IL DESIDERIO DI UN ANDROIDE
1° capitolo
– La donna perfetta
Il giorno è diventato un concetto astratto perché
la massa vive intensamente le lunghe notti create da questo cielo ormai
ingrigito. La speranza nel futuro è sparita insieme al
mattino per le persone normali che come me vogliono vivere come esseri
umani aveva detto quella specie di guru dell’informazione che
ogni giorno fa sentire la sua voce alla radio. Eppure nessuno
l’ha mai visto in faccia, mi chiedo se esista davvero una
persona che oggi non sia allineata al consumismo che la massa, compreso
me, non disdegna ne dileggia. Io vivo nella massa, godo ogni momento
che la notte mi offre e non mi privo di niente per appagare i miei
sensi, neppure ciò che per gli altri è un limite
o, addirittura, una dannazione. Ho preso tutto: sia quello che mi era
offerto dalle multinazionali, sia quello che proponeva la gente della
strada, sempre come scelta e non per obbligo. La guerra mi ha tolto un
braccio e un occhio quindi perché non avrei dovuto accettare
l’innesto di organi artificiali della C.S.O.? Solo
perché è finanziata proprio da quelle persone che
mi hanno mandato a morire? Perché avrei dovuto rinunciare
alle nuove droghe quando stavo così male da non riuscire a
dormire neanche un minuto? Vivo a modo mio la mia vita e nessun falso
profeta o nessun moralista del cazzo ha il diritto di giudicarmi!
Dalla Redmington House tutte le persone che ho incontrato mentre
uscivano da quel posto erano sorridenti, felici e i loro occhi
brillavano come quelle stelle che non si vedono più. In loro
c’era la consapevolezza di avere esaudito il desiderio di
vivere una vita migliore di quella che gli era stata offerta dal
destino fino a quel momento, una felicità raggiunta
attraverso delle semplici scelte che fino il giorno prima non potevano
fare o che non contavano nulla per gli altri. Ero rimasto indeciso fino
a quel momento sull’opportunità di entrare in quel
posto o se fosse stato meglio continuare a camminare
sull’altro lato della strada nonostante Omar continuasse a
ripetermi che era una soluzione ideale per me.
Omar era così deciso nell’indicarmi questo
percorso da spingermi a intraprenderlo ma, allo stesso tempo e senza
immaginarlo, mi stava anche frenando perché quando si
parlava dell’argomento, le sue risposte erano evasive e non
convincenti.
«Tu continui a ripeterlo però perché
non ci sei andato prima tu? Che cosa cambia questa scelta solo a me che
non può modificare la tua di vita?»
«Mi vedi come sono già rovinato? »
rispondeva cercando di mantenere il discorso su un piano più
scherzoso che serio, «Ormai più niente
può salvarmi dall’incenerire per auto combustione
causata da alcolici!»
Alla fine, più per provare a inserire una novità
nella mia vita, sono entrato e mi hanno accolto come se fossi un vero
signore. Una segretaria molto sensuale mi ha fornito tutte le
informazioni di cui avevo bisogno, ho compilato un semplice foglio
fornendo i miei dati anagrafici e poi mi sono sorbito la spiegazione
del loro avvocato su tutte le postille previste nel contratto che,
curiosamente, erano quasi scritte più in grande delle
caratteristiche dell’acquisto che stavo per fare. La
segretaria, ammiccando continuamente, mi ha portato nella sala di
preparazione, ho messo il visore e il guanto virtuale, ho iniziato a
compilare le mie scelte e alla fine sono tornato a casa soddisfatto ma
con la sensazione che sarebbe cambiato tutto nella mia vita.
E, in effetti, già questa mattina è diversa dal
solito. Apro gli occhi, ancora mezzo addormentato, mi sorprendo di
trovare una donna ancora in casa mia ma poi riprendo
lucidità mentale ricordando cosa è successo ieri.
Lei mi guarda sorridente mentre si alza mostrandomi un'altra volta le
sue forme sode e perfette, poi, senza dire niente, mi salta addosso
baciandomi con ardore.
«Grazie di avermi scelto» dice con
quell’accento giapponese, leggermente marcato, che mi piace
molto «cosa desideri mangiare per colazione?»
«Colazione? Che ore sono?»
«Sono le otto».
«Akemi, io non mi alzo mai a quest’ora, inizio a
lavorare nel pomeriggio».
Lei mi guarda dispiaciuta per questo contrattempo, i suoi occhi azzurri
brillano come niente mai ho visto fare poi, scostandosi dal mio corpo,
si rimette sotto le coperte e mi sorride di nuovo.
«Scusa amore mio, non sapevo questo dettaglio, cosa posso
fare per perdonarmi?»
In verità lei sa bene cosa sta già facendo sotto
le coperte e il suo sorriso mi sta solo dicendo che posso continuare
quello che abbiamo iniziato nella notte ma purtroppo suona il
campanello di casa. Mi alzo sbuffando, indosso un accappatoio e guardo
dallo spioncino della porta. Dovevo immaginare che sarebbe corso qui
appena sveglio, così senza chiedere il nome, gli apro la
porta e Omar entra in casa cercando da solo di vedere se ho fatto
l’acquisto. Sto zitto e lui, curioso, è costretto
a chiedere.
«Dai, dimmi dov’è? In stanza vero? Posso
andare a vederla?»
«Non ti azzardare a fare un altro passo o ti spezzo le
gambe» rispondo facendo la faccia da cattivo che riceve come
sempre come risposta la sua risata.
Akemi, che non ha bisogno di essere chiamata per presentarsi, entra in
sala e guarda l’espressione di Omar che è tutta un
programma. Certo, se lei si fosse vestita un poco di più,
non ci sarebbe stato tutto quell’imbarazzo iniziale.
«Ciao, mi chiamo Akemi. Sei amico di James?
Benvenuto».
Omar, con la bocca ancora aperta, fatica a rispondere così
sono io a fare la sua presentazione.
«Sì Akemi, questo incapace è proprio un
mio caro amico ma se continua a guardarti in quel modo, non credo che
tornerà a trovarci».
«Avete bisogno di qualcosa? Omar, hai fatto
colazione?» chiede la ragazza.
«Ho appena, no, non ho ancora, no…»
risponde lui sempre più imbarazzato.
«Akemi, ci puoi lasciare soli qualche minuto, devo parlare
con lui» rispondo intromettendomi nel discorso «e
anche lui non fa colazione, grazie».
Lei fa un leggero inchino prima di tornare in camera e, finalmente,
Omar riesce a dire qualche parola che abbia un senso compiuto.
«Proprio come piacciono a te».
Ha ragione, lei è la mia donna perfetta perché ho
scelto ogni particolare del suo corpo alla Redmington House, una delle
prime aziende a mettere in commercio la “donna dei
sogni” create su misura per i propri clienti. Ieri, dopo le
scartoffie, ho selezionato tra migliaia di proposte quello che volevo e
in poche ore mi hanno consegnato il prodotto pronto da portare a casa.
«Amico che schianto, quasi te la chiedo in
prestito» mi dice Omar ridendo.
«Sicuro? A te non piacevano le bionde platinate?»
gli rispondo dandogli un piccolo colpetto allo stomaco con il pugno
chiuso.
Ripreso fiato, mi chiede: «Dimmi James, è vero che
è prevista nel contratto la clausola che puoi riportare
indietro l’androide entro le ventiquattro ore
dall’acquisto?»
«Sì è vero, ma soltanto se ha qualche
difetto strutturale e se dimostri che il problema non è
causato dall’uso che ne hai fatto, è riparata
gratuitamente».
«Dai, vi ho disturbato abbastanza, ci vediamo più
tardi al lavoro» mi dice Omar mentre esce dalla porta di casa
mia.
Chiudo la porta e voltandomi vedo Akemi mentre esce dalla stanza da
letto e noto il suo sguardo quasi spaventato.
Mi dice: «Tu non vuoi portarmi indietro vero?»
«E per quale motivo dovrei farlo? Non sei guasta
vero?»
Lei mi abbraccia. «No, sono perfetta come mi hai voluto,
però ho sentito da alcune mie amiche che altri androidi sono
tornate indietro perché i loro uomini non erano soddisfatti
del loro comportamento».
La rincuoro stringendola tra le braccia ma la sua reazione mi ha
sorpreso non solo per ciò che ha fatto ma soprattutto per
quello che ha detto sulle sue amiche che, in teoria, non dovrebbe
avere. Il fatto che quest’androide parla di amicizia verso un
suo simile un poco mi spaventa ma anche m’incuriosisce
comprendere quale affinità hanno tra loro e come sia
possibile che lei conosca le “rifiutate” che per
legge dovrebbero essere smontate una volta tornate alla Redmington
House. Decido di non farle domande e di pensare ad altro, e siccome
è qui, forse so già cosa potremmo fare adesso.
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