Giaceva ancora lì per terra. Il corpo inzuppato in una
pozzanghera scarlatta sussultava molto lentamente, quasi a voler
preservare quei pochi scampoli d’ aria che potevano restare
ad un corpo che aveva perso tutto quel sangue. Eppure il respiro si
faceva sempre piu’ costante, sempre piu’ intenso;
le boccate divenivano piu’ ampie e il cuore riprendeva il suo
ritmico corso. C’era riuscito un’altra volta, era
riuscito a regalare l’ennesimo coito interrotto alla morte.
Il volto rigato dalle lacrime, la camicia forata all’altezza
del fianco, i pantaloni strappati: era così che in quel
momento si presentava Andrea; capelli mossi, castano scuro e un paio di
occhiali (con il vetro ormai infranto). Piantò i palmi delle
mani sul pavimento e, dopo un paio di istanti in cui la forza sembrava
sul punto di abbandonarlo, riuscì a sollevare il corpo dal
pavimento melmoso della fogna. Impiegò un paio di secondi
per trovare il giusto equilibrio, ma gli venne in aiuto la tubatura che
percorreva l’inferno bagnaticcio e che gli permise un
discreto sostegno lungo il cammino che lo avrebbe dovuto portare a
riassaporare l’aria pulita.
"Ti aspettavo, Andrea".
Non si voltò. Conosceva fin troppo bene quella voce e
girarsi sarebbe equivalso ad una totale confessione. Con la mano
sinistra appoggiata alla tubatura, la destra che premeva sul foro della
camicia, per tamponare la ferita, rimase immobile.
"Te lo avevo detto, Andrea, non puoi piu’ continuare" disse
la misteriosa figura; il tono calmo, ma con quella lieve sfumatura
isterica che conferiva a quella voce un’
inflessione particolarmente saccente. "Il tuo destino non è
quaggiù. Può un uomo con le tue aspettative e il
tuo potere perdere il proprio tempo nella fogna di una città
semisconosciuta?"
Il respiro di Andrea diveniva via via sempre piu’ irregolare,
rotto ogni tanto dai colpi di tosse, ma non rispose.
"Un dono non andrebbe sprecato in questo modo. Eppure continui a
gettare via tutte le possibilità di edificare qualcosa di
costruttivo per il puro piacere di trattenere ogni vantaggio. Ma
l’immortalità non è eterna, Andrea, a
differenza di quello che tu e tutti i tuoi sciocchi
“colleghi”" e qui il tono della voce si fece quanto
mai sprezzante "possiate pensare. Il tempo non sarà mai al
nostro servizio. Noi possiamo solo gestirlo con saggezza e parsimonia,
possiamo dilatarlo o restringerlo; possiamo addirittura rovesciarlo. Ma
mai, mai dominarlo".
"Io – Non – Sono – Immortale!"
urlò Andrea; il respiro adesso era diventato affanno.
"Questo lo so bene, altrimenti non sarei qui per ricucirti quella falla
che stai tentando disperatamente di contenere con la tua mano" rispose
l’uomo misterioso.
<> i
singhiozzi di Andrea erano udibili anche a distanza.
"Lo so, lo so" il tono dell’uomo misterioso aveva assunto un
tono quasi affabile, paterno.
"Ma lascia che ti spieghi come un uomo possa annullare se’
stesso alla ricerca di una condizione impossibile. Io so che tutti voi
avete voglia di sopravvivere alla morte; ma dimmi, quanti di voi hanno
avuto mai il coraggio di viverla?"
Andrea non avrebbe sopportato un istante di più il tono di
quella discussione, se “discussione” poteva essere
chiamato quel monologo fendente come le lame di mille spade, rotto qua
e là dai rantolii di un uomo troppo debole ed inetto per
controbattere alla pari un’entità, almeno
all’apparenza, superiore.
"Adesso vado" riprese l’uomo "Spero tu possa renderti conto
della spada di Damocle che pende inesorabile sulla tua testa. Il tempo
è finito, Andrea, non si gioca più"
All’improvviso tutto divenne buio;
l’oscurità avvolse prima le membra e dopo i
pensieri di Andrea, che uno dopo l’altro, vorticosamente, si
spegnevano e lasciavano spazio ad un oblio apparentemente senza via
d’uscita.
In lontananza, ma con intensità sempre maggiore, il
tintinnio di quelli che dovevano essere degli oggetti di metallo, il
sibilo ritmico di un “bip” e il vociare pacato e
regolare di figure umane.
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