Eternamente tuo...

di StarCrossedAyu
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Revivescenza scarlatta








In quel periodo dell'anno, non particolarmente rigido, le temperature notturne calavano fino a formare un sottile strato di brina sulle foglie degli alberi e sulle coltivazioni.

 

Levi, nella sua modesta dimora, sfogliava un libro prestatogli da un compaesano. Non era molto bravo, aveva imparato con fatica a leggere e non sapeva scrivere altro se non il proprio nome, ma ciò non gli impediva di tentare di migliorare.

 

Mentre assottigliava lo sguardo, cercando di ricordare la corretta pronuncia della parola stampata sulla carta dalla grana spessa, udí un lieve tonfo alla finestra. Quel suono, così comune in un luogo come il villaggio di Salem circondato da piante e arbusti, lo deconcentrò per un istante prima che tornasse a dedicare la propria attenzione a quelle lettere disposte in modo così complesso.

 

«Eternamente...» sillabò infine, chiudendo il tomo per poi lasciarlo sul tavolo. Infilò una giacca pesante, piuttosto vissuta e con qualche rattoppo, per poi aprire l'uscio di casa e avventurarsi fuori.

 

Lentamente, a passo regolare, si inoltrò nella fitta boscaglia al delimitare del suo appezzamento, quasi seguisse un percorso ben preciso quando non vi era altro se non pietre, radici affioranti e il buio più assoluto.

 

Una fiammella fioca, oltre la vegetazione, lo invogliò ad aumentare la propria andatura fino a raggiungere un enorme albero secolare. Ai suoi piedi, seduto su di una roccia e con una lanterna a illuminarne il volto caramellato, Eren lo attendeva.

 

Molti erano stati gli incontri che avevano preceduto quello, tutti svoltisi alla stessa maniera: il ragazzo, non appena aveva l'occasione di sfuggire all'attenzione dei genitori, batteva alla sua finestra incamminandosi verso il luogo che aveva assistito alla costante crescita del loro amore proibito dagli uomini.

 

Levi notò immediatamente il cipiglio adirato del castano, chiedendosene il motivo.

 

«Eren, qualcosa non va...?»

 

«Era proprio necessario?»

 

E allora il corvino comprese quale fosse la fonte di tanto malcontento.

 

«Sai che non posso fare altrimenti. Ho atteso fin troppo. La gente mormora alle mie spalle e sai come funzionano queste cose» sospirò, avvicinandosi a lui di qualche passo.

 

Eren si morse il labbro, frustrato dall'accaduto e anche da sé stesso: non poteva permettersi di essere immaturo, quando la loro relazione poteva essere scoperta e troncata da un momento all'altro, però... Dio solo sapeva quanto gli era costato tacere, quel pomeriggio, nel vederlo passeggiare con Petra. Era stato tremendamente doloroso, ma mai quanto vedere le loro mani giunte alla luce del Sole. Avrebbe voluto separarle solo per poter stringere il palmo di Levi nel proprio e reclamare il suo posto al fianco dell'uomo che amava e non poteva avere. L'altro aveva ragione, aveva indugiato abbastanza nel prendere moglie da dar adito ai paesani per spettegolare. Non poteva - non potevano - permetterselo.

 

Il giovane allungò la mano verso la sua, attirandolo a sé per poi sollevare lo sguardo su di lui. Perché non potevano stare insieme? Cosa c'era di così sbagliato in quel sentimento da non poterlo mostrare apertamente?

 

Levi intrecciò le dita con le sue, approfittandone per baciargli il capo spettinato.

 

Era cresciuto, il suo Eren, eppure a volte gli sembrava di vederlo di nuovo bambino, sporco di terriccio a causa di qualche rissa. Quante volte lo aveva osservato da lontano, vedendolo cambiare anno dopo anno. Poi, un giorno, le iridi smeraldine di quel ragazzo dal temperamento caldo avevano incrociato il gelo delle sue, e tutto si era fermato. Avevano iniziato a guardarsi, studiarsi, infine sorridersi di nascosto. Un'estate, col pretesto di essergli di aiuto, il castano si era presentato a casa sua per arare una porzione di terreno incolto. Sudati e senza forze, erano rientrati in casa per un bicchiere d'acqua e si erano ritrovati stretti l'uno all'altro, le loro labbra che si cercavano senza sosta, improvvisamente rinvigoriti da quel contatto a lungo desiderato e a cui non avevano mai potuto dar voce.

 

Il corvino si chinò, poggiando la fronte sulla sua.

 

«Ti amo, Eren. Sei l'unico per me, lo sei sempre stato.»

 

Il ragazzo tirò su col naso, cercando di trattenere la propria sofferenza.

 

«Ti amo anche io Levi, da morire. Solo è così difficile vedervi insieme e far finta di conoscerti appena quando invece per me sei tutto...!»

 

Il compagno sospirò, formando una nuvoletta tiepida, stringendolo contro il suo petto. Lo capiva bene, perché si sentiva allo stesso modo se non peggio. Sapeva inoltre di ingannare Petra, di corteggiarla solo perché non poteva fare diversamente perché era solo da troppo tempo per non suscitare sospetti e scalpore. Era una brava ragazza, meritava ben più di quello. Sapeva che l'avrebbe trattata con rispetto, ma l'amore - oh - quello era tutt'altra faccenda.

 

Eren ricambiò l'abbraccio, affondando il viso in quella giacca logora che aveva il profumo di sapone e di lillà. Inspirò a fondo quell'odore che sapeva di primavera, di casa, di un futuro che non avrebbero mai vissuto.

 

«Dimmi che non cambierà mai niente. Promettimelo...» mormorò, le parole attutite dalla stoffa.

 

Levi sentí il suo cuore stringersi a quella richiesta disperata.

 

«Non posso, Eren... Sai bene che sarebbe una bugia e odio mentirti. Cambieranno tante cose e varrà per entrambi.»

 

Levi avrebbe continuato a corteggiare la figlia dei Ral, l'avrebbe chiesta in moglie e infine sposata. Lo stesso, nonostante quello che provavano l'uno per l'altro, sarebbe accaduto ad Eren. Avrebbero messo su famiglia, come imponeva la società, rinunciando all'occasione di essere davvero felici.

 

Il ragazzo allora pianse, dando libero sfogo al suo dolore. Non riusciva ad accettare di non poter vivere al suo fianco.

 

«Però ti prometto una cosa, Eren: non importa cosa succederà, io ti amerò per sempre.»

 

«Davvero...?» chiese, la voce tremula. «Non mi dimenticherai?»

 

«Non potrei mai. Sono tuo. Eternamente tuo...» sussurrò il corvino, sollevandogli il viso e baciandolo sulle labbra, salate per le lacrime e screpolate dal freddo. Le dita di Eren lasciarono la stoffa per spostarsi sul suo viso pallido, mentre Levi riscaldava quella bocca rosea e alimentava ancora una volta quel sentimento così intenso e puro.

 

Si separarono solo per guardarsi, consapevoli che il tempo a loro disposizione era giunto al termine.

 

«Ora vai» disse il maggiore, «prima che i tuoi genitori notino la tua assenza.»

 

Eren si mise in piedi, superando Levi in altezza, lasciandogli un ultimo bacio a fior di labbra per poi incamminarsi a passo svelto. La lanterna restò lì, a far luce ai pensieri del corvino che continuò a rimuginare sulla faccenda.

 

Non voleva che Eren soffrisse in quel modo, che vivesse una vita che non desiderava. Piuttosto, sarebbe fuggito insieme a lui. Più ci pensava e più quell'idea folle e sconsiderata gli sembrava la cosa più logica da fare. Entrambi sapevano coltivare, e lui sapeva cacciare. Avrebbero potuto costruire una casa lontano da Salem, dalle malelingue e i pericoli che la loro relazione comportava. Decise che ne avrebbe parlato al ragazzo la sera seguente.

 

Raccolse la lampada ad olio, facendosi strada tra la boscaglia, ignaro che quella sarebbe stata la sua ultima notte.

 

Dietro un albero, una chioma rossa come il fuoco si mosse mentre due iridi dorate ardevano come l'inferno nell'aver assistito a quell'incontro proibito. Scoprire che entrambi, tempo addietro, l'avessero rifiutata in nome di ciò che nutrivano l'uno per l'altro l'aveva profondamente umiliata. Preda di una collera funesta e resa cieca da rabbia e risentimento, la strega corse verso il villaggio urlando che i discepoli del demonio erano tra loro.

 


 


 


 


 


 


 


 


Eren sgranò gli occhi, sussultando, le iridi vermiglie e la pupilla ridotta a una sottile fessura.

 

I vampiri non dormivano.

 

Era una necessità superflua, quando il loro corpo immortale non aveva bisogno di ristorarsi in alcun modo se non con sangue caldo e fresco. Esseri dalla sorprendente forza, incredibile velocità e un istinto animalesco che permetteva loro di fiutare la propria preda a chilometri di distanza.

 

Eren non aveva mai cacciato un essere umano durante la sua nuova vita da immortale. Non aveva mai sentito l'esigenza di farlo, quando l'unica cosa di cui volesse nutrirsi era la linfa scarlatta che scorreva nel corpo del compagno che giaceva disteso al suo fianco.

 

Levi si sollevò facendo leva su un gomito, andando a strofinare il naso sulla gola del ragazzo dove sentiva scorrere il liquido ferroso come impazzito.

 

I vampiri non dormivano, ma capitava che attraversassero stati di profonda catatonia durante i quali immagini, sensazioni ed emozioni si susseguivano senza soluzione di continuità. Ripercorrevano pensieri e a volte, ricordi.

 

«Parlami.»

 

La voce del corvino, calma e rassicurante, ebbe il potere di un balsamo lenitivo sull'animo in subbuglio della giovane creatura maledetta.

 

«Ne ho recuperato un altro...»

 

Levi cinse i fianchi di Eren, facendolo voltare verso di sé. Due gemme auree lo fissarono, intense e lucide. Solo qualche decade, si disse l'uomo, e avrebbe potuto specchiarsi nuovamente in quei magnifici smeraldi di cui, secoli addietro, si era perdutamente innamorato. Accarezzandogli una gota, leggermente impallidita a causa della sua nuova condizione, attese.

 

«Ho percepito il gelo dell'oscurità e il tuo fiato caldo sul viso... Assaggiato la consistenza delle sue labbra e il loro sapore... Ho udito la tua promessa Levi, aggrappandomi ad essa come un naufrago alla deriva» mormorò, quasi il loro fosse ancora un segreto da celare. «Ho visto quella notte

 

Il corvino sospirò. Sapeva perfettamente cosa Eren avesse provato nel rivivere quel momento. Per secoli non aveva fatto altro che quello, pur di ammirare il suo volto ancora una volta.

 

«Sei qui ora, conta solo questo» rispose, portando una mano a coppa sul suo viso.

 

«Come ho potuto dimenticarti...?» sussurrò il castano, sciogliendosi a quel tocco gelido che bruciava più delle fiamme stesse. «Come ho potuto scordare tanta sofferenza e tanto amore?»

 

«Il tuo corpo e la tua mente erano mortali, avevano dei limiti; adesso invece sei un essere eterno, puoi valicare confini che nessuna creatura terrena può superare.»

 

«Voglio farlo con te. Raccontami ancora una volta del nostro primo bacio, di quanto forte mi battesse il cuore nel petto, di come ti sei sentito nello stringermi tra le tue braccia.»

 

Levi allora mostrò la gola candida, esponendola al compagno.

 

«Mordimi e lo farò.»

 

Le zanne di Eren bucarono quella pelle morbida come seta e dura come marmo, facendo sgorgare nella propria bocca fiotti di afrodisiaco nettare che bagnò la sua lingua e inebriò i suoi sensi.

 

Ancora tra le lenzuola del loro letto, si ritrovò schiacciato contro il legno di una casa che ormai non esisteva più da centinaia di anni. Le mani del vampiro dai capelli scuri scivolavano sui suoi fianchi, eppure Levi gli artigliava le spalle quasi avesse il terrore che potesse sparire. Il buio di una notte di mezza luna avvolgeva le loro figure nude, ma sentiva il calore del Sole che filtrava dalla finestra scaldargli i vestiti. Presente e passato fusi in un unico istante che fluiva dentro di lui attraverso il sangue dell'amante che, con un grugnito roco, lo morse a sua volta. Uniti come nessuno sarebbe mai stato in grado di fare, memorie che li scuotevano nel profondo. Le loro espressioni deturpate dalla bellezza di quell'istante in cui si trovavano per l'ennesima e, al contempo, la prima volta.

 

Come guidati da qualcosa di superiore, i denti lasciarono la presa sulla pelle martoriata e le loro labbra tinte di cremisi si trovavarono a metà strada in un bacio che sapeva di nostalgia e scoperta. Con le palpebre calate, entrambi osservavano con disarmante vividezza la precedente versione di loro stessi, antica e scolpita nei loro animi dannati.

 

«Ah, Levi...! Ah!»

 

Quei gemiti, quella supplica giunse chiara e nitida alle sue orecchie, eco lontana di un momento già vissuto e consumato dal tempo. Le dita sottili del maggiore dei due vampiri lo strinsero a sé, suscitando in Eren il medesimo desiderio bruciante che lo aveva avvinto nell'unica occasione in cui si erano concessi di amarsi in ogni forma, oramai secoli addietro.

 

La lingua del castano percorse il suo collo, saggiando le ultime gocce scarlatte prima che la ferita infertagli si richiudesse inesorabilmente, andando a sussurrargli innocente e tentatore. «Fammi tuo...».

 

Quelle parole, ancora una volta, privarono Levi della razionalità che lo aveva da sempre contraddistinto, abbandonando ogni indugio ed appropriandosi del corpo dell'immortale sotto di lui e del ragazzo che era stato nello stesso istante. Un ruggito si riverberò dalla sua gola, mentre un sospiro di godimento abbandonò oscenamente le labbra di Eren che gli artigliava le spalle immacolate e stropicciava una stoffa inesistente.

 

«Eren...!»

 

Levi si impossessava del castano con dolce foga avviluppato dalle sue carni bollenti, intrappolato insieme al compagno in un ricordo dai contorni sbiaditi che fluiva nelle loro vene attraverso il sangue di cui si erano nutriti e dissetati.

 

Iridi ardenti come braci e verdi come i prati in primavera si sovrapposero in un gioco di colori e il corvino, soggiogato dall'intensa e amorevole passione che vi scorse, prese a muoversi a velocità sempre più sostenuta modellandolo a nuova forma, scolpendolo come una statua affinché lo accogliesse come fosse nato a quell'unico scopo.

 

Anime maledette prima dal giudizio degli uomini e poi dal sortilegio di una strega, forti abbastanza da cercarsi, attendersi, riunirsi per poi separarsi in attesa di un nuovo incontro dettato dal destino. Entità legate da un filo rosso che nulla mai sarebbe stato in grado di spezzare. Continuarono ad amarsi al chiaro di luna per minuti, ore, forse anni. Non se ne curarono.

 

In fondo il tempo, ormai, non aveva più alcuna importanza.


 

-


 

«Cosa leggi?»

 

Eren si sporse oltre la spalla dell'uomo, il mento nell'incavo del suo collo dove depositava piccoli e casti baci. Levi lo lasciò fare, sollevando leggermente il libro tra le sue mani.

 

«Me lo prestò Farlan. Non ho mai finito di leggerlo.»

 

In quei secoli di profonda solitudine e angoscia dove attendeva con spasmodica ansia di poter incontrare nuovamente Eren - anche se da lontano - aveva imparato a leggere meglio, a scrivere, ampliato la sua biblioteca e soprattutto la sua conoscenza. Si era costruito ciò che avrebbe voluto per sé e il ragazzo che amava, abbandonandolo poi all'incuria man mano che le sue sofferenze divenivano insostenibili. Ma a dispetto dell'esorbitante quantità di tempo a sua disposizione non ne aveva mai dedicato a quel tomo vecchio e ingiallito. Probabilmente non voleva aggiungere ulteriori particolari ai ricordi che aveva della sua vita terrena.

 

Il castano lesse con avida curiosità le parole stampate appena scolorite, sgranando le iridi vermiglie.

 

«Eternamente...»

 

Levi tacque, sollevando gli occhi gelidi sul suo volto privo di imperfezioni.

 

«Poetico, non trovi?» mormorò infine.

 

«Sì, ed anche appropriato...!» ridacchiò Eren, strofinando il naso tra i suoi capelli neri come la pece «Non ho mai dubitato della tua promessa, Levi. Sono stato io ad infrangere la mia...»

 


 

 

 

«Ti amo, mi senti?! Ti amo! Ti aspetterò Levi, qualunque cosa ci riservi la morte io attenderò il tuo arrivo!»

 



 

Le mani pallide del vampiro trovarono le gote dell'amante così velocemente da non scorgerne il movimento repentino.

 

«Non dire sciocchezze, Eren: hai aspettato che ti raggiungessi dall'altra parte per chissà quanto, prima di nascere a nuova vita ancora e ancora. Il fatto che i tuoi sentimenti si siano risvegliati nel bere il mio sangue dimostra con quanta tenacia tu ti sia aggrappato a quel giuramento. Non ti ho mai giudicato per aver vissuto...»

 

Le loro labbra si trovarono nel più naturale dei modi, confortandosi a vicenda. In una frazione di secondo Eren era accoccolato in grembo all'uomo, le braccia avvolte intorno al suo collo candido e un magnifico sorriso che mostrava i denti perlacei e appuntiti.

 

«Adesso siamo insieme, il resto non ha importanza.»

 

«Non posso lasciare Salem neanche volendo...»

 

«Non è necessario. Non mi interessa vedere il mondo se ho tutto ciò che voglio qui, al mio fianco» disse il castano, dissipando le sue paure come fossero fumo e cenere.

 

Levi gli cinse i fianchi, il libro sparito chissà dove, poggiando la fronte sulla sua.

 

«Dovrai sopportarmi per l'eternità.»

 

«Non chiedo altro...»

 

Riparati dalla luce del Sole loro nemica, che scaldava la terra fuori dalla villa, restarono avvinti in un abbraccio che sapeva di passato, presente e finalmente futuro. Smarriti in quell'amore che avrebbe attraversato gli oceani del tempo, eternamente loro...

 






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