Non
è possibile! Tutte le mattine andava a finire sempre nello
stesso identico modo di sempre. E quella che doveva risistemare tutto,
ero sempre io.
"Non si è ancora svegliato, vero?" domandai a mia sorella,
che
tranquillamente stava facendo colazione. Come se la cosa non le
riguardasse minimamente
"No... rantolava nel sonno qualcosa di incomprensibile... come sempre
del resto!" esclamò divertita. Io le lanciai
un'occhiataccia, ma
lei mi sorrise con la sua solita aria innocente
"Dai Bells... lo sai anche tu com'è fatto. Ama fare le ore
piccole... non possiamo mica fargliene una colpa se vuole divertirsi!"
disse allora
"Lo sai che non dipende da me... se lo viene a sapere
papà..." iniziai
"Ma come può venirlo a sapere se non c'è mai a
casa?" chiese retoricamente. Io sospirai rassegnata
"Vabbé, ho capito... vado a svegliarlo! Vieni a darmi una
mano?"
le chiesi divertita. Lei si aprì in un sorriso smagliante e
sbatté entusiasta più volte le mani. Com'era
dolce in
questi momenti la mia piccola Alice. Certo, magari alcune volte era
insopportabile. Cocciuta fino all'inverosimile, appiccicosa, e perfino
leggermente infantile.... però era l'unica persona al mondo
che
riuscisse a tirarmi su con il morale. Sempre!
C'era soltanto un anno a separarci, ma guardandola, poteva sembrare
molto più piccola. Di bassa statura, mingherlina, capelli
corti,
neri come la pece, sempre leggermente sparati, e due occhi grandi,
castani, e tremendamente espressivi. Mi arrivava sì e no al
gomito, tanto era piccina, ma era senza dubbio un concentrato di forza
e carattere. Davvero un bel tipo, per avere soltanto 17 anni.
"Questa è la volta buona che ci ammazza!"
sussurrò
divertita davanti alla porta della sua camera. Io ricordai subito
l'ultima volta che lo avevamo svegliato in malo modo. Lui si era messo
ad urlare come un posseduto, scatenando le nostre risate, diventate
poco dopo incontrollabili, dopodiché aveva deciso di non
rivolgerci la parola per 24 ore consecutive. Già... il
massimo
di arrabbiatura per lui non aveva mai superato quella soglia. Non ce la
faceva, non era proprio nel suo stile arrabbiarsi. Certo, con chi gli
dava contro e lo infastidiva, diventava una vera belva feroce. Ma con
me e con Alice, che eravamo le sue sorelline, neanche impegnandosi ci
sarebbe riuscito.
Aprii piano la porta, che scricchiolò leggermente. Alice
trattenne a stento una risata. Io con il sorriso sulle labbra le feci
segno di stare zitta, con l'unico risultato di non riuscire a
trattenermi dall'unirmi a lei. Una volta calmateci, ci intrufolammo
nella camera e, come due ladre esperte, accerchiammo il suo letto,
una al lato sinistro ed un'altra a quello destro, pronte per
attaccarlo. Ma all'improvviso qualcosa si mosse quasi fulmineo. Non
riuscii neanche ad accorgermene, tanto che mi ritrovai stesa sul letto,
a gambe all'aria con un braccio possente che mi teneva stretta
"Ahia, Emmet... mi fai male, lasciami!" urlai io. Intanto le risate di
Alice esplosero nella stanza. Anche lei era stata catturata nella morsa
ferrea di nostro fratello
"Non ci penso nemmeno... prima vi punisco... così la
prossima
volta che venite qui con l'intento di fare ciò che stavate
facendo... ci pensate su qualche secondo di più!"
esclamò
divertito.
"Ma noi lo facciamo per te, Emm... è il nostro affettuoso
modo
per augurarti il buongiorno!" affermò Alice liberandosi
dalla
sua presa e sedendosi a gambe incrociate al suo fianco
"Diciamo che fingo di crederci..." biascicò liberando dalla
stretta anche me. Io mi sedetti nella stessa posizione di mia sorella e
domandai
"Che ora hai fatto l'altra notte?" lui mi guardò curioso,
dopodiché sorrise appena
"Saranno state massimo le due!"
"Emmet, non dire cazzate... ti ho sentito entrare... erano le cinque e
un quarto!" lo rimproverai. Lui scoppiò a ridere, seguito a
ruota da Alice. Sapevo che, vedermi arrabbiata in quel modo, suscitava
sempre la loro ilarità. Anche se, ne ignoravo il motivo
"Ok, tata Francesca, mi hai scoperto... diciamo che ieri sera sono
stato... ehm... particolarmente sbadato sull'orario!"
"Io direi incosciente!" lo corressi incrociando le braccia al petto
"Non esageriamo adesso... per di più, non ho toccato neanche
una
birra. Sono rimasto sobrio, come promesso!" io alzai un sopracciglio
scettica, e mi abbassai su di lui, fermandomi a qualche millimetro dal
suo viso, e lo annusai per bene. Aveva ragione, si sentiva solamente
l'odore del suo dopobarba. Di alcool neanche l'ombra
"E bravo Emmet... di questo passo mi renderai orgogliosa di te!"
esclamai dandogli una pacca sul petto
"Pensavo tu lo fossi già!" mi provocò con un
sorriso
"Non proprio!" esclamai
"Io lo sono, Emm... incondizionatamente!" si aggiunse Alice
sorridendogli. Lui la tirò a sé di nuovo e le
stampò un bacio sula fronte
"Grazie folletto... meno male che in questa casa ci sei tu, altrimenti
sai che noia!" esclamò. Io lo guardai di sbieco.
Quell'allusione
se la poteva anche risparmiare.
"É in casa adesso?" mi chiese con un sussurrò,
perdendo
totalmente il suo sarcasmo e la sua allegria di sempre. Perfino Alice,
allacciata al suo petto, si irrigidì. Io mi limitai a
scuotere
la testa, senza aggiungere altro. Lui sospirò. Un sospiro
profondo che conteneva tutta l'ansia, il rancore e il terrore
accumulati durante tutti i suoi diciannove anni passati in quella casa.
Ce lo diceva spesso che la nostra nascita per lui era stata un
miracolo. Un miracolo che aveva imparato ad apprezzare soltanto qualche
anno più tardi, quando erano iniziate le vere
preoccupazioni.
Eravamo riusciti a donargli la speranza. Ed in parte il terrore per
quella sua vita si era attenuato. Per me e per Alice, Emmet era
diventato con il tempo il nostro porto sicuro. L'unico capace di farci
smettere di piangere, ogni qualvolta l'incubo cominciava, l'unico
capace di difenderci, quando la situazione si incrinava
pericolosamente, e soprattutto l'unico uomo delle nostre vite, che ci
amasse in modo sincero ed incondizionato. Ce lo ripeteva spesso. Se
qualche ragazzo ci metteva le mani addosso, prima avrebbe dovuto fare i
conti con lui. E difatti così era successo con l'ultimo
ragazzo
di Alice. Era un tipo tranquillo, di buona famiglia, ma ad Emmet tutta
quella sua compostezza non andava proprio a genio. Così
aveva
fatto in tutti i modi per allontanarlo da lei, senza che Alice
sospettasse della sua intromissione. Anche se, sono fermamente
convinta, che alla fine dei conti, lei lo sapesse ma che non facesse
nulla per impedirglielo, semplicemente perché le andava bene
così. Forse, la spiegazione più plausibile era
che in
fondo tra lei e quel ragazzo non ci fosse sentimento, altrimenti non
credo che avrebbe accettato volentieri le macchinazioni di Emmet.
Io invece, per la gioia di mio fratello, ero stata molto sfortunata a
ragazzi. Mi ero invaghita, perché questo è il
termine
giusto per una come me, che crede poco nell'amore, pochissime volte. La
prima ero stata delusa tremendamente. Il ragazzo che mi piaceva si era
messo a fare il filo alla mia migliore amica di allora, e spesso veniva
da me a chiedermi consigli per conquistarla. Avrei voluto spaccargli la
faccia piuttosto che aiutarlo. Ma siccome, non sono mai stata
né
una tipa violenta, né tanto meno una persona rancorosa, lo
avevo
aiutato spesso e volentieri. Anzi... spesso sì, volentieri
proprio no!
Le altre erano state più che altro, sbandate adolescenziali.
Mai
stata innamorata nel profondo. Non avevo mai provato l'irrefrenabile
bisogno di dire "Ti amo", e non ero mai stata sul punto di concedermi
totalmente ad un ragazzo. Invidiavo profondamente tutte le ragazze
della mia classe che erano felicemente fidanzate. C'era Jessica con il
suo Mike. Angela con Ben e per finire perfino quell'oca di Lauren era
riuscita a conquistare il cuore, e non solo quello, di Steve, il
capitano della squadra di nuoto della scuola. Certo, le invidiavo, ma
ero anche sicura che l'amore per una come me non esistesse, o che avrei
dovuto faticare non poco per trovarlo.
"Le cose più
belle, sono
sempre le più difficili da conquistare, ma sono anche quelle
che
ci danno più soddisfazioni!" mi diceva sempre
mia madre.
Ed era in quei momenti che mi trovavo ad essere pienamente d'accordo
con lei. Anche se, ora come ora, non avrei più potuto
dirglielo
di persona, purtroppo...
I miei tristi ricordi furono interrotti dai lamenti di Alice.
"Dai, per favore..."
"Ti ho detto di no... quante volte ancora dovrò
ripetertelo?" le fece Emmet seccato
"Cosa vuole questa volta?" chiesi divertita
"Vuole che le presti la mia macchina... ed indovina per fare cosa?" io
la guardai con sguardo ammonitore, anche se leggermente sarcastico, e
lei rispose con un sorriso smagliante
"E dai, Bells... ci sono i saldi di fine stagione... Ci sarà
un
mare di roba ad un prezzo stracciato... come puoi pretendere che mi
lasci scappare un'occasione come questa!" aveva scavalcato il corpo di
Emmet, ricevendo qualche insulto dallo stesso, e si era messa di fronte
a me, quasi implorante
"E sentiamo... con quali soldi pensi di pagare?" le chiesi. Ma tanto
era inutile, conoscevo a memoria la risposta. Lei mi sorrise innocente,
provocando le risate di Emmet
"No!" sibilai io
"Coraggio, sorellona... ti prometto che te li ridarò..." mi
fece lei
"Certo... come mi ridarai i soldi che ti ho anticipato per il regalo di
Emmet per Natale, o quelli che ti sono serviti per comprare quella
borsa bianca... eh, no mia cara nanerottola malefica, questa volta non
mi incanti!" le feci io secca. Lei allora, abbassò la testa
afflitta e tirò su con il naso. Maledizione! Ma fin dove
sarebbe
arrivata la sua perfidia?
"Eh va bene... basta che la smetti di piagnucolare!" esclamai
esasperata. Lei lanciò un grido e mi abbracciò
facendomi
ricadere su Emmet, che per la seconda volta si lamentò.
"Grazie Bella... non sai quanto ti adoro..." esclamò
stampandomi circa dieci baci sulla guancia.
"Posso immaginare..." esclamai divertita
"Bene, vado a prepararmi... ho solo cinque ore per girare tutto il
centro commerciale e trovare qualcosa di decente!" e detto questo
scattò in piedi e corse in camera sua. Emmet mi
passò un
braccio attorno alla spalla ed esclamò
"Tanto alla fine la spunta sempre lei.. anche se provi in tutti i modi
a resisterle.. ma ormai dovresti esserci abituata!"
"Ad una come Alice, non si fa mai l'abitudine..." affermai sospirando.
Poco dopo sentimmo i suoi passi sulle scale
"Io vado.. a dopo... vi voglio bene! Ah, Emm... grazie per la macchina!"
"Prego!" esclamò subito lui. Poi, sgranò gli
occhi e si alzò a mezzo busto gridando
"Come sarebbe a dire grazie per la macchina?" ma ormai Alice era
già volata via. Io iniziai a rotolarmi nel letto per le
troppe
risate
"Noto con piacere che il folletto malvagio ha fregato anche te!"
esclamai. Lui ringhiò, dopodiché alterato si
diresse
verso il bagno
"Se la prendo..." biascicò furioso. Io rimasi lì,
a
ridere ancora per un pò, finché il rumore della
doccia
non mi fece riprendere. Sospirai profondamente ed uscii dalla camera.
Già, la mia era proprio una bella famiglia. Anzi, Alice ed
Emmet
lo erano, i miei adorati angeli custodi. Solo loro. Il resto era
soltanto terrore e rabbia allo stato puro che, come tutti i giorni a
quell'ora, si stava avvicinando al nostro vialetto con la sua volante
lucidata di nuovo.
Salve
a tutti. Sono qui con questo esperimento del tutto rudimentale, spinta
da un'idea che mi è venuta un paio di settimane fa e che
pian
piano ho preso forma nella mia testa. Allora... come avete potuto
vedere, niente vampiri, o altre creature leggendarie. Ci sono
semplicemente dei ragazzi, ognuno con un carattere del tutto
particolare e delle situazioni alle spalle che ne fanno una cornice
molto suggestiva (e questa, da dove ti è
uscita???) Ci
saranno non uno né due, ma ben sei narratori differenti (e
inutile specificare di chi si tratta eh eh eh ^^) e pian piano si
scopraranno gli intrecci e i segreti che ognuno di loro cerca di
nascondere in tutti i modi possibili. Bene, spero che questo primo
capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere in tanti mi raccomando (anche i
giudizi negativi, se sn fatti in modo costruttivo, sono graditi!) e
vediamo un pò cosa ne uscirà... eh eh eh... un
bacio a
tutti... RECENSITE ^^