8 inwvitabile follia
Palazzo
Jarjayes, estate 1775
-
Date l'impressione di aver bisogno di un buon caffè,
signore. - esterna finalmente madame Alexandra alludendo certamente
alla mia aria assonnata; lo fa vincendo la buona educazione che avrebbe
consigliato discrezione. D’altronde, la sto ancora
fissando in silenzio, in modo altrettanto, sebbene non volutamente,
impertinente. Siamo soli nel corridoio di palazzo Jarjayes, qui fuori
dalla porta di madame Marguerite.
Inspiegabilmente,
trovo la sua sfacciataggine innocente e adorabile.
-
Sì, mostrate di aver necessità di un
caffè forte, dottore. - ride del mio imbarazzo, ma non di
me. Si drizza un poco sulla gruccia, nasconde a malapena un espressione
di stanco e irritato dolore. - André potete occuparvi voi
del nostro ospite? - chiede al giovane uomo che ci sta raggiungendo
- Vi farei volentieri compagnia io, dottore, ma ho bisogno di
stendermi un po’. - e già si volge zoppicante
verso la sua stanza
-
Certamente, madame Alexandra. - assicura André con la sua
voce cristallina e sicura - Prego dottore.
Vorrei
offrire aiuto alla dama, ma i miei tempi di reazione sono molto lenti
stamane e lei si è già dileguata.
-
È una donna coraggiosa - afferma André mentre
scendiamo le scale. Perspicace come sempre deve aver notato
il mio sguardo colpito.
-
Come tutte le Jarjayes suppongo - rilancio in perspicacia, proprio
mentre vediamo Oscar attraversare l’atrio sotto di noi
seguita dalla stessa ragazzina bionda che ho scorto al mio arrivo, che
nel frattempo si è cambiata i vecchi abiti ed esibisce un
aspetto più decoroso e consono a questo luogo.
-
Già - mormora André, riuscendo a chiudere in una
sola sillaba l'universo di emozioni che cela la sua anima.
-
Un incidente, immagino. - aggiungo deviando la sua attenzione e
tornando alla misteriosa cugina.
-
Più o meno - esita André. Intuisco una storia
complicata dietro quelle parole e rispetto il suo riserbo.
-
Ordunque, se madame avesse bisogno di me, col consenso del
marito, ovviamente … - mi offro ostentando compostezza.
-
Ah, per quello, non c'è più il problema! -
risponde istintivamente e colgo una espressione sollevata e soddisfatta
del tutto inappropriata. - Oh, intendo che ora si occupa il signor
generale del benessere della cugina e che apprezzerà
certamente il vostro aiuto. - si appresta a riparare.
Restiamo
in silenzio imbarazzato per qualche istante.
-
Vi redigo una lista dei medicamenti per madame.
-
Andrò subito a prenderli, dottore.
-
Stai per caso spettegolando, André? - domanda la governante
giunta di soppiatto alle nostre spalle.
Il
nipote mi fa accomodare al tavolo del luminoso salone e comincio a
scrivere la mia prescrizione.
-
No, nonna, non mi permetterei mai - le replica nascondendo con ironia i
propri pensieri.
Non
l'ho mai dato a vedere, ma adoro il modo comprensivo e adulto in cui
André, sin da fanciullo, ha sempre replicato a sua nonna,
calmierando gli eccessi d'ansia a volte un poco teatrali della brava
donna.
-
Chiedevate di madame Alexandra? - si intromette Nanny - Povera donna
che destino il suo. - commenta perdendosi con lo sguardo in un punto
indefinito sul pavimento, le mani intrecciate sul ventre, il capo
dondolante, sconsolata.
-
È vedova, credo d'aver capito, da molto? - chiedo cercando
d'utilizzare un tono serio e apparentemente disinteressato mentre con
la piuma redigo la prescrizione per André.
-
Mai troppo presto! … Che Dio mi perdoni… - si
corregge giungendo le mani ed alzando gli occhi al cielo.
-
Mi è stato accennato ad un incidente… - la
incalzo celando la mia curiosità, concentrato sul lieve
scricchiolio della piuma sulla carta intestata.
-
Se così vogliamo chiamare quell’atto…
Due anni fa, il marito, un poco di buono voluto da suo
padre… bè, era sempre stato manesco, ma le fece
davvero male. - bisbiglia come se fosse in un confessionale - La spinse
giù dalle scale e le ruppe una gamba che continua a darle
problemi ed ha quasi perso un occhio per uno schiaffone. Vede poco di
lato, povera madame.
Sto
cominciando a farmi un'idea dei suoi problemi di salute ed anche a
ribollire di rabbia per ciò che ha subito. Fin troppi di
questi esseri immondi ho conosciuto, dal più povero
stalliere al più ricco commerciante, al più
importante statista. Uomini violenti e sadici ne ho incontrati anche
dove mai mi sarei aspettato e odio tutti loro indistintamente, che in
pochi istanti distruggono vite, recano danni fisici e mentali, spesso
per puro divertimento e poi chiamano me, il dottore, come se io fossi
un riparatore di marionette e bambole. Come se donne e bambine da loro
abusate fossero pupazzi con i quali giocare, da poter spezzare e poi
riparare, bene o male, o gettare via.
-
Per fortuna è intervenuto il signore generale, dopo che suo
zio è morto. - racconta Nanny - Il buono a nulla di suo
cugino non ha mai avuto a cuore la sorella ed il padre,
finchè era in vita … meglio non parlarne. Il
generale, tramite la sua influenza, ha ottenuto che il disgraziato
venisse internato in manicomio, giù al sud dove abitavano.
Quando dopo poche settimane è stato trovato impiccato ha
fatto venire qui madame Alexandra. Purtoppo il fratello gestisce ancora
i suoi averi, ma almeno lei è qui, al sicuro con tutti noi.
Il generale non vuole nemmeno che porti il lutto, dice che quella
bestia che l'ha ridotta così non lo merita. Se poteste fare
qualcosa per lei, dottore...
Annuisco,
sebbene già sappia di non potere abbastanza.
Ciò
che mi meraviglia è l’atteggiamento del generale.
Per come lo conosco, non è certo violento di natura, ma
neppure estraneo alla violenza.
Violento
è l’esercito, violento è il potere,
violento è l’essere umano. E Francois Augustine
Reynier de Jarjayes non è certamente avulso da tutte queste
condizioni. In pubblico si mostra integerrimo, in famiglia severo e
rigoroso, coerentemente con ciò che ci si aspetta
dal suo ruolo di alto ufficiale e di importante capofamiglia, ma mai
leva la mano sulle donne, tantomeno le sue.
Tranne
una. Tranne lei.
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