L’ISTINTO
C’era una volta, in una casa di montagna, un piccolo topo che
viveva da solo nella sua piccola tana. Un giorno sentì
bussare alla sua piccola porta e guardando dal piccolo spioncino
scoprì che a fargli visita era stato un grosso gatto, dai
grossi baffi e dai grossi denti.
Il piccolo topo chiese: «Ciao grosso gatto, che cosa ti porta
a casa mia?»
Il grosso gatto rispose: «Per caso passavo da queste parti e
ho scoperto che qualcuno viveva in questa piccola tana così
ho deciso di salutare chi vi abita dentro.»
Il piccolo topo non aveva mai conosciuto un gatto così, e
pertanto, per educazione, aprì la piccola porta, ma appena
lo fece il grosso gatto lo strinse con una zampa e lo portò
fuori dalla sua piccola tana.
Il grosso gatto disse al piccolo topo: «Sai amico, non stavo
mentendo, davvero sono passato per caso e davvero ho scoperto che
qualcuno viveva in questa piccola tana. Ho sentito subito il tuo
profumo e non ho resistito a prenderti perché il mio istinto
mi dice di cacciare i topi.»
C’era una volta in una casa di montagna un enorme cane con
delle enormi orecchie e degli enormi denti che viveva da solo nella sua
enorme cuccia. Un giorno vide passare davanti casa un grosso gatto e
incuriosito lo seguì fin dentro casa. Guardò in
grosso gatto mentre bussava a una piccola porta di una piccola tana,
fissò il grosso gatto mentre teneva nella zampa il piccolo
topo, ma a quel punto strinse con la sua enorme zampa il collo del
grosso gatto portandolo vicino a sé.
L’enorme cane disse al grosso gatto: «Sai amico,
ero così tanto solo nella mia enorme cuccia che per
curiosità ti ho seguito. Ho sentito il tuo profumo e non ho
resistito a prenderti perché il mio istinto mi dice di
cacciare i gatti.»
Il piccolo topo guardò i grossi occhi del gatto e vide in
lui la paura poi guardò gli enormi occhi del cane e vide in
lui la forza. Quello che però il piccolo topo ancora non
capiva sentendo i loro discorsi era il significato della parola
“istinto” così, con la sua vocina
chiese: «Amici, per quale motivo il vostro istinto vi guida
ad afferrare per il collo un altro essere vivente?»
Il grosso gatto drizzò i baffi e rispose con tono suadente:
«Non so risponderti piccolo topo ma facendo in questo modo ho
sempre “rubato” qualcosa da mangiare.»
L’enorme cane drizzò le orecchie e rispose con
tono autoritario: «Non so risponderti piccolo topo ma facendo
in questo modo ho sempre “rubato” qualcosa da
mangiare.»
Il piccolo topo pensò alle loro risposte e con la sua vocina
disse: «Nella mia piccola tana c’è da
mangiare per tutti. Dei piccoli pezzi di formaggio per me, dei grossi
bocconcini per te e degli enormi croccantini per te.»
A quelle parole l’enorme cane lasciò il collo del
grosso gatto, e il grosso gatto lasciò il collo del piccolo
topo che, di nuovo libero, tornò nella sua piccola tana.
Il piccolo topo, con grande fatica, portò fuori dalla
piccola tana i grossi bocconcini che il grosso gatto mangiò
avidamente, e poi il piccolo topo, con grande fatica, portò
fuori gli enormi croccantini che il cane mangiò avidamente.
Il piccolo topo poi tornò della piccola tana, chiuse la
piccola porta, si sedette sulla piccola sedia e iniziò a
mangiare lentamente il piccolo pezzo di formaggio che aveva sul piccolo
tavolo quando qualcuno bussò alla piccola porta della
piccola tana.
Il piccolo topo si alzò dalla piccola sedia, raggiunse la
piccola porta e guardando dal piccolo spioncino scoprì che a
bussare era ancora il grosso gatto.
Il piccolo topo chiese: «Ciao grosso gatto, che cosa ti porta
di nuovo a casa mia?»
Il grosso gatto rispose: «Sai amico, i grossi bocconcini sono
finiti e il mio istinto dice che devo cacciarti.»
Il piccolo topo sentì anche la voce dell’enorme
cane mentre diceva: «Sai amico, gli enormi croccantini sono
finiti e il mio istinto dice che devo cacciare il grosso
gatto.»
Il piccolo topo rispose: «Sapete amici, mi avete insegnato
cosa è davvero l’istinto e non è
ciò che credete voi. L’istinto non serve per
“rubare” qualcosa da mangiare ma serve per
proteggersi da persone che farebbero di tutto pur di
“rubare” le cose preziose che tu vorresti donare a
dei veri amici che passano a trovarti.»
L’enorme cane rispose: «E adesso cosa
farò senza mangiare?»
Il piccolo topo si sedette sulla piccola sedia, riprese tra le piccole
zampe il piccolo pezzo di formaggio e disse: «Sai enorme
cane, potresti fare come me; usare la bontà invece che
l’istinto e in questo modo diventeresti davvero amico del
grosso gatto e vi aiutereste l’uno con l’altro
senza prendervi per il collo.»
Il grosso gatto disse: «Hai ragione piccolo topo e allora che
ne dici di aprire la piccola porta così che
anch’io possa mostrarti la bontà di cui
parli?»
Il piccolo topo sorrise. «Sai grosso gatto, mi avete anche
insegnato che a essere troppo buoni si finisce per diventare qualcosa
che tutti possono mangiare. La bontà dagli altri non
è qualcosa acquisita di diritto ma bisogna guadagnarsela
ogni giorno e senza essere buoni nessuno ti aiuterà quando
avrai bisogno di mangiare.»
C’era una volta in una casa di montagna un piccolo topo che
viveva da solo nella sua piccola tana ma che ogni giorno accoglieva in
casa sua altri piccoli topi e insieme mangiavano allegramente i tanti
piccoli pezzi di formaggio.
N.d.A.
- Questa breve favola è un esperimento nato da
un’ispirazione improvvisa e che quindi vi propongo senza
nessun tipo di aspirazione particolare. Certamente spero che leggendola
vi siate divertiti.
- L’uso ripetitivo delle parole “piccolo, grosso,
enorme” è proprio voluto perché nelle
sequenze acquisiscono quel tipico suono di cantilena che i nostri nonni
davano alle favole che ci raccontavano da piccoli (o almeno ricordo
così quelle storielle che mia nonna raccontava ogni notte
cambiando spesso i dialoghi e le situazioni, ma che a me piacevano
proprio per la loro “musicalità”)
- Ringrazio Nuel che mi ha dato l’opportunità di
sistemare, a livello grammaticale, questa storia.
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