt mi aspettano e se avessi dato
la precedenza a qualcun altro Edel sarebbe capace di riportare in
vita l'impero Asburgico solo per radere al suolo il nostro palazzo”
“Non ti lavi via di dosso manco l'odore della stazione
così”
“Oh non credo che si scandalizzeranno per così
poco... ci vediamo tra qualche ora al massimo e stasera ci prepariamo
qualcosa di buono o andiamo da qualche parte... decidi tu d'accordo?”
stampò un bacio sulla guancia della cugina che la
accompagnò alla porta, fu quando era sul punto di uscire che Asteria
notò la pianta di orchidea abbandonata sul loro pianerottolo senza
biglietti e senza indirizzi, ma appena vide Angela che la tirò
dentro nascondendola furtivamente dentro l'appartamento scoccò
un'occhiata tutt'altro che disinteressata al volto della cugina
improvvisamente pallido e teso.
“Ma guarda guarda! E menomale che ero io quella con
gli ammiratori segreti...chi la manda?”
“Nessuno di importante...”
“Sì Angie certo...come no ahahahah”
la tensione nel volto di Angela era davvero divertente,
sua cugina non era il tipo di persona che parlava della sua vita
sentimentale, in quelle rare occasioni nelle quali sembrava averne
una, e per una volta Asteria voleva godersi appieno l'opportunità di
punzecchiarla come era opportuno e legittimo in quella circostanza.
“Ti dico che non è nessuno di importante
davvero...anche se dovrò trovare una sistemazione per tutte queste
orchidee... stanno diventando davvero troppe”
“Ce ne sono
altre?”
“Ho la cemera piena e le sto sistemando anche in
quella di tuo fratello”
“Quindi quando verrà a trovarmi che faremo? Lo
sistemeremo con i fiori?”
Angela la spinse fuori di casa tenendo la porta aperta
con un piede e cercando allo stesso tempo di sistemare la pianta
sulla credenza dell' ingresso, furono attimi di puro terrore nei
quali Asteria iniziava a fare i conti con le due possibili opzioni
che quella situazione le lasciava: sua cugina che si spezzava il collo
cadendo e sua cugina che distruggeva la credenza nel tentativo di non
cadere.
Inutile dire che, alla fine dei conti, per lei era
certamente meglio la prima opzione.
“Sei in ritardo, vattene dai tuoi amici, divertiti,
prenditi una cioccolata...mercato nero permettendo e torna ad un'ora
decente così possiamo cenare assieme”
“Devi dirmi chi è il misterioso uomo delle orchidee
più tardi, non accetterò scuse e cerca di non distruggere
l'appartamento”
Asteria si lasciò alle spalle il viso scomposto e
ancora un po' pallido di Angela che non sembrava troppo incline a
dare spiegazioni su quello che pareva essere un ammiratore ormai non
troppo segreto. Scese le scale di corsa incrociando per qualche
istante il viso contratto in una smorfia di disapprovazione di frau
Haas, prima o poi quella donna le avrebbe buttate entrambe fuori di
casa risparmiandosi perfino il biasimo delle persone che le stavano
accanto.
Si rituffò nel gelo pungente di Vienna, quel freddo che
le era così tanto mancato nel periodo che aveva trascorso a casa,
guardandosi di nuovo attorno per esser certa di essere di nuovo a
casa si incamminò per la vastità di elisabethstrasse col cuore
trepidante all'idea di incontrare di nuovo coloro che erano di fatto
diventati la sua famiglia in quella città sconosciuta.
***
C'erano tante cose che guastavano senza possibilità di
rimedio l'umore cangiante e incostante Edelweiss Lechner, la pioggia
debole e fitta ad esempio, o il ritardo, o la poca accuratezza nel
fare ciò che desiderava, o il non mantenere la parola data, non
c'era dunque da stupirsi se in quel particolare momento, in cui la
pioggia aveva iniziato a cadere debole e fitta fuori dal caffé nel
quale si era data appuntamento con amici che non vedeva da tanto i
quali, tradendo la parola data, avevano deciso di farla aspettare
ormai cinque minuti in più rispetto all'orario stabilito. Fu dunque
naturale per lei esibire una smorfia di disappunto non appena la
figura leggermente minuta e visivamente accaldata di Asteria Cagnoli
fece il suo ingresso nel luogo designato per il loro incontro, si
rese conto di aver aggiunto giusto un' ombra minacciosa di troppo
quando l'espressione dell'italiana più mortificata del previsto le
fece improvvisamente dimenticare tutti i nefasti propositi che si era
ripromessa di portare a termine.
“è passato un anno da quando ci siamo viste l'ultima
volta...e tu hai anche il coraggio di farmi aspettare?”
Edel le fece cenno di sedersi spostando la sedia di
fronte a lei con un movimento del piede e Asteria non se lo fece
ripetere due volte, si abbandonò distrattamente sul velluto
rossiccio senza curarsi neanche di appendere il cappotto a uno degli
attaccapanni che erano stati resi disponibili all'ingresso, si
concesse una breve occhiata all'ambiente circostante prima di
affrontare lo sguardo glaciale della sua amica
“Lo so, lo so, ti prego non farmi la predica, sono già
abbastanza distrutta senza, non mi sono ancora fermata un attimo, e
poi dai, ti avrò fatto aspettare al massimo dieci minuti, se
abituata a molto peggio generalmente... e non dirmi di no, sono certa
di aver avuto più di dieci minuti di ritardo in almeno sei o sette
occasioni”
“Comincio a pensare che stare tutto questo tempo a
casa tua ti abbia di nuovo irrimediabilmente rovinata” le disse
Edel prima di allungare leggermente il collo per raggiungere la sua
guancia.
Edelweiss era stata la sua prima vera amica in Austria,
erano stati gli studi ad unirle per via di un progetto riguardante le
stelle, Edel si occupava di storia antica, una materia apparentemente
scollegata dalle normali occupazioni accademiche di Asteria eppure
quando si erano ritrovate nella stessa stanza nessuna delle due aveva
potuto fare a meno di iniziare a gravitare attorno all'altra. Tra le
altre cose Edel divideva con lei una cosa fondamentale, ovvero un
pessimo rapporto con il proprio nome di battesimo. Edelweiss era
forse il più germanico dei nomi e in egual misura il meno aggraziato
nonostante il suo significato e il meno musicale, ragion per cui, di
comune accordo con Asteria, si presentava sempre e solo come Edel.
“Allora... come sono andate le cose in Austria mentre
ero via?”
“Non saprei da dove cominciare...insegno in una
scuola media per ora, anche se i miei vorrebbero che la smettessi di
lavorare per accasarmi e donare dei figli alla nazione, la nazione in
questione inoltre non è più una nazione come ben saprai”
“Sshh”
con una gomitata l'italiana costrinse la compagna ad abbassare il
tono della voce appena si rese conto che diversi tra i clienti del
caffè avevano iniziato ad osservarle con curiosità, e di quei tempi
la curiosità altrui poteva rivelarsi fatale.
“Dicevo la nazione non è più la nazione, non esiste
più l'austria ma solo la grande Germania, Heil Hitler”
Non era facile, non lo era davvero e Edel aveva la
brutta abitudine di affrontare le cose non facili con una dose
sfacciata di arrogante sarcasmo che di quei tempi non era
consigliabile, ma del resto la sua intera persona era di per sé poco
consigliabile ed era forse per questo che Asteria era riuscita a
volerle subito così bene.
“Oh sono certa che in questo clima di purezza della
razza tu non avrai nessun problema” disse tirandole con misurata
dolcezza una ciocca di capelli biondissimi aboccolata sulla spalla,
con i suoi capelli biondissimi, gli occhi come il ghiaccio e
un'affinità per diverse discipline sportive che avrebbe messo in
difficoltà molti uomini Edel era esteriormente tutto quello che un
bravo rappresentante della razza Ariana, termine che ancora le creava
qualche difficoltà, avrebbe dovuto aspirare ad essere, certo sarebbe
stato assai più semplice se il Germanico aspetto della sua amica si
fosse accompagnato a un altrettanto Germanico ordine di pensieri, ma
in fondo la vita non era vita se non la si rischiava con opinioni
scomode espresse al momento sbagliato.
“Non mi hai detto per quale motivo mi hai voluto
vedere oggi a tutti i costi, insomma sei appena arrivata e io non
vado da nessuna parte, potevamo rimandare se ti volevi riposare” lo
sguardo colpevole che l'italiana mise su fecero assumere
all'austriaca un aspetto ancora più intimidatorio di quello che
aveva solitamente, ed Edelweiss era davvero molto intimidatoria.
“Non me lo dire... non lo voglio sentire”
“Ho
detto anche a Kurt che sarei tornata, e che mi avrebbe fatto piacere
se ci fossimo incontrati tutti assieme, e questo è l'unico giorno
della settimana in cui lui avrebbe potuto...ed è desolato e vuole
parlare con te e visto il clima Dio solo sa dove verrà mandato la
prossima volta” Asteria aveva iniziato a stringere convulsamente le
mani dell'amica che non pareva troppo impressionata dalla sua
confessione ricamata da scuse strappalacrime davvero niente male.
Kurt era arrivato nelle loro vite poco dopo il loro incontro, giunto
in Austria per ultimare le ricerche della sua tesi aveva poi deciso
di fermarsi a lavorare nel paese per un medio-lungo periodo, ci
sarebbe rimasto più che volentieri, uno come lui che amava la storia
dell'arte e il restauro a Vienna era praticamente di casa, poi era
iniziata la guerra e con la guerra era arrivata la leva, per cui dopo
essere tornato in Germania per iniziare il suo addestramento era
stato dislocato ironicamente proprio nella capitale. Non era un
cattivo ragazzo, era solare, allegro, inopportuno e un po' troppo
espansivo... in sostanza non molto tedesco e fino a poco tempo prima
lui e Edel andavano d'amore e d'accordo, situazione che era cambiata
tragicamente con i fatti concomitanti all' Anschluss che aveva visto
Kurt come soldato semplice della Wermacht e Edel come ordinaria
civile che aveva visto il suo paese sparire dalle cartine nel giro di
poche settimane.
“Quindi ci degnerà della sua presenza
immagino...evviva”
“Edel non essere severa...c'è la leva obbligatoria
cosa ti aspettavi che facesse? Che si facesse arrestare?”
“Per quel che mi riguarda poteva anche farsi fucilare”
“Non lo pensi davvero”
“Certo che lo pensa
davvero”
nel voltarsi Asteria fu sorpresa del cambiamento del suo
amico e un leggero sussulto provenire dalla bocca di Edel le fece
intendere che no, lei non pensava davvero quello che diceva, Kurt
sorrise lievemente alle due ricambiando lo sguardo dolce dell'
Italiana ma evitando saggiamente il confronto con Edel la quale
sembrava sul punto di mangiarlo vivo. Non era cambiato molto, era
sempre alto uguale anche se la divisa lo slanciava di più, aveva
sempre le mani grandi forse leggermente meno delicate visto
l'addestramento, le sopracciglia folte e scure che facevano sembrare
i suoi occhi ben più chiari di quanto non fossero in realtà, i
capelli castani coperti da una copricapo militare e qualche medaglia
appuntata nel petto, segno evidente di una recente promozione. Non
erano sorprese, di quei tempi le promozioni erano abbastanza comuni,
sono il risultato di nervi saldi in situazioni di pericolo e in una
guerra è necessario avere entrambi per non farsi ammazzare.
“Sei venuto!”
“Scusa per il ritardo Schatzi”
lo disse con una dolcezza così disarmante che abbinata a quegli
occhi tristi avevano sciolto il cuore perfino di Edel che per un
brevissimo istante esitò sulla figura del ragazzo con una punta di
senso di colpa negli occhi, espressione che mutò di nuovo prima che
Kurt potesse riuscire a liberarsi dall'abbraccio di Asteria per
poterlo notare.
“Allora signor soldato, cosa ci racconti?”
E Kurt raccontò, facendo uscire dai polmoni una
quantità di informazioni tali che a fatica Asteria e Edel riuscivano
a stargli dietro, non che lo biasimassero, erano perfettamente
consce che tra addestramento militare, arruolamento e guerra Kurt
fosse quello con più bisogno di sfogarsi, i drammi familiari di
Asteria non potevano competere con l'avere a che fare con sangue e
cadaveri, così come non poteva competere il senso di inadeguatezza
di Edel che storceva il naso mentre passava per strada osservando
tante divise uguali a quella del suo amico. Per Edel non era facile,
sentirsi in colpa per Kurt e allo stesso tempo usarlo come capro
espiatorio per mettere a tacere quella vocina che le diceva che il
suo paese non sarebbe più stato come prima, anche se c'era da
ammettere che lei si metteva molto d'impegno per mortificare il
ragazzo ad ogni parola sbagliata che pronunciava.
“Avete più avuto notizie di Silke da quando... beh...
lo sapete”
Sebbene
la domanda fosse rivolta ad entrambe Asteria sapeva che Kurt più che
a Edel stava chiedendo a lei, Silke Von
Anhalt era forse la sua più vecchia amica, o perlomeno quella con
cui aveva mantenuto il rapporto più stretto nel corso del tempo, lei
e suo fratello Theoderic, Eric per tutti e Theo per sua sorella,
passavano sin da bambini le vacanze in trentino in una tenuta non
troppo lontana da una delle case della sua famiglia, si erano
incontrate per caso e per caso si erano perse nel bosco, erano
bastate poche ore assieme nelle quale Silke non parlava italiano e
Asteria non parlava tedesco ma in qualche modo erano riuscite a
cavarsela, solo a fine giornata Theoderic era riuscito a recuperarle.
Per molto tempo Asteria si chiese se non fosse stato proprio quel
momento a mandarle in pappa il cervello facendole definitivamente
perdere qualsivoglia forma di buonsenso per quanto riguardava gli
uomini, il fratello di Silke era il genere di persona attorno alla
quale chiunque avrebbe desiderato gravitare e quando le aveva
soccorse entrambe Asteria rimase così impressionata che lo avrebbe
volentieri scambiato con entrambi i suoi di fratelli, solo col tempo
avrebbe compreso che non sempre la prima impressione è quella
giusta, e che non è mai troppo tardi per cambiare idea.
“...no...
e dubito che lei voglia averne di mie, non che non abbia provato, ho
provato eccome. Ho scritto spesso all'indirizzo della sua famiglia in
germania e anche in trentino, ma non ho mai ricevuto una risposta,
credo che abbia ancora bisogno di tempo, comunque non escludo che
possa ritornare qui a Vienna ora che finalmente il fratello si è
levato di torno”
“Questo
non è propriamente esatto”
“Che
vorresti dire scusa?” ad Asteria non piaceva affatto quando le sue
aspettative venivano disattese e amava ancora meno che qualsiasi
fatto che implicava l'avere Theoderic Von Anhalt lontano da lei fosse
messo in pericolo da un banale non
è propriamente esatto.
Cercò
di non dare a vedere il fastidio fisico che quella situazione le
creava, eppure non riusciva a darsi pace e se Kurt non si fosse
sbrigato a darle una più che convincente giustificazione sarebbe
passato dal non propriamente esatto al non propriamente vivo.
“Come
sapete sono parecchie le unità dell'esercito tedesco che sono state
traferite in Austria”
“Ho
come la sensazione che il resto di questa conversazione non mi
piacerà per niente”
“Non
vorrei implicare niente... insomma potrebbe anche essere stato
mandato da qualche altra parte, io stesso verrò ricollocato tra poco
per...lasciamo perdere, quello che voglio dire è che non è
assolutamente improbabile che il membro di una famiglia influente
come i Von Anhalt venga mandato in una zona tanto importante per il
Reich”
“Tu
mi hai fatto prendere un colpo solo per una tua supposizione?”
Kurt
non ebbe davvero il cuore di comunicarle che no, Theoderic Von Anhalt
non aveva per niente lasciato l'Austria definitivamente, tutt'altro,
ma non voleva neanche morire per mano di una delle sue più care
amiche, specialmente quando già Edel mostrava un atteggiamento molto
poco accomodante nei suoi confronti, per non parlare del fatto che
non poteva di certo infischiarsene degli ordini e della discrezione e
sbandierare in un caffè nomi e cognomi di un membro del Reich appena
dislocato. Vienna era grande e l'Universo era magnanimo, le
possibilità che Asteria si imbattesse di nuovo in Theoderic nei suoi
tragitti dal suo appartamento alla facoltà di Astronomia erano
davvero piccole, non inesistenti ma quantomeno improbabili.
“Senti
lascia perdere e non ti preoccupare... ah maledizione”
“Che
c'è?”
“Niente, è solo tardi, devo ritornare dal mio
reparto...ma ci rivedremo presto...sempre che voi lo vogliate”
“Certo
che lo vogliamo!” l'entusiasmo di Asteria non rispecchiava appieno
quelle che erano le intenzioni di Edel, che si decise a fare una
sorriso molto poco convincente solamente quando il gomito dell'amica
minacciò l'incolumità dei suoi fianchi che quel pomeriggio era
stata già messa a repentaglio diverse volte.
Le
due osservarono l'amico mentre si allontanava lasciandole indietro e
l'italiana non poté fare a meno di sentire una leggera stretta allo
stomaco, improvvisamente la freddezza di Edel non le pareva più così
fuori luogo, erano passati dal parlare di università, vacanze estive
e famiglia al parlare di arruolamenti e occupazioni, se appena
tornata quella mattina era certa che quella guerra non l'avrebbe
toccata più di tanto adesso non ne era più così sicura.
“Ti
va se ci facciamo preparare qualcosa per cena? Visto che ormai è
così tardi?”
“Vorrei ma ho giurato ad Angela che sarei
tornata a casa per cena... ma puoi sempre venire da me, quello che
basta per due basta anche per tre, soprattutto quando cucina lei”
Edel
sorrise ripensando ai racconti che aveva sentito sulla svampita e
aggressiva cugina dell'Italiana, in effetti quando Edel pensava agli
italiani era proprio persone come Angela che si immaginava, di certo
non come Asteria, le due si avviarono fuori dal caffé infilandosi
nel primo taxi disponibile. Giunte in prossimità di Elisabethstrasse
Edel iniziò a guardarsi attorno con eccitazione,non era un segreto
che quel quartiere fosse fosse uno dei migliori di Vienna e per lei
restava ancora un mistero il come i due fratelli della sua amica
fossero riusciti ad acquistarle un appartamento di più che
confortevoli dimensioni proprio in quella strada.
“Mi
piacerebbe conoscerli”
“Chi?”
“I tuoi fratelli...
devono essere in gamba se sono riusciti a fare tutti questi soldi”
“Hanno quel che si chiama naso per gli affari e hanno ereditato
un sacco di roba, ma credimi se ti dico che non ti perdi niente”
le
due si infilarono nel palazzo sfregandosi le mani nel tentativo di
scacciare il freddo, Edel seguì l'amica che aveva già inforcato le
scale incurante del rumore molesto che proveniva dai suoi stivaletti,
era certa che la signora Haas, altro personaggio curioso dei racconti
di Asteria, non sarebbe stata felice di essere disturbata.
“Accidenti
non ci credo”
“Che ha fatto Angela?”
le
due si fermarono di fronte alla porta spalancata della casa notando
diverse luci accese venire dall'interno, Asteria visibilmente
irritata per una tale mancanza di attenzione entrò in casa
scaraventando gli stivaletti nell'ingresso, certa che Edel avesse
assistito a comportamente ben peggiori della sua mancanza di
educazione.
“Angela...Angela
maledizione dove sei?”
“Ma tua cugina è sempre così
distratta?”
“Macché anzi, cioè è distratta il più delle
volte, ma non lascia mai tutto aperto... Angela?”
incurante
dell'aria improvvisamente sospettosa dell'Austriaca Asteria continuò
a girare a vuoto nell'appartamento, passando una alla volta tutte le
stanze, cominciava a capire perché la signora Haas avesse sua cugina
così tanto in antipatia, la distrazione era una cosa ma
l'irresponsabilità un'altra, e non fare attenzione neanche alla
porta di casa non era di certo il genere di cose che una portinaia
faceva passare inosservate.
“Asteria
la cucina!”
Prestando
di nuovo attenzione all'amica l'italiana ripercorse il tratto della
casa che le separava per poi accorgersi del leggero luccichio di uno
dei fornelli, iniziando a farsi prendere da una leggera inquietudine
entrò nella cucina buia notando quello che doveva essere un
pentolino del té abbandonato su un fornello con l'acqua che ormai
colava lungo il mobile della cucina, ma non fu quella la vista che la
atterrì maggiormente, tentò di urlare appena vide il corpo esanime
di sua cugina sul pavimento ma quello che uscì dalle sue labbra fu
solo un rantolio disperato, abbastanza per attirare l'attenzione di
Edel che, una volta accesa la luce della cucina, sbiancò alla vista
del corpo di Angela accasciato a terra.
“No,
no no no no... Angie” Asteria invocò il nome della cugina come una
preghiera, sentendo la presa forte delle mani di Edel avvolgerle le
spalle, l'amica sembrava volerla tenere lontana da quello che
rimaneva dell'allegria di sua cugina, un corpo freddo, immobile e
rigido abbandonato su un pavimento altrettando freddo, immobile e
rigido.
“Cristo
Santo...dobbiamo chiamare qualcuno, e tu devi allontanarti”
“Non
posso, non posso serve un medico...chiama la signora Haas, ci serve
un medico”
“Asteria...
Asteria guardami, non serve un medico, non più...ci serve la
polizia”
osservò
gli occhi dispiaciuti e decisi di Edel, che in qualche modo riusciva
a tenere in controllo in quella situazione orribile, eppure le
premure della sua amica non erano in grado di ridurre la brutalità
delle sue parole... parole giuste... a loro non serviva un medico, i
medici servono per i vivi, loro avevano appena rinvenuto il cadavere
di sua cugina nella cucina di casa sua e nessun medico del mondo
avrebbe potuto farci niente.
Asteria
rimase inginocchiata sul pavimento a guardare per qualche altro
istante il viso con gli occhi ancora aperi di Angela, pochi secondo
dopo sentì la porta di casa sua socchiudersi, segno evidente che
Edel doveva essere uscita per cercare aiuto, segno ancora più
evidente che quello che stava affrontando non era un incubo ma la
realtà.
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