La
Notte degli Spettri: Halloween
non le faceva più lo stesso effetto da quando
scoprì la magia e il
mondo per ciò che era davvero. Non avrebbe mai
più guardato zombie,
vampiri, mummie e fantasmi con gli stessi occhi innocenti di prima.
Prima di scoprire di avere l'abilità di usare la magia, di
essere
stata invitata al test di ingresso di una scuola di magia e averlo
fallito, di essere diventata una strega e aver praticato magia
pericolosa, prima di perdere un amico e averlo ritrovato mai troppo
tardi, prima di scoprire che il magico mondo di Fillory non era solo
il parto della mente di uno scrittore folle, prima di
essere… oh,
essere stata stuprata da un Trickster. E prima di aver stretto un
patto con un pericoloso fetente assassino per uccidere quel
Trickster, magari, e prima di aver perso un'amica, forse, per aver
sopravvalutato, o sottovalutato che fosse, quel patto. E averla persa
per sempre. Per quanto potesse essere considerata amica,
si intende…
Era stanca; sopraffatta dagli
eventi che non era riuscita a gestire anche se per tanto ci aveva
provato, sentiva che era arrivato il momento di prendersi
semplicemente una pausa. Perfino Kady, dopotutto ciò che
avevano
passato insieme, aveva deciso di allontanarsi da lei per tornare tra
le braccia sicure di Penny.
Aveva bisogno di un momento.
Solo
un momento per pensare, per riposare; un momento solo per stendersi e
accumulare la forza che le serviva per andare avanti, considerando
anche le ultime novità. Per questa ragione, quando Q la
invitò ad
unirsi al suo gruppo di amici per festeggiare Halloween a Fillory,
decise di rifiutare. Non era nemmeno certa che, considerando tutto,
il gruppo di amici di Q la volesse con loro. Erano solo amici suoi,
in fondo. E, qualcuno di loro, ancora la odiava.
Se ne stava lì, nel
suo salottino
al buio, a guardare dalla finestra la gente che festeggiava di sotto,
per le strade. Era vestita nei modi più disparati e sorrise,
contagiata dalla loro felicità. Aveva proprio bisogno di un
attimo
dedicato solo a lei. Però…
Si voltò. Improvvisamente, sentì come una voce
dire il suo nome.
Normalmente avrebbe pensato che fosse solo la sua immaginazione, ma
non era certa che esistesse più qualcosa che potesse restare
solo
nell'immaginazione di qualcuno.
«Julia…».
La sentì ancora,
più chiara. Ed
era sola in casa.
La luce di una lampada si
accese e
allora Julia si mise in piedi, allontanandosi dalla finestra.
«Chi è
là?». Si guardò intorno, pronta a
difendersi se qualcosa fosse
andato storto. «Vieni fuori».
«Julia…».
Udì la voce ancora e
la lampada
si spense. Si accese la luce della cucina, più avanti, poi
si spense
anche quella. Qualcuno stava cercando di giocarle un brutto scherzo?
Udì una risata e deglutì, facendo due passi in
avanti. «Non mi fai
paura…». Probabilmente non era vero, ma avrebbe
tanto voluto che
fosse così. Le luci si accesero tutte insieme stavolta, si
aprì il
frigo, i pensili, gli sportelli dei mobiletti e, quando udì
di nuovo
quella risata, finalmente Julia capì con chi aveva a che
fare. «Sei…
un bambino? Una bambina?». Tutto si spense, gli sportelli si
richiusero e non si udì più nulla, come prima che
il bizzarro
attacco fantasma iniziasse. «Dove ti nascondi?
Andiamo… non ti
faccio niente», abbozzò un sorriso. Scorse
qualcosa muoversi dietro
il bancone della cucina e allungò lo sguardo, notando un
cucuzzolo
di capelli castani. Una bimba si alzò e le sorrise, tornando
improvvisamente ad abbassarsi. «Chi sei?». La porta
di casa si aprì
e la bambina schizzò fuori. «Aspetta!».
Julia si affacciò alla
porta e la piccola, dal fondo del corridoio, le fece un saluto.
Era strano, iniziò a
pensare una
volta uscita di casa per seguirla, ma aveva come l'impressione di
conoscerla ed era impossibile. Per cominciare, non sembrava neppure
una bambina umana seppure usasse la magia. E la usasse molto bene,
per essere tanto piccola. Avrà avuto forse sette o otto
anni; aveva
lunghi capelli castani chiari, lisci, con una ciocca tenuta indietro
con un nastrino e indossava un tenero abitino verde muschio. Quando
la cercò per la strada piena di gente, la bambina misteriosa
sembrava comparire e scomparire come voleva e saltava da un posto a
un altro, girandosi come per assicurarsi che la stesse seguendo. E le
faceva le linguacce, per giunta. Dove l'aveva già vista?
Julia la seguì fuori
dalla
strada, nel prato di un parco. Era certa di averla intravista
laggiù,
prima di scomparire nel nulla. «Dove sei andata?»,
gridò e strizzò
gli occhi, cercando di scorgerla nel buio. Si avvicinò a una
scultura al centro del parco e fu allora che udì dei
singhiozzi. Non
sembrava la bambina…
«Oh, no! Io
non… non ci posso
credere: Julia», quella ragazza le saltò al collo
e la strinse con
forza, continuando a singhiozzare ed emettendo piccoli versi
disperati. «Oh mio Dio», si separò da
lei e la fissò con
gravosità nello sguardo, ritornando in sé.
«Marina?
Cosa…?», la fissò
con attenzione e poi si guardò attorno, ma lei la
trascinò dietro
la scultura, temendo che qualcuno le vedesse. «Sei proprio
tu?».
«E chi ti aspettavi?
Il
Bianconiglio?», gracidò offesa, reggendosi le
braccia per il
freddo.
Aveva avuto i brividi quando
l'aveva toccata, ci credeva che avesse freddo: era congelata.
«Ti
vedo ma… Come puoi essere tu? …
sei morta».
«Grazie per avermelo
fatto
notare! Già che ci sei, ti prego, spreca il mio poco tempo
qui con
un'altra ovvietà», ingigantì gli occhi
e Julia non poté fare a
meno di sorridere: nonostante l'Aldilà, niente avrebbe
cambiato il
carattere di quella ragazza. «Devi aiutarmi, stronzetta: sono
morta
a causa del tuo amichetto psicopatico del cazzo, hai capito? Non puoi
tirarti indietro», ingurgitò saliva e la
guardò torva, «Non ho
molto tempo: sono sgattaiolata qui seguendo le Ombre, c'è un
gran
fermento da quelle parti questa notte, le hanno fatte uscire per una
gita».
«Le Ombre? Sono
fuori, adesso?»,
prese un attimo per guardarsi indietro. Quella bambina…
«A quanto pare, la
notte di
Halloween è il loro lasciapassare, poi le riportano via e si
accorgeranno che non ci sono! Quel posto è orribile, Julia,
non puoi
permettere che mi riportino lì».
Aveva i vestiti stracciati, il
rossetto sbavato, era sporca di terra e i capelli sembravano per
metà
appiccicati da chissà quale sostanza non riconosceva. Di
certo,
dovevano aver punito Marina per come aveva trattato gli altri in
vita. Seppure anche tra loro le cose si fossero messe male e l'aveva
odiata, era stata anche l'unica di cui potersi fidare un giorno,
quando ne aveva più bisogno. Quando non c'era nessun altro.
L'aveva
aiutata quando le aveva chiesto di farlo e le era stata vicina.
Marina era quella che pensava solo a se stessa, sempre, eppure una
parte di Julia era convinta che ci fosse stato, un punto da qualche
parte, in cui si fosse resa conto di aver preso una strada sbagliata.
Ma Marina era orgogliosa, questo lo sapeva, e per niente al mondo
avrebbe permesso a ripensamenti di qualche genere di mettersi sulla
sua strada. Julia era sicura che, tuttavia, se a causa di un destino
avverso, Marina non sarebbe morta quella notte, avrebbe avuto il
tempo di riscattarsi. C'era del buono in lei, ne era certa. Era
lontano, forse, ma c'era. Erano simili: la sola cosa che la
differenziava da lei, era aver trovato la forza di rialzarsi e
ricominciare, invece di odiare il mondo.
Però…
come avrebbe potuto
aiutarla? Sforzò una risata e scrollò le spalle.
«E come posso
fare?».
Marina le si gettò
contro,
stringendole i polsi e, accidenti, quanto era fredda. «Trova
un
modo! Ti prego, ti scongiuro, non lasciare che mi portino via di
nuovo e farò qualunque cosa, qualunque». La
guardò negli occhi.
«Non ho mai fatto in tempo a dirti una cosa, Julia: tu sei
una
strega eccezionale». Si morse un labbro e Julia
spalancò gli occhi.
«Non guardarmi con quella faccia, lo so, non sono solita fare
complimenti. Ma, se vuoi saperlo, mi sono sempre pentita di averti
lasciato andare, quando lavoravamo insieme», la
lasciò e si tirò
indietro, tenendosi la testa pesante. «Sei in gamba, non ti
sei mai
arresa ed ero… gelosa di te», sbuffò,
«Allora pensavo che
bandirti sarebbe stata la cosa migliore, perché mi avevi
dimostrato
di non potermi fidare di te, ma ti sei riscattata quando lo hai
fatto; è che avevi preferito quel ragazzo a me, alla nostra
missione… ma-».
«Q»,
aggiunse velocemente. «Non
potevo lasciarlo in quelle condizioni».
«Già»,
scrollò le spalle,
«Perché è questo che fai tu. Vai in
soccorso di tutti, non li
lasci indietro, ecco perché so che aiuterai me».
La fissò e Julia
strinse le labbra, alzando solo per un attimo gli occhi al cielo
costellato di nuvole. «Oooh, ti odio, cazzo; sei stata la mia
rovina, Julia Wicker!», per poco non gridò,
stringendo i pugni.
«Dai, calmati,
troveremo una
soluzione», si avvicinò e le sfiorò le
braccia ghiacciate.
«Non c'è
proprio nulla per cui
calmarsi», la guardò truce. «Ti odiavo e
ti rivolevo con me. Ero
gelosa perché eri tutto ciò che io non ero, ma ti
volevo al mio
fianco perché… Non lo so perché, e non
so perché sto dicendo
queste cose, forse sto uscendo di testa», ringhiò,
stringendosi la
fronte. «Quel posto mi entra nella testa ed
è…», ansimò, «E
non ho più una testa, perché tu e il tuo amico
siete spariti
lasciandomi da sola con il Trickster! Sai cosa? Non ho più
nemmeno
un'Ombra», digrignò i denti.
«Oddio… Ti
hanno… portato via
l'Ombra?». Sapeva cosa voleva dire stare senza Ombra: anche a
lei
era successo per un periodo e aveva iniziato a diventare un'altra
persona. Le era mancata la parte di lei che la rendeva lei.
Marina alzò la
maglia nera
stracciata che indossava e le mostrò il suo ventre scavato
da parte
a parte. «È questo che fanno! Mi hanno portato via
l'Ombra quei
fetidi figli di puttana e non mi sento più la stessa. Mi
hanno
punita», disse triste, riabbassando la maglia. «Ero
scappata e la
cercavo quando ho visto che le stavano portando qui»,
trattenne il
fiato. Se poteva dire di averlo.
Forse, pensò Julia,
l'assenza
dell'Ombra faceva un altro effetto sui morti: aveva reso lei
più
sicura di sé e quasi senza coscienza, apatica, mentre Marina
sembrava dimostrare molta più umanità e
fragilità di quanta lei
pensava ne avesse. «Abbiamo delle ore, giusto?», si
avvicinò e le
toccò una spalla, «Forse insieme possiamo pensare
a qualcosa».
Marina rialzò il
viso
amareggiato, tirando un labbro con i denti. «Insieme,
sì», si
convinse, annuendo e sospirando. «Se non ti avessi
allontanata,
allora… O se non fossi stata uccisa da quel bastardo,
magari…»,
ringhiò, «le cose potevano andare in modo diverso,
Julia. Per
fortuna mi hai trovata, mi ero persa e giravo in tondo».
Come?
Julia aggrottò la fronte, perplessa. «Ma non ti ho
trovata io!
Quella bambina, doveva essere un'Ombra, non me l'hai inviata
tu?».
«Quale bambina? Di
che cavolo
parli?».
Julia si voltò alla
sua ricerca
e, senza che le due se ne fossero accorte, era comparso un uomo
davanti a loro. «Marina…»,
deglutì e l'altra ragazza lo vide,
ricominciando ad emettere un verso angosciato con la gola.
«No»,
gridò, «Non voglio
tornare». Si attaccò a lei, prendendole le braccia
con cieca
disperazione.
In posizione perfettamente
eretta
e le mani dietro la schiena in attesa, l'uomo era venuto a prenderla,
lo sapevano, e non c'era niente che Julia avrebbe potuto fare per
impedirlo. Eppure, lui non guardava Marina, ma si limitava a fissare
lei.
«Dammi un momento con
lei, per
favore. Un momento solo, okay?», gli chiese speranzosa e,
inaspettatamente, lui annuì, alzando un dito indice.
«Avete un
momento», sorrise e
sparì.
Marina spalancò gli
occhi gonfi
di lacrime e la guardò, incredula.
«Come… Come hai fatto?
Cosa…?».
Ma Julia non aveva tempo per
quello. «Stammi a sentire, tornerà tra poco
e-».
«No! Non lasciare che
mi porti
via, scappiamo», strinse i denti, «Ti prego! Mi
dispiace…»,
cominciò a piangere e lo sguardo di Julia si
addolcì, «per come ti
ho sempre trattato. Non meritavi quello che ti ho fatto
passare».
«Non ci pensare,
okay? Adesso
devi starmi a sentire», ribadì, stringendole le
braccia fredde e
guardandola negli occhi. «Lui tornerà tra poco e
dovrai andare per
forza», ignorò i suoi lamenti e come cercasse di
divincolarsi dalla
sua presa. «Questo non lo so posso cambiare,
però…», le alzò la
maglia, osservandole lo squarcio, «forse posso fare un'altra
cosa».
Come se l'avesse sentita ricomparire, Julia si girò alle sue
spalle
e la bambina sorrise. Stava aspettando. «Sguardo arrogante,
carattere difficile… Mi ricordava qualcuno: tu,
Marina». Prese la
bimba per mano e gliela presentò; la vide restare senza
fiato, con
occhi sgranati.
«La
mia…».
«Ombra»,
terminò per lei.
Non sapeva ancora come avrebbe
fatto, ma sapeva che ci sarebbe riuscita. A quel punto, doveva solo
affidarsi a al suo istinto.
Avvicinò la bambina
a Marina e le
sollevò la maglia, toccandole ciò che restava del
suo corpo
mutilato. La sentì tremare per un brivido, ma Julia
cercò di non
distrarsi. Toccò la pancia e la piccola Ombra di Marina e
così,
all'improvviso, si generò un bagliore accecante dalle sue
mani. Un
bagliore caldo, tanto che fu capace di riscaldare le spettrali membra
di Marina. Si sentì avvolgere, si sentì amata
come non lo era mai
stata. Quando riaprì gli occhi, la sua Ombra era sparita e
il suo
ventre era di nuovo intero. Sorrise di gioia, incredula che ci fosse
riuscita.
«Me l'hai ridata! Mi
hai ridato
la mia Ombra».
Julia le sorrise di rimando ma
scorse che l'uomo era già tornato, anche se non aveva osato
disturbarle.
«Il nostro momento
è finito»,
sibilò dispiaciuta. «Ma forse posso ancora fare
qualcosa». Le
toccò la fronte e Marina chiuse gli nuovo gli occhi, per via
del
nuovo bagliore.
«Cosa mi hai
fatto?». Non si
sentiva diversa ma, quando si guardò, vide che i suoi
vestiti erano
interi, i suoi capelli di nuovo lisci e ordinati, la sua pelle
pulita.
«Andrai
nell'Aldilà e questo non
posso cambiarlo», mormorò Julia, «Ma hai
scontato la tua pena. Non
tornerai là, ma sarai di nuovo smistata con le altre anime
per un
impiego. Buona fortuna, Marina». Le sorrise e l'altra
spalancò gli
occhi.
«Come hai
fatto?», le chiese in
un bisbiglio, notando, con la coda dell'occhio, che anche se il loro
momento era scaduto, l'uomo non si era avvicinato per non
disturbarle. Era di certo strano.
Julia sorrise, abbassando gli
occhi come imbarazzata. «Ti sei persa le ultime
novità, durante la
tua permanenza agli Inferi: sono una Dea, adesso».
Marina spalancò gli
occhi chiari
e poi il suo viso, lentamente, si contrasse. Che fosse di nuovo
gelosa? «Beh… immagino che, dopo ciò
che hai passato, sia il
minimo», infine le sorrise. «Una Dea, eh? Fottili
tutti, Julia! Ti
si addice. Fottili tutti anche da parte mia», le
poggiò il dito
indice destro contro il petto. La fece sorridere, mentre l'uomo
avanzò un passo verso di loro e Marina sbuffò.
«Arrivo! Ti
dispiace darmi un altro cazzo di momento o devo scapicollarmi? Devo
salutare un'amica», guardò truce lui e poi di
nuovo lei, più
dolce. «Grazie», sussurrò con voce
leggera. Si avvicinò piano e
poggiò le labbra, ora calde, sulla sua guancia destra. Solo
un
momento, quel momento che bastava, e la lasciò.
Quando Julia si
voltò, entrambi
erano spariti. Fissò il nulla, incantata. E
arrossì un poco,
portandosi una mano sulla guancia, passando le dita laddove sentiva
ancora il suo tocco. Poi un brivido le percorse la schiena e si
mantenne le braccia, decidendo di tornare a casa.
Quando l'ispirazione bussa, a
volte non puoi far altro che lasciarla entrare ;)
È la mia prima volta
in questo
fandom e, anche se avevo un'altra idea in mente, non so se
tornerò a
scriverci. Diciamo però che mi è piaciuto tentare
e l'ho fatto con
la coppia fanon che più al tempo m'ispirava, povera Marina.
Non ho
mai digerito la sua morte e pretendevo il riscatto del suo
personaggio. Dunque… è uscita 'sta cosa. Dovrebbe
essere
ambientata dopo la seconda stagione, prima della terza, ma con Julia
che già sa di essere diventata una Dea (e ha un minimo di
dimestichezza, pure).
Avrei dovuto postarla per
Halloween ma per impegni sono un pochetto in ritardo, pazienza.
Spero sia piaciuta :)
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