LO SGUARDO DEL MOSTRO
DRIIINNN
Al
suono della campanella, tutti gli studenti si alzarono in piedi e
chiacchierando a tutto volume, uscirono dall'aula, diretti alle
proprie case.
Solo
una ragazza rimase all'interno della classe a mettere, lentamente e
silenziosamente, i libri nella cartella.
La
giovane aveva i capelli neri e ribelli legati in un codino, gli occhi
miti dallo stesso colore e la pelle abbronzata.
Una
volta messo via tutto, prese la giacca, il berretto di lana e i
guanti e, dopo essersi messa lo zaino in spalla, si
allontanò, in
silenzio.
Camminando
in completo silenzio, la giovane accese il cellulare e, mettendosi
gli auricolari, cominciò ad ascoltare una canzone.
Era
bello camminare e far scivolare i propri pensieri al suono di una
canzone...
Mentre
camminava, in completo silenzio, notò una ragazza sua
coetanea, coi
capelli ribelli neri e gli occhi dello stesso colore, correre per il
parco.
La
conosceva, anche se soltanto di vista.
Era
Caulifla, l'idolo della scuola.
Era
un mito per tutte le ragazze della scuola... come avrebbe voluto
essere come lei anche se solo in sogno...
“Guarda,
guarda chi c'è...” sibilò una voce alle
sue spalle che la fece
trasalire.
Si
voltò e vide un ragazzo basso, con la pelle così
pallida da
sembrare bianca e due occhi dallo stesso colore del sangue.
Lui,
invece, lo conosceva personalmente...
“Ciao,
Kale. Come va? Sono finalmente venuti a prenderti i tuoi genitori? O
si sono persi?” domandò, divertito, il ragazzo,
avvicinandosi.
L'altra,
invece, rimase immobile, restando nel più assoluto silenzio.
Una
volta che le fu davanti, la spinse violentemente per terra, facendola
finire in una pozza di fango e sporcandola tutto.
“Ah,
che stupido! Mi ero dimenticato che i tuoi genitori non verranno mai
a prenderti. Dopotutto ti hanno abbandonata quando non avevi che
pochi giorni di vita. Non volevano un mostro come te in casa, proprio
come non ti vorrà mai nessuno.”
ridacchiò, divertito, l'altro.
Kale
non disse niente.
Non
aveva alcun senso opporsi a qualcosa che, purtroppo, era vero.
Intanto,
l'altro ragazzo, comincio a prendere del fango dalla pozza e a
lanciarglielo, ridendo: “Come sei sporca! Ma almeno nessuno
potrà
vedere quanto sei brutta!”
Kale
rimase in silenzio, a sopportare quell'umiliazione.
Quando
si sarebbe stancato, se ne sarebbe andato come al solito e l'avrebbe
lasciata in pace.
Doveva
avere solo un po' di pazienza...
“EHI,
MA CHE CAVOLO LE STAI FACENDO?!”
L'adirata
voce femminile fece zittire, in un attimo, tutti i suoni del mondo.
Kale,
con un po' di fatica, alzò la testa per vedere chi era e
rimase
senza parole.
Era
lei.
Caulifla.
L'idolo
della scuola, una delle ragazze che ammirava di più in
assoluto...
si era schierata a sua difesa?!
Non
era possibile.
Era
solo un sogno.
Nel
frattempo, Caulifla si era avvicinata al tipo e quello, per niente
spaventato da lei, la minacciò: “Vattene via,
stupida! Lasciami
giocare un po' con questa stupida ragazzina e poi toccherà
anche a
te.” “Sei davvero patetico. Te la prendi sempre con
i bambini o
con persone in difficoltà. Fai schifo.”
L'altro
strinse i cupi occhi dallo stesso colore del sangue e disse:
“Ti
considero di stare attenta... perché posso fartela pagare
anche in
maniera tremenda.” “Provaci.”
“L'hai voluto tu.”
Il
ragazzo si slanciò verso Caulifla ma la giovane,
prontamente, tirò
fuori dalla tasca della giacca una bomboletta spray e
spruzzò
qualcosa sugli occhi del loro aggressore, colpendolo in pieno.
“I
MIEI OCCHI!!! MALEDETTE!!!” urlò il ragazzo e,
mentre si lamentava
del dolore, Caulifla prese per un polso Kale e corse via con la
ragazza, dicendole: “Presto, scappiamo!”
Le
due giovani corsero a perdifiato tra le vie della città per
un bel
pezzo finché, stremate, non si nascosero dietro a un
cespuglio a
riprendere fiato.
Dopo
un po', Kale, timidamente, disse: “G... grazie... per quello
che
hai fatto prima...” “Ma figurati! Mica potevo
lasciarti in balia
di quell'idiota... come ti chiami?”
“Kale.” “Vuoi che ti
accompagni a casa? Potresti incontrare di nuovo quel
mentecatto...”
“Non preoccuparti. Grazie di tutto, alla prossima.”
Dopo
aver detto quella frase, la giovane si alzò e si
allontanò da
Caulifla, in completo silenzio.
“Per
oggi, basta così, ragazzi. Alla prossima.”
Alle
parole dell'allenatore, il giovane ragazzo, assieme ai suoi compagni,
uscì dalla piscina e si diresse verso gli spogliatoi
maschili.
Una
volta che ebbe fatto la doccia e si fu rivestito, il giovane dai
capelli a spazzola neri, prese dalla sua borsa un succo di frutta e
si diresse verso l'uscita.
La
lezione di quel giorno era stata particolarmente dura... ma,
fortunatamente, nella borsa portava sempre con sé dei
succhi, in
modo da potersi ricaricare.
Quando
uscì dalla piscina, sgranò gli occhi e per poco
non fece cadere il
succo per terra.
C'era
una ragazza, con i capelli ribelli neri e gli occhi dello stesso
colore.
“Ciao,
Caulifla... cosa ci fai qui?” domandò, incredulo,
il ragazzo e
Caulifla rispose: “Devo parlarti assolutamente,
Cabba.”
Kale
era seduta per terra.
Attorno
a lei, vi era il buio più fitto e tenebroso.
Ma
a lei non dispiaceva per niente, anzi.
Quella
vecchia fabbrica abbandonata era il suo rifugio da quando aveva sette
anni.
Era
lì che si rifugiava sempre, quando voleva stare da sola.
Tutte
le volte, entrava da un vetro rotto e stava lì, per ore, a
guardare
il soffitto, immersa nel buio più totale.
Nessuno
le poteva far del male là dentro... solo lì
poteva essere sé
stessa.
Senza
alcuna paura.
Ad
un tratto, i libri e gli oggetti all'interno della fabbrica si
sollevarono e cominciarono a volare nell'aria, facendo mille
piroette.
Kale
sorrise.
Solo
lì, in quella vecchia fabbrica abbandonata, poteva usare i
suoi
poteri.
Ciò
che nessuno poteva anche solo minimante sospettare, era che lei fosse
telecinetica.
Aveva
avuto questa dote fin da quando era piccola, infatti, Kale sospettava
che era quella la ragione per cui era stata abbandonata.
Aveva
scoperto i suoi poteri a tre anni quando, infuriata a causa delle
prese in giro di una banda di bulli, aveva mosso, inconsciamente,
sassi, terra e rami, distruggendo tutto il giardino dell'istituto.
I
grandi aveva creduto che si trattasse di un terremoto ma solo lei
sapeva cosa era veramente successo.
Da
allora, aveva cominciato a temere i suoi poteri.
Voleva
liberarsene ma era impossibile.
Ogni
giorno sentiva, sapeva che i suoi poteri stavano crescendo... e che
stavano diventando sempre più pericolosi.
Tuttavia,
doveva assolutamente liberarli, altrimenti sarebbe stata male... ma
li usava solo in luoghi deserti e isolati, in modo che se qualcosa
fosse andato storto, nessuno sarebbe morto.
Quei
suoi dannati poteri erano altamente pericolosi e distruttivi... si
sentiva come una pentola a pressione.
Se
non fosse stata attenta sarebbe esplosa...
Così,
aveva cominciato ad evitare gli altri e a subire tutti quegli atti di
bullismo... anche se aveva il potere di schiacciare chiunque.
Eppure,
quel giorno, qualcuno era venuto in sua difesa...
La
dura e l'idolo della scuola... Caulifla...
Kale
rimase in silenzio, mentre gli oggetti continuavano a librarsi
nell'aria.
“Non
immagini nemmeno lontanamente come sono stata male, Cabba...”
“Ci
credo. Quello che mi hai raccontato è davvero
disgustoso.”
Cabba
e Caulifla si trovavano in un bar a parlare.
Il
ragazzo aveva capito subito che c'era qualcosa che non andava...
Caulifla era venuta, di punto in bianco, in piscina e, soprattutto,
aveva deciso di pagare di tasca propria il conto del bar.
Non
era mai successo prima di quel momento e ciò significava una
cosa.
Guai.
E
parecchio grossi.
Dopotutto,
era il suo migliore amico fin dalle elementari e capiva al volo
quando qualcosa rodeva a Caulifla.
Infatti,
dopo aver sentito la storia di quello che era successo, capì
il
perché del malessere dell'amica.
“Hai
fatto bene ad aiutare quella ragazza. Non dovresti sentirti
così
male.” le disse per aiutarla, anche se sapeva già
che era
praticamente inutile.
Infatti,
Caulifla sbottò: “Tu non capisci! Li ho visti
varie volte insieme
al parco! Me ne sono sempre infischiata di quello che accadeva!!
Credevo che fossero una coppia, ti rendi conto?!”
“Mica potevi
sospettare una cosa del genere.” “Ti sbagli, Cabba!
Dovevo sospettarlo! Meno male che oggi sono tornata
indietro
perché mi erano cadute le chiavi...”
“Sono certa che ti sarà
molto grata per quello che hai fatto.” “Ma le volte
scorse...”
“Lascia perdere il passato, Caulifla. Il passato è
dietro di noi e
il presente e il futuro sono davanti. Quello che conta davvero sono
le azioni del nostro presente, non quelle del passato.”
La
ragazza rimase in silenzio.
Cabba
aveva ragione, come sempre.
Ormai,
quello che era successo era successo... quello che contava davvero
era il futuro e cosa intendeva fare per quella ragazza.
Ad
un tratto, ebbe un'illuminazione.
“Ehi,
Cabba.” propose, eccitata “E se andassimo alla
fiera assieme a
quella ragazza?” “Eh?” “Ma
sì. La invitiamo e la portiamo
con noi. Sarà divertente e non soffrirebbe più a
causa dei
maltrattamenti.” “In effetti... non è
una cattiva idea...”
“Visto? Allora non ti resta che invitarla.”
“Che intendi,
Caulifla?” “La inviterai tu, Cabba.
Ovviamente.” “Cosa?! E
perché?!” “Perché tu, ha
un'aria da ragazzo tranquillo e
affidabile. Kale si fiderà subito di te.”
DRIIIN
La
campanella di fine lezioni suonò e, in pochi secondi, l'aula
si
svuotò completamente.
Come
al solito, Kale era l'ultima ad uscire dalla classe.
“Scusa...”
disse una voce alle sue spalle.
Kale
si voltò, incredula.
C'era
un ragazzo piuttosto magro e minuto, coi capelli a spazzola neri e un
grosso ciuffo.
Aveva
gli occhi dello stesso colore e sembrava parecchio imbarazzato.
Kale
era senza parole.
Era
lì per lei?!
“Tu
sei Kale?” domandò, imbarazzato, il giovane e, non
appena la
ragazza annuì, lui continuò: “Mi chiamo
Cabba... so che ti posso
fare un po' senso, presentarmi così di colpo ma... il fatto
è che
io sono un amico d'infanzia di Caulifla...”
Appena
sentì quel nome, Kale sgranò gli occhi.
Un
amico di Caulifla era lì per lei?!
“Io
e lei abbiamo in programma di andare alla fiera, sabato prossimo e ci
stavamo chiedendo...” continuò Cabba
“...Se ti andasse di venire
con noi.”
La
giovane sgranò gli occhi.
Un
invito?!
Per
lei?!
Non
era possibile!
“Se
non ti va di venire non importa...” continuò
Cabba,
allontanandosi, ma Kale lo fermò: “Aspetta...
io... voglio
venire.” “Ottimo. Ti do' il mio numero e quello di
Caulifla, così
se hai dei dubbi, non dovrai far altro che chiamarci.”
Era
seduto sul suo letto, adirato nero.
Era
stato interrotto mentre umiliava quella patetica mocciosa di Kale da
quella dannata ficcanaso di Caulifla, che aveva pure avuto la faccia
tosta di spruzzargli dello spray in faccia e di dileguarsi con la sua
vittima.
Da
quel giorno era passata una settimana e non le aveva riviste.
Sorrise
sadicamente.
Non
c'era alcuna fretta di ritrovarle...
Dopotutto,
la vendetta era un piatto che andava consumato freddo...
Kale
guardava affascinata tutte le bancarelle e le giostre che la
circondavano mentre seguiva, timidamente, Cabba e Caulifla.
Non
era mai andata ad una fiera, per timore che i suoi poteri
combinassero qualche guaio, ma doveva ammettere che era davvero
bellissima.
E,
poi, assieme a Cabba e a Caulifla si trovava così bene...
“Ehi,
Kale.” la chiamò, ad un tratto, Caulifla e, una
vola che Kale si
fu voltata, le chiese: “Che ne dici di salire sugli
autoscontri?”
“Ci sto.”
I
tre giovani, dopo aver pagato il biglietto, salirono ognuno su una
vettura a scelta.
Una
volta che il gioco ebbe inizio, si misero a scontrarsi a vicenda,
scatenando risate a crepapelle.
Quando
i tre finirono il giro, non stavano più nella pelle.
Solo
Kale ebbe la forza per balbettare: “E' stato... è
stato
fantastico!” “Vero, eh? Ma tieniti forte, piccola.
Il bello deve
ancora venire.” le disse Caulifla, prendendo Kale e Cabba
sottobraccio e trascinandoli via.
Dopo
gli autoscontri, il trio salì sugli aeroplani e altre
giostre, per
poi comprarsi dei panini e delle bibite da una bancarella.
“Allora,
ti diverti?” domandò Caulifla a Kale e lei, tutta
contenta, annuì.
“Bene,
allora andiamo su quella!” esclamò la ragazza,
indicando la ruota
panoramica e, prima che Cabba o Kale ebbero il tempo di dire la loro,
Caulifla li prese per il polso e li trascinò verso la
giostra.
Erano
loro.
Non
c'era alcun dubbio.
Quelle
due dannate che l'avevano umiliate la volta scorsa... finalmente,
avrebbe potuto fargliela pagare...
Stavano
salendo su una cabina della ruota panoramica, assieme a un ragazzo
basso, minuto, con gli occhi neri e capelli a spazzola dello stesso
colore.
Anche
se c'era quel ragazzo, non era per niente preoccupato... quel ragazzo
così minuto non sarebbe di certo stato un problema...
Si
appoggiò ad una bancarella e prese il cellulare, pregustando
la
vendetta che avrebbe avuto fra poco su quelle due e sul loro amico...
“Uao...”
si lasciò scappare Kale, guardando fuori dalla navicella.
Vedere
il mondo da lassù... era davvero bellissimo...
Sembrava
sospesa in aria e lontana... lontano dal mondo, dai bulli, dai
pericoli, dai suoi poteri... da tutto!
“Ti
piace proprio la ruota panoramica, eh?” commentò
Caulifla mentre
Cabba le dava una gomitata.
Tuttavia,
Kale non fu per niente offesa delle parole della ragazza e, con un
grosso sorriso, annuì: “Sì... mi
diverte un sacco...” “Peccato
che domani smontano tutto...” sbuffò Caulifla e
Cabba le ricordò:
“L'anno prossimo ritornano... se vi va, possiamo tornarci
tutti e
tre insieme. Ancora una volta.”
Le
due ragazze si voltarono a guardarlo, in silenzio.
Cabba,
vedendosi al centro dell'attenzione, spiegò, imbarazzato:
“Ecco...
penso solo che... sarebbe una cosa carina da fare, voi che ne
dite?”
“Sì! Facciamolo!” annuì,
tutta contenta, Kale mentre Caulifla,
cercando di nascondere un sorriso, dichiarava: “E
perché no?”
“Bene... allora è una promessa.”
annunciò Cabba e allungò la
mano.
In
un attimo, le mani di Kale e di Caulifla si unirono alla sua.
“Certo
che fa freddo... come lo odio il freddo!” “Sono le
nove,
Caulifla... è normale che faccia così freddo. E
non dimenticare che
siamo pure in autunno inoltrato. Più freddo di
così...”
I
tre ragazzi stavano camminando, in completo silenzio, nel viale
alberato, illuminato solo dalla luce dei lampioni.
“A
me non piace molto questa strada... è così
buia... e così
deserta... fa paura.” commentò Kale e Caulifla
rispose: “E'
l'unica strada per tornare a casa.”
“Però bisogna ammettere che
sembra di trovarsi in un film dell'orrore...” aggiunse Cabba,
guardandosi attorno.
Aveva
una brutta sensazione...
“Ma
di che vi preoccupate? Ho fatto questa strada di notte un sacco di
volte e non è mai successo niente!”
sbottò Caulifla, nascondendo
l'ansia che stava crescendo dentro di lei.
In
realtà, non era per niente tranquilla.
Aveva
come la sensazione che qualcuno li stesse seguendo... non vedeva
l'ora di raggiungere casa sua...
“Ragazzi...”
disse, ad un tratto, Kale “Ci sono dieci individui che ci
stanno
accerchiando.”
Cabba
e Caulifla si voltarono, increduli, ma non fecero in tempo a
domandarle niente che vennero circondati da altri dieci tizi.
“Che
volete?” domandò Caulifla, con tono seccato, e una
voce disse:
“Solo pareggiare qualche conto, ragazzina...”
I
tre sgranarono gli occhi.
Davanti
a loro, c'era il ragazzo che perseguitava Kale.
“Che
cavolo vuoi?” gli domandò Caulifla e l'altro
rispose: “Solo
vendicarmi di te e della tua amica. Sai, non è stato per
niente
carino l'avermi spruzzato addosso quello spray...”
“Parla per te.
Per vendicarti ti sei portato un gruppo di sbandati. Sei proprio un
vigliacco.” “In guerra non esistono cose giuste.
L'importante è
sconfiggere il nemico.”
Senza
dire una parola, Caulifla e Cabba si misero in posizione di
combattimento mentre Kale li fissava in silenzio.
“Ehi,
Kale.” le sussurrò, ad un tratto, Caulifla
“Appena inizia il
pandemonio, corri a nasconderti dietro ad un albero e non muoverti
assolutamente, capito?” “S... sì,
certo...” “Bene. Non
vorrei che ti capitasse qualcosa.”
Kale
rimase in silenzio, senza parole.
Caulifla
le aveva appena detto che non voleva che le capitasse qualcosa?!
Nessuno,
prima di allora, le aveva detto parole così belle... anzi,
credeva
che se le fosse successo qualcosa, a nessuno gliene sarebbe fregato
niente, in quanto era considerata da tutti strana...
In
un attimo, i dieci colossi si avventarono contro di loro ma Cabba e
Caulifla, con abilità, schivarono tutti i loro attacchi e li
misero
ko in un attimo con pochi colpi di karate.
Kale,
la quale fin dall'inizio della battaglia si era rifugiata dietro ad
un albero come le era stato ordinato, osservò, incredula, la
scena.
Cabba
e Caulifla erano davvero molto bravi... adesso che ci pensava meglio,
aveva letto un articolo in cui loro due avevano partecipato alle
olimpiadi tra le scuole di tutta la nazione, vincendo pure.
In
pochi secondi, dei teppisti che li avevano aggrediti, non c'era
nemmeno uno in piedi, a parte il tizio che li aveva attaccati.
“Non
erano proprio di speciale, questi tizi.” dichiarò
Caulifla
“Dovresti ideare piani più efficaci se vuoi
vendicarti.”
Aveva
appena finito di parlare, che il ragazzo estrasse un coltello dalla
tasca della giacca e si avventò contro di lei, colpendola al
ventre.
“CAULIFLA!!!!”
urlarono, in contemporanea, Kale e Cabba, avvicinandosi alla ragazza,
la quale, nel frattempo, si era accasciata per terra dolorante.
“Sto
bene... non preoccupatevi...” sussurrò lei,
dolorante, ma si
vedeva lontano un miglio che stava soffrendo tremendamente.
Kale
tremò per la rabbia.
Caulifla...
la sua unica vera amica che aveva avuto in tutta la sua vita... era
stata ferita... per colpa sua?!
Guardò
con profondo odio i loro aggressori.
Era
stata tutta colpa loro... se Caulifla si era fatta male... ma
avrebbero sofferto.
Avrebbero
sofferto le pene dell'inferno per quello che avevano fatto.
“NON
VI PERDONERO' MAI!!!!!!” urlò Kale, adirata.
Nel
mentre che urlava, si librò in aria, mentre tutto
ciò che era lì
intorno, alberi, rifiuti, rami, si sollevò e si misero a
girare a
tutta velocità attorno a lei.
Tutti
i presenti erano senza parole.
Cosa
le stava succedendo?!
Ad
un tratto, uno dei rami sfrecciò a tutta velocità
verso uno dei
teppisti, infilzandolo al ventre.
Il
suo caldo sangue color cremisi si sparse ovunque.
Kale
sorrise in maniera sadica.
Fuori
uno.
Con
semplici movimenti delle sue braccia, le rocce, i rami e tutto quello
che aveva sollevato con i suoi poteri si scagliarono a tutta
velocità
verso i suoi aggressori, colpendoli in pieno e dipingendo di rosso il
marciapiede.
Cabba
osservava, senza parole, quello spettacolo.
Cosa
stava succedendo a Kale?!
Finalmente,
Kale finì la sua carneficina e si posò per terra,
sporcandosi gli
stivali di sangue.
Tuttavia,
si accorse che il tizio che l'aveva molestata per anni, ferendo pure
Caulifla, stava scappando verso la fiera.
Sorrise
sadicamente.
Povero
illuso... non le sarebbe sfuggito.
S'incamminò
lentamente verso la fiera, sotto lo sguardo incredulo di Cabba.
Correva
senza fermarsi, nonostante la stanchezza lo stesse uccidendo.
Doveva
salvarsi da quella furia.
Quella
lì non era per niente umana.
Aveva
fatto fuori, con tutta la calma del mondo, una banda di teppisti e
poi quello sguardo... impossibile da dimenticare.
Lo
sguardo di un assassino, di un mostro!
Ad
un tratto si fermò, sbiancato.
Lei
era lì, davanti a lui, col suo solito sorriso sadico.
Stava
per scappare di nuovo quando sentì un dolore allucinante.
Kale
fece un ghigno.
I
suoi poteri erano davvero molto potenti... con essi poteva decidere
della vita e della morte di un individuo... poteva scegliere se farlo
morire velocemente e fargli patire le pene dell'inferno... era stato
proprio un vero peccato non averli usati fin da subito...
Con
sempre il suo ghignò, spezzò a metà il
corpo di colui che, per
anni, era stato il suo aguzzino, col suo sangue, ancora caldo, che le
finì addosso.
In
un attimo, le risate, le urla e il calore che, fino a un secondo
prima avevano animato la fiera si bloccarono, come se un tremendo
vento gelido avesse ghiacciato tutti i presenti.
Ad
un tratto, qualcuno urlò e tutti cominciarono a correre,
gridando,
da tutte le parti.
Kale
rimase immobile.
Quelle
urla, quel terrore... era il suono più bello del mondo.
Finalmente,
dopo tanti anni, i suoi oppressori pagavano il prezzo delle loro
cattiverie nei suoi confronti.
Coi
suoi poteri, cominciò a sollevare e a distruggere tutto
ciò che la
circondava, lanciandoli verso la folla e ammazzandone un bel po'.
Oppure,
semplicemente, li tagliava a metà.
Ascoltava
in silenzio le urla disperate e si lasciava sporcare tranquillamente
dal sangue di tutti innocenti che aveva ucciso.
Non
gliene sarebbe potuto fregare di meno di quelle miserabili vite...
Presa
dalla frenesia, fece alzare un pezzo di metallo e lo fece, di nuovo,
volare in mezzo alla folla.
Si
sentì un urlo femminile e Kale si mise a guardare chi aveva
colpito.
Si
trattava di una ragazza, all'incirca della sua stessa età,
la quale
era ancora viva.
Si
preparò a darle il colpo di grazia quando accadde qualcosa
che la
fece fermare.
Una
ragazzina, più piccola ma molto somigliante a lei, si era
avvicinata
di corsa a lei, preoccupata.
Vedendole
insieme ebbe un blocco.
Quelle
due... assomigliavano tanto a quello che era successo poco fa con
Caulifla... ma, stavolta, era stata lei a ferire una ragazza.
Si
voltò e vide un'immagine.
Il
suo sguardo era vacuo, i suoi capelli sciolti ed essa era ricoperta
di sangue così tanto da far venire il vomito.
Kale
rimase in silenzio a fissarla, non riuscendo a spostare lo sguardo.
Dopo
un po', allungò la mano verso di lei, accorgendosi che anche
la
ragazza allungava la mano.
Ad
un tratto, la mano di Kale toccò una superficie fredda.
Sentì
calde lacrime scenderle dagli occhi.
Quello
che aveva davanti era uno specchio e la ragazza piena di sangue e
dallo sguardo di ghiaccio, che stava piangendo a sua volta, era lei.
Ecco
cos'era diventata.
Un
mostro assettato di sangue e morte.
Aveva
usato i suoi poteri per vendicare Caulifla e, come temeva, ne era
stata posseduta, diventando un mostro a tutti gli effetti.
Ignorando
le due sorelle, si voltò e corse via, tra le rovine della
fiera,
piangendo a dirotto mentre, attorno a lei, tutto si distruggeva.
“Insomma...
cerca di muoverti... Cabba...” “Ci sto provando,
Caulifla. Guarda
che è difficile trascinarti.”
Cabba
stava trascinando faticosamente Caulifla verso la fiera.
La
ragazza, dolorante ed esausta, esclamò:
“Dobbiamo... trovarla...
assolutamente... non possiamo permettere... che le accada...
qualcosa...” “Lo so...” annuì
Cabba, dirigendosi verso la
fiera, da dove si sentivano boati e urla.
Si
fecero da parte per lasciar scappare un sacco di gente che correva a
perdifiato.
Entrarono
nella fiera che era ormai deserta.
Era
tutto distrutto e ovunque c'erano corpi.
Sembrava
di camminare in una città fantasma.
I
poteri di Kale erano così potenti da far paura...
“Hai...
hai idea di... dove sia finita?” domandò Caulifla
e Cabba rispose:
“Seguiamo le tracce di distruzione.”
“Le
tracce portano qui.” dichiarò Cabba indicando la
vecchia fabbrica
abbandonata.
Guardando
Caulifla, la quale era sempre molto più pallida e debole,
propose:
“Forse, è meglio se aspetti qui...
cercherò di far ragionare
Kale...” “Col... col cavolo... vengo con
te...” balbettò,
Caulifla.
Cabba
sospirò.
Certe
volte, Caulifla era proprio testarda...
Con
difficoltà, Cabba riuscì ad entrare, assieme
all'amica, nella
fabbrica.
Lo
stabile era avvolto nel buio e nel silenzio.
Il
ragazzo cliccò un pulsante e, vedendo che era ancora tutto
avvolto
nel buio, commentò: “Dev'essere andata via la
luce.” “Sveglia,
Cabba... è... una fabbrica... abbandonata...”
“Sono così
nervoso che non riesco a ragionare.” “Dove credi
che dobbiamo
andare?” “Non lo so... giriamo un po' intorno e
cerchiamola.”
Cabba,
sempre trascinando Caulifla, s'incamminò nel lungo, freddo e
buio
corridoio.
I
suoi passi rimbombavano nel cupo e abbandonato stabile.
“Cabba...”
esclamò, ad un tratto, Caulifla, indicando davanti a lei
“Guarda
laggiù.”
Da
una porta socchiusa proveniva un'inquietante luce verde.
Facendosi
coraggio, Cabba si avvicinò alla porta e la spinse
lentamente.
La
luce verde era dovuta ad una barriera che avvolgeva un corpo che
levitava mentre attorno ad esso volavano senza sosta vari oggetti.
“Kale...”
sussurrò Cabba e il corpo che levitava alzò lo
sguardo verso di
lui.
“Cabba...
Caulifla...” sussurrò Kale, senza parole, e Cabba
le chiese: “Sì,
siamo noi. Come stai? Tutto bene?”
“Andatevene.”
Kale
pronunciò quella frase con un tono più alto e il
giovane si accorse
che il suo tono era un misto tra la sua solita timida voce e una voce
che sembrava il ringhio di un animale.
In
ogni caso, non aveva per niente paura.
“Non
abbiamo fatto tutta questa strada per andarcene subito!” le
rispose
Cabba e Kale lo avvertì: “Dovete andarvene!!! Ma
non capite che
sono pericolosa?! Che se mi state accanto vi accadranno solo cose
brutte?!” “Abbiamo corso molti rischi venendo qui.
Credo proprio
che possiamo permettercene uno in più.” le
ricordò il giovane e,
allungandole la mano, le propose: “Vieni con noi. Io e
Caulifla
vogliamo aiutarti. Possiamo farcela.” “Tu non
capisci!!! Non
esiste un posto per me!!! Non è mai esistito!!!”
urlò Kale e il
soffitto cominciò a scricchiolare paurosamente.
Disperata,
la ragazza continuò: “I miei genitori mi hanno
abbandonata perché
possedevo questi poteri!!! Tutti mi hanno sempre considerata strana
ed evitata!!! Nessuno potrebbe mai amare una creatura come
me!!!”
“Noi però... non ti abbiamo evitata...”
sussurrò, debolmente,
una voce.
Caulifla,
col viso pallido e sofferente, continuò:
“All'inizio, volevo
aiutarti solo perché mi sentivo in colpa per non averti mai
aiutata... tuttavia, questa gita insieme... mi è piaciuta
tantissimo... Kale... tu non sei strana... sei fantastica, unica e
speciale. Sei una persona dolce, gentile e sincera.”
“Ma io... io
sono un mostro...” “Tu non sei un mostro. Anche se
possiedi degli
incredibili poteri, non credo assolutamente che siano malvagi. Se io
avessi una figlia coi tuoi poteri, Kale... ti prometto che non
l'abbandonerò mai. Perché sono certa che con
essi, renderebbe
questo posto un mondo migliore. Sai, Kale... io... avevo una
sorellina in passato... l'adoravo... ma, purtroppo, è morta
per un
incidente a sei anni... sappi... che tu... me l'hai ricordata fin
dall'inizio.”
Kale,
ormai, non riusciva più a trattenere le sue lacrime.
Per
qualcuno... era importante.
Caulifla
sorrise prima di svenire con un gemito tra le braccia di Cabba.
“Sorellona!!!”
urlò Kale e Cabba disse: “Deve aver perso troppo
sangue...”
Kale
si avvicinò trafelata e allungò le mani sulla
ragazza.
Fin
dall'inizio, aveva avuto questa sensazione... ma era troppo
spaventata dai suoi poteri per crederci... ma, dopo le parole di
Caulifla, era pronta a fare un tentativo!
Dalle
mani della giovane si sprigionò una luce verde che
investì il corpo
immobile di Caulifla.
Dopo
qualche secondo, il colorito marmoreo di Caulifla si
trasformò in un
rosato e la giovane aprì gli occhi, incredula.
Kale
si guardò le mani.
I
suoi poteri non servivano per distruggere, come aveva pensato per
anni... ma per salvare... peccato solo averlo scoperto in quel
momento.
Ad
un tratto, la fabbrica cominciò a tremare.
“Cosa
cavolo succede?!” domandò Caulifla e Kale
spiegò: “La fabbrica
sta cedendo... è troppo vecchia e il mio potere la sta
facendo
crollare.” “Presto, andiamocene.” le
disse Cabba, afferrandole
la mano ma Kale rimase immobile.
“Che
ti prende Kale?! Andiamocene, forza!!!” le
domandò, nervosa,
Caulifla e Kale, serenamente, rispose: “Andatevene voi. Io
resto
qui.” “Cosa?! E perché?!”
“Ve l'ho già detto. Là fuori non
c'è più un posto per me. Me lo sono distrutto.
Voi, però, potete
salvarvi. Promettetemi solo che se troverete un altro come me, lo
aiuterete a controllare i suoi poteri e a trovare il suo posto nel
mondo.” “Te lo puoi scordare!!! Noi non ti
abbandoniamo!!!” “Lo
immaginavo...”
I
due ragazzi sentirono una forte presa al ventre scaraventarli fuori
dalla stanza.
“KALE!!!!!”
le urlarono i due in coro mentre Kale, con un triste sorriso, li
guardava allontanarsi a tutta velocità grazie all'aiuto
della sua
telecinesi.
I
due vennero trascinati via a tutta velocità dalla fabbrica
finché
non atterrarono nel freddo asfalto.
Erano
appena stati portati fuori, che la fabbrica crollò
completamente,
con un sonoro boato e un polverone.
I
mattoni e le tracce della fabbrica erano sparite completamente eppure
nessuno osava costruire niente o anche solo avvicinarsi.
Girava
infatti la voce che quel terreno fosse maledetto.
Tuttavia,
davanti a quel pezzo di terra maledetto c'erano due giovani.
I
due, in silenzio e con solennità misero due bouquet di
fiori, con
tanti tipi diversi di fiori, davanti ad esso.
“Credi
che le piacciono?” domandò la donna mentre il
vento le accarezzava
i neri capelli ribelli “Non le ho chiesto quali fossero i
fiori che
le piacessero... una delle mille cose che non le ho chiesto quel
giorno di dieci anni fa...” “Sono certo che
apprezzerà lo stesso
il pensiero.” fu la risposta dell'uomo, coi capelli a
spazzola e il
ciuffo “Spero che si trovi in un posto migliore... un posto
che
l'accetti per quello che è... e che non temi sé
stessa...”
“Mamma, papà...” domandò una
voce alle sue spalle.
A
parlare era stata una ragazzina di nove anni, cogli occhi e capelli
neri e con un grosso codino.
“Cosa
c'è, Kale?” domandò il padre e la
bambina rispose: “Perché
ogni anno prima della fiera ci rechiamo qui?”
“Perché in passato
promettemmo ad una persona speciale che saremmo andati di nuovo con
lei alla fiera. Purtroppo è morta prima che potesse
accadere...”
“Ed era molto importante questa persona, mamma?”
“Altroché...
era quasi la mia sorellina...”
Kale
guardò per terra, l'asfalto pieno di piccoli sassi.
Allungò
la mano ma essi rimasero completamente immobili.
Alzò
lo sguardo e vide, nascosta dietro ad un albero una giovane ragazza.
Anche
se aveva i capelli spettinati ed era piena di sangue, non aveva
paura.
Sapeva
che poteva fidarsi di lei.
La
ragazza allungò la mano e Kale la imitò, stavolta
facendo muovere i
sassi.
“Kale!”
la sgridò sua madre, la quale si era girata proprio in quel
momento
“Lo sai che non devi usare i tuoi poteri fuori da casa! La
gente è
ancora terrorizzata da quell'incidente di dieci anni fa! Se
scoprissero che possiedi poteri telecinetici potrebbero farti del
male!” “Scusa, mamma...” si
scusò la bambina mortificata e il
padre, prendendole la manina, le disse: “Mi raccomando, fa'
molta
attenzione alla fiera.” “Tranquillo,
papà.”
La
piccola famigliola si diresse verso la fiera mentre, dietro
all'albero, ad osservarli in silenzio e coi capelli spettinati mossi
dal vento c'era la ragazza piena di sangue la quale, prima di sparire
in un freddo vento autunnale, sorrise con dolcezza. |