Prigioniera Ebrea

di Elena Des
(/viewuser.php?uid=1003263)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


21 marzo 1943
Sono passati circa quattro mesi da quando c'è stato l'arresto degli ebrei qui ad Amstedam. La mia famiglia si è salvata ma non siamo più usciti da casa. Il soldato biondo ha davvero un animo gentile. Ci protegge ma non so perchè lo faccia. Davanti alla nostra casa ci lascia il cibo con cui ci sfamiamo ogni giorno. E' andata così in questi quattro mesi. I miei amici chissà dove staranno ora. Li potrò rivedere? Quando?
Il campanello suona. Tutti ci allarmiamo e dico ai miei di andare via dal retro. Vado alla porta trovandomi Ferd, quel soldato, e altri

-Hai perquisito già tu la casa, Ferd?- domanda uno di questi al nostro "salvatore"

-Sì. Sei sola?- mi chiede Ferd fingendo di non conoscermi

-Sì

-Prendi le tue cose ed esci!- mi ordina con freddezza

Faccio come dice. Preparo la valigia prendendo le cose essenziali ed esco di casa

-Vai lì- mi ordinano due soldati indicandomi un camion aperto con tanti ebrei.

Un signore che porta al petto la stella di David mi aiuta a salire e un altro mprende la mia valigia

-Grazie...- riesco a dire. Tremo tutta. Dove mi porteranno? Almeno la mia famiglia sta bene, è questo che mi rincuora.

Il camion parte verso una meta che nessuno sa. Sarà l'ultima volta che vedrò questa mia amata città? La ricordo, pezzo per pezzo, angolo per angolo, casa per casa, l'ultimo incrocio, l'ultima chiesa, l'ultima strada. Ora siamo usciti dalla città verso una destinazione non nota. Sento in lontananza gli ultimi rintocchi del campanile. Stavano festeggiando un matrimonio...
Saranno così buoni i soldati da portarci in Palestina? Non posso incolpare Ferd, lui ci ha tenuti nascosti, ha rischiato. Oggi doveva per forza comportarsi in quel modo

Dopo due ore di viaggio arriviamo ad una stazione. Ci fanno scendere con le nostre valigia e ci fanno salire su treni per merce, affollati con tantissime persone nel vagone.

-Dove ci portano?- chiedo ad una ragazza dai capelli neri e lunghi che si chiama Sarah

-Nessuno lo sa- mi risponde

Già... ora vivrò nell'ignoto... per quanto altro tempo? Devo affrontare questo viaggio da sola, non ho nessuno.
Il treno parte ed io mi siedo a terra con la mia valigia dietro me. Un fascio di luce entra da una sola finestrella molto piccola con delle barre. Tutto è semibuio, i bambini sono tra le braccia delle proprie madri e le famiglia si trovano vicine. Inizio anche a sentire una forte puzza proveniente forse da un angolo. Perchè ci hanno portato in questi treni così miseri? Cosa vogliono farci? Sono tante le domande che vorrei chiedere ma mi addormento pensando alle parole di mio padre "Sei forte, ce la farai"




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3811407