Titolo: Blurred edges
Fandom: Supernatural
Personaggi:
Jack Kline, Castiel, Kelly Kline
Words: 656
Genere:
Introspettivo
Rating: Verde
Contesto:
Season 13
Beta: Nais
Disclaimer:
Supernatural e tutti i suoi personaggi non mi appartengono.
Blurred
edges
Sua madre
gli sorride sempre nei suoi sogni. Ha le guance gonfie e gli occhi
rossi, ma sorride a guardarlo, come se per lei vederlo fosse la cosa
più bella del mondo. La prima volta, quando Jack si
addormenta e non sa ancora cosa significhi sognare, non può
fare a meno di credere che sia davvero lì. La stringe forte
a sé, ne sente il calore e il respiro e un battito
così reale, così vivo che, se solo ne fosse
capace, vorrebbe non abbandonare mai.
Si sveglia con il
cuore che sembra volergli uscire dal petto e corre subito nella stanza
di Sam, perché sua madre è lì fuori da
qualche parte e lui ha bisogno di trovarla. Il cacciatore,
però, gli dice che è stato solo un sogno.
«Non
è reale, Jack. Mi dispiace.»
Così, dopo
quella volta, andare a dormire è diventato sempre
più semplice.
Svegliarsi, sempre un
po' più difficile.
Sente una stretta
dolorosa al petto. Non sa esattamente cosa sia, ma forse è
qualcosa che Dean gli ha fatto.
Perché Dean
è sempre arrabbiato quando Jack è nei paraggi, ma
quella sera era furioso.
Sam dice che non
è colpa sua, che Dean non voleva dire le brutte cose che ha
detto. Gli dice che quella è la stanza di Castiel e che per
il momento, solo per il momento, Jack non ci dovrebbe entrare.
Capisce che, anche per
lui, entrare in quella stanza è ancora troppo difficile.
Quella stessa notte si
addormenta con l'unico vero desiderio di vedere sua madre, poggiare il
volto sul suo grembo e lasciarsi sussurrare parole di conforto tra i
capelli.
E sua madre
è lì, come sempre, ma al suo fianco
c'è un altro volto familiare.
«Castiel?»
L'uomo gli sorride
incerto, quasi non ci fosse davvero abituato. I suoi contorni sono un
po' sfumati e Jack si ricorda che è solo un sogno, ma sapere
che non è reale non lo aiuta a sciogliere il nodo che inizia
ad ostruirgli la gola.
«Ciao
Jack.»
Fa un passo in avanti,
le braccia già pronte ad alzarsi ed avvolgersi attorno a
quell'illusione, ma poi si ferma.
Non è
sicuro che quel gesto sia ben voluto.
«Perché
sei qui?»
Castiel si acciglia
confuso.
«Perché
non dovrei?»
«Perché...
perché sei morto. Sei morto per colpa mia.»
Quelle sono le stesse
parole che Dean gli ha rivolto quella sera e Jack sa che sono vere, sa
che Castiel è morto perché ha cercato di
proteggerlo, perché Jack gli ha promesso cose che non
è stato capace di dargli e ora non c'è
più, l'uomo dagli occhi azzurri e il trench spiegazzato che
ha giurato di restargli sempre accanto.
«Oh,
Jack...»
C'è tanta
tristezza e rimorso in quello sguardo che per un attimo si chiede se,
dopotutto, Castiel non sia davvero lì.
«Non
è colpa tua»
È una frase
che ha più il sapore di un ricordo che di un sogno, ma non
ha il tempo di pensarci quando Castiel lo stringe forte al petto.
Ricambia il gesto, all'inizio con una qualche esitazione, una paura che
poi inizia a dissiparsi man mano che si crogiola nell'abbraccio, fino a
quando chiude gli occhi e crede che forse, forse adesso potrebbe anche
non svegliarsi più. Perché sua madre è
ancora lì e suo padre lo tiene stretto tra le braccia come
fosse la cosa più preziosa del mondo e per un momento crede
di essere davvero felice.
Poi i contorni
iniziano a sfumare.
Jack si aggrappa a
Castiel con una disperazione che gli è fin troppo familiare,
con il bisogno di avere più tempo, perché no, non
è ancora pronto, non ancora.
Non vuole lasciarlo
andare.
Ha ancora bisogno di
sentirsi dire che Castiel, per lui, ci sarà sempre.
«Vorrei
davvero essere qui, Jack... mi dispiace.»
E poi apre gli occhi.
Sotto di lui il
cuscino è bagnato e Jack non capisce che quella è
la prima volta in cui abbia veramente pianto.
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