She's lost in your
head
Dancing
with tears in my eyes,
weeping
for the memory of a life gone by.
Dancing
with tears in my eyes,
Leaving
out a memory of a love that dies.
Sono le cinque, eppure il
cielo è già sull'orlo dell'imbrunire. Il sole va
scomparendo dietro
le nubi, che lo imprigionano come se volessero spegnerlo e consumare
tutta la sua luce.
La stessa luce che si è
spenta negli occhi di Ichigo.
E la stessa luce che lei non
avrà più l'occasione di vedere.
Sei sulla strada del
ritorno. Una strada che ti appare come vuota e infinita, trapunta ai
lati da case che ti paiono deserte. Stai tornando a casa, con la tua
auto, eppure ti sembra quasi di camminare.
Non pensi a nulla. La
strada, le poche automobili che sfrecciano, i semafori. Invisibili.
Come se non esistessero. Non
sei lo stesso Ichigo di sempre. Qualcosa dentro di te si è
incrinato, sconvolgendo gli ingranaggi della tua anima. Del tuo
cuore. Qualcosa si è spezzato. Qualcosa si è
distrutto. Qualcuno
è andato perso per sempre.
Fa freddo. È primavera, ma
fa freddo. È primavera, ma i fiori sembrano appassire.
È primavera, ma sembra
l'inverno più gelido che ti abbia mai travolto.
Ogni colore ha perduto le
proprie tonalità luminose, ogni profumo ha perduto la
propria
fragranza, ogni vita ha perduto la propria essenza.
Niente ormai è più
quello che era prima.
Ichigo si è spento. Il suo
cuore batte, ma qualcosa si è irrimediabilmente guastato.
Ichigo non ha più voglia di
guardare avanti.
Ichigo non ha più voglia di
sorridere.
Ichigo non ha più voglia di
tornare a casa, perché, a casa, nessuno lo aspetta.
Nessuno.
Una voce mormora parole
confuse dall'altro capo dello wireless; parole che senti, ma non
recepisci. È la voce di un uomo che, in preda alla
desolazione, si
aggrappa alla fune della vita di un amico nello sforzo di
risollevarsi. Ma alla fine, anche la corda più robusta si
spezza. E
la tua è sul ciglio di troncarsi.
Renji, voce rotta dai
singhiozzi, cerca di trattenere le lacrime: hai quest'impressione.
E fa male. Un male del
diavolo.
Come se i frammenti di
quella vita andata persa fossero migliaia di pezzi di vetro, che
sfregiano la pelle, che lacerano la carne. Come una lama a doppio
taglio costantemente premuta sul collo.
Come una mano che stringe,
stringe fino a stritolarti. Finché sei ridotto a nient'altro
che
polvere.
Non pensi a nulla, perché
pensare non serve. Lei non tornerà indietro, e lo sai.
Per questo chiudi gli occhi,
per un istante, permettendo ad una lacrima di costruirsi un percorso
sulla tua guancia, pallida, stanca, pigra. Sorridi, mordendoti il
labbro. Un sorriso a cui non riesci a trovare un senso. Sorridi per
non piangere. Sorridi per non urlare. Sorridi per non sentirti solo.
Indugi un secondo. Poi,
spinto da un groviglio formatosi alla bocca dello stomaco, acceleri.
Quando
torni a casa, quella
villetta che condividevi con lei, noti sorpreso come la porta
d'entrata sia socchiusa: scorgi sul tavolino di cristallo del salotto
delle bottiglie quasi vuote, dei piedi scalzi spuntare dietro a un
cuscino. Le note della tua canzone preferita raggiungono e
paralizzano il tuo udito, così come i tuoi occhi vengono
devitalizzati dalla figura di Renji, malamente accomodata e distesa
sul divano.
Ubriaco. Come lo è
costantemente da quattro giorni. Da quella sera.
«I...Ichigo?»
bofonchia in un lamento appena comprensibile, occhi socchiusi.
Resti in silenzio per
qualche attimo, sguardo fermo sul bicchiere poggiato sul quel
tavolino da caffè. Sospiri, quasi con veemenza, quindi siedi
di
fronte a lui.
«Stai
cercando di dimenticarla?»
«Tu
che dici?»
«Bere
non serve a niente».
Le tue parole lo lasciano
interdetto. Per un momento, cala un gravoso silenzio che sembra
stordirvi entrambi; il riflusso di pensieri causato dall'odore
dell'alcool svuota completamente la tua mente, e ne risenti con
effetti pari ad un lieve disorientamento.
«Non
serve, è vero».
Sono le sue parole a discostarti dallo stato di catalessi.
«Però»
riprende, prima che tu possa chiedere qualcosa come “E
allora per quale motivo lo fai?”,
«...serve
a distrarsi».
Che razza di giustificazione
è questa? Probabilmente è ciò che
pensi. Ma sai anche che Renji
non ha tutti i torti. È impossibile dimenticarsi di lei,
sì. E
questo tu lo sai meglio di chiunque altro; tu in particolare, sai
bene che non potrai mai – non te lo permetteresti neppure
–
dimenticare il suo sorriso, i suoi occhi celesti, la sua grinta, il
suo valore.
Ma ubriacarsi nel tentativo
di strappare via la sua immagine con la forza è pleonastico.
Eppure prendi un bicchiere e
sorseggi quel liquore di cui fino a quel momento avevi totalmente
ignorato l'esistenza. In fondo vuoi solo assecondare il tuo amico.
Renji sorride; lo intravedi
appena, sotto il suo braccio muscoloso che, appoggiato sul capo senza
la minima delicatezza, gli copre il viso.
Ti accorgi, di nuovo, della
musica di sottofondo. La canzone preferita di lei, di Rukia, questa
volta.
Ti rendi conto di come Renji
stia cercando di ubriacarsi ascoltando le vostre canzoni.
Quelle che insolubilmente vi
legano e vi legavano a lei.
Posi il bicchiere, ti alzi,
ti dirigi verso l'uscita.
«Hai
intenzione di tornarci?»
mugugna lui, arrestando i tuoi passi.
«...Ne
sei appena venuto via. Da lì».
Non dici nulla. Non
rispondi, non batti ciglio. Fissi la maniglia della porta.
«A
più tardi»
sibili, pigro; dunque, richiudi la porta dietro di te, cercando di
non sbatterla.
Non sai perché. Non sai
perché, adesso, ti trovi di fronte a quella pietra bianca,
così
lucida da sembrare uno specchio. Uno specchio che riflette tutto,
anima, corpo, pensieri, emozioni.
L'ombra che vi si riflette
non è piacevole, pensi. È quella di un uomo
torturato dall'angoscia
di essere stato privato di ciò che aveva di più
caro. Le ginocchia
hanno ceduto, ora sei chino su quella pietra smussata e rifinita,
liscia quanto lo era la sua pelle. La accarezzi, come se lei potesse
sentirti. Sai che non è così, eppure ti va di
pensarlo.
Poi il sole tramonta; allora
la lapide non riflette più nulla, se non la sua ombra sul
prato,
trapunto di gocce di rugiada.
E allora ti scopri a pensare
a quanto eri felice, con lei.
«Per
il mondo forse eri solo una persona. Ma per una persona forse eri il
mondo».
It's
time and we're in each others' arms.
It's
time, but I don't think we really care.
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Happy Birthday! ...In ritardo.
Allora. Lascio stare
per il momento il fatto che non mi piace, tanto lo sapete
già.
Secondo, avrei dovuto
postare ieri questa fic, ma sono stata via (a differenza delle mie
aspettative) tutto il giorno,
fino a tardi, e non
sono riuscita a postare. Terzo, come ho scritto nell'introduzione, la
storia è ispirata
(oserei dire quasi
spudoratamente XD) alla canzone Dancing
with tears in my eyes
degli Avantasia, che
consiglio a tutti di
ascoltare <3. Quarto, penso si sia capito che Rukia sia morta.
Lo so, nemmeno io lo volevo fare,
ma la canzone dice
così. XDDD All'inizio ero partita "uccidendo" Renji, poi ho
sconvolto la trama facendo morire Rukia.
(Anche
perché la canzone dice "The man on the wireless cries again"
ù____ù). XD E va beh.
Per il compleanno di
Ichigo avrei voluto scrivere qualcosa di divertente, non so magari una
festa a sorpresa o cose così.
Ma non mi è
venuto in mente nulla di particolare. XD Piuttosto, anziché
scrivere una fiction in proposito, ho preferito
disegnare una Fan Art,
quella che vedete nella pagina del mio profilo <3.
Ora vado, dicendo che
spero di riuscire ad aggiornare presto anche Turn back the earldom. Sto
diventando matta
con l'ottavo capitolo,
perché non riesco a scriverlo. Lasciamo perdere, questa
crisi passerà, si spera XD.
Bye bye!
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