Si
ringrazia Shinushio
per avermi convinta a pubblicare ed avermi aiutata col titolo^^ e la
mamiH OkuChan
che come al solito ha controllato i vari errori idioti che faccio
sempre u.u
Voglio pubblicare questa storia anche perchè domenica partirò e non potrò lavorare al pc e quindi finire il capitolo di Itoshii su cui sto lavorando >w<
Dedicata con tanto
affetto al mio pioppo preferito che non so quando tornerà a
regnare su internet u.u -gestorock-
I
gazette non mi appartengono e con questo mio scritto non intendo
riportare fatti realmente accaduti o che accadranno.
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Aveva combinato un disastro, l’ennesimo.
Adesso sedeva in ginocchio sul pavimento bagnato, tra i cocci di quello
che prima era stato un vaso e i fiori ormai appassiti che necessitavano
essere cambiati.
Le orchidee che aveva acquistato solo qualche minuto prima erano ancora
delicatamente avvolte nella carta azzurra che il fioraio aveva usato
per confezionare un piccolo bouquet, convinto che dovesse consegnarle a
chi sa chi, e sistemate sul tavolo accanto ad un paio di forbici.
Lui amava le orchidee.
Si morse il labbro inferiore, cominciando a raccogliere i vari pezzi di
porcellana azzurra decorata di piccole foglioline dipinte con un verde
brillante, che erano sparsi un po’ ovunque sulle piastrelle
candide.
L’acqua gli stava bagnando i pantaloni sulle ginocchia e
sulle gambe ma decise di non darci troppa importanza, voleva solo
finire di pulire al più presto per poter terminare di
preparare il pranzo.
A che serviva, poi,
indaffararsi così tanto?
Una lacrima silenziosa scivolò veloce lungo la guancia, ma
non se ne accorse finché non avvertì il leggero
sapore salato di quella, che era andata a morire sulle sue labbra. La
asciugò col dorso della mano, dandosi mille volte dello
stupido e tornò alla sua occupazione, sperando di fare in
fretta.
Speranza vana, dato che nemmeno un minuto dopo il leggero scattare
della serratura e alcuni passi nell’ingresso lo informarono
che era tornato.
E lui era in condizioni pietose.
Tentò velocemente di alzarsi, raccogliendo la maggior parte
dei cocci in una sola mano e aiutandosi con l’altra a
rimettersi in piedi, ma scivolò pietosamente
sull’acqua battendo rumorosamente il ginocchio sul pavimento
e attirando in questo modo l’attenzione del nuovo arrivato,
che entrò di corsa in cucina.
“Kouyou, che diavolo hai combinato…?”
Il biondino voltò di poco la testa e la alzò in
modo da incontrare lo sguardo freddo e severo dell’altro che,
a braccia conserte, studiava il macello che era riuscito a combinare in
cucina, soffermandosi in particolar modo sui fiori ancora sul tavolo.
“Mi dispiace Yuu… mi sono voltato un
attimo… e…”
L’altro lo zittì con un cenno della mano e uno
sbuffo seccato, sistemandosi una ciocca di capelli corvini dietro
l’orecchio.
Aveva sbagliato ancora, si era dimostrato un patetico idiota ai suoi
occhi per l’ennesima volta.
Voleva solo fare qualcosa di carino per lui… lui che da mesi
ormai non lo degnava della più piccola attenzione.
Ancora inginocchiato nel piccolo laghetto d’acqua e
foglioline marcite cercò in tutti i modi che conosceva di
trattenere il pianto e i singhiozzi, sforzandosi di non apparire
più ridicolo di quanto già non fosse mentre si
grattava nervoso e imbarazzato una guancia.
“Io vado a farmi una doccia” cominciò,
avanzando di qualche passo all’interno della stanza, in modo
da raggiungere la porta che dava sul corridoio
“c’è un caldo assurdo di
fuori…”
Proseguì calciando via un pezzo di vaso e sbuffando,
nell’aria dietro di lui si diffuse un lieve profumo, Kouyou
non aveva nemmeno il coraggio di rispondergli.
“Ripulisci questo macello, di grazia, e fa in fretta che ti
si brucia la cena”
Con questo ultimo commento seccato sparì nel corridoio,
lasciandolo solo.
Di nuovo.
Solo con le sue lacrime mal trattenute, solo con i ricordi dei giorni
in cui erano felici davvero, loro due insieme, e che sperava
ardentemente di far tornare senza successo.
Ogni volta che tentava di fare qualcosa per lui era solo
l’ultimo di una lunga serie di errori che non faceva altro
che allontanarlo ancora di più, rendendolo freddo e
distaccato.
Non aveva ancora imparato, Kouyou, non voleva imparare e non voleva
arrendersi, nonostante sapesse che tutti i suoi sforzi alla fine non
sarebbero stati ripagati.
Voleva vivere nell’illusione che il suo amore fosse ancora
ricambiato anche se in minima parte, trovando la forza di andare avanti
nella speranza di ritornare felice insieme alla persona che amava.
Era sempre stato convinto che fosse colpa sua se Yuu si era
progressivamente allontanato da lui e tentava disperatamente e in ogni
modo di riacciuffarlo, ma più stendeva le braccia
più quello spariva nell’oscurità.
Si sollevò stancamente e andò a gettare i fiori
appassiti e i resti del vaso nel cestino, asciugò con cura
il pavimento in modo da non scivolare ancora e tornò ad
occuparsi di preparare da mangiare, come lui aveva detto.
Era debole.
Lo era sempre stato ma aveva trovato in Yuu una spalla su cui
appoggiarsi, una mano pronta ad afferrarlo quando fosse caduto.
Era debole perché non aveva la forza di far sentire la sua
voce, perché si ostinava a voler proseguire in una storia
che non aveva più un futuro già da un bel pezzo,
perché aveva permesso che nelle loro vite entrasse lui molto
più di quanto gli fosse concesso.
Yutaka.
Colui che l’aveva sempre aiutato, che l’aveva
spinto a dichiararsi, che aveva sempre un consiglio ed un sorrisone per
tirarlo su di morale.
Se n’era accorto nel momento in cui, una sera, gli aveva
sentito addosso un profumo diverso e quanto mai familiare; Yuu aveva
negato, dandogli dello sciocco e come al solito avevano fatto sesso,
non amore, quello era morto da un bel po’ già al
tempo.
Aveva cominciato ad indagare, cercando di scoprire qualcosa in
più, complice lo strano comportamento di Yuu, e quando la
verità era venuta fuori, triste, violenta, devastandolo in
ogni sua parte, non aveva avuto il coraggio e la forza di fare il primo
passo e parlare a quattr’occhi con Yuu.
Aveva sopportato per mesi e continuava a farlo, raccogliendo ogni volta
i pezzi del suo cuore frantumato esattamente come aveva fatto con quel
vaso, e incollandoli malamente uno all’altro.
Ancora.
Eppure lui faceva finta di non sapere nulla, continuava a provare e
riprovare disperatamente a tenere in vita qualcosa che ormai era morto
da tempo.
Yuu tornò proprio mentre lui finiva di cucinare e mettere il
tutto nei piatti. Si accomodò senza dire una parola,
degnando di un rapido sguardo i fiori freschi sistemati in un nuovo
vaso, bianco.
Kouyou lo guardò a lungo, triste, affranto, aveva capito ma
non lo avrebbe mai ammesso, mai.
Quello che era rimasto, del loro noi,
erano solo dei bei ricordi da lasciarsi alle spalle.
“Il peggior modo di
sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e
sapere che non l’avrai mai.”
[Gabriel Garcìa
Màrqez]
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