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"Più dolce sarebbe
la morte se il mio sguardo avesse come ultimo orizzonte il tuo volto,
e se così
fosse... mille volte vorrei nascere per mille volte ancor morire.”
- William Shakespeare
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Il suono della
campanella mi
sveglia dall'appisolamento dovuto alla lezione di storia. Storia a
terza ora,fa più effetto del cloroformio. Mi stiracchio i
muscoli e mi alzo dalla sedia, faccio due passi verso la finestra. I
miei compagni di classe, chiacchierano del più e del meno.
Siamo
pochi stamani. Conto e siamo solo nove persone; molti sono a casa
malati. Influenza hanno detto, probabilmente qualche cosa che gira.
Spero di non prendermela anche io.
Oggi ho bisogno di un
po' di tempo
per svegliarmi del tutto. Apro la finestra, l'aria fresca di ottobre mi
arriva sul viso. Stanotte ho dormito davvero poco.
«Hai ancora
il cuscino
attaccato alla faccia...» commenta Lara,la mia compagna di
banco,
non l'avevo sentita arrivare.
«Eh, lo sai
che la mattina mi ci vuole un po' per svegliarmi del tutto.»
le dico accennando un sorriso.
«Buongiorno
ragazzi!» il professore di matematica, sempre allegro, entra
in classe.
Un coro di "buongiorno
a lei", in
pochi minuti tutti sono di nuovo seduti ai propri posti. Trenne me,
chiedo al professore il permesso per andare in bagno; chissà
che
il movimento non mi faccia svegliare.
«Vai,vai...
Prenditi anche un caffé magari, così ti
svegli...» mi risponde lui,sorridendo.
Un tipo simpatico,alla
mano,spiega anche molto bene. Esco dall'aula e cammino verso i bagni.
La mia scuola
è un palazzo a
pianta rettangolare,di sette piani,sembra un po' un condominio visto da
fuori, di un orribile colore giallo.Il settimo piano è
vuoto,e
sopra c'è il tetto,inaccessibile agli studenti.Le aule non
sono
molto spaziose,ma ci accontentiamo.Il bagno delle ragazze è
alla
fine di un lungo corridoio.Entro in bagno, stranamente c'è
la
cartaigienica (di solito non c'è).
Mentre esco dal
cubicolo del water
per lavarmi le mani, sento degli strani rumori: sedie strusciate a
terra, un tonfo di qualcosa caduto a terra,una botta sul muro. Che
diamine combinano questi del primo? Le classi prime del liceo,sono
quasi sempre le più caotiche, ragazzini che hanno appena
lasciato le medie e che stanno passando la fase di transizione da
ragazzini ad adulti (in teoria), ma tutto quel trambusto mi sembra
esagerato. Esco fuori, la classe prima del bagno, dallo stesso lato, mi
pare sia quella da dove proviene il rumore. Mi avvicino alla porta.
Qalcosa che impatta contro di essa mi fa sobbalzare. E poi lo sento,un
grido,qualcosa che lì per lì mi fa accapponare la
pelle.
Poi mi rendo conto di essere esagerata...
«Cosa state
comb...» dico,aprendo la porta, cercando di assumere un tono
serio.
La scena che mi si
presenta
è degna del peggior film splatter. Apro la bocca per
gridare,ma
esce solo un suono strozzato, il panico mi attanaglia la gola.
Sangue,sangue ovunque, strisciate rosse sui muri,per terra...la porta
si apre solo per metà c'è qualcosa che la
intralcia.
Steso su di un banco c'è un corpo di ragazzino,altri corpi
buttati tra i banchi rovesciati. Sembrano bambole di pezza
dimenticate lì da un bambino distratto. Accasciato
sulla
cattedra, il corpo del professore. E poi lui, un ragazzino di forse 15
anni, tiene un braccio in mano, un fottutissimo braccio umano. Lo
sta...mio dio lo sta mangiando... E poi si accorge della mia presenza.
Mi guarda. I suoi occhi sono opachi,venati di giallo, non sembrano
umani. Richiudo la porta di scatto.
Indietreggio,
finché le
spalle toccano il muro dietro di me. Cosa ho appena visto? Sto forse
sognando? Sono sveglia? Mi pizzico una coscia. Si, sono sveglia.
Cazzo.Cazzo.Cazzo. Ripeto a denti stretti. Lo sguardo mi cade sul
pavimento, ai piedi della porta si sta allargando una pozza di
sangue,passa sotto la porta,ha ormai bagnato mezzo corridoio. Le mie
scarpe. Le mie converse gialle, sporche anch'esse di sangue. Un tonfo
contro la porta, non aspetto di sentire il secondo,sto già
correndo verso la mia classe.
Mi guardo indietro,le
mie scarpe
lasciano impronte rosse sul pavimento. Guardo un ultima volta indietro
prima di svoltare l'angolo, sono a pochi metri dalla mia classe. La
mano del mostro sfonda la porta. Corro veloce,come non ho mai fatto,
verso la mia classe. Entro, sono in preda al panico, mi chiudo la porta
alle spalle e mi ci appoggio con le spalle contro.
Guardo la mia
classe.C'è silenzio assoluto, i miei compagni e il
professore mi guardano come se fossi impazzita.
«Che
succede?»dice il professore alzandosi.
«E' del
sangue quello?» chiede qualcuno.
Sento imprecazioni di
vario
genere,il professore che mi si avvicina e parla. Credo io stia avendo
un attacco di panico, o qualcosa del genere, sento le loro voci
ovattate; sento,nelle orecchie, il cuore che mi batte troppo veloce, il
respiro accelera. Suoni ovattati,ho gli occhi fissi sul muro di fronte
a me, non riesco a muovermi,a formulare qualunque parola…
sento
un fischio,acuto... no forse è una sirena,no è un
grido,
come stessi uscendo dall'acqua distinguo chiaramente un grido umano che
viene dal corridoio. Riesco a muovermi, guardo i miei compagni
preoccupati.
«Cosa sta
succedendo là fuori!? »chiede il
professore,scandendo le parole.
Mi scosto dalla porta.
«Aiutatemi!»dico
mentre cerco di spostare la cattedra contro la porta,per sbarrarla.
«In bagno,
sentivo
trambusto… mi sono affacciata nella classe che sta accanto..
c’era sangue, ovunque, ragazzini morti, letteralmente morti..
e
poi uno.. uno.. »cerco di dire mentre Lawrence mi aiuta a
spostare la cattedra.
«Un cosa?
È
terrorismo? Un attentato? Un pazzo omicida?»il professore mi
guarda atterrito, non sembra credere alle mie parole.
«No
uno… un ragazzino,di quella classe...stava mangiando..
mangiando i corpi! » dico.
«Ma tu devi
essere impazzita… »dice esterrefatto,quasi
arrabbiato, il professore.
«Ma io..
io.. »
I miei compagni sono
ammutoliti,
Lara in piedi dietro il banco, mi guarda e lei sa che non sto mentendo,
che ho visto e qualcosa di grave sta succedendo davvero.
«Vado a
cercare le bidelle,mi devono una spiegazione. Spostate quella cattedra!
» ci ordina il professore.
«Non esca!
»
«Non deve
uscire! »
Qualcuno cerca di
obiettare.
«Devo farlo
da solo? Bene!
» il professore scosta la cattedra,con un notevole sforzo,
dalla
porta. Riesce ad aprirla per metà ed esce.
«Idiota…»
sento Lawrence sussurrare mentre richiude la porta.
«Allora?
Cosa sta
succedendo?!» sentiamo urlare il professore. « Lei
che fa
fuori dall’aula? Ritorni subito in classe! Se è
uno
scherzo è di cattivo gusto!» lo sentiamo proprio
dietro la
porta.
« Ho detto:
torni in classe!
La faccio sospendere! Cosa fa? Non ci sente? » un attimo di
silenzio poi la voce del professore si incrina, il panico lo invade.
« Stia
lontano! Lontano! Ma cosa fa? NO!NO! » un tonfo contro la
porta. Sussultiamo tutti contemporaneamente.
Lawrence sbarra di
nuovo la porta
con la cattedra. Sentiamo gorgogli, gemiti… una pozza di
sangue
si allarga sotto la porta. Ci allontaniamo. Dopo pochi minuti un altro
grido squarcia il silenzio creatosi nella classe. E poi altre urla
confuse,banchi e sedie capovolte, legni rotti,rumori di vetri infranti,
e di nuovo urla,gemiti… ora le facce dei miei compagni sono
completamente terrorizzate.
«Chiudete le
serrande! Le finestre del terrazzo! » dice Lawrence. Tutti si
precipitano alle finestre.
La finestra affianco e
una
porta-finestra danno sul balcone, una terza finestra da sulla strada,
sul parcheggio della scuola. Abbassano velocemente le serrande, le
finestre vengono chiuse,qualcuno mette un banco di traverso davanti la
portafinestra che da accesso al balcone. Siamo al terzo piano.
«Dobbiamo
stare calmi, e
soprattutto non fate rumore.. »cerco di dire ma nessuno mi
ascolta. Sono tutti in preda al panico, parlano tra di loro, cercano di
usare i telefoni.
«Non
funzionano i cellulari! »
«Evidentemente
le linee sono sovraccarico, qualsiasi cosa stia succedendo non sta
succedendo solo qui…»
Paula, una ragazza
mora e sempre gentile, è sull’orlo di una crisi
isterica. È pallida,sta sudando freddo.
«Aiutatela,non
fatela svenire. »dico. La fanno sedere a terra.
«Siamo nel
centro della
cittá qualcuno dovrá pur venirci a salvare, i
militari si
saranno giá mobilitati pr salvarci, se questo qualcosa che
sta
succedendo sta succedendo in tutta la cittá.»dice
Lara a
Paula per rassicurarla un po’, Thomas un ragazzo magrolino e
decisamente troppo minuto per i suoi 18 anni le dà
dell’acqua e una barretta di cioccolato.
«L’importante
è
non farci prendere dal panico. » ripete Lawrence. A lui danno
sempre tutti ascolto. E come non farlo. È il leader per
eccellenza, sempre gentile con tutti, simpatico, carismatico, e poi
fisico muscoloso e slanciato di uno che nuota agonisticamente dai
cinque anni, cappelli castani e occhi verdi, la mandibola volitiva,in
pratica un modello da copertina di moda. E' anche il rappresentante di
classe, salito in carica con voto unanime...
«Verranno
a salvarci,ne sono certo. Questione di poche ore. Rimaniamo qui,senza
far rumore,resisteremo. »
Mi affaccio alla
finestra,da questa
parte dell’edificio si vede il parcheggio della scuola, gli
alberi di platano che costeggiano la strada principale. Sembra deserto,
ma da qui vedo solo un lato di tutta la strada.
«No,non
verranno.» dice
Yago « Non verrá nessuno a salvarci. Dobbiamo
salvarci da
soli...non capite davvero cosa sta succedendo? » ci chiede.
Tutti
ci scambiamo occhiate interrogative.
«Gesù!
Ma non leggete?
Non vi informate? » continua il ragazzo. « Da un
po’di mesi su internet girano notizie strane, la gente si
comporta in modo diverso,sono aumentati i crimini, ma il telegiornale
non dice le cose esattamente come stanno.»
«Ho letto
anche io notizie del genere su internet, ma è assurdo
ritenerle vere... »risponde Lawrence.
«Invece sono
vere. E quello
che sta succedendo fuori da questa porta ne è la prova.Una
malattia,ha contagiato l'intera popolazione mondiale.Chi ne
è
colpita muore,ma il corpo continua a vivere, feroce e assetato di carne
viva. Se vieni morso,graffiato, ti trasformi. » dice Yago con
voce greve.
Yago è un
ragazzo
basso,robusto, con i capelli ricci mori che gli ricadono sugli occhiali
rettangolari; indossa sempre qualche maglia con il logo di qualche
videogioco, adora giocare con i video giochi, è un esperto.
Sta
esagerando forse, ci gioca troppo e la sua fantasia si sta confondendo
con la realtà...
Qualcuno scuote la
testa,non crede
alle parole di Yago,o forse non vuole credergli. Ma io gli credo,so
quello che ho visto dentro quella classe.
«
Quindi?Cosa dovremmo
fare?» chiede Paula,ancora seduta a terra,con Thomas
affianco,lui
gli tiene stretta una mano; è dal primo superiore che sono
fidanzati, dove va uno va l'altro. Sono una coppia così
carina,
gli occhi di entrambi si illuminano quando si guardano.
«Io dico di
scendere,non possiamo rimanere qui...» suggerisce Marco.
«E se tutta
la città fosse stata contagiata? Dureremmo due secondi
lì fuori...» dice Lawrence.
«Per non
parlare che siamo al
terzo piano.Sotto di noi abbiamo un piano con nove classi,saranno
più di quaranta persone, se dobbiamo essere negativi,saranno
tutte e quaranta trasformate. » conclude Yago, tirandosi su
gli
occhiali con l'indice.
Ha ragione. Ma se
restare non si
può,scendere nemmeno,cosa dovremmo fare? Rimanere qui
dentro,
finché moriremo di fame,o finché quelle cose
trasformate
non ci verrano a prendere con la forza?
«Potremmo
salire...» suggerisce Lara.
«Sono sempre
altri quattro
piani di quaranta persone ciascuno... » dice Yago,smorzando
sul
nascere le speranze di Lara.
L'ascensore. Penso io,
e poi la
vedo,la lampada accesa, accesa! Corro verso l'interruttore,lo spengo e
lo accendo un paio di volte.Poi la lascio spenta.
«Funziona!Funziona!»
esulto a bassa voce, guardo i miei compagni attoniti.
«A cosa
può essere
utile la luce in questo momento? » chiede Paula sconcertata.
Solo
Lara mi guarda sorridente,ha capito.
«Ma
certo!» la
interrompe Thomas prima che io possa aggiungere altro. «
L'elettricità,c'è! L'ascensore funziona!Saliamo
al
settimo piano,da lì sul tetto e ci barrichiamo sul tetto!
Un lampo di speranza e
quasi di
gioia brilla nei nostri occhi. Ma proprio un lampo, spento subito dalla
dura verità che ci dice Yago.
«Chiavi. E'
questo il
problema.Quelle dell'ascensore le hanno solo le bidelle. Dovremmo
uscire,entrare nella loro sala qui affianco,sperare di non trovarle,
prendere le chiavi. Trovare poi quelle della porta di ferro che separa
il sesto piano dal settimo, e poi quella che separa il settimo dal
tetto. »
«Possiamo
riuscirci.Dobbiamo
per forza arrivare lassù,le porte sono di ferro, resistenti.
Saremo salvi...» cerca di essere positivo Cameron.
« Salvi,si.
Dipende in quanti
arriveremo sopra. E il cibo,l'acqua,non possiamo stare lì
sopra...» risponde di nuovo Yago.
«Ma qualche
soluzione ci deve
pur essere! » sbotta Paula. Le facciamo segno di stare in
silenzio. Di nuovo nessuno parla.Sono tutti persi nei loro pensieri.
So a cosa stanno
pensando. Pregano
silenziosamente che i loro famigliari e i loro amici stiano bene,
pregano di sopravvivere. Io dopo quel momento di shock, sto cominciando
a riprendere il controllo di me. Sto pregando anche io che i miei
famigliari stiano bene,ma dalle parole di Yago, ho capito che la
situazione è critica. Sono convinta che nel resto del paese
la
situazione sia uguale se non peggiore. E la nostra città non
è piccola,di persone c'è ne vivono molte,ci
lavorano. Ci
sono un sacco di scuole.Vorrei poter essere positiva, credere che
qualcuno ci salverà, che qualcuno si sia salvato. Ma
qualcosa mi
dice che la situazione e tragica. I miei genitori saranno morti, di
sicuro, così il resto della mia famiglia e anche le famiglie
dei
miei compagni.
Forse potrebbe essersi
salvato chi di loro abita fuori città. Se ha avuto il buon
senso di barricarsi in casa.
«Dobbiamo
raggiungere
il tetto. Raggiungiamo il tetto e sbarriamo la porta. E' l'unica
speranza, sul tetto potremo essere visti dai militari, verranno in
soccorso, con gli aerei. Dobbiamo sbrigarci, non sappiamo per quanto
ancora la corrente funzionerà. » dico alzandomi in
piedi.
«Io di qui
non esco! Hai
visto cosa è successo al professore?Non farò la
stessa
fine! » mi dice Paula, sussurra ma vorrebbe urlare. Thomas
l'abbraccia, cerca di rassicurarla.
«Moriremo
anche se rimaniamo
qui! Quanto credi che ci metterenno quei cosi a capire che siamo qui
dentro ? Ad abbattere una porticina di legno come quella? »
le
rispondo indicandole la porta. « Io non rimarrò di
certo
qui ad aspettarla, la morte! »
«Ha ragione.
Se c'è
una remota possibilità di salvarsi su quel tetto, io
salirò. » dice Lara affiancandosi a me. Paula ci
guarda,
non trova nulla da ridire.
Mi siedo a terra,sotto
la
finestra,con le spalle al muro. Vorrei poter piangere, ma
c'è
una specie di frenesia nelle mie carni, io voglio sopravvivere,devo
fare qualcosa, non voglio morire. E poi c'è lei. La guardo,
se
ne sta seduta al suo banco,la testa tra le mani. Lara. La prima volta
che la vidi,3 anni fa,mai avrei pensato di trovare in lei l'amore. Era
bella,indubbiamente, con la corporatura esile,i capelli castani a
caschetto,le guance e il mento fini, il naso dritto e leggermente
all'insù, delle labbra rosse e perfette e poi gli occhi,
quegli
occhi verdi che avevano sempre attratto i miei come una calamita. Era
antipatica, una piccola sapientina, convinta di sapere tutto lei, con
quel tono di voce superbo e quell'odioso modo di alzare la il viso e
guardarti con sufficienza.
L'antipatia iniziale
nei suoi
confronti era più che ricambiata da parte sua; poi successe
che
si trasferì nel mio stesso condominio, proprio la porta di
fronte la mia. All'inizio nemmeno ci salutavamo. Ma poi ci rendemmo
conto che ci stavamo comportando come due bambine; una mattina uscendo
contemporaneamente dalle rispettive porte ci salutammo. Da quel giorno
una chiacchiera portò ad una altra e via via nel giro di un
mese
diventammo amiche. Ci rendemmo conto di avere una sintonia, una specie
di legame, di quel tipo che trovavi solo una volta nella vita. E
più passavo il tempo con lei più mi rendevo conto
di
volerla sempre di più intorno.
Sentivo il bisogno di
vederla, la
sera andavo a dormire pensando a lei e ogni mattina mi
sembrava
sempre più bella. Lo sfiorare casuale delle nostre mani mi
faceva sentire le famose "farfalle nello stomaco"; all'inizio pensavo
fosse solo una cotta, una di quelle cose passeggere adolescenziali
fatte per il gusto di scoprire qualcosa di nuovo... Ma non mi
interessava nessun'altro se non lei.
E quando un giorno che
ero a casa
sua, la vidi uscire dal bagno solo con un asciugamano a lasciarle
scoperte le gambe mi sentii così in imbarazzo che dovetti
correre via. L'immagine di lei poco vestita mi tornava in mente ogni
volta e la mia fervida fantasia immaginava cose poco caste...
Contemporaneamente anche lei provava le stesse emozioni che provavo io;
ma lei è una persona molto molto più coraggiosa
di me,
impavida che non ha paura del giudizio degli altri,che fa qualunque
cosa abbia voglia di fare. Da quel giorno in accappatoio, lei aveva
capito a cosa era dovuta la mia reazione.
Cambiò
atteggiamento nei
miei confronti, anche se io lo capii solo molto dopo:
cominciò
ad esserci molto più contatto fisico tra di noi, mi salutava
al
mattino baciandomi la guancia,mi abbracciava molto più
spesso,
sedute nel banco molto spesso le nostre ginocchia si toccavano... e
tante altre piccole cose che, poi mi disse, faceva apposta, proprio per
provocarmi perché trovava le mie reazioni dolci e buffe allo
stesso tempo. Arrossivo ogni volta che mi abbracciava, dopo che mi
baciava la guancia dandomi il buongiorno io rispondevo
"buongiorno" ma balbettando.
Il nostro primo bacio
avvenne un
sabato sera. C'era la festa prima dell'inizio delle vacanze di natale
organizzata dai rappresentanti di classe delle classi del nostro anno
.Una festa in un locale in città, con un gruppo musicale di
ragazzi proprio della nostra scuola, che facevano cover di ogni genere
di canzone. Molto bravi. Quella sera ci eravamo messe d'accordo di
andare con il mio motorino, in centro. Alle otto e mezzo ci saremmo
incontrate sul pianerottolo.
Alle otto e 20 ero
già
pronta e non riuscivo a stare ferma,avevo controllato dodicimila volte
di aver preso tutto! Alle 8 e 29 uscimmo contemporaneamente dalla
porta. Era bellissima, uno spettacolo mozzafiato.
Con i capelli a
caschetto lisci e
piegati alla perfezione, una linea di eye-liner sugli occhi e il
mascara nero, rossetto rosso... indossava calze nere che le fasciavano
quelle gambe lunghe e aggraziate, pantaloncini a losanghe grigi, che
sembravano una gonna con dei bottoni argentati sul lato , una maglia
nera di cotone stretta, a maniche lunghe con il collo alto ma che
lasciava scoperto lo sterno, stivali neri alti fin sopra il ginocchio
che calzavano come un guanto. Per finire una giacca di pelle
nera
imbottita di pelo grigio chiaro, corta sopra i fianchi... Era stupenda
e dopo un attimo di stupore senza parole riuscii a spiccicare un "ciao".
Salimmo sul mio
motorino e le
allacciai il casco sotto il mento perché lei non ci riusciva
mai, e la vedevo che mi fissava negli occhi. Il suo sguardo mi fece
arrossire. In sella al motorino, ringrazia tra me il pungente freddo di
dicembre perché avrebbe smorzato il calore che sentivo
salire
alle guance dovuto al fatto che lei era dietro di me, le sue mani mi
stringevano la vita così come le sue gambe erano strette
intorno
alle mie di cosce. Arrivati al locale, una volta dentro la persi di
vista mentre salutavamo i nostri amici e ci ritrovammo solo
dopo
un po' di ore davanti il piano-bar.
Lei ordinava un
Cosmopolitan, io
una Coca-Cola, dato che poi avrei guidato. Rise quando vide
ciò
che avevo ordinato, e brindammo con i bicchieri mentre lei ancora
ridacchiava.
«Quanti nei
hai bevuti,eh? » le chiesi ridendo.
«E' solo il
secondo! » disse lei.
Aveva le guance rosse
e parlava
velocemente. Gli occhi le brillavano ed era bellissima.
Glielo
dico sta sera stessa, pensavo, glielo dico, Lara, mi sono innamorata di
te, così tutto d'un fiato. Ma sapevo che il coraggio non lo
avrei mai trovato. E così la serata passò tra
risate,
chiacchiere e buona musica, uscimmo dal locale all'una passata. Durante
il tragitto di ritorno faceva ancora più freddo, sentivo
Lara
rabbrividire ma non smetteva di parlare urlando per farsi sentire sopra
il rumore del motore. Davanti il portone del condominio
faticò a mettere le chiavi nella serratura e lo stesso
davanti
casa sua.
«Fai
silenzio!Sveglierai i
tuoi genitori. » le dissi mentre entravamo perché
non
smetteva ancora di chiacchierare.
«
Sono entrambi a
lavoro, hanno il turno di notte sta sera. » disse lei.
«
Entra, ho fame... hai fame? Mangiamo un po' di schifezze e guardiamo un
film...non ho per niente sonno! »
Entrai in casa sua e
la seguii i
cucina evitando la scia di vestiti che si lasciava dietro: si tolse
giacca, stivali , sciarpa e cappello mentre camminava. Li raccolsi e li
misi sul divano del salotto e mi ritornò in mente una scena
uguale a quella di qualche sabato prima... Risi tra me. Lara intanto
era in cucina che frugava negli sportelli alla ricerca di cibo. Io
andai in salotto ad accendere la tv. Mentre le chiedevo che film aveva
voglia di vedere la vidi arrivare a braccia piene con patatine e una
bottiglia di vodka alla fragola.
«Ora puoi
bere anche tu!
» mi disse entusiasta. La vodka alla fragola mi faceva
alquanto
schifo, ma la bevetti comunque.
Alla fine non ricordo
nemmeno la
trama, del film che vedemmo. Chiacchieravamo , facevamo battute sugli
attori, bevendo e mangiando, e io ero troppo affascinata dalla sua
risata e al modo in cui i suoi occhi brillavano.
A film finito Lara
disse di voler
vedere un film romantico, ma sapeva bene che mi sarei ribellata: non li
sopportavo. Invece lei mi tolse il telecomando di mano...da
lì cominciò una lotta per il recupero del
telecomando.
Lara finì sedere a terra giù dal divano e io
sopra di
lei; la tenevo ferma con le gambe e con le mani avevo fermato le sue
sopra la sua testa, a terra. Il telecomando non lo aveva nessuna delle
due, era finito chissà dove. Ridevano senza fiato in quella
posizione e io ero così vicina al suo viso che riuscivo a
contarle le chiare lentiggini che aveva sul naso.
Non seppi resistere
alla tentazione
e feci quello che sognavo di fare da molto tempo ormai: la baciai. Non
ebbi paura di un rifiuto, fui coraggiosa e il mio coraggio venne
ripagato. Lei ricambiò il bacio e finimmo abbracciate per
terra
a baciarci. Dapprima fu un bacio dole e casto ma via via
andò a farsi sempre più spinto, la passione che
provavamo
l'una per l'altra ci trasportò. Le sue labbra erano morbide
e
calde sotto le mie, si muovevano coordinate e la sua bocca sapeva di
fragola. Restammo entrambe senza maglietta e vidi il brivido di freddo
che le percorse la schiena mentre le baciavo il collo...
« Cat...
» una voce
maschile mi ridesta dai miei pensieri. Lawrence è di fronte
a me
sta dicendo qualcosa. Il dolce ricordo della prima volta con Lara, mi
sembra lontano anni luce da ciò che sto vivendo adesso.
« Dobbiamo
decidere chi
andrà a prendere le chiavi, dobbiamo organizzare un piano
d'azione. » mi sta dicendo Lawrence. Mi alzo da terra, non
posso
fermarmi a pensare al passato.
« Vado io.
» dico. « Vado io dalle bidelle. »
«No Cat!
» mi sussurra
Lara, mi stringe una mano. Io non la guardo, guardo invece Lawrance e
cerco di accendere il mio cervello.
« Prendo le
chiavi, dò
un'occhiata nel corridoio e quando ripasso davanti la classe, dovrete
essere pronti a seguirmi. Io andrò avanti con le chiavi,
qualcuno deve controllare che la via sia libera e...»
« Non ci
entriamo in nove
dentro l'ascensore.» obietta Lucia, una ragazza con i capelli
rossi, sempre allegra ma che ora si è fatta prendere dallo
sconforto e dal panico, ha gli occhi rossi di pianto e il mascara
colato.
« Infatti,
dobbiamo fare a
gruppi. Un gruppo di 5 dove ci sono io che prendo le chiavi. E l'latro
che ci raggiunge dopo.» le rispondo. « Io vado
intanto
ragazzi. Voi organizzatevi i gruppi, quando ripasso qui davanti dovete
essere pronti a seguirmi. » dico.
Mi creo un arma alla
bene e meglio
con una gamba del banco. Yago mi spiega che quei mostri si uccidono
solo trapassandogli il cranio, che sono forti ma lenti nell'attacco,
seguono i rumori maggiormente ma è dubbioso sul
fatto se
ci vedano o no.
« Ma queste
cose le sia per certo, o sono frutto della tua fervida fantasia,
Yago?» gli chiedo.
«Sarò
sincero, non le
so per certo... ma da qualche base bisogna cominciare. » mi
risponde lui; non dovrebbero essere rassicuranti le sue parole,ma in
qualche modo per me lo sono.
Prendo una seconda
gamba di banco,
come arma di riserva e me la incastro nella cintura dei
pantaloni. Lawrence mi aspetta vicino la cattedra, con Marco, pronti a
spostarla e rimetterla subito apposto.
«Dovrete
essere veloci a
decidere, » dico. « potrei metterci poco, o molto.
Vi busso
sulla porta quando arrivo. »
I due ragazzi
annuiscono. Lara viene verso di me. Mi abbraccia.
«Non
morire.» mi
sussurra in un orecchio. Mi bacia. Devo vivere, non posso morire e non
poter più baciare quelle labbra, penso.
Marco e Lawrence
spostano la
cattedra quel tanto che basta per aprire la porta,il giusto spazio per
far passare me.Richiudo delicatamente la porta alle mie spalle.
Ora sono sola, nel
corridoio, alla
mercé del pericolo. La prima cosa che vedo è il
sangue
del professore, per terra e sulla porta. Mi affaccio a destra e
sinistra per vedere il corridoio: non c'è nulla.
Prendo il
corridoio di sinistra, che va dritto per alcuni metri e poi gira ad
angolo retto verso sinistra. E' proprio li che devo andare,
perché dopo l'angolo c'è la stanza delle bidelle.
Impugno
il bastone e cammino lentamente, cerco di regolare il respiro. Ho i
nervi tesi, le orecchie pronte a sentire qualunque rumore possibile. Ma
non c'è alcun rumore. Troppo silenzio. Prima di girare
l'angolo
mi affaccio velocemente e nemmeno nell'altro lato del corridoio
c'è qualcosa. Entro nella stanza, deserta anche questa.
Trovo un
enorme mazzo di chiavi nel primo cassetto della scrivania. Fortuna che
le nostre bidelle hanno qualche problema nel ricordarsi di cosa sono le
chiavi, infatti su ogni chiave c'è un etichetta con su
scritto
cosa aprono. Ci sono tutte quelle che ci servono.
Mentre sto uscendo
sento un rumore.
Mi affaccio sull'atrio dove ci sono le scale. C'è uno di
quei
così, sale le scale strascicando i piedi, ha uno squarcio
sulla
gola dal quale non esce sangue, ha la pelle marroncina, gli occhi
vitrei e gialli dai quali è sparita ogni traccia di
umanità, non c'è nemmeno la pupilla,
così come al
ragazzino che ho visto prima. Lo guardo meglio mentre sale le scale e
arriva sul pianerottolo, e lo riconosco: è la guardia
giurata
della banca che sta sotto il nostro istituto. Ha la fondina della
pistola alla cintura, e c'è anche la pistola. Una cazzo di
pistola. La devo prendere, potrebbe essere utile... decido di lasciar
perdere.
Esco allo scoperto,
voglio vedere
se ci vedono... e infatti no, sono ciechi: i suoi occhi morti si
rivolgono verso di me ma mi sorvolano. Torno in silenzio verso la mia
classe. Quando busso delicatamente i ragazzi sono già tutti
pronti per andare e quindi apro la strada verso l'ascensore.
Dobbiamo percorrere il
corridoio di
destra per alcuni metri poi una porta sulla destra ci da sullo stesso
pianerottolo dove c'è la guardia giurata morta,
«Sul
pianerottolo c'è uno, se facciamo silenzio non ci
vedrà. Sono ciechi.» sussurro agli altri.
Arrivati al
pianerottolo invece
vediamo che la guardia giurata morta non c'è. Meglio.
Inserisco
le chiavi e l'ascensore scende con un leggero sferragliamento. Entriamo
tutti, siamo in 5. Ma Lara non c'è. Impreco tra me. Arrivati
al
sesto piano, usciamo dall'ascensore velocemente. Intanto ho staccato la
chiave per l'ascensore e me la sono rimessa in tasca; lascio il resto
delle chiavi al gruppo. Io torno nell'ascensore e riscendo.
Al terzo piano lascio
l'ascensore
aperto, pronto per tornare subito dopo. I corridoi sono ancora liberi.
In classe rimangono Lara,Marco,Lucia e Cameron. Busso piano, Cameron e
Marco mi aprono la porta. Mi ritrovo avvolta nell'abbraccio di Lara, mi
bacia di nuovo, il mio cuore potrebbe scoppiare di felicità.
«La porta
dell'ascensore
è aperta, il corridoio mentre sono passata era deserto, ma
non
possiamo sapere come sia ora. Cameron chiudi la fila?»
Cameron è
un ragazzo alto e
robusto, se la caverebbe bene ad abbattere qualche non-morto. Annuisce.
Tutti armati di gambe di banco usciamo dall'aula. Corridoi deserti, ma
quando arrivo ad affacciarmi dalla porta che da sull'atrio trovo una
brutta sorpresa: tre non-morti, tra cui la guardia giurata, hanno
salito le scale e si aggirano strisciando i piedi e facendo schioccare
le mascelle; sono troppo vicini all'ascensore, uno arriva proprio di
fronte all'ascensore, fa per entrarci ma evidentemente sente qualche
altro rumore e fa dietrofront.
«Uno alla
volta, nell'ascensore. In silenzio. Chiudo io la fila. »
sussurro, a tratti nemmeno mi esce la voce.
E così
Marco è il
primo che va, seguito da Lara, dopo che entrambi sono all'interno,
faccio segno anche a Lucia di andare. Sta per mettere piede
nell'ascensore quando ecco un non-morto girarsi proprio verso di lei.
Lucia rimane impietrita lì dov'è. Mi guarda, le
faccio
segno di avanzare. Ma la poverina è bloccata dal panico, la
capisco. Quegli occhi vitrei la guardano ora, con molto interesse. Che
riescano a sentire i battiti del cuore se accelerati? penso. Lucia non
accenna a muoversi. Il non morto che la fissava fa due striscianti e
lenti passi verso di lei e la ragazza urla:
«NO!»
Succede tutto
velocemente: il non
morto che la fissava scatta verso di lei, seguito a ruota dagli altri
due. Cameron corre in suo aiuto ponendosi di fronte , abbatte
il
primo non morto con una sprangata, ma sono in tre, e anche se uno
è stramazzato al suolo ecco che il secondo e il terzo si
avventano con ferocia verso i due. Corro ad aiutarli, mi ritrovo a
dover bloccare la guardia giurata che tenta di mordermi, ho incastrato
il pezzo di ferro nella sua bocca ma questi cosi sono dannatamente
forti. Con tutta la forza che riesco lo spingo verso la ringhiera delle
scale cercando di fargli sbattere la testa contro la rampa di scale
superiore.
La mia forza
è poca in
confronto alla sua che dopo due colpi ancora resiste. Sento Lucia
urlare, non posso girarmi, se mi tolgo da questa posizione la guardia
giurata mi morde. Cerco di sbatterlo di nuovo al muro ma niente. La sua
forza è talmente tanta che mi fa arretrare.
«Ne arrivano
altri! Sbrigatevi! » sento Marco urlare.
Poi un pezzo di ferro
si abbatte
sulla testa della guardia giurata che mi si accascia contro. Cameron lo
ha steso e ora mi aiuta a rialzarmi. Sto per ringraziarlo quando dal
nulla spunta un altro mostro gli si lancia addosso, sangue rosso
zampilla fuori dalla gola di Cameron che rotola a terra insieme al
non-morto.
Cameron era
riuscito ad
abbattere i mostri che avevano attaccato Lucia, ma ora altri tre
l'hanno attaccata: mentre urla i non-morti le mordono collo, torace e
gambe. La scena è straziante così come le urla di
quella
poverina. Sulle sue urla sento le voci di Marco e Lara che mi chiamano.
Dopo un attimo di
shock mi
riprendo, sfilo la pistola dalla fondina della guardia giurata
accasciata ai miei piedi e me la infilo nei pantaloni, dietro, sotto la
maglietta. Marco urla: tenta di non far entrare un vagante
nell'ascensore. Corro verso di lui riesco solo a spingere via il
vagante e ad entrare nell'ascensore. Intanto Lara preme freneticamente
il bottone del sesto piano.
Mentre io e Marco
tentiamo di non
far entrare il non- morto, il mostro riesce ad aggrapparsi al braccio
del ragazzo: denti affondano nelle carni. Lo tira verso di
sè e io tento di tirare Marco all'interno, intanto lui grida
e
le sue grida attirano altri mostri che si uniscono al loro simile
cercando di prendere il mio compagno. E' un macabro tiro alla fune, ma
alla fine i mostri hanno la meglio e Marco viene tirato fuori.
In
cinque lo circondano e lo mordono.
Le porte
dell'ascensore si chiudono
davanti la scena del corpo di Marco smembrato, i non morti sono troppo
occupati a cibarsi del poveretto per accorgersi di altra carne fresca
nell'ascensore. Mentre l'ascensore sale, mi accorgo di essere rimasta
con gli occhi sbarrati contro le porte.
Le ginocchia mi
tremano, la vista
mi si annebbia di lacrime. Lara di fianco a me, mi stringe una mano e
singhiozza sommessamente. L'abbraccio stretta, cerco di calmarla ma in
realtà abbracciandola cerco di calmare me stessa. Torno ad
avere
respiri regolari. Mi guarda con gli occhi rossi di pianto e dallo
sguardo terrorizzato. La bacio sulla fronte:
«Andrà
tutto bene.
» le sussurro, ma non ne sono convinta.« Sono qui.
Tu sei
qui. Siamo insieme. Non ti lascerò morire. »
Le luci dei bottoni
dei piani si
illuminano sul cinque e arrivato al sesto con un cigolio l'ascensore si
ferma. Le porte si aprono sull'ennesima scena straziante. Due corpi
riversi a terra, smembrati; li riconosciamo dalle magliette e dalle
scarpe: sono Lawrence a Paula. Sporgo la testa e controllo
l'area
circostante. Non c'è nessuno a destra, a sinistra una porta
si
apre. E' quella di ferro che porta al settimo piano. Una testa fa
capolino, è Thomas.
«Venite
presto! » ci dice.
Corriamo dentro la
porta, la
chiudiamo alle nostre spalle, e la chiudiamo anche a chiave, come se
servisse. Saliamo l'ultima rampa di scale che porta al settimo piano.
Questo piano è veramente deserto perché
inaccessibile
agli studenti, con aule vuote e polvere ovunque, sono anni che nessuno
mette piede qui sopra.
«Che cosa
è successo? » chiede Lara a Thomas. Il ragazzo si
è seduto sull'ultimo gradino della rampa.
«Dov'è
Yago?» chiedo io.
«Yago
è sul
tetto...Stavamo per entrare qui, un gruppo di vaganti è
uscito
da una delle aule.. erano cinque o forse dieci... ci hanno attaccato...
Ho cercato di salvarla, ma non ci sono riuscito... ».
Ha i gomiti sulle
ginocchia e si tiene la testa fra le mani.
«Ho cercato
di salvarla! Non
ci sono riuscito... » impreca in modo colorito, sta piangendo
disperatamente. Paula era la sua fidanzata, stavano insieme dal primo
anno.
«Andiamo sul
tetto, Thomas, vieni. » gli dice Lara, molto più
brava di me a parlare con le persone.
Lo fa alzare e lo
accompagna verso
le altre scale che danno sul tetto. Povero ragazzo, perdere
così
l'amore della sua vita.
Non riesco a
pensarci,se ci penso,
penso che potevamo essere io e Lara al posto di quei due. Poteva essere
morta Lara, senza che io potessi salvarla.
Una volta sul tetto
respiro quella
che pensavo sarebbe stata aria fresca e invece è tutto
impregnato di un odore di bruciato. Chiudiamo la porta di accesso. Lara
fa sedere per terra Thomas e cerca di tranquillizzarlo.
Io perlustro il tetto
e trovo Yago seduto sul parapetto, da le spalle alla
città, ma sta guardando il panorama.
«Yago...
» lo chiamo avvicinandomi. Non mi guarda ma mi parla:
«Vedi?
Nonc'è
speranza. Non ci verrà a salvare nessuno. Il mondo
è
ufficialmente andato a farsi fottere.»
Ha dannatamente
ragione. Sotto di
noi la città è a ferro e fuoco. Ci sono incendi
ovunque,
allarmi di case che suonano, gente che grida, vediamo persone correre
alla rinfusa, da quassù sembrano tante piccole
formiche;
due palazzi più in la del nostro c'è
né uno in
fiamme, tutto il piano centrale sta bruciando. Urla, sirene ed
esplosioni, e spari, si sentono provenire dalla città. E poi
i
non morti che camminano lentamente tra la devastazione, si riconoscono
chiaramente,incuranti del caos vagano alla ricerca di nutrimento e
scattano di corsa verso ogni rumore che sentono.
«Moriremo...»
«Io lo sono
già. » dice Yago. Mi mostra il braccio: il segno
di un morso gli ricopre l'avambraccio, sanguina.
«Stai
sanguinando, dobbiamo fasciarlo!»
«E' troppo
tardi, Catherine.
» mi chiama con il mio nome completo; in classe nessuno lo fa
mai, mi chiamano tutti semplicemente Cat; solo i professori mi chiamano
Catherine...
«Ormai si
sta già
diffondendo, la malattia intendo. Potrei trasformarmi in uno di quei
cosi da un momento all'altro.»
« Ma non lo
sai per certo che
succederà, Yago. Nei film ti potrai pure infettare
così,
ma qua siamo nella vita vera! Non puoi sapere come
andrà...» gli dico, lui continua a guardare il
panorama
della città. « Vieni, scendiamo di sotto
e cerchiamo
qualcosa per..»
« Non
possiamo fare nulla,
siamo tutti già morti. Sta mattina quando mi sono alzato non
avevo voglia di venire a scuola, non volevo fare le tre ore di
filosofia con quella noia di professore, quanto cazzo era noioso,eh? Ho
pensato "meglio morire,cazzo, non le sopporto due ore di
filosofia!" » ride, Yago ride come se
stesse
raccontando una barzellette. « Porca puttana, Cat, il destino
mi
ha preso in parola, cazzo. » ride di nuovo, mentre
guarda la
devastazione della città.
Sto per dire qualcosa
ma lui parla prima di me:
«Non voglio
diventare uno di
quei cosi, non voglio fare del male a te o.. a Thomas. Cazzo, Thomas ha
perso Paula. Santo iddio, quei due erano un'anima sola... Come
farà? Io non voglio diventare uno di quei cosi Cat, mi ha
fatto
piacere stare cinque anni della mia vita con voi tutti. Anche con
Lawrence, quello spocchioso figlio di papà, mi manca cazzo..
è morto davanti ai miei occhi... » fa una
pausa e si
gira verso di me.
Il suo viso sembra
rilassato, si
aggiusta la manica della maglietta; non porta gli occhiali, li
avrà persi nella lotta. Nei suoi occhi leggo la disperazione
che
vorrebbe nascondere parlando con quel tono ilare, e noto anche una luce
strana...
«Erano
meglio le due ore di
Filosofia, Cat ... » dice infine , sorridendo e si
lascia
cadere all'indietro giù dal tetto.
«NO! »
grido, tento di afferrarlo ma riesco solo a sfiorargli i
pantaloni.
Yago cade
giù dal palazzo.
Non riesco a distogliere gli occhi, lo guardo cadere. Poi un rumore
sordo, un tonfo ma da qui non vedo altro che una chiazza scura a terra.
Mi allontano dal
parapetto, il mio
urlo ha allarmato Thomas e Lara che mi stanno correndo incontro. Hanno
visto la scena da lontano, dicono. Thomas impreca, si china a terra e
si prende la testa fra le mani. Lara mi abbraccia stretta, io ricambio
e affondo il viso nell'incavo del suo collo. Cerco di trovare coraggio.
Ci sediamo a terra, al
centro del
tetto. Cerchiamo di non ascoltare il casino che viene dalla
città. Cerchiamo anche di parlare ma non troviamo
nessuna
parola da dire. Thomas ha il viso provato, ogni tanto singhiozza, si
sfrega il viso dalle lacrime. Io e Lara siamo sedute vicine, con un
braccio le circondo la vita, lei ha il viso appoggiato al mio petto. La
tengo stretta e respiro il profumo dei suoi capelli.
Non so quantificare il
tempo che
passa, sembrano passati giorni, come potrebbero essere passate solo
alcune ore. Lara si è addormentata e anche io ogni tanto
cadevo
in una specie di dormiveglia dal quale mi ridestavo a causa di brutti
sogni. Nelle mie orecchie c'è ancora il grido di
Lucia e
chiudendo gli occhi rivedo Yago cadere di sotto, il suo
sorriso
da pazzo...
« Non posso!
Non
posso! » le urla di Thomas mi ridestano dallo stato
di
torpore, anche Lara si sveglia di soprassalto e si alza in piedi.
Il ragazzo
è vicino al parapetto del terrazzo. Lara mi guarda
terrorizzata
«Thomas?
Cosa fai? » gli chiede.
«Non posso,
capite? Non posso
continuare. Paula è morta, probabilmente tutta la mia
famiglia
è morta. E anche noi siamo morti, come fate a non capirlo?
Siamo
bloccati su un tetto, senza cibo, senza acqua! »
«I militari
ci verranno a salvare! » gli dice Lara.
«Ma quali
militari ? Non
verrà nessuno, Lara! Siamo soli.. le forze armate si saranno
radunate intorno ai potenti del paese a proteggere loro invece che la
popolazione. O peggio ancora magari un militare morto ha infettato
tutti gli altri e nelle caserme sono tutti morti! Non volete
capirlo! Siamo morti, nessuno ci salverà... e cosa faremo
qui
sopra? Senza acqua,cibo?Chi morirà per primo? Chi
morirà
per primo ucciderà gli altri due per mangiarseli una volta
diventato un non-morto!»
«Ma non
siamo stati morsi! Nessuno si
trasformerà! » gli urlo io.
«Che ne sai
Catherine,eh?
Studi epidemiologia? Sei una virologa? Per quanto ne sappiamo potremmo
già essere tutti infetti e sviluppare la malattia dopo che
siamo
morti. Tornare in vita dopo essere morti. E' l'apocalisse, non capite?
E' la fine del mondo! E o prima o dopo moriremo. E io non
morirò
di fame, non soffrirò la sete, non mi trasformerò
in uno
di quei cosi ! »
Qualunque cosa
cercheremmo di
dirgli, non l'ascolterà. Nei suoi occhi c'è la
stesso
luce che ho visto negli occhi di Yago. Vediamo Thomas prendere la
rincorsa e saltare giù. Lara grida.
«No!No!No! »
Io la tengo stretta
per impedirle
di correre verso il parapetto e vedere la stessa scena che ho
visto io. Le copro le orecchie e le risparmio un po' il rumore
agghiacciante di ossa rotte al suolo. Lara piange stretta al mio petto,
i singhiozzi la sconquassano e fanno tremare la sua esile figura. Mi
tolgo la gamba di banco usata come arma dalla cintura dei pantaloni.
Lei si inginocchia a terra e io la seguo, ci
abbracciamo
così per non so quanto tempo: lei che piange disperata, io
che
non riesco a tirar fuori nemmeno una lacrima, respiro l'odore dei suoi
capelli.
Ci appoggiamo con la
schiena al muretto del parapetto, sedute a terra abbracciate.
«Cosa
facciamo, Cat? » mi dice lei guardandomi negli occhi.
Quegli occhi
verdi come i
prati in primavera. Di un verde vivo, sono così magnetici,
non
puoi far altro se non ammirarli. Nonostante il panico che riflettono
adesso, essi non smettono di brillare di vita. Lara è
bellissima, ha dei lineamenti perfetti e un corpo favoloso, ma io mi
sono innamorata per prima dei suoi occhi verdi. Mi tornano in mente i
versi di una canzone "...quegli
occhi verdi come il mare, poi all'improvviso uscì una
lacrima e lui credette di affogare..."
«Non lo so,
amore.
Thomas potrebbe aver avuto ragione o forse no, noi possiamo credere e
sperare in ciò che vogliamo. Io voglio credere, Lara. Voglio
avere la speranza, verranno a salvarci. Non possono essere
morte
veramente tutte le forze dell'ordine, i militari cazzo, hanno le
armi!»
Lara sospira si
stringe a me.
«Tu cosa
credi Lara? Cosa speri?»
«Spero di
morire prima di te,Cat. Non sopporterei vederti morire...»
«Ma cosa
dici? - la prendo per spalle, la guardo negli occhi.
« Non dire queste cose. Non moriremo!»
«Ne sei
molto convinta,
vorrei poter sperare come te. » dice lei
tristemente
riappoggiando la sua testa sul mio petto.
Rimaniamo in silenzio
per un po'.
Entrambe immerse nei propri pensieri. Non io in realtà. Non
voglio pensare, voglio solo rimanere con questa speranza di salvezza.
Non voglio pensarci troppo affondo perché una remota parte
del
mio cervello è d'accordo con Thomas e con Yago e anche con
Lara:
voglio morire prima io di lei, non voglio vederla morire e trasformarsi
in una di quelle cose... ma non voglio nemmeno morire prima e
trasformarmi e probabilmente ucciderla per mangiarla... Quando
sentirò che starà arrivando la mia ora,
farò come
Thomas e Yago, penso guardando il parapetto.
Che
ore saranno? Quanto tempo è passato?
penso prima di aprire gli occhi. Mi sono addormentata. Sento che dorme
anche Lara appoggiata al mio petto. Apro lentamente gli occhi pronta
alla luce del sole e invece il sole è calato,
chissà da
quanto. E' buio, le stelle non si vedono, il cielo è
nuvoloso.
Le uniche luci vengono dal basso, dalla città sotto di noi.
Non
vorrei muovermi per non disturbare Lara ma ho bisogno di alzarmi, mi
fanno male le gambe. Delicatamente la sposto e la adagio per terra, lei
non si scompone.
Mi alzo, sento le
gambe
formicolare. Mi tolgo anche la pistola che avevo tolto alla guardia
giurata e l'appoggio a terra. Mi sporgo dal parapetto per vedere di
sotto. Le uniche luci della città vengono dai focolai sparsi
qua
e là. Lungo la strada che porta al nostro palazzo ci sono
auto
in fiamme, non morti che camminano tra le fiamme come non ci fossero.
Ci sono luci di fuochi anche più in là della
città. Non si sentono più molte grida, si sente
qualche
grido ogni tanto, e qualche colpo di pistola. Ma gli allarmi
delle abitazioni ancora suonano e nell'aria c'è ancora puzza
di
fumo. Plastica bruciata e qualcosa di molto simile ai peli di pollo
bruciati...
Penso a casa mia, il
mio condominio
non è molto distante dalla mia scuola ma è dietro
questi
palazzi in fiamme che vedo di fronte ed è
impossibile
vederlo, anche a causa delle colonne di fumo nero che si alzano da
terra. Mia madre, mio padre, la mia intera famiglia, sarà
morta.
O forse no. Il che è peggio: il non sapere se sono morti, il
non
sapere come stanno. Se fosse morto solo mio padre? Chi
sosterrà
la mamma ? Come staranno entrambi sapendo che io sono qui, non sapendo
anche loro come sto io? Penso a tutte le persone del mio
condominio, alle facce che vedevo tutti i giorni da ormai dieci anni, a
quelli più simpatici, al simpatico indiano che viveva sopra
di
noi che molto spesso ci portava spezie particolari, al vecchietto al
primo piano, con il barboncino marrone che tutte le mattine ,mentre io
uscivo per andare a scuola, lui portava a passeggio ai giardini. La
famiglia con tre bambini che abita al terzo piano... tutte
quelle
vite spezzate. Sento le lacrime solcarmi le guance, sto
piangendo. Finisco a singhiozzare, cerco di farlo sommessamente. Lo
sconforto e la disperazione che avevo cercato di ignorare mi
saltano addosso. Cado in ginocchio a terra. Piango e ancora piango,
sento di non potermi più fermare. Piango per i mie genitori,
per
mia nonna, per il resto della mia famiglia, per i genitori di Lara, per
il vecchietto col cane e per i tre bambini della famiglia al terzo
piano che potrebbero essere rimasti orfani o peggio essersi trasformati
in piccoli non morti.
Cosa
diavolo
sta succedendo al mondo? E' davvero l'Apocalisse? Non credo in Dio, ma
se invece si fosse incavolato sul serio alla fine? Tutto
questo
stava succedendo anche nel resto del mondo? Io e
Lara cosa
faremo? Come faremo a sopravvivere qui sopra? Che sia la morte l'unica
via d'uscita?
Cerco di smettere di
piangere, faccio dei respiri profondi. Mi asciugo il viso. Quando mi
rialzo sussulto:
« Lara... mi
hai spaventato... ti ho svegliato io? »
Lara
è di fronte a me.
«Si, ti ho
sentita piangere...»
«Mi dispiace
io...»
«Questa dove
l'hai presa
? » mi dice mostrandomi la pistola della
guardia
giurata che avevo lasciato a terra.
« Dalla
fondina della guardia giurata morta giù al terzo
piano. Pensavo sarebbe stata utile...»
Lara guarda la pistola
e poi posa i suoi occhi su di me.
« E' utile,
Cat. Ci sono tre colpi qui dentro.»
«E
quindi? » le domando io.
Ma non mi serve una
risposta, dal suo viso capisco già quello che intende
fare. Ma non posso accettarlo.
«Non
è la soluzione
Lara! Dobbiamo sopravvivere, dobbiamo aspettare i militari! Non posso
sopportare di vedere morire anche te! » le dico, sto
quasi
urlando.
«Cat,guardami.
Guardati...
Guardati intorno. » mi accarezza
una
guancia.« Non c'è rimasto nulla...»
«Siamo
rimaste noi,amore mio.
A me sei rimasta tu,non puoi lasciarmi così. Ci siamo noi,
possiamo trovare la forza di sopravvivere, insieme. Potremmo,
potremmo...» lei mi fa segno di tacere
.
«Tu sei
sempre stata la mia
forza, amore mio. Ma questo... questo non si tratta di forza. Non
c'è altra soluzione. Moriremo di fame, di sete prima di
tutto.
Sai com'è morire in questo modo? Comincia con una
sete
tremenda, non farai altro che cercare acqua,poi ti sentirai stanca,
avrai sonnolenza, apatia, nausea. Le tue emozioni non saranno
più sotto il tuo controllo. La frequenza cardiaca
aumenterà e così anche quella respiratoria, il
nostro
corpo non saprà più termoregolarsi. Avremo
vertigini,
difficoltà di parola, confusione mentale. Successivamente
potremmo avere spasmi muscolari, crampi ai muscoli, delirio
perché il nostro cervello comincerà a non
funzionare
correttamente. Verso la fine ci sarà una diminuzione del
volume
sanguigno, una conseguente insufficienza renale,poi del sistema
cardiovascolare... poi coma, insomma coma, si fa per dire. Qui
c'è direttamente la morte. Io non sono abbastanza forte da
poter
resistere a tutto questo. Non la voglio una morte lenta e
dolorosa.»
Non so che dire. Il
quadro
descritto da Lara è tragico; capisco cosa voglia dire.
Nemmeno
io voglio morire in questo modo atroce.
«Cosa vuoi
che faccia, allora? Vuoi che io stia qui seduta a vedere spararti un
colpo in testa? » le dico.
«Non sarei
mai capace di
spararmi da sola,Cat. Ti devo chiedere un favore ancora più
grande. Tu sei forte, molto più forte di me. Lo sai. Non
parlo
di coraggio nel fare cose che agli altri non starebbero bene, la mia
è ribellione... Tu sei coraggiosa e forte, sai prendere
decisioni ferme e sai ragionare nei momenti in cui la tensione
è
al massimo. Ho visto come hai affrontato la situazione oggi. Non ti sei
mai arresa, non ti sei lasciata prendere dal panico, come Lucia per
esempio. E sei arrivata fin qui, perché credevi in qualcosa.
Tu
credi nelle tue idee, persegui i tuoi obiettivi. Ma lo sai anche tu che
la tua speranza di trovare qualche aiuto è infondata, amore
mio. Mi dispiace dirtelo. Ma la realtà dei fatti
è
questa. Siamo già morte.» si zittisce, mi sta
dando il
tempo di capire ciò che mi ha detto.
E' impazzita, non
c'è altra
spiegazione. Eppure i suoi occhi sono quelli di di sempre, brillanti di
vita, li scruto cercando la stessa luce di Thomas e Yago. Ma Lara
è lucida e calma, ha pensato a questa cosa per tutto il
tempo in
cui ha dormito, se ha dormito davvero.
«Mi stai
chiedendo una cosa
troppo grande anche per me, Lara. Non posso farlo. Come puoi chiedermi
di ucciderti? Di spararti un colpo di pistola in testa? ! Io ti
amo!» le urlo.
«Faccio
appello proprio al
tuo amore, Cat. Se mi ami, liberami da questo fardello, liberami da una
morte lenta e dolorosa e concedimene una veloce e indolore. Ci sono tre
colpi, mi potrai seguire anche tu. Ci rivedremo in paradiso, lontano da
tutto questo male...»
E' impazzita,
è decisamente impazzita. Non trovo parole per risponderle.
« Ti prego
pensaci. Ma sappi
che io a domattina non voglio arrivarci. Mi getterò di
sotto,
sperando di morire sul colpo e di fracassarmi il cranio, non voglio
rischiare di diventare un non-morto. Non voglio arrivare a domattina.
Voglio morire guardando la luna, lo sai quanto mi piace la notte,
quanto amo le stelle. Voglio morire guardandole e sperando che morendo
io ne diventi parte. »
Mi sorride, lascia la
pistola a
terra e si allontana. Mi tremano le ginocchia, le lacrime mi continuano
a scendere dal viso. Non riesco a credere a ciò che mi ha
detto.
E' davvero finita
così la nostra vita? Abbiamo solo diciannove
anni! Abbiamo così tante cose da fare...Porca puttana. Non
festeggeremo la maturità, non daremo la maturità,
non
faremo il viaggio che volevamo fare in Spagna. Non la
sposerò.
La amo,con lei voglio passare il resto della mia vita...
Non faremo nulla di
tutto ciò. Moriremo qui, su un cazzo di tetto di un liceo,
con la fine del mondo sotto di noi. No, non
arriveremo a domattina. Non posso farla morire
fracassandosi al suolo, non posso vederla morire di stenti,
dolorosamente.
La cerco, la trovo
seduta di fronte la porta di ingresso per il piano di sotto.
«Lara...»
la chiamo,lei si alza e mi sorride.
«Sapevo che
avresti cambiato idea. So quanto mi ami, e tu sai che ti amo anche
io,vero?»
« Certo che
lo so...»
Si siede a terra con
le spalle contro il parapetto, di fronte la porta.
«Qui si
vedono meglio le
stelle, c'è un buco tra le nuvole.» mi siedo
accanto a
lei, poso la pistola a terra davanti a noi.
«Prima
vorrei dirti una cosa, Lara...»
«Avremo
tempo di parlare
dall'altra parte amore mio... » dice lei, che
è
convinta del fatto che esista un paradiso.
«Lo so. - le
sorrido. - Ma dato la situazione di merda in cui siamo, vorrei dirti
qualche bella parola. Permetti?»
«Vai
pure.»
«Io ti amo,
e lo sai. Il mio
amore per te mi fa male, perché non riesco ad immaginare
come
tutto ciò possa stare dentro questo piccolo muscolo che ho
nel
petto. Ti ho amato fin dal primo momento, lo so è una cosa
scontata lo so, ma te la dico comunque. Avrei voluto condividere con te
quel che sarebbe rimasto di me, e tutte le notti dormire ascoltando i
battiti del tuo cuore, ogni notte chiudere gli occhi insieme a te. Ma
questo non ci sarà possibile. E quindi ti dico questa frase,
che
so che riconoscerai perché il libro lo abbiamo letto
insieme: "
Io ti amo e ti amerò fino alla morte e, se c'è
una vita
dopo la morte, ti amerò anche allora."»
La bacio. Lacrime
calde escono dai
miei occhi e dai suoi, si mescolano nelle nostre bocche e sulle nostre
guance. Ci baciamo disperatamente.
« Grazie,
amore mio. Ti amo
da morire... » mi sorride.« forse per dire
"da morire"
non è la situazione adatta.»
Rido. Ecco un altro
motivo per cui
la amo. Perché dice di non essere forte eppure trova il
coraggio
di ridere in una situazione del genere. Ed è così
che la
voglio ricordare ed è immaginando questo suo viso sorridente
che
voglio andarmene dopo. Prendo la pistola, è già
carica.
Devo solo premere il grilletto. Lei mi da le spalle e guarda verso
l'alto. Devo solo appoggiarle la pistola dietro la nuca e premere il
grilletto. Non posso vacillare ora, la vedo che sorride,
è
serena, guarda le stelle. Ama le stelle, voleva fare l'astronauta da
piccola. Mi torna in mente la lampada che riflette le stelle
sulle pareti della sua camera, e le stelle fluorescenti che
ha
appeso sul muro davanti la mia scrivania. Controllo che l'arma sia
nella giusta posizione. Raccolgo quel poco di coraggio che mi
rimane.Chiudo gli occhi.
Lo faccio per lei, lei
questo vuole, vuole questo, ci rivedremo tra poco, pochi minuti e
saremo di nuovo insieme ...
Il colpo mi fa tremare
la
mano,sento la spalla vibrare, sento un liquido caldo che mi cola sulle
mani. Tenendo gli occhi chiusi la adagio al suolo, supina. Lascio la
pistola a terra. Mi tolgo la camicia, mi pulisco le mani. Non devo
aprire gli occhi, non aprirò gli occhi. La cerco toccandola,
sento le sue spalle, adagio sopra il suo viso la mia camicia. Mi viene
la nausea, sento che sto per vomitare. Apro gli occhi, mi allontano dal
suo corpo inerte.
«Cazzo, cosa
cazzo ho fatto.
Oddio. Porca puttana... Lei lo voleva, è più
felice ora.
Si, lo è. Ora è serena. Ora vado da lei. Ora la
raggiungo.»
Ho freddo, sono
rimasta a maniche
corte, ho un freddo tremendo. Raccolgo la pistola, la ricarico. Mi
siedo accanto a lei, così che quando mi accascerò
all'indietro senza vita, sarò distesa accanto a lei. La
pistola
mi trema tra le mani. Sento un ticchettio. Mi rendo conto che sono i
miei denti che sbattono, sto tremando. Ho freddo,
ho tanto freddo.
La canna della pistola è sporca di sangue, e di altro, non
la
guardo, mi viene di nuovo da vomitare. Non posso vomitare ora, devo
andare da Lara.
Guardo verso l'alto. Mi punto la pistola alla tempia. Guardo
il
cielo, le nuvole si stanno diradando. Vedo la luna. Mi torna in mente
la canzone di prima, sorrido.
"....Ma
quando vide la luna uscire da una nuvola gli sembrò
più dolce anche la morte..."
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« Squadra 1,
mi ricevi? Squadra 2 abbiamo raggiunto l'ingresso del tetto. Situazione
di sotto? »
« Squadra 2, vi ricevo. Trovati 8 superstiti. Non- morti
completamente annientati nei piani terra,1,2,3,4,5, al sesto pulizia
ancora in corso.»
«Squadra 1,passo. Ottimo lavoro . Entriamo ragazzi. »
Il sergente dà l'ordine, un soldato spalanca la porta. Due
soldati di avanscoperta escono sul tetto.
«Libero, sergente. Superstiti, sergente.»
Una ragazza seduta a terra , ha una pistola puntata alla tempia.
«Signorina, sono il Sergente Garreth delle Forze Speciali.
Siamo qui per portarla in salvo. Abbassi l'arma per cortesia. »
La ragazza scoppia in lacrime.
«Squadra 1, mi ricevi? Abbiamo trovato un superstite sul
tetto e
una vittima da arma da fuoco. Serve un medico. Sopravvissuta
è
una donna, bianca, sui 19 anni, probabile alunna dell'istituto. In
evidente stato di shock, leggero principio di ipotermia. La portiamo
giù, non fate partire l'elicottero per la Zona
Sicura.
»
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“E così con un bacio
io muoio." - William Shakespeare
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~THE
END~
Note autore:
- I versi della canzone appartengono a Caruso,
di Lucio Dalla
- La frase del libro è tratta da Shadowhunters-
Città di Vetro , di Cassandra Clare.
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