Serendipità
Aveva dormito lì per anni, aspettando di poter mostrare a un nuovo
padrone luoghi inesplorati, e ora Armin lo teneva stretto tra le mani,
come fosse un pasto caldo dopo giorni di inedia. Il soldato aveva
trovato quel tesoro nascosto sopra un armadio polveroso, mentre puliva
una camera di quella vecchia casa di campagna. Non ci furono
presentazioni, conosceva già quel testo eretico: era una copia del
libro che tanto tempo fa aveva perso a Shiganshina.
Con gli occhi bollenti, lo strinse al petto: per lui era un parente
di ritorno da un lungo viaggio, pieno di avventure da raccontare.
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Troppo assorto a sfogliare quel volume che non aveva mai
dimenticato, Armin non sentì dei passi entrare nella stanza.
«Ma cosa!?». La voce di Jean lo fece sussultare. L'altro ragazzo
fissava sbigottito il libro, ma Armin non si affrettò a nasconderlo,
continuando, invece, a tenerlo posato sul grembo, aperto alla sua
pagina illustrata preferita.
«È il mare», rispose all'apparenza tranquillo, stringendosi nelle
esili spalle. Sapeva cosa sarebbe successo: anche se ormai erano
“amici”, Jean avrebbe potuto fare rapporto e gli avrebbero confiscato
quella copia.
Non si aspettò che l'altro, invece, gli si sedesse accanto sul
letto, curioso e interessato. «Parlamene».
Terzo Incomodo
Eren, ultimamente, aveva molti problemi per la testa, e alla lista
si era aggiunto il dover tirare a lucido quella catapecchia. Quando
entrò nella camera assegnata ad Armin, lo trovò che chiacchierava con
Jean; fece per richiamarli, ma si bloccò, vedendo le loro mani dalle
dita intrecciate.
«Che state combinando!?», esclamò Eren, rompendo quell’intimo
momento.
I due separarono di scatto le mani. «Oggi non bussa nessuno, eh?»,
sbuffò Armin, arrossendo appena.
«Forse avrei dovuto chiudere la porta», commentò neutro Jean.
«L'unica cosa che devi chiudere è quella tua boccaccia, Kirschtein!
E allontanati da Armin!». Eren non l'aveva presa affatto bene.
Battibecco
Perfino un sordo avrebbe sentito le urla che echeggiavano per il
piano superiore dell'edificio, ecco perché Mikasa non faticò a trovare
Eren, secondo lei sparito da troppo tempo.
Vide il fratellastro e Jean litigare come al solito, e non sprecò
nemmeno un sospiro per loro, avvicinandosi invece ad Armin, che li
ignorava continuando a sfogliare il libro. «Dovremmo intervenire?»,
domandò all’amico d’infanzia, riconoscendo quel volume, ma senza
commentarne la presenza.
«Ti smonto quella faccia da cavallo con un pugno!».
«Provaci, pazzo suicida!».
«No», sentenziò Armin. Era meglio lasciar sfogare Eren: il prossimo
sulla lista delle persone da insultare era lui.
Staus quo
«Eren. Si batte la fiacca qui, vedo». Bastò la voce di Levi,
richiamato anch'egli dalle urla, perché i due litiganti si quietassero
di colpo.
«Capitano...», boccheggiarono all'unisono, preoccupati.
Mente Armin ne approfittava per nascondere il libro sotto il
cuscino, Mikasa fu accanto al fratellastro, pronta a prendere le sue
difese. «Eravamo in pausa».
Levi la guardò in tralice. «Pausa finita». Ed era un ordine.
I quattro, dunque, ricominciarono tutti insieme a lustrare quella
camera, sotto la supervisione di Levi, e solo Armin osò deconcentrarsi,
mimando con le labbra un “stasera” rivolto a Jean. Voleva riprendere da
dove erano stati interrotti.