Dea

di Wilson Walcott
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La madre lava i panni, l’acqua torbida scorre nei fiumi
come i danni lamentati dal padre, risvegliati da alcolici fumi.
Il fratello vede i drammi della sua giovane vita in frantumi,
postumi e malanni la risvegliano tra odori ed antichi profumi.
Inganni ed affanni affamano la sua voglia di fuggire
la stessa che da bambina la portava a scomparire
sotto la vestaglia grigia della nonna.
Non già donna ma troppo grande per la sua età;
il tempo trasforma l’umana sorte e la sua viltà
in fatiche
mentre l’inquietudine deforma ogni sorta di capacità
della psiche.
Volgarità e volontà poco pudiche diventano nemiche
per i costumi della società dei consumi.
Ma in giorni non lieti e pieni di dissapori
si lasciava trascinare dagli istinti più biechi.
Infausti momenti per la casta nobile dei signori
che non potevano restar muti e ciechi
di fronte a cotanta ed ignobile libertà sibillina
di un'irriverente libertina
troppo lontana dagli albori degli amori banali decantati dagli scrittori.
Codesto fu il presupposto che diede il giusto pretesto
di prender presto fiaccole e forconi per il gusto di pulir quel posto infausto e funesto
da chi non seguiva regole educanti stabilite dai benpensanti.
Conoscevano bene il ruolo,
in nome di un Dio seduto su un trono cosparso d’oro e mai nel loro
continuarono il lavoro bruciando al rogo la strega
urlando in coro, battendo le suole sul suolo in quel modo
come suole alla stregua nel giogo del fuoco che la lega.
E lei, senza portar rancore alcuno,
li perdonò ciascuno mentre ardeva viva e lasciava quel terreno bruno.




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